Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 dicembre 2020, n. 29765

Indennità di incentivazione e miglioramento dei servizi,
Gestione del personale universitario afferente la facoltà di medicina,
Trasferimento del personale all’Azienda Ospedaliera, Inquadramento economico e
pagamento delle retribuzioni, Difetto di legittimazione passiva dell’Azienda
Ospedaliera

 

Rilevato che

 

1. V.C., infermiere generico dipendente della
Seconda Università degli Studi di Napoli ed in servizio presso l’Azienda
Ospedaliera Universitaria, aveva agito innanzi al Tribunale di Napoli al fine
di ottenere il pagamento della “indennità di incentivazione e
miglioramento dei servizi”;

2. il Tribunale accoglieva la domanda nei confronti
della Seconda Università e dichiarava il difetto di legittimazione passiva
dell’Azienda Ospedaliera Universitaria;

3. la Corte d’appello di Napoli confermava detta
decisione;

richiamava preliminarmente la Corte territoriale il
decreto rettoriale n. 1352/1995 che all’art. 11 aveva previsto la gestione del
personale universitario afferente la facoltà di medicina senza tuttavia
disporre il trasferimento di tale personale all’allora Azienda Ospedaliera
Policlinico (ora Azienda Ospedaliera Universitaria);

riteneva che le questioni concernenti non già l’esercizio
dei poteri di gestione ma l’inquadramento economico e in genere il pagamento
delle retribuzioni dovessero essere proposte unicamente nei confronti del
soggetto o Ente datore di lavoro, in quanto riguardanti elementi essenziali del
sinallagma che a questi faceva capo;

evidenziava che il C. era rimasto inquadrato nel
ruolo universitario e riteneva, pertanto, che pur dopo l’assegnazione alla
struttura sanitaria gestita dall’Azienda, l’Università fosse tenuta ad
adempiere le obbligazioni di carattere retributivo scaturenti dal rapporto;

4. per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso la Seconda Università degli Studi di Napoli affidato ad un motivo;

5. V.C. ha resistito con controricorso;

6. non sono state depositate memorie.

 

Considerato che

 

1. con l’unico motivo la ricorrente denuncia
violazione e/o falsa applicazione del d.r. n. 1352/1995, del d.r. n. 2870/2004,
del d.r. n. 2101/2007;

deduce che l’Azienda Ospedaliera, in attuazione del d.lgs. n. 517/1999, ha acquisito personalità
giuridica e sulla base dell’atto aziendale assume la veste di datore di lavoro
per tutto quanto concerne l’organizzazione, la gestione e la remunerazione
dell’attività assistenziale esercitata dal personale universitario;

richiama giurisprudenza di questa Corte per
sostenere che il personale ‘strutturato’ nel SSN è in rapporto di servizio con
l’Azienda Ospedaliera la quale, quindi, è passivamente legittimata rispetto
alle domande di contenuto patrimoniale;

2. il motivo è innanzitutto inammissibile laddove
oggetto della denunciata violazione di legge sono anche i decreti rettoriali e
cioè atti amministrativi a carattere non normativo in relazione ai quali il
sindacato attribuito alla Corte di cassazione, in tema di interpretazione, è limitato
alla sola verifica di eventuali denunciati vizi di motivazione (ora nei limiti
di cui al novellato art. 360, n. 5, cod. proc. civ.),
ovvero di malgoverno delle regole di ermeneutica contrattuale ed in
particolare, degli articoli 1362, secondo comma,
1363 e 1366 cod.
civ. in quanto analogicamente applicabili (v. ex multis Cass. 23 luglio
2020, n. 17367; Cass. 2 aprile 2013, n. 7982;
Cass. 9 ottobre 2017, n. 23532);

3. per il resto il motivo è infondato;

3.1. l’Università ricorrente censura la sentenza
impugnata laddove ha ritenuto sussistente la propria legittimazione passiva;

3.2. la questione oggetto del presente giudizio è
stata già esaminata da questa Corte in plurime decisioni (cfr., in particolare,
Cass. 24 maggio 2013 n. 12908; Cass. 7 marzo 2014
n. 5325; Cass. 16 aprile 2015, n. 7739), alla cui motivazione si rinvia
anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., che hanno ritenuto, in
fattispecie analoghe, che legittimata passivamente fosse, al pari dell’Azienda
Ospedaliera, l’Università;

in particolare è stato precisato che mentre alla
sussistenza della legittimazione passiva dell’Azienda Ospedaliera riconduce il
rapporto di servizio connesso al particolare meccanismo che regola il rapporto
di lavoro dei dipendenti universitari ‘strutturati’ in organismi distinti dalle
Università e qualificato per il diretto coinvolgimento dell’Azienda ospedaliera
nella gestione dei rapporti di lavoro, la condizione di dipendente
dell’Università degli Studi – e dunque la sussistenza di un rapporto di impiego
– vale a fondare l’obbligazione dell’Università a corrispondere le invocate
differenze retributive;

3.3. anche le Sezioni Unite di questa Corte nella
sentenza 9 maggio 2016, n. 9279 hanno confermato che i rapporti tra Aziende
ospedaliere e Università, quali emergenti dall’esame della normativa che
disciplina la loro attività, configurano una vera e propria cogestione, il che
giustifica pienamente la sussistenza della legittimazione di entrambi;

3.4. non sono stati prospettati argomenti che
possano indurre a disattendere detto orientamento;

5. da tanto consegue che il ricorso deve essere
respinto;

6. né la ricorrente può dolersi in questa sede,
nella quale si discute solo della legittimazione passiva dell’Università,
dell’esclusione della responsabilità solidale dell’Azienda Ospedaliera, posto
che opera il principio, già affermato da questa Corte ed al quale va data
continuità, secondo cui, «se il creditore conviene in giudizio più debitori,
sostenendo la loro responsabilità solidale, e il giudice, invece, condanna uno
solo di essi, con esclusione del rapporto di solidarietà, il debitore
condannato, ove non abbia proposto alcuna domanda di rivalsa nei confronti del
preteso condebitore solidale e, dunque, non abbia dedotto in giudizio il
rapporto interno che lo lega agli altri debitori, non ha un interesse ad impugnare
tale sentenza nella parte in cui esclude la solidarietà, perché essa non
aggrava la sua posizione di debitore dell’intero e non pregiudica il suo
eventuale diritto di rivalsa» (v. Cass. 15 gennaio 2020, n. 542; Cass. 27
ottobre 2015, n. 21774; Cass. 16 febbraio 2012, n. 22227);

6. la regolamentazione delle spese segue la
soccombenza;

7.  deve darsi
atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui all’art. 13, comma 1 – quater, d.P.R. n.
115 del 2002, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., Sez. Un., 20
febbraio 2020, n. 4315, perché l’esenzione prevista in via generale dal
richiamato d.P.R. opera per le Amministrazioni dello Stato e non per gli enti
pubblici autonomi, seppure autorizzati ad avvalersi del patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato (sulla natura delle Università e sulla disciplina
del patrocinio cfr. Cass., Sez. Un., 20 ottobre 2017, n. 24876).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di
legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 5.000,00 per
compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario in misura
del 15%.

Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 – quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

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