Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 dicembre 2020, n. 29014
Legittimità della trasferta, Successivo trasferimento,
Sanzione disciplinare della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione,
Licenziamento per giusta causa, Sussistenza delle ragioni tecniche,
organizzative e produttive, Legittimo esercizio dello ius variandi,
Interpretazione del contratto, Carattere prioritario dell’elemento letterale,
Testo dell’accordo chiaro
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16 marzo 2016, la Corte d’appello
di Bologna ha confermato la decisione del Tribunale di Reggio Emilia che, su
ricorso della società S. s.r.I., aveva dichiarato la legittimità della
trasferta di G. S. presso la sede della S. di Reggio Emilia dal 4 aprile al 31
luglio 2011, del conseguente trasferimento presso la medesima sede con
decorrenza 14 luglio, nonché della sanzione disciplinare della sospensione dal
lavoro e dalla retribuzione per cinque giorni irrogata con comunicazione sempre
del 14 luglio, e della medesima sanzione comminatagli per sette giorni con
comunicazione del 15 luglio, nonché, infine, del licenziamento per giusta causa
intimatogli con lettera del 10 agosto 2011, provvedimenti, tutti, impugnati dal
lavoratore.
1.1. In particolare, il giudice di secondo grado,
condividendo le conclusioni del primo giudice, ha ritenuto la legittimità del
comportamento datoriale sulla base della normativa contrattuale di settore
nonché delle risultanze probatorie raccolte in primo grado.
2. Per la cassazione della sentenza propone ricorso
G. S., affidandolo a due motivi.
2.1. Resiste, con controricorso, la S.D. Group s.r.I
frattanto subentrata alla S. s.r.l..
Considerato in diritto
1.Con il primo motivo di ricorso si deduce la
violazione dell’art. 112 CCNL
Commercio e Servizi 2007-2010, nonché degli artt.
1362, 1363, 1367,
1369 in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ..
1.1. Con il secondo motivo di ricorso si allega
l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra
le parti in ordine alla ritenuta sussistenza delle ragioni tecniche, organizzative
e produttive poste a base del trasferimento e, quindi, del legittimo esercizio
dello jus variandi.
2. Il primo motivo è infondato e, pertanto, non può
essere accolto.
2.1. Va premesso, al riguardo, che, denunziando la
violazione delle regole di ermeneutica, la parte non può limitarsi a
prospettare una diversa interpretazione del contesto contrattuale, essendo
tenuta, invece, a dedurre compiutamente in cosa si sia concretata la violazione
dei canoni interpretativi che presiedono alla comune intenzione delle parti.
Nel caso di specie, parte ricorrente contesta il
rilievo attribuito al significato letterale delle parole rispetto agli altri
canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg.
cod. civ. con rifermento all’art.
112 CCNL secondo il quale” …il trasferimento dei Quadri che
determini un cambiamento di residenza verrà di norma comunicato per iscritto
agli interessati con un preavviso di 45 giorni ovvero di 70 giorni per coloro
che abbiano familiari a carico”.
Orbene, l’art. 1362 c.c.,
allorché nel comma 1 prescrive all’interprete di indagare quale sia stata la
comune intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole,
non svaluta l’elemento letterale del contratto ma, al contrario, intende
ribadire che, qualora la lettera della convenzione, per le espressioni usate,
riveli con chiarezza ed univocità la volontà dei contraenti e non vi sia
divergenza tra la lettera e lo spirito della convenzione, una diversa
interpretazione non è ammissibile (Si vedano, sul punto, Sez. Un. n. 20181 del
25/07/2019 e Cass. n. 21576 del 22/08/2019).
Nell’interpretazione del contratto, infatti, il
carattere prioritario dell’elemento letterale va inteso nel senso che si impone
di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici, soltanto
laddove il testo dell’accordo sia chiaro ma incoerente con indici esterni
rivelatori di una diversa volontà dei contraenti; pertanto assume valore
rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’art. 1363 c.c., che impone di desumere la volontà
manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole
aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi, altresì, conto del
comportamento, anche successivo, delle parti, ma solo ove ciò sia reso
indispensabile dalla incoerenza di cui sopra (cfr. sul punto, Cass. n. 13595
del 02/07/2020).
2.2. Nel caso di specie, entrambi i giudici di
merito, allineandosi all’interpretazione della norma contrattuale offerta in
sede di legittimità, (cfr. Cass. n. 12737/2008) hanno ritenuto, con una
interpretazione immune da vizi logici e non violativa dei canoni di ermeneutica
legale e, pertanto, sottratta, per il resto, ad ogni rivisitazione in sede di
legittimità, che l’art. 112
CCNL Commercio non stabilisce che il trasferimento del dipendente debba
essere necessariamente preceduto da un termine di preavviso e che non sussiste
un obbligo in tal senso in capo al datore di lavoro.
3. Anche il secondo motivo non può trovare
accoglimento.
3.1. Giova premettere, al riguardo, che, in ordine
alla omessa motivazione su un fatto decisivo, si tratta, anche in tal caso, di
una valutazione di fatto totalmente sottratta al sindacato di legittimità, in
quanto in seguito alla riformulazione dell’art.
360, comma 1, n. 5 del cod. proc. civ., disposto dall’art. 54 co 1, lett. b), del DL 22
giugno 2012 n. 83, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 134 che ha limitato la
impugnazione delle sentenze in grado di appello o in unico grado per vizio di
motivazione alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per
il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, con la
conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di
legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del
requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale”
richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed
individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della
Corte -formatasi in materia di ricorso straordinario- in relazione alle note
ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del
provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile
contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono
nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4),
c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del
prescritto requisito di validità ( fra le altre, Cass. n. 23940 del 2017).
Parte ricorrente, a guardar bene, insistendo per una
omissione motivazionale riconducibile all’art. 360
n. 5 cod. proc. civ., in realtà mira ad una diversa valutazione della
vicenda nel merito, inammissibile in sede di legittimità.
In particolare, poi, sul punto della dedotta mancata
assegnazione del lavoratore ad attività di c.d. pre sales, risulta molto
confusa la descrizione di parte ricorrente di quanto riportato nel ricorso
introduttivo e, quindi, in violazione del principio di specificità di cui all’art. 366 cod. proc.civ..
Sebbene, infatti, tutto il motivo di ricorso sia
incentrato sulla mancata attribuzione, in via dominante, di mansioni di pre
sales, nondimeno, la piana lettura del contenuto dell’atto e del motivo di
impugnazione in esame induce ad escludere che vi sia chiarezza sul contenuto
della domanda originaria onde dedurne che il Tribunale prima e la Corte
d’appello poi, non potessero centrare la propria motivazione anche sullo
svolgimento di quelle mansioni come tipico dell’attività svolta dal ricorrente,
atteso che la parte non ha provveduto a riportare integralmente il contenuto
dell’atto introduttivo di primo grado e di quello di secondo grado con riguardo
all’aspetto in questione, né ad indicare ove reperire la relativa fonte.
Il motivo, quindi, appare proposto in violazione del
principio di specificità del ricorso, prescritto dall’art. 366, co. 1, n. 4 e n. 6 c.p.c., a causa
dell’omessa trascrizione del contenuto dei suddetti atti, che osta al loro
esame diretto da parte della Corte di cassazione (sul punto, ex plurimis, Cass.
13.11.18, n. 29093; Cass. 4.10.2018 n. 24340; Cass. 12.5.10, n. 11477; Cass.
10.1.12, n. 86; Cass. 20.7.12, n. 12664; Cass.
13.3.18, n.6014): deve ribadirsi, al riguardo, che i requisiti di
contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, c.p.c., nn. 3, 4 e 6, devono
essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da
altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il
ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata
indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato,
producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si
dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e
in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o
riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di
specificità (cfr. sul punto, Cass. n. 29093/2018, cit.).
4. Alla luce delle suesposte argomentazioni, il
ricorso deve essere respinto.
4.1.Sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per ciascun ricorso, a norma
dell’art. 1 -bis dell’ articolo 13
comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
respinge il ricorso. Condanna la parte ricorrente
alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, che
liquida in complessivi euro 5.250,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi,
oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art.
1 -bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.