Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 dicembre 2020, n. 28626
Rapporto di lavoro, Qualifica di collaboratore amministrativo
– Risarcimento del danno alla dignità personale e professionale nonché da
dequalificazione professionale
Fatti di causa
1. con sentenza in data 13 ottobre 2014 nr. 1210 la
Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza del Tribunale della stessa
sede, che aveva respinto la domanda proposta da P.D.M. – dipendente del
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA con qualifica di collaboratore amministrativo C1 –
nei confronti del MINISTERO e del superiore gerarchico, S.P., per il
risarcimento del danno alla dignità personale e professionale nonché da
dequalificazione professionale.
2. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza P.D.M., articolato in un unico motivo.
3. La causa, già fissata per la trattazione con rito
camerale, è stata rinviata a nuovo ruolo per la rinotifica del ricorso alla
avvocatura generale dello Stato.
4. Il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ha opposto difese
con controricorso.
5. Il ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo il ricorrente ha denunciato –
ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ.
– violazione degli articoli 83, 301, 302, 112 cod.proc.civ nonché dell’articolo 24
Costituzione.
2. Ha esposto che il proprio difensore – AVV. F.S.R.
– era stato sospeso dall’esercizio della professione forense dal 14.3.2014 al
14.3.2015; ha dedotto la nullità della sentenza, resa nel periodo in cui il
giudizio di appello era interrotto ex lege.
3. Il ricorso è fondato.
4. Secondo il consolidato insegnamento di questa
Corte, la morte, la radiazione o la sospensione dall’albo dell’unico difensore
a mezzo del quale la parte è costituita nel giudizio di merito determina
automaticamente l’interruzione del processo anche se il giudice e le altre
parti non ne hanno avuto conoscenza, e senza, quindi, che occorra, perchè si
perfezioni la fattispecie interruttiva, la dichiarazione o la notificazione
dell’evento. Ne deriva la preclusione di ogni ulteriore attività processuale,
che, se compiuta, è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza. La
irrituale prosecuzione del processo, nonostante il verificarsi dell’evento
interruttivo, può essere dedotta e provata nel giudizio di legittimità; ciò,
tuttavia, ad opera della sola parte colpita dal predetto evento, a tutela della
quale sono poste le norme che disciplinano l’interruzione, (cfr. ex plurimis,
Cassazione civile sez. IlI, 13/02/2019, n.4159; Cass. 28846/2018; Cass.
21002/2017).
5. Il principio qui ribadito subisce eccezione nel
caso in cui dalla prosecuzione del processo, in ragione del mancato rilievo
dell’evento interruttivo, non derivi un concreto pregiudizio al diritto di
difesa; ne consegue che non si determina alcuna nullità degli atti processuali
nell’ipotesi in cui il periodo di sospensione del difensore dalla professione
forense cada integralmente nel lasso di tempo intercorrente tra la celebrazione
di due udienze successive (Cassazione civile sez. lav., 16/10/2019, n.26220 e
giurisprudenza ivi richiamata).
6. Nella fattispecie di causa la applicazione dei
suddetti principi conduce al rilievo della nullità della sentenza impugnata.
7. L’unico difensore del ricorrente nel giudizio di
appello, avv. F.S.R., era sospeso dall’albo alla data del 25.9.2014, in cui si
è celebrata l’udienza di discussione della causa ed è stato letto il
dispositivo (come risulta dalla comunicazione del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati del 18.11.2014 e dalla nota della Corte di Appello di Catanzaro del
6.11.2014); non vi è dubbio, dunque, circa il pregiudizio derivato dalla
mancata interruzione del processo al diritto di difesa del P., che in detta
udienza non era assistito da un difensore abilitato allo ius postulandi.
8. Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e gli
atti rinviati alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione affinchè
provveda alla rinnovazione degli atti nulli.
9. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, sulle
spese del presente grado
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia- anche per le
spese- alla Corte di Appello di Catanzaro in diversa composizione.