Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 dicembre 2020, n. 28703
Collaboratrice domestica a tempo pieno e in regime di
convivenza, Esigenze assistenziali della madre non autosufficiente, Prova
dello svolgimento di ore di lavoro straordinario, Condizione di convivente
compatibile con la volontarietà della scelta della collaboratrice di
trascorrere il proprio tempo libero in compagnia dell’assistita
Rilevato che
la Corte d’appello di Genova, a conferma della
sentenza del Tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda per
differenze retributive proposta da M.A.F., collaboratrice domestica a tempo
pieno e in regime di convivenza presso la famiglia M. per le esigenze
assistenziali della madre non autosufficiente della datrice di lavoro M.T.M.;
la Corte territoriale, sulla base delle
testimonianze acquisite, ha ritenuto non raggiunta la prova dello svolgimento
di ore di lavoro straordinario nei giorni festivi, utili ai fini del
riconoscimento in capo alla lavoratrice del diritto alle differenze retributive
e al t.f.r. residuo;
la Corte territoriale ha accertato che la condizione
di convivente nella casa era compatibile con la volontarietà della scelta della
collaboratrice di trascorrere il proprio tempo libero in compagnia
dell’assistita e del figlio di questa, sempre presente nei giorni festivi per
assolvere alle esigenze dell’anziana madre e dare il cambio alla sorella;
la cassazione della sentenza è domandata da M.A.F.
sulla base di sette motivi, illustrati da successiva memoria;
M.T.M. ha resistito con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.
Considerato che
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n.4 cod. proc. civ., parte
ricorrente deduce nullità della sentenza per motivazione contraddittoria;
rileva l’incongruità dell’affermazione con cui la Corte d’appello, per un
verso, ha riconosciuto che la ricorrente era presente nell’abitazione anche nei
giorni festivi, per altro verso, che tale presenza era scelta volontariamente e
non era legata all’assolvimento dei normali compiti assistenziali;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n.4 cod. proc. civ.,
contesta vizio di extrapetizione (art. 112 cod.
proc. civ.) nel punto in cui la pronuncia impugnata ha affermato la volontarietà,
e quindi la gratuità delle prestazioni rese nei giorni non lavorativi, senza
che la datrice avesse dedotto e allegato tale circostanza;
col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., rilevato
che l’art. 2094 cod. civ. contiene una
presunzione di onerosità della prestazione lavorativa, deduce il mancato
raggiungimento della prova della finalità solidaristica delle prestazioni rese
nei giorni non lavorativi, non essendo sufficiente la mera allusione a presunti
vincoli di solidarietà affettiva con componenti della famiglia;
col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., parte
ricorrente si duole della violazione dell’art. 2697
cod. civ. e dell’art.2729 cod. civ., per
avere il giudice del merito erroneamente presunto la volontarietà/gratuità
della prestazione che la lavoratrice avrebbe dedotto e provato, in assenza di
qualsiasi deduzione istruttoria su tale circostanza da parte della datrice e in
assenza di presunzioni gravi, precise e concordanti acquisite al processo;
col quinto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., deduce
violazione dell’art. 2697 cod. civ. nella parte
in cui ha rigettato la domanda dell’odierna ricorrente anche sul presupposto
della rilevanza processuale conferita al mancato disconoscimento, da parte di
questa, della propria firma sulle buste paga e sui fogli presenza;
col sesto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ.,
contesta la nullità della sentenza per contraddittorietà ed illogicità
manifesta della motivazione, avendo la Corte territoriale affermato
erroneamente che il conteggio prodotto dalla lavoratrice era stato contestato
dalla datrice “nei limiti delle allegazioni avversarie, come si evince a
p. 3 della comparsa di costituzione”;
col settimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ.,
lamenta il mancato accoglimento della domanda di riconoscimento del t.f.r. per
il periodo di prova svolto al di fuori della regolarizzazione contrattuale, per
avere la Corte territoriale motivato che sul punto mancavano specifiche
allegazioni di parte, limitatesi a far riferimento al t.f.r. unicamente per il
maggiore ammontare derivante dalle ore di lavoro effettivamente svolte;
i primi quattro motivi, esaminati congiuntamente per
connessione, sono inammissibili;
essi non sono idonei a contrastare la ratio
decidendi del provvedimento impugnato, che ha escluso, sulla base
dell’accertamento di merito, che la badante prestasse lavoro straordinario nei
giorni non lavorativi, essendo in regime di coabitazione con l’assistita ed
essendo rimasta, anche dopo la morte di questa, nella casa in virtù di un
comodato d’uso gratuito concessole dai familiari;
il complesso delle circostanze dedotte ha portato la
Corte territoriale ad affermare l’assoluta volontarietà della permanenza
dell’odierna ricorrente nella casa di abitazione, nonché della partecipazione
di questa alle attività svolte nei giorni non lavorativi, senza che da ciò
potesse desumersi l’effettivo svolgimento di prestazioni lavorative, anche
perché in quei giorni era sempre il figlio dell’assistita non convivente ad
occuparsi della madre;
pertanto, ogni considerazioni circa la presunzione
di onerosità del lavoro e le asserite violazioni delle norme in tema di oneri
probatori e del principio sancito nell’art. 112
cod.proc.civ., appare avulsa dal ragionamento decisorio seguito dal giudice
del merito, il quale per contro è del tutto coerente sotto il profilo logico –
argomentativo;
il quinto motivo è inammissibile a causa della sua
carenza di specificità, avendo omesso, parte ricorrente, di produrre le buste
paga e i fogli di presenza al cui mancato formale disconoscimento la Corte
d’appello avrebbe erroneamente conferito rilevanza ai fini del rigetto della
domanda;
in conformità a quanto ripetutamente affermato da
questa Corte, il ricorso per cassazione, in ragione del principio di
specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le
ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a
permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità
di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad
elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. Cass. n. 27209
del 2017; Cass. n. 12362 del 2006);
il sesto è inammissibile in quanto assorbito del
rigetto dei superiori motivi, inerendo al quantum della pretesa che invece è
stata ritenuta infondata;
il settimo motivo è anch’esso inammissibile, dal
momento che la parte non trascrive il ricorso introduttivo del giudizio e non
lo localizza con sufficiente specificità, sì da non consentire a questa corte
di valutare la sussistenza dell’erronea interpretazione della domanda
addebitata al giudice del merito; in definitiva, il ricorso va dichiarato
inammissibile; le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali
per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del
giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro
200 per esborsi, Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali
nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della I. n.228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1 -bis dello stesso art. 13.