Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 dicembre 2020, n. 28704
Rapporto di lavoro, Pagamento di ore di lavoro straordinario
– Mancata adozione di misure di sicurezza idonee a tutelare l’integrità fisica
del dipendente, Risarcimento per lucro cessante
Rilevato che
la Corte d’appello di Milano, confermando la
sentenza del Tribunale di Como, ha rigettato la domanda di R.D., autista della
Società Autotrasporti B. s.n.c., diretta a ottenere il pagamento di ore di
lavoro straordinario prestato tra il 2005 e il 2009, nonché il risarcimento per
lucro cessante a causa dei gravi danni subiti nell’incidente del 29 ottobre
2008 a Palermo, ove il lavoratore si era recato per servizio, e dal quale aveva
riportato trauma addominale con lesioni a vari organi interni e ischemia post
traumatica;
la Corte territoriale, quanto alla asserita
responsabilità risarcitoria della datrice per la mancata adozione di misure di
sicurezza idonee a tutelare l’integrità fisica del dipendente, ha accertato
l’assenza di specifiche allegazioni e prove riguardo alla stessa da parte
dell’appellante, richiamando il principio dell’inapplicabilltà della nozione di
responsabilità oggettiva in materia di sicurezza sul lavoro (Cass. n. 21590 del 2008);
in merito alle differenze retributive, la Corte
territoriale ha ritenuto non raggiunta la prova della loro sussistenza anche
per effetto della mancanza dell’istanza da parte del Durante di verificazione
dell’autenticità delle copie dei cronotachigrafi, a fronte del disconoscimento
operato dalla Società, nonché per l’assenza, negli atti di parte, di ulteriori
elementi dai quali fosse possibile valutare l’avvenuta prestazione di ore di
straordinario non retribuite;
la cassazione della sentenza è domandata da R.D.
sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria;
G.B., R.B., M.A.L. e B.I., nella qualità di soci e
di liquidatori della Società “Autotrasporti B. di G.e R.B. & C.
s.n.c.” hanno resistito con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.
Considerato che
Il motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n.5 cod. proc. civ., lamenta
“Omesso esame e omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, in relazione alle risultanze documentali (dischi
cronotachigrafi, genericamente contestati) e alla circostanza che il Durante
svolgeva nella sua attività di autotrasportatore alle dipendenze dei
resistenti, sempre la medesima tratta”;
il motivo è inammissibile;
va rilevato come la pronuncia gravata non possa
essere censurata per aver omesso di esaminare un fatto decisivo oggetto di
controversia tra le parti;
la Corte d’appello ha accertato come dagli atti di
causa non risultava che il Durante avesse mai richiesto gli originali dei
cronotachigrafi disconosciuti né che, a seguito del disconoscimento, ne avesse
chiesto la verificazione, aggiungendo che il fascicolo non conteneva, oltre al
documento disconosciuto, altri elementi dai quali poter ricavare la prova del
lavoro straordinario prestato (p. 8 sent.);
la censura appare diretta a ottenere una
rivalutazione dei fatti di causa in sede di legittimità;
va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al
costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il
ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di
norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal
giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del
giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di
merito.” (Cass. n. 18721 del 2018; Cass.
n.8758 del 2017); in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile; le
spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del
giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 200
per esborsi, Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali nella
misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R.
n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1 -bis dello stesso art. 13.