Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 17 dicembre 2020, n. 29013
Licenziamento per motivi disciplinari, Omesso preavviso,
Inammissibilità dell’impugnazione principale, Violazione del termine
Fatti di causa
1. Con ricorso ex art. 1, comma 48, I. n. 92 del 2012
M.F.M. S.p.A. ha adito giudice del Lavoro di Bologna per sentir dichiarare la
legittimità del licenziamento senza preavviso, per motivi disciplinari,
intimato al dipendente T.R.
T.R. si è costituito spiegando domanda
riconvenzionale, intesa all’accertamento della illegittimità del recesso
datoriale, condizionata al rigetto della eccezione di << mproponibilità
e/o inammissibilità e/o improcedibilità >> del ricorso di controparte e
fermo il rigetto dello stesso.
2. il ricorso della società è stato dichiarato
inammissibile, per carenza di interesse, per essere riservata esclusivamente al
lavoratore la possibilità di esperire il procedimento prefigurato dall’art. 1, commi 48 e sgg. I. n. 92 del
2012.
3. Con ricorso in opposizione ai sensi dell’art. 1, comma 51, I. n. 92 del 2012
M.F.M. S.p.A. ha riproposto le difese già svolte nella fase sommaria; ha
resistito T.R. rappresentando di avere, nelle more, impugnato il licenziamento
ai sensi dell’art. 1, comma 48, I.
n. 92 del 2012 dinanzi al giudice del Lavoro del Tribunale di Roma; ha
chiesto in via principale dichiararsi la litispendenza con cancellazione della
causa dal ruolo e nel merito ha riproposto le eccezioni e conclusioni formulate
nella memoria di costituzione della fase sommaria.
4. Il giudizio di opposizione è stato definito con
conferma della inammissibilità del ricorso della società datrice e della
domanda riconvenzionale del lavoratore.
5. M.F.M. S.p.A. ha proposto reclamo censurando la
sentenza di primo grado per avere ritenuto esperibile solo dal lavoratore e non
anche dal datore di lavoro il procedimento di cui all’art. 1, commi 48 e sgg. I. n. 92 del
2012; T.R. ha chiesto la sospensione del procedimento in quanto la società
aveva proposto regolamento di competenza avverso il provvedimento in data
5.7.2016 con il quale il giudice del Lavoro del Tribunale di Roma, esclusa la
litispendenza, aveva dichiarato la propria competenza a decidere il ricorso
proposto dal R.; in subordine ha proposto reclamo incidentale avente ad oggetto
le domande riconvenzionali formulate nella precedente fase del giudizio.
6. Con ordinanza n. 18263/2017 la Corte di
legittimità, in accoglimento del ricorso della società, rilevata la
litispendenza tra la causa instaurata da M.F.M. S.p.A. davanti al Tribunale di
Bologna e l’impugnativa del licenziamento proposta da T.R. dinanzi al Tribunale
di Roma, ha dichiarato la competenza per territorio del Tribunale di Bologna.
7. T.R. ha riassunto il procedimento davanti alla
Corte di appello di Bologna.
8. La Corte
di appello di Bologna ha respinto il reclamo principale della società e
dichiarato assorbito il reclamo incidentale del lavoratore.
9. Per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso T.R. sulla base di tre motivi; la parte intimata ha resistito con
tempestivo controricorso.
10. T.R. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 4 cod.
proc. civ., nullità della sentenza o del procedimento, censurando la
sentenza impugnata per avere ritenuto assorbito il reclamo incidentale. Assume
che in tal modo la Corte di merito aveva disatteso il presupposto logico
giuridico alla base della ordinanza della S.C. la quale, nel decidere sul
regolamento di competenza proposto dalla società, aveva affermato la identità
delle cause promosse davanti al giudice di Bologna (da M.F.M. S.p.A.) e davanti
al giudice di Roma (da T.R.); tale qualificazione, vincolante per il giudice di
merito, implicava che la domanda, posta in via autonoma dal R. davanti al
giudice di Roma, non potesse essere considerata come subordinata
all’accoglimento della domanda di controparte. Il giudice di appello avrebbe dovuto,
a prescindere dalla inammissibilità della domanda proposta dalla società
datrice, quindi pronunziare nel merito sulla impugnativa del licenziamento
proposta dal lavoratore il quale in sede di riassunzione aveva, comunque,
rinunziato alla eccezione di inammissibilità della domanda di controparte.
2. Con il secondo motivo di ricorso deduce, ai sensi
dell’art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ.,
violazione dell’art. 334 cod. proc. civ., censurando
la sentenza impugnata per avere dichiarato assorbito il reclamo incidentale del
lavoratore in violazione del principio secondo il quale nel caso in cui il
giudice di primo grado non abbia esaminato una domanda riconvenzionale
condizionata all’accoglimento della domanda principale, ritenendola assorbita o
superata per avere la pronuncia accolto un’eccezione, non è necessario, ai fini
della relativa devoluzione nel giudizio di secondo grado, proporre appello
incidentale, essendo al riguardo sufficiente la mera riproposizione della
domanda o della eccezione, in modo da evitare di incorrere nella presunzione di
rinunzia di cui all’art. 346 cod. proc. civ.
(Cass. n. 87919/2004); la Corte aveva male applicato l’art. 434 cod. proc. civ. posto che la
inammissibilità della impugnazione principale che determina la inefficacia
della impugnazione incidentale tardiva è solo quella collegata alla violazione
del termine di impugnazione mentre quando la pronunzia di inammissibilità
dell’impugnazione fa tutt’uno con la inammissibilità della domanda di merito,
si è al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art
434 cod. proc. civ. per cui la declaratoria di inammissibilità
dell’impugnazione principale non determina la inefficacia dell’impugnazione
incidentale.
3. Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione
dell’art. 2907 cod. civ. dell’art. 1, comma 60, I. n. 92/ del 2012
anche in relazione e/o in combinato disposto con l’art.
437 cod. proc. civ., violazione dell’art. 100
cod. proc. civ. e dell’art. 24 Cost.
3.1. Premette che ove dovesse ritenersi, in assenza
di diversa indicazione da parte del giudice del merito, che l’assorbimento
fosse scaturito dal fatto che nel giudizio instaurato con il ricorso della
società la domanda riconvenzionale era stata subordinata al mancato
accoglimento delle preliminari eccezioni in rito di inammissibilità e
improcedibilità del ricorso di controparte, la sentenza sarebbe illogica oltre
che in contrasto con la condotta processuale tenuta dal lavoratore in quanto
non aveva considerato che il lavoratore aveva formulato autonoma impugnativa di
licenziamento davanti al Tribunale di Roma e che tale giudizio, in esito alla
ordinanza della S.C. che aveva dichiarato la litispendenza era stato riassunto
davanti alla Corte di appello di Bologna indicata come competente ; in sede di
riassunzione era stata formulata domanda per la delibazione di illegittimità
del licenziamento non più soggetta ad alcuna condizione legata alla
declaratoria di inammissibilità della domanda di controparte, condizione dalla
quale, in ogni caso, il R. aveva desistito. Assume che la decisione impugnata
si poneva in contrasto con il principio di cui all’art.
100 cod. proc. civ. nel senso che la riqualificazione delle domande
riconvenzionali, riproposte non più subordinatamente alla declaratoria di
inammissibilità del ricorso di controparte, era comunque imposta dall’interesse
processuale conseguente in particolare alla individuazione come foro competente
di quello di Bologna. Ogni diversa interpretazione del quadro di riferimento si
risolveva in una palese violazione delle prerogative di difesa garantite dall’art. 24 Cost.
4. I motivi sono trattati congiuntamente per
connessione, in quanto tutti intesi a denunziare sotto vari profili l’errore
del giudice del reclamo nel ritenere assorbita la domanda del lavoratore di
declaratoria di illegittimità del licenziamento.
4.1. Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di
inammissibilità del ricorso formulate dalla parte controricorrente che assume
mancanza di chiarezza ed intellegibilità delle censure formulate; premesso che
la necessità della esposizione articolata sia del fatto processuale che dei
motivi di doglianza si appalesava necessaria a fronte della complessità dei
profili processuali della vicenda e della assoluta stringatezza delle ragioni
dell’ “assorbimento” ritenuto dalla Corte di merito, la lettura del
ricorso per cassazione consente di pervenire all’identificazione delle doglianze
alla decisione di secondo grado. In particolare, in relazione al primo motivo è
da escludere che esso, come prospetta parte controricorrente, si sostanzi solo
in censure di merito in quanto la formale denunzia di error in procedendo si
pone in linea con l’assunto, sviluppato nella relativa illustrazione,
dell’incoerenza logico- giuridica della decisione di assorbimento rispetto alla
qualificazione operata dalla ordinanza del giudice di legittimità ed in
definitiva, alla rappresentazione del fatto processuale quale cristallizzata
nel detto provvedimento, dovendo ulteriormente osservarsi che, come chiarito da
questa Corte, l’assorbimento erroneamente dichiarato ridonda nel vizio di
omessa pronunzia (Cass. 22/06/2020, n. 2193).
4.2. Nel merito si premette che la sentenza
impugnata ha confermato la inammissibilità della domanda proposta dalla società
in quanto veicolata con il procedimento ex lege n.
92 del 2012 che ha ritenuto riservato esclusivamente all’impugnativa di licenziamento
da parte del lavoratore; ha ritenuto << conseguentemente >>
assorbito il reclamo incidentale del lavoratore.
4.3. Tale statuizione è errata.
Come è noto l’assorbimento di una domanda in senso
proprio ricorre quando la decisione sulla domanda assorbita diviene superflua,
per sopravvenuto difetto di interesse della parte che, con la pronuncia sulla
domanda assorbente, ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno,
mentre quello in senso improprio è ravvisabile quando la decisione assorbente
esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni,
ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande (Cass. n. 2193/2020, cit.
; Cass. 12/11/2018, n. 28995; Cass. 28663 ; Cass. 27/12/2013, n. 28995).
4.4. Nel caso di specie non è dato rinvenire alcuna
delle situazioni processuali soprarichiamate, giustificative di una
declaratoria di assorbimento; la domanda in via autonoma proposta dal R.
dinanzi al Tribunale di Roma e poi trasferita dinanzi al giudice di Bologna
esprimeva lo specifico, attuale e concreto interesse del lavoratore ad ottenere
la declaratoria di illegittimità del licenziamento, interesse non soddisfatto o
superato dal mero rigetto della domanda di controparte da parte del giudice del
reclamo.
In questa prospettiva risulta corretto il rilievo
formulato dall’odierno ricorrente che con il primo motivo di ricorso ascrive
alla Corte di merito di non avere tenuto conto della reale situazione
processuale quale scaturente dalla qualificazione operata dalla ordinanza di questa
Corte resa sul regolamento di competenza, qualificazione che implicava
necessariamente, da un punto di vista logico- giuridico, il carattere autonomo
e non condizionato della domanda spiegata dal lavoratore davanti al giudice del
Lavoro del Tribunale di Roma, domanda poi “trasferita” nel giudizio
dinanzi al giudice del reclamo con la riassunzione del lavoratore; analogamente
risulta corretta la denunzia di sostanziale illogicità della decisione di
assorbimento formulata con il terzo motivo.
4.5. Da tanto deriva che, a prescindere dalla
rinunzia o meno del R. alle preliminari eccezioni alle quali aveva condizionato
l’accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata nel procedimento
instaurato dalla società, la decisione sulla – autonoma – impugnativa di
licenziamento proposta dal lavoratore davanti al giudice di Roma non poteva
ritenersi assorbita dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso della
società, come ritenuto dal giudice di secondo grado.
5. A tanto consegue, assorbito l’esame delle ulteriore
censure, l’accoglimento del ricorso e la cassazione della decisione, con rinvio
alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, alla quale è
demandato il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione, alla quale
demanda il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.