Nell’ordinamento militare e in polizia il criterio del corretto ed efficiente svolgimento delle funzioni perseguite costituisce il parametro fondamentale per giustificare l’accoglimento o il rifiuto da parte della PA della richiesta di una assegnazione temporanea ad una diversa sede di lavoro del genitore con figli minori fino a tre anni di età.
Nota a Cons. Stato 21 dicembre 2020, n. 8180
Flavia Durval e Sonia Gioia
Per le Forze armate e i Corpi di polizia ad ordinamento militare e civile, i provvedimenti normativi a sostegno della maternità e paternità (D.LGS. n. 151/2001) vanno applicati tenendo conto delle specificità settoriali. “Per esse, infatti, dovrà precipuamente tenersi conto di quegli elementi collegati al corretto ed efficiente svolgimento delle funzioni perseguite, che diviene … il criterio orientativo per riempire di contenuto la locuzione “casi ed esigenze eccezionali”. Tale locuzione è stata “enucleata dal legislatore, quale contraltare della finalità di tutela della genitorialità e del minore, per consentire, talvolta, la manifestazione di un “mancato accoglimento” legittimo dell’istanza del lavoratore”.
Il rilevante principio è affermato dal Consiglio di Stato 21 dicembre 2020, n. 8180, il quale ricostruisce il quadro normativo che regolamenta la fattispecie oggetto di ricorso, precisando che:
a) l’assegnazione temporanea del dipendente pubblico, genitore con figli minori fino a tre anni di età, ad una diversa sede di lavoro, costituisce un istituto a carattere prettamente temporaneo, che non incide in maniera definitiva sulla sede assegnata, “poiché il relativo beneficio cessa automaticamente con il superamento dell’età indicata dalla legge, e il cui scopo evidente è quello di agevolare l’espletamento delle responsabilità genitoriali nell’arco temporale in cui il minore è appena nato e di fruire, al contempo, del relativo status”;
b) la questione è disciplinata dall’art. 42 bis (assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche), D.LGS. n. 151/2001, in base al quale:
1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda (comma mod. dall’art. 14, co.7, L. n. 124/2015).
2. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione;
c) tale disposizione si situa nell’ambito della tutela sia costituzionale della genitorialità e del correlato interesse del minore (artt. 30 e 31 Cost.) che sovranazionale (art. 24, co. 3, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; art. 3, Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre 1991);
d) la norma si applica a “tutte le amministrazioni dello Stato” ed è pacifica la sua operatività anche nei casi di mobilità interna ad una stessa amministrazione;
e) l’istituto de quo si applica a tutti i dipendenti dello Stato, in ossequio all’art. 3 Cost. (v. anche art. 42 bis cit. e art. 1493 cod. ord. mil., approvato con D.LGS. 15 marzo 2010, n. 66), compresi i settori della pubblica sicurezza e della tutela dell’ordine pubblico (v., fra tante, Cons. Stato, Sez. VI, n. 2730/2013 e sez. IV, n. 3683/2013);
f) l’applicazione dell’istituto in questione postula un delicato bilanciamento che l’Amministrazione deve effettuare in concreto. Le disposizioni sopra richiamate, infatti, demandano all’Amministrazione il potere di disporre la fruizione del beneficio, purché non vi ostino “casi o esigenze eccezionali” (non attribuendo un diritto soggettivo, ma un interesse legittimo);
g) ai sensi del citato art. 42 bis, i requisiti per accordare il beneficio in questione sono la “sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva” e il “previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione” (che potrà essere negato solo ove si opponga un dissenso “motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali” – Cons. Stato, sez. III, n. 3805/2015);
h) per quanto concerne in particolare l’ordinamento militare e quello della Guardia di finanza, vi è “un’attenzione rafforzata, da parte del legislatore, alle esigenze organizzative dell’amministrazione delle Forze armate” (trattandosi di settori “strettamente correlati alla difesa della Patria, alla pubblica sicurezza e all’ordine pubblico, in quanto preordinati alla tutela di interessi primari e perciò connotati da forti elementi di specialità”), sicché i criteri sulla base dei quali va valutato se accordare o negare il beneficio sono particolarmente ampi (v. Cons. Stato, Sez. II, n. 5872/2019). Così, ad esempio, si richiede, (in virtù dell’art. 1493, ord. mil., approvato con il D.LGS. n. 66/2010), oltre ai requisiti summenzionati, la ponderazione “del particolare stato rivestito” dal militare;
i) circa il notevole contenzioso in tema di applicazione dell’art. 42 bis, D.LGS. n. 151/2001, il Consiglio sposa un indirizzo “intermedio” relativamente alla lettura della locuzione “casi o esigenze eccezionali”, sul presupposto che: 1) da un lato, essa non può essere svuotata di significato dal punto di vista letterale e logico giuridico, ritenendo sufficienti, ai fini del diniego del beneficio, mere ragioni organizzative (spesso coincidenti con la carenza di personale rispetto alla pianta organica prevista presso la sede di assegnazione dalla quale il lavoratore si intende allontanare in via temporanea); 2) e dall’altro, ritenere ostativi alla concessione del beneficio in parola, solo specifici aspetti della professionalità o delle abilità possedute dal militare che lo rendano oggettivamente insostituibile “restringe eccessivamente il novero delle ipotesi che potrebbero determinare il rifiuto dell’applicazione della assegnazione temporanea”.
In sintesi, perciò, i giudici accolgono un’interpretazione che alle Amministrazioni: I) consenta sia “di tenere conto di esigenze organizzative anche non direttamente o esclusivamente connesse con le competenze professionali dell’istante e con l’insostituibilità delle mansioni da questi svolte in sede, ma neppure banalmente riferite alla mera scopertura di organico che, ove si mantenga entro un limite numerico tutto sommato contenuto, appaia fronteggiabile con una migliore riorganizzazione del servizio e, dunque, con gli ordinari strumenti giuridici previsti dall’ordinamento, senza che venga perciò negata al lavoratore-genitore la tutela approntata dall’ordinamento”; II) sia di ravvisare in alcuni casi quella eccezionalità che le consenta “di negare legittimamente il beneficio (fermo restando, ovviamente, che l’insussistenza dell’altro requisito, ossia il “posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”, preclude in radice la fruizione del beneficio)”. In via esemplificativa, il Consiglio cita i casi in cui:
– la sede di assegnazione sia chiamata a fronteggiare una significativa e patologica scopertura di organico (pari o superiore al 40% della dotazione organica dell’ufficio di assegnazione), “che potrà essere presa in considerazione, ai fini del diniego, sia riferendola a tutte le unità di personale assegnate a quella sede, sia riferendola al solo personale appartenente al medesimo ruolo del soggetto istante; tale criterio corrisponde, ad avviso del Collegio, a quei “casi ed esigenze eccezionali”, perché impedisce la fruizione del beneficio laddove si palesi la necessità di evitare che la sede di appartenenza venga sguarnita oltremodo, al di là di quella che può essere una contingente e fronteggiabile carenza di personale, oppure si prospetti la necessità di evitare che la qualifica di appartenenza non sia oltremodo depauperata di unità, il che, pur a fronte della presenza in servizio di altro personale con diversa qualifica, non consentirebbe un equilibrato funzionamento dell’unità operativa di appartenenza”;
– “nell’ambito territoriale del comando direttamente superiore a quello di appartenenza (ad es., l’ambito provinciale, ove la singola sede faccia gerarchicamente riferimento ad un comando provinciale) si ravvisino, all’interno della maggioranza delle altre sedi di servizio, scoperture di organico valutate secondo i parametri indicati” nel punto precedente;
– quando la sede di assegnazione, pur non presentando una scopertura significativa e patologica, qual è quella innanzi indicata, presenta comunque un vuoto di organico ed è ubicata in un contesto connotato da peculiari esigenze operative: si pensi all’ipotesi in cui l’unità impiegata nella sede di appartenenza si trovi a fronteggiare emergenze di tipo terroristico (come nel caso esaminato da Cons. Stato, Sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3198), oppure pervasivi fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso, o sia di supporto a reparti impiegati in missioni all’estero, sempre che non vi siano nello stesso comprensorio del comando gerarchicamente superiore altre sedi dalle quali sia possibile attingere, temporaneamente, un agente in sostituzione;
– “effettivamente, l’interessato svolge un ruolo di primaria importanza nell’ambito della sede di appartenenza e non sia sostituibile con altro personale presente in essa o in altra sede da cui sia possibile il trasferimento”. Ciò, non per il possesso di una particolare qualifica da parte dell’interessato, ma perché “quella qualifica sia necessaria nell’ambito di specifiche operazioni in essere o nell’ambito di operazioni che è ragionevole prevedere dovranno essere espletate”;
– “il ricorrente, pur non in possesso di una peculiare qualifica, è comunque impiegato in un programma o in una missione speciale ad altissima valenza operativa, dalla quale l’amministrazione ritenga non possa essere proficuamente distolto, che deve essere compiutamente indicata nel provvedimento (salvi, ovviamente, i profili di riservatezza che dovessero emergere per la tutela della suddetta operazione)”.
Nel caso di specie, i giudici hanno rilevato la carenza di una quantificazione in percentuale del rilevante deficit di effettivi nella categoria di interesse; la mancanza di una precisazione della relativa incidenza sul lavoro della sede di effettiva assegnazione dell’appellante; e la non esplicitazione della connotazione prettamente operativa e della connessione dell’appellante alla funzione del reparto.
Tale deficit motivazionale non ha consentito la verifica circa l’effettiva eccezionalità della situazione richiamata quale causa ostativa alla concessione del beneficio.
Il ricorso è stato dunque accolto, per difetto di motivazione del provvedimento gravato. Per cui l’Amministrazione è stata chiamata a riesaminare l’istanza dell’interessato per verificare se effettivamente ricorressero “casi o esigenze eccezionali” che legittimavano il rigetto dell’istanza.