Prassi – CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON – Nota 08 gennaio 2021, n. 1

I Nuovi Principi di attestazione dei Piani di risanamento

 

Ti invio i nuovi Principi di attestazione dei Piani
di risanamento.

Chiusa la pubblica consultazione in data 12 novembre
2020, il documento allegato sostituisce la precedente versione pubblicata nel
settembre 2014 ed è stata rivista ed aggiornata per tener conto degli indirizzi
giurisprudenziali, delle novità del Codice della Crisi (limitandosi a quanto
utile e necessario visto la frammentazione delle norme entrate in vigore
rispetto al testo definitivo), ma anche delle conseguenze dell’emergenza
sanitaria Covid-19, trasformatasi ormai anche in emergenza economica per molte
imprese.

Riguardo al contenuto dei Nuovi Principi di
attestazione, lo schema di base delle attività che deve svolgere il
professionista esperto incaricato resta sostanzialmente quello preesistente, ma
le innovazioni apportate sono significative in particolare tema di indipendenza
e compenso dell’attestatore, di definizione del perimetro delle verifiche,
delle successive modifiche del piano e delle attività di monitoraggio dello
stesso e, infine, particolare attenzione viene riservata al tema della
valutazione del miglior soddisfacimento dei creditori in caso di concordato
preventivo in continuità in relazione alle “utilità” esterne in relazione alle
quali l’attestatore dovrà esprimersi in modo circostanziato.

I Nuovi Principi di attestazione affrontano, poi, il
rilevante tema dell’incertezza sanitaria ed economica causata dalla pandemia
Covid-19 proponendo suggerimenti di ausilio alla fattibilità del Piano,
compreso quello di ricorrere, ove occorra, ad una pluralità di scenari e
all’ampliamento, anche oltre i cinque anni, dell’orizzonte temporale del Piano
di risanamento, a condizione che sia adeguatamente motivato dal debitore e
ritenuto giustificato dall’attestatore.

Il lavoro è, infine, completato dalle attestazioni
speciali di cui agli artt. 182-ter,
182-quinquies e 186-bis l.fall. e dalla c.d.
attestazione di uscita dalla crisi, non prevista dalla normativa, ma alla quale
le imprese già ricorrono per porre la parola “fine” al processo di risanamento.

Il documento è disponibile sul sito del Consiglio
Nazionale all’indirizzo www.commercialisti.it e Ti prego di darne la massima
diffusione tra gli iscritti del Tuo territorio.

 

Allegato

Principi di
attestazione dei piani di risanamento

 

SOMMARIO

1. PROFILI GENERALI DEI PRINCIPI DI ATTESTAZIONE

1.1. Premessa

1.2. Riferimenti normativi

1.3. Il lavoro dell’Attestatore

1.4. Esigenza e finalità dei Principi

1.5. Destinatari

1.6. Principi e responsabilità

1.7. Riferimenti ad altri standard

1.8. Casi particolari

1.9. Struttura del documento

1.10. Utilizzo delle indicazioni

2. NOMINA E ACCETTAZIONE

2.1. La nomina

2.2. L’accettazione

2.3. I requisiti professionali

2.4. Le responsabilità dell’Attestatore: eventuali
limitazioni

2.5. L’indipendenza

2.6. Il compenso per l’attestazione

2.7. casi particolari

3. PROFILI GENERALI DELLE VERIFICHE/DOCUMENTAZIONE

3.1. La verifica della documentazione componente il
Piano

3.2. L’esame della documentazione con amministratori
e sindaci

4. VERIFICA SULLA VERIDICITÀ DEI DATI AZIENDALI

4.1. Le finalità della verifica sulla veridicità dei
dati

4.2. Il concetto di veridicità

4.3. Il perimetro della verifica sulla veridicità

4.4. La base informativa di partenza

4.5. La valutazione dei rischi nella verifica sulla
veridicità

4.6. L’utilizzo del lavoro di terzi nella verifica
sulla veridicità

4.7. La verifica dei criteri di valutazione delle
poste contabili

4.8. Neutralità dell’Attestatore rispetto alle
vicende societarie

4.9. La valutazione dell’attività pregressa degli
organi sociali

LA DIAGNOSI DELLO STATO DI CRISI

5.1. La diagnosi dello stato di crisi

5.2. Valutazione delle cause della crisi nei piani
in continuità aziendale

5.3. Gli strumenti di diagnosi

6. LA VERIFICA SULLA FATTIBILITÀ DEL PIANO

6.1. Valutazione delle ipotesi strategiche

6.2. La Valutazione della strategia di risanamento

6.3. La valutazione del programma di intervento
(action pian)

6.4. La verifica delle ipotesi economico-finanziarie

6.5. La verifica dello sviluppo dei dati del Piano

6.6. Analisi di sensitività e prove di resistenza
(stress test)

6.7. Verifica sul previsto monitoraggio del Piano

6.8. Il giudizio di fattibilità

6.9. Emergenza sanitaria covid-19 e incertezza
straordinaria nella formulazione delle previsioni

7. LA VALUTAZIONE DEL MIGLIOR SODDISFACIMENTO DEI
CREDITORI

7.1. I casi obbligatori

7.2. Il rinvio alla perizia estimativa ex art. 160, secondo comma, l.f

7.3. il concordato con continuità aziendale

8. LA RELAZIONE DI ATTESTAZIONE E LA DOCUMENTAZIONE
DEL LAVORO DELL’ATTESTAZIONE

8.1. Le parti componenti la relazione

8.2. Il contenuto della prima parte

8.3. Il contenuto della seconda parte

8.4. Il contenuto della terza Parte

8.5. La documentazione del lavoro di attestazione

9. LE ATTIVITÀ SUCCESSIVE ALL’ATTESTAZIONE

9.1. Esecuzione e monitoraggio del Piano

9.2. Modifiche del Piano e nuova attestazione

10. LE RESPONSABILITÀ DELL’ATTESTATORE

10.1. La responsabilità civile dell’Attestatore:
cenni

10.2. La responsabilità penale dell’Attestatore:
cenni

ALLEGATO 1: PROCEDURE DI VERIFICA SU ALCUNE POSTE
PATRIMONIALI DELLA BASE DATI CONTABILE

1. Le attività di indagine da porre in essere in
merito alle più comuni poste dell’attivo

2. Le attività di indagine da porre in essere in
merito alle più comuni poste del passivo

Allegato 2: Le attestazioni speciali di cui agli artt. 182-QUINQUIES e 186-bis l.f. (cenni)

1. L’oggetto delle attestazioni speciali

2. Le verifiche nel caso di richiesta di nuovi
finanziamenti

3. Il giudizio richiesto all’Attestatore

4. Il momento del rilascio dell’attestazione
riguardo alla richiesta di nuovi finanziamenti

4.1. Il necessario esame di un piano finanziario
“di periodo”

4.2. La verifica sulla veridicità dei dati aziendali

5. La strumentalità dei nuovi finanziamenti rispetto
al miglior soddisfacimento dei creditori nell’ipotesi di richiesta di nuovi
finanziamenti

5.1. Gli ulteriori fattori che l’Attestatore deve
considerare ai fini del proprio giudizio

5.2. La verifica della strumentalità dei nuovi
finanziamenti rispetto al miglior soddisfacimento dei creditori in caso di
mancata omologazione del concordato e dell’accordo di ristrutturazione dei
debiti

6. L’estensione alle altre attestazioni speciali

ALLEGATO 3: L’ATTESTAZIONE EX ART. 182-TER L.F.

1. L’oggetto dell’attestazione ex art. 182-ter l.f.

2. Il giudizio richiesto all’Attestatore nel caso di
istanza di trattamento presentata nell’ambito di un concordato preventivo

3. Il giudizio richiesto all’Attestatore nel caso di
istanza di trattamento presentata nell’ambito delle trattative che precedono la
stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti

 

1. PROFILI GENERALI DEI PRINCIPI DI ATTESTAZIONE

 

1.1. Premessa

Nel settembre del 2014 il Consiglio Nazionale dei
Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili approvava i Principi di attestazione
dei piani di risanamento al fine di fornire, con riferimento alla migliore
prassi professionale, un adeguato apparato di regole e un supporto all’attività
del professionista chiamato dalla legge fallimentare a rilasciare
l’attestazione (“Attestatore”).

A distanza di alcuni anni il lavoro ha richiesto una
evidente revisione per tenere conto dell’evoluzione normativa e delle
interpretazioni dottrinali e giurisprudenziali nel frattempo intervenute.

Tale revisione è da intendersi riferita alla norma fallimentare
attuale, in attesa dell’entrata in vigore il 1° settembre 2021 del Codice della
Crisi e dell’insolvenza d’impresa che richiederà una più completa rivisitazione
per tenere conto dei nuovi riferimenti normativi e delle precisazioni contenute
nel nuovo testo.

Alcune importanti revisioni sono invece state
introdotte per tenere conto della particolare situazione venutasi a creare nel
Paese a causa della pandemia da Covid-19 e del significativo impatto, sulle
imprese, prodotto dalla conseguente straordinaria contrazione dell’attività
economica e dall’accresciuto indebitamento delle imprese.

Tali modifiche riguardano in particolare il tema
della fattibilità dei piani di risanamento e saranno oggetto di trattazione al
§ 6.9.

 

1.2. Riferimenti normativi

La figura dell’Attestatore è stata introdotta
nell’ordinamento dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35,
convertito nella l. 14 maggio 2005, n. 80.

L’art.
37 della l. 7 agosto 2012 n. 134 (di conversione con modificazioni del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 “Decreto
Sviluppo”), ha precisato i requisiti dell’Attestatore e alcuni dei
contenuti dell’attestazione stessa.

Il d.l. 27 giugno 2015,
n. 83 (convertito con l. 28 giugno 2016, n.
132) ha poi assegnato all’Attestatore nuovi compiti.

 

1.3. Il lavoro dell’Attestatore

La ratio dell’attestazione è quella di tutelare i
terzi e i creditori, soprattutto se estranei al piano di risanamento (il
“Piano”), perché le scelte e le rinunce di fronte ai quali sono posti
dal debitore siano decise e accettate sulla base di una corretta e
sufficientemente completa base informativa.

L’importanza del lavoro dell’Attestatore è deputata
a rafforzare l’idoneità degli impegni assunti dal debitore mediante il Piano e
finalizzati al riequilibrio della situazione economico-finanziaria e al
risanamento della esposizione debitoria.

L’Attestatore a cui si riferisce la legge è il
soggetto, indipendente, iscritto nel registro dei revisori legali ed in
possesso dei requisiti previsti dall’art. 28 lett. a) e b) della l.f.,
che elabora per conto dell’imprenditore:

a) la relazione di attestazione sulla veridicità dei
dati aziendali e sulla fattibilità dei piani di risanamento prevista dal terzo
comma lett. d) dell’art. 67 l.f.;

b) la relazione accompagnatoria della domanda di
concordato preventivo di cui all’art.
161 l.f., che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del
piano medesimo;

c) la relazione sulla fattibilità del piano
presentato in caso di proposte concordatarie concorrenti, prevista dall’art. 163 l.f.;

d) la relazione sulla veridicità dei dati aziendali
e sulla attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, di cui all’art. 182-bis l.f. tenuto anche
conto dell’eventuale estensione degli effetti ai sensi dell’art. 182-septies;

e) la relazione sulla soddisfacibilità dei crediti
tributari e previdenziali di cui all’art.
182-ter l.f.

f) la dichiarazione di idoneità della proposta di
cui al sesto comma dell’art. 182-bis
l.f.;

g) l’attestazione per accedere ai finanziamenti
all’impresa, prevista dall’art.
182-quinquies l.f.;

h) l’attestazione per il pagamento dei creditori
anteriori in pendenza del concordato prenotativo prima dell’omologa, prevista
dal quarto comma dell’art.
182-quinquies l.f.;

i) l’attestazione circa l’omogeneità della posizione
giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla
moratoria prevista dall’art.
182-septies;

j) l’attestazione richiesta per poter proporre il
concordato preventivo con continuità, introdotto dall’art. 186-bis l.f.;

k) l’attestazione per la prosecuzione dei contratti
pubblici e quella per la partecipazione alle gare di cui all’art. 186-bis, commi terzo e quarto,
l.f.

Nella prassi accade, inoltre, che possa essere
richiesto all’Attestatore di rilasciare una “anticipazione” e breve
descrizione dei risultati del lavoro di attestazione (NOTA 1) sotto forma di
comfort letter non vincolante, sulla prevedibile idoneità del Piano a garantire
il superamento della situazione di crisi. Le anticipazioni sono richieste
all’Attestatore nell’ambito di istituti quali il piano di risanamento attestato
ex art. 67, terzo comma, lett.
d), l.f. e l’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. f., quando i
creditori con i quali l’impresa ha in corso le trattative funzionali
all’intervento di risanamento chiedono al professionista indipendente di
esprimere un giudizio preventivo sulla “serietà” del percorso
intrapreso quale condizione vincolante per proseguire nel sostegno
(finanziario) dell’impresa in crisi o istruire l’iter deliberativo
dell’accordo. in altri casi, l’anticipazione può consistere in una relazione,
assimilabile ad una limited review, il cui giudizio consiste in una negative
assurance, cioè nell’attestazione che il lavoro fino a quel momento eseguito
non ha portato alla luce nulla che potesse far ritenere necessarie rettifiche o
integrazioni dei documenti esaminati, evidenziando in tal caso le procedure di
verifica ancora in corso.

 

1.4. Esigenza e finalità dei Principi

Stante la complessità della materia, è comunemente
sentita la necessità di disporre di linee guida e di uno standard di relazione
di attestazione che possa indicare modalità operative e costruire modelli
virtuosi di comportamento.

In questa ottica i Principi propongono modelli
comportamentali condivisi ed accettati riguardanti le attività che
l’Attestatore deve svolgere, sia per verificare la veridicità dei dati, sia
relativamente al giudizio di fattibilità del Piano e al fatto che l’impresa
possa riacquistare l’equilibrio economico- finanziario e patrimoniale.

I Principi, applicandosi ai vari contesti gestionali
e dimensionali dell’impresa, se correttamente applicati, offrono ai
professionisti la possibilità di individuare standard comuni per le diverse
situazioni, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza.

In questo i Principi si propongono di ridurre le
difficoltà che gli Attestatori incontrano e di individuare approcci
metodologici nella conduzione delle verifiche finalizzate a rendere i giudizi
di veridicità e di fattibilità.

 

1.5. Destinatari

I Principi sono pertanto destinati ad una pluralità
di operatori:

– ai professionisti Attestatori, per fornire un quadro
di riferimento in analogia con i principi contabili e i principi di revisione
ovvero le norme di comportamento emanate dal CNDCEC;

– al debitore, per fornire un’indicazione della
tipologia di lavori che l’Attestatore deve svolgere e consentire quindi un
costruttivo confronto;

– ai creditori e ai terzi, per consentire
l’affermarsi di good practices che permettano di applicare correttamente la
ratio della legge;

– agli advisor e ai professionisti in genere che
redigono il piano e ciò in affiancamento ai Principi di redazione dei piani di
risanamento, approvati dal CNDEC nell’ottobre 2017;

– ai terzi (operatori di settore o investitori)
interessati a formulare proposte concorrenti, potendo assumere l’attestazione
quale base informativa oggettiva, seppur limitata, relativa all’impresa;

– agli organi giudicanti, perché mediante la
fissazione delle regole di riferimento di condotta professionale possano
valutare in modo più oggettivo il lavoro degli operatori.

 

1.6. Principi e responsabilità

Va tenuto presente che i Principi propongono modelli
condivisi di alta qualità professionale delle attestazioni, ottenibili con
l’impiego dei più elevati standard di diligenza professionale, da declinare in
funzione delle specificità del caso concreto. I Principi, inoltre, assumono
utilità anche nei casi in cui l’operato dell’Attestatore debba essere oggetto
di valutazione ex post nell’ambito di un eventuale procedimento aperto a suo
carico ex art. 236-bis l.f. o
per risarcimento dei danni.

Con l’introduzione nella legge fallimentare dell’art. 236-bis (“Falso in
attestazioni e relazioni”) previsto dall’art. 33 del d.l. 83/2012, l’Attestatore
assume, infatti, significative responsabilità, tanto più che il legislatore non
ha precisato che cosa si intenda per informazione “false” e
“informazioni rilevanti”, la cui esposizione od omissione rilevano
penalmente. Si rende perciò necessario permettere agli Attestatori di svolgere
il proprio incarico con una certa sicurezza e tranquillità, ai creditori di
esprimere il proprio voto con cognizione di causa e con convinzione e agli
organi giudiziari di fare affidamento su norme di comportamento e procedure
precise che non si prestino a interpretazioni fuorvianti.

I Principi consentono inoltre di integrare in alcuni
casi la legge fallimentare con indicazioni più precise. Sotto questo profilo,
pur non essendo norma ancora in vigore, è utile che l’Attestatore consideri
anche quanto indicato dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ove la
disciplina non sia innovativa, ma abbia natura interpretativa del portato della
legge fallimentare.

 

1.7. Riferimenti ad altri standard

Integrazione del contenuto dei Principi è costituita
dai Principi di redazione dei piani di risanamento, approvati dal CNDEC
nell’ottobre 2017. L’Attestatore potrà eventualmente esprimersi con riferimento
alla conformità o meno del Piano a tali principi.

Utile integrazione possono essere anche i principi
di revisione nazionali ed internazionali previsti dagli artt. 11 e 12 del d.lgs. 39/2010
e quelli stabiliti dal CNDCEC, riconosciuti dalla Consob, nei limiti in cui
essi, come anche specificato in alcune parti di questo documento, siano
applicabili o funzionali agli scopi dell’attestazione.

Peraltro, va da subito precisato che nelle
situazioni di crisi e nei contesti in cui si muove l’Attestatore, i normali
principi di revisione non sono applicabili se non parzialmente, non solo per
quanto attiene ai dati previsionali contenuti nel Piano, ma anche con
riferimento ai dati contabili alla base del Piano stesso. Prevedere che i
principi di revisione siano adottabili in toto non è di fatto attuabile in
considerazione delle condizioni oggettive di lavoro (tempi ristretti di
esecuzione del mandato ed ampiezza dello stesso) e non è nemmeno necessario in
relazione alle finalità del giudizio di attestazione. Ne consegue che l’Attestatore
non può essere equiparato, sotto il profilo strettamente giuridico, al revisore
legale di società e conseguentemente non deve ritenersi soggetto al rispetto di
tali principi.

in questa prospettiva ogni citazione, menzione e
richiamo ai principi di revisione nazionali ed internazionali o ad altri
principi contenuti nei capitoli che seguono deve essere intesa come riferimento
alle migliori “tecniche di revisione” ai quali l’Attestatore può
rivolgersi come strumenti metodologici ed ispiratori del lavoro di
attestazione.

Si considerano quali riferimenti utili anche gli
International Standard on Assurance Engagements ISAE che si riferiscono a
incarichi “other than audits or reviews of historical financial
information” principalmente gli isAE n. 3000 e 3400. Tra i riferimenti
nazionali è opportuno ricordare i documenti emanati dal CNDCEC per l’attività
di verifica: “Osservazioni sul contenuto delle relazioni del
professionista nella composizione negoziale della crisi d’impresa” e per
la redazione del Piano di risanamento e le “Linee guida per il
finanziamento alle imprese in crisi”, redatte in collaborazione con
Università di Firenze ed Assonime.

Non ultimi la Circolare
del CNDCEC n. 30/IR del 11.2.2013 che tratta del professionista Attestatore
indipendente e del contenuto della relazione e il documento del CNDEC
“Informativa e valutazione nella crisi d’impresa” del 30.10.2015.

 

1.8. Casi particolari

Il presente documento tratta gli aspetti generali
dell’attestazione riferibili ai piani di risanamento compresi i piani
liquidatori. Per l’applicazione a casi particolari, quali quelli delle imprese
minori o dei gruppi di imprese, in attesa di specifiche indicazioni, può essere
opportuno integrare le indicazioni dei Principi con quanto suggerito dalla
dottrina.

 

1.9. Struttura del documento

I Principi sono strutturati in funzione del
possibile iter del lavoro dell’Attestatore. Vengono affrontati gli aspetti
riguardanti la nomina e l’accettazione dell’incarico e, a seguire, gli aspetti
generali delle verifiche e della documentazione necessaria al lavoro
dell’Attestatore: le verifiche della veridicità dei dati aziendali, la diagnosi
dello stato di crisi, la verifica sulla fattibilità del Piano, fino alla
relazione dell’Attestatore. Seguono i profili di responsabilità penale.

Le parti in grassetto segnalano la particolare
rilevanza delle prescrizioni contenute.

 

1.10. Utilizzo delle indicazioni

L’Attestatore è sempre tenuto a utilizzare il
proprio giudizio professionale al fine di ottimizzare ed implementare le
indicazioni metodologiche ed applicative suggerite, evidenziando i casi
specifici in cui crede più utile discostarsi dalle indicazioni generali. In
questo senso, l’Attestatore nella sua relazione indicherà esplicitamente se ha
applicato i presenti Principi (intendendo con tale affermazione il rispetto
integrale delle prescrizioni di seguito presentate), evidenziando eventuali
situazioni in cui ritenesse che non siano applicabili al caso oggetto del suo
esame.

 

2. Nomina e accettazione

 

2.1. La nomina

La designazione dell’Attestatore compete al debitore
salvo il caso della designazione dell’Attestatore, incaricato di certificare la
fattibilità del Piano contenuto nella Proposta concorrente, ai sensi dell’art. 163 l.f., in cui compete
al proponente interessato.

Pur se la legge fa sempre riferimento ad “un
professionista indipendente” si ritiene che l’incarico possa essere anche
affidato a più professionisti congiuntamente (nella prassi 2/3, non di più per
non rendere il lavoro eccessivamente dispersivo), purché tutti in possesso dei
requisiti professionali e di indipendenza richiesti.

2.1.1. È in ogni caso designato dal terzo proponente
il professionista chiamato a rendere l’attestazione della proposta concorrente
di cui all’art. 163 l.f.

Può essere designato anche da altro interessato
all’assegnazione del nuovo appalto il professionista incaricato di attestare ai
sensi dell’art. 186-bis, quarto
comma, l.f., la conformità al Piano e la ragionevole capacità di
adempimento del contratto pubblico per il quale il debitore concorre
all’assegnazione.

 

2.2. L’accettazione

 

2.2.1. La previsione della duplice qualifica di
revisore legale e di professionista iscritto in albi in capo all’Attestatore
evidenzia come il legislatore abbia voluto prevedere elevati standard di
competenze per ricoprire il ruolo.

il presupposto giuridico che fissa le qualifiche
dell’Attestatore non esime quest’ultimo dalla verifica, in concreto, oltre che
dell’indipendenza, dell’adeguatezza della propria organizzazione e del possesso
della specifica competenza occorrenti per lo svolgimento dell’incarico (v.
ultra anche § 2.2.5).

2.2.2. È opportuno che il professionista,
nell’accettare l’incarico, proceda alla valutazione del rischio che presenta
l’attività da svolgere. Gli elementi di rischio da tenere in considerazione
sono molteplici, quali:

a. fattori individuali, con particolare riferimento
alla conoscenza del settore economico/business oggetto di verifica (v. ultra
anche § 2.2.5);

b. fattori riferiti all’azienda con particolare
riferimento alla stima della adeguatezza del sistema interno di pianificazione
e controllo (SCI), dell’affidabilità e competenza dell’eventuale consulente
usato per l’assistenza nella redazione del Piano e di altri professionisti e
operatori coinvolti;

c. fattori legati al business in cui l’azienda
opera, che possono rendere più complessa l’attività di pianificazione;

d. fattori ambientali, intendendo con ciò il
“clima” in cui si inserisce il Piano e l’atteggiamento dei creditori
e dei vari stakeholder interessati alla ristrutturazione;

e. fattori legati in modo specifico al Piano: tra
cui (esemplificativamente ma non esaustivamente) il grado di realismo delle
ipotesi, la qualità delle fonti informative impiegate/disponibili, l’arco
temporale interessato;

f. fattori riferibili alla “reputazione”
del cliente e della Direzione aziendale, se percepibili dall’Attestatore e tali
da influenzare il rischio;

g. Compatibilità dei tempi richiesti con le attività
da svolgere e alla disponibilità di tempo dell’Attestatore e della sua
organizzazione (v. ultra anche § 2.2.5).

2.2.3. Taluni rischi sono pienamente apprezzabili da
parte del professionista solo dopo avere preso conoscenza del Piano o delle sue
linee guida (intenzioni strategiche), pertanto, a giudizio dell’Attestatore, la
propria accettazione potrà avvenire solo a posteriori ma comunque entro un
termine ragionevole per dare modo al debitore, in caso di non accettazione
dell’incarico, di individuare altro professionista in sostituzione.

Qualora l’accettazione dell’incarico avvenga, come
in genere accade, in epoca anteriore all’ultimazione del Piano, l’Attestatore
potrà valutare il rischio in ragione della conoscenza di elementi preliminari e
dichiarazioni del debitore, nonché in base alla conoscenza della
professionalità e adeguatezza degli eventuali advisor nominati dal debitore.

2.2.4. Una volta valutata l’opportunità di poter
svolgere l’incarico l’Attestatore deve farsi sottoscrivere un mandato
(engagement letter); è opportuno che tale mandato rechi i seguenti elementi:

– la portata dell’attestazione;

– l’assunzione di responsabilità da parte della
Direzione aziendale circa i dati contenuti nel Piano (da fare riconfermare
prima del rilascio del giudizio di attestazione finale da parte
dell’Attestatore);

– l’impegno a trasferire all’Attestatore tutte le
informazioni rilevanti per la veridicità della Base dati contabile e la
fattibilità del Piano;

– i poteri di acquisizione di informazioni
integrative o supplementari rispetto a quelle contenute nel Piano;

– il compenso derivante dall’attestazione e le
relative modalità di pagamento in relazione all’avanzamento lavori, nonché
eventuali condizioni per la sua revisione;

– l’ipotesi di recesso dall’incarico per mancata
consegna delle attestazioni e/o documentazioni e/o collaborazioni necessarie da
parte dell’imprenditore e/o della Direzione aziendale, degli amministratori dei
professionisti dell’impresa;

– l’ipotesi di recesso in caso in cui durante
l’incarico emergano elementi precedentemente inesistenti e/o non noti che
facciano venire meno l’indipendenza dell’Attestatore prima dell’emissione del
giudizio finale.

Ulteriori elementi che possono essere inseriti nel
mandato sono:

– il periodo coperto dal Piano;

– una indicazione delle principali tipologie di
verifiche che saranno svolte e del team di lavoro;

– la data orientativa di previsto rilascio del
giudizio finale e di eventuali giudizi intermedi se richiesti;

– nel caso di accettazione dell’incarico
anteriormente alla consegna della versione definitiva del Piano, il tempo
minimo dalla consegna del Piano che si ritiene necessario per il rilascio
dell’attestazione;

– l’ipotesi di recesso nel caso di mancato pagamento
delle prestazioni o in altre ipotesi, tali da fare venire meno l’indipendenza
dell’Attestatore;

– la possibilità per l’Attestatore di chiedere al
debitore la nomina, a proprie spese o a spese del mandante, di eventuali
esperti in materia specifica, diversa da quella di competenza dell’Attestatore;

– l’indicazione degli estremi della polizza
assicurativa per la responsabilità civile professionale dell’Attestatore.

L’oggetto dell’incarico deve essere l’attività di
analisi e verifica del Piano finalizzata all’attestazione e non già
l’attestazione stessa. Ciò in quanto non necessariamente l’attività
dell’Attestatore conduce all’attestazione del Piano, considerato che essa può
concludersi anche con esito negativo.

2.2.5. Il professionista, prima di accettare
l’incarico, deve procedere alla valutazione della propria competenza ai fini
dello svolgimento dello stesso. Il nominando Attestatore dovrà quindi
riflettere sui limiti (di tempo, competenze, struttura etc.), considerato che
lo svolgimento dell’incarico deve avvenire con l’idonea diligenza.

 

2.3. I requisiti professionali

 

2.3.1. L’Attestatore, all’atto dell’accettazione
dell’incarico ovvero nella propria relazione, deve confermare/dichiarare di
possedere i requisiti professionali ex art. 67, terzo comma, lett. d),
l.f.

2.3.2. L’Attestatore, dopo avere ricevuto la lettera
d’incarico (o nella propria proposta ovvero nella relazione), deve rilasciare
specifica dichiarazione di:

a) essere iscritto nel registro dei revisori legali,
indicando il numero di iscrizione;

b) essere in possesso dei requisiti indicati dall’art. 28 lett. a) e lett. b), l.f.
(cioè essere iscritto all’ordine degli avvocati o dei dottori commercialisti ed
esperti contabili sezione A), indicando l’albo/ordine di appartenenza ed il
numero di iscrizione;

c) che non sono stati assunti nei suoi confronti
provvedimenti disciplinari o qualsivoglia provvedimento di sospensione od
inibizione all’esercizio della professione a cui appartiene, tali da impedire
l’assunzione dell’incarico.

2.3.3. La dichiarazione della permanenza dei
presupposti soggettivi professionali da parte dell’Attestatore può risultare da
apposita dichiarazione da allegare alla relazione finale o essere inclusa nelle
premesse della relazione finale di attestazione.

2.3.4. In attesa della costituzione dell’Albo degli
incaricati della gestione e del controllo nelle procedure ex art. 358 CCI, l’incarico può essere assunto solo
da coloro che risultano iscritti anche nel registro dei revisori legali (NOTA
2), istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze (in
applicazione del d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39).

2.3.5. L’Attestatore può anche essere
un’associazione professionale i cui soci siano iscritti all’albo dei dottori
commercialisti e degli esperti contabili sezione A, ovvero all’albo degli
avvocati. Se la designazione dell’Attestatore è avvenuta incaricando una
associazione professionale, all’atto dell’accettazione dell’incarico deve
essere designata la persona fisica (che deve essere iscritta, oltre che nei
sopra menzionati albi, nel registro dei revisori legali) responsabile
dell’incarico.

2.3.6. La mancata previsione all’art. 28, lett. b), l.f. delle
Società tra professionisti (STP) introdotte dalla l.
12 novembre 2011, n. 183 non esclude che il debitore/interessato possa
designare una STP anziché un singolo professionista. In una simile ipotesi
occorre che:

– la STP abbia ad oggetto l’esercizio in via
esclusiva delle attività di una professione regolamentata (o più se
multidisciplinare);

– i soci professionisti risultino iscritti in uno
degli albi professionali presi in considerazione dall’art. 28, lett. a), l.f.;

– il socio designato per l’espletamento
dell’incarico, oltre ad essere un professionista iscritto ad uno degli albi di
cui all’art. 28, lett. a), l.f.,
risulti iscritto al registro dei revisori legali già citato.

In tali ipotesi deve essere indicata da parte
dell’associazione professionale o della STP la persona fisica che assume la
responsabilità dell’incarico ai fini penali, che dovrà quindi coincidere con il
soggetto che sottoscriverà il giudizio finale di attestazione.

 

2.4. Le responsabilità dell’Attestatore: eventuali
limitazioni

 

2.4.1. La lettera di incarico deve prevedere ipotesi
limitative della responsabilità, in caso di omissione di elementi e/o mancanza
di collaborazione da parte dell’impresa.

2.4.2. L’Attestatore ha una responsabilità contrattuale
verso colui che lo ha nominato. Con chi conferisce il mandato è possibile
prevedere clausole contrattuali limitative della responsabilità da includere
nella lettera di incarico. un’ipotesi di limitazione delle responsabilità può
riguardare il caso in cui l’impresa fornisca elementi e dati errati con dolo o
colpa grave. L’attestazione dovrebbe portare alla luce tali ipotesi, tuttavia
non sempre può accadere che il professionista indipendente sia in grado di
rilevare simili comportamenti. È pertanto possibile, in sede di nomina ed
accettazione, prevedere una manleva per i danni causati dal non aver fornito
dati completi e veritieri (v. anche il § 9).

2.4.3. La responsabilità dell’Attestatore non
riguarda la realizzazione a posteriori del Piano o di specifiche parti di esso
ma la sua fattibilità al momento in cui gli è sottoposto. La realizzazione
dipende dagli amministratori e dalla Direzione aziendale e/o da circostanze
esterne, comunque al di fuori del controllo del professionista indipendente il
cui giudizio è solo prognostico e di ragionevolezza.

 

2.5. L’indipendenza

 

2.5.1. L’Attestatore, ai sensi dell’art. 67, terzo comma, lett. d),
l.f. deve essere indipendente rispetto al debitore ed ai terzi interessati
all’operazione di risanamento, ed è tenuto a dichiarare:

– di non essere legato al debitore (o a chi lo
incarica) da rapporti di natura personale o professionale tali da
comprometterne l’indipendenza di giudizio;

– di essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2399 del codice civile;

– di non avere prestato, neanche per il tramite di
altri professionisti uniti in associazione professionale (NOTA 3), negli ultimi
cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore (o
di chi lo incarica);

– di non essere stato membro nei cinque anni
precedenti degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver
posseduto partecipazioni in essa tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio;

– di non essere legato a altre parti che hanno
interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o
professionale, tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio.

L’aver effettuato precedenti attestazioni previste
dalla l.f. a favore dello stesso debitore o di
società del gruppo di appartenenza di regola non compromette l’indipendenza del
professionista (si veda in proposito quanto previsto nei successivi paragrafi),
tuttavia è opportuno che nell’attestazione ne sia fatta esplicita menzione.

I rapporti di natura personale rilevano solo se
connotati da una intensità tale da incidere sull’autonomia del professionista.

2.5.2. L’indipendenza dell’Attestatore deve
permanere sino alla conclusione dell’incarico. Nel caso in cui si accerti, nel
corso dell’attività, la sussistenza di rischi che compromettano l’indipendenza
dell’Attestatore, egli è chiamato ad adottare tempestivamente le misure di
salvaguardia che consentano di ripristinare la sua indipendenza. Nel caso in
cui il requisito non sia ripristinato, egli deve dichiararlo e devono essere
messe in atto le azioni previste per la sostituzione dell’Attestatore (cfr.
anche § 2.5.7).

2.5.3. La partecipazione dell’Attestatore alle
riunioni di lavoro con il debitore e/o i suoi consulenti e/o i creditori non ne
pregiudica l’indipendenza, a condizione che lo stesso non si ingerisca nella
scelta delle strategie identificate nel Piano e/o della soluzione di
composizione della crisi identificate dal debitore (v. anche § 2.5.8).

2.5.4. L’indipendenza è un requisito posto a
presidio dell’obiettività dell’Attestatore. Non è possibile individuare
compiutamente tutte le circostanze e i rapporti rilevanti che possano
comprometterne l’obiettività. Il professionista è invitato ad effettuare una
autovalutazione preventiva dei rischi potenziali connessi alla propria
indipendenza.

I requisiti di indipendenza sono riconducibili a due
distinti insiemi: i pregiudizi aventi natura relativa da valutare caso per caso
e quelli aventi natura assoluta.

Con riferimento ai pregiudizi aventi natura
relativa, rileva la sussistenza di rapporti non solo nei confronti del debitore
ma anche con le società controllate dall’impresa o che la controllano o con
quelle sottoposte a comune controllo e con coloro che hanno interesse
all’operazione di risanamento se tali da compromettere l’indipendenza. Nei
confronti di tali soggetti rientrano in tale ambito, se tali da compromettere
l’indipendenza, i rapporti di lavoro e quelli continuativi di consulenza e di
prestazione d’opera retribuita (art. 2399 lett.
c).

Si tratta di requisiti che rilevano in relazione
all’indipendenza di giudizio. Non rileva tanto la natura del rapporto o la sua
rilevanza assoluta ma la rilevanza per il professionista Attestatore in termini
di pregiudizio del necessario scetticismo e assenza di condizionamenti di
qualsivoglia natura sulla libera formazione del giudizio.

I condizionamenti in questione potrebbero derivare
da rapporti economici, di credito e finanziari con l’impresa, le società da
questa controllate o che la controllano o con quelle sottoposte a comune
controllo, ovvero con soggetti che hanno interesse all’operazione quando tali
rapporti risultassero pregiudicati dal giudizio che è chiamato a rendere
l’Attestatore e conseguentemente ne risultasse compromesso il ritorno economico
della sua attività professionale ovvero la sua solidità finanziaria o
patrimoniale. Potrebbero altresì derivare da rapporti di sudditanza psicologica
od ancora da rapporti di natura personale che impediscono all’Attestatore una
serena espressione del giudizio. Non è sufficiente l’esistenza di un rapporto
professionale o personale ma occorre che esso sia in grado di incidere sulla
libertà di giudizio.

Sul punto valgono anche le considerazioni svolte
nelle “Norme di comportamento del collegio sindacale” del CNDCEC che
precisano che, “in presenza di rapporti di lavoro autonomo, rapporti di
consulenza o prestazione d’opera retribuita e ulteriori rapporti di natura patrimoniale,
la sussistenza di cause di ineleggibilità e decadenza deve essere valutata caso
per caso sulla base dell’analisi dei rischi per l’indipendenza”, fornendo
indicazioni che consentono di verificare la ricorrenze del requisito di
indipendenza finanziaria.

Con riferimento alle parti che hanno interesse
all’operazione alle quali il professionista sia legato da rapporti di natura
personale o professionale, occorre che tale interesse sia in contrasto con la
finalità del giudizio richiesto all’Attestatore. il che si verifica, ad
esempio, allorquando le parti abbiano un interesse a ottenere il giudizio
favorevole dell’Attestatore pur in assenza dei presupposti o quando le parti in
questione abbiano interesse a che l’Attestatore sottaccia taluni elementi di
criticità del Piano o, nei concordati preventivi, elementi informativi
rilevanti per l’espressione del voto da parte dei creditori. Non costituisce
situazione di pregiudizio, qualora non comporti il rischio di auto-riesame di
valutazioni già rese o comunque non incida sull’obiettività di giudizio in
relazione a valutazioni che il professionista sia chiamato a rendere, il fatto
che egli ricopra il ruolo di organo di controllo o membro dell’organismo di
vigilanza ex d.lgs. 231/2001 presso una parte
terza (diversa dall’impresa, dalla sua controllante, dalle sue controllate o da
società sottoposte al comune controllo) che ha interesse all’operazione. Ciò in
quanto tali ruoli presuppongono per propria natura la sussistenza dell’indipendenza
nei confronti della impresa nella quale si rivestono.

I requisiti aventi natura relativa debbono essere
accertati, caso per caso, attraverso una autovalutazione da parte del
professionista non essendo sufficiente la sola sussistenza del rapporto.

Quanto invece ai pregiudizi all’indipendenza aventi
natura assoluta, essi sono puntualmente circoscritti dalla norma ed attengono:
specifici rapporti (lavoro autonomo o subordinato, incarichi negli organi
amministrativi o di controllo), anche solo per il tramite di soggetti con i
quali è unito in associazione professionale, con il debitore o chi incarica
l’Attestatore, anche risalenti nel tempo e cioè negli ultimi cinque anni; i
rapporti di parentela o affinità con gli amministratori del debitore, delle
società da questi controllate, delle società che lo controllano e di quelle
sottoposte a comune controllo (art. 2399, lett.
b).

Diversamente dai requisiti di indipendenza di natura
relativa, i rapporti in questione, anche se cessati, sono sempre tali da far
venir meno il requisito di indipendenza.

La norma non precisa se rientrino nel novero dei
rapporti in questione, tali da pregiudicare in via assoluta il requisito
dell’indipendenza quelli di attività di lavoro autonomo avente natura
occasionale uno actu. A tal riguardo, l’ultima parte della lett. d) dell’art. 67 l.f. va coordinata con
il riferimento alla lett. c) dell’art. 2399 c.c.,
che limita la incompatibilità alle sole prestazioni “continuative”.
Si ritiene che prestazioni uno actu occasionalmente rese al debitore non
costituiscano pregiudizio in via assoluta della indipendenza. Esse però possono
incidere comunque sulla indipendenza di giudizio e debbono essere valutate con
particolare attenzione avendo riguardo all’estensione e durata delle
prestazioni rese, al loro valore economico ed al loro oggetto. Possono essere
comunque atte a pregiudicare l’indipendenza le prestazioni che, indipendente
dalla loro rilevanza, estensione e valore economico:L’indipendenza è un
requisito posto a presidio dell’obiettività dell’Attestatore. Non è possibile
individuare compiutamente tutte le circostanze e i rapporti rilevanti che
possano comprometterne l’obiettività. Il professionista è invitato ad
effettuare una autovalutazione preventiva dei rischi potenziali connessi alla
propria indipendenza.

I requisiti di indipendenza sono riconducibili a due
distinti insiemi: i pregiudizi aventi natura relativa da valutare caso per caso
e quelli aventi natura assoluta.

Con riferimento ai pregiudizi all’ indipendenza
aventi natura relativa, rilevano la sussistenza di rapporti non solo nei
confronti del debitore ma anche nei confronti di coloro che hanno interesse all’operazione
di risanamento se siano tali da compromettere l’indipendenza. Rientrano in tale
ambito anche i rapporti, con le società controllate dall’impresa o che la
controllano o con quelle sottoposte a comune controllo, di lavoro e quelli
continuativi di consulenza e di prestazione d’opera retribuita, se tali da
comprometterne l’indipendenza e, nei confronti degli stessi soggetti oltre che
dell’impresa stessa, i rapporti di patrimoniale, sempre che tali da
compromettere l’indipendenza (art. 2399 lett.
c.).

Si tratta di requisiti che rilevano in relazione
all’indipendenza di giudizio. Non rileva tanto la natura del rapporto o la sua
rilevanza assoluta ma la rilevanza per il professionista Attestatore in termini
di pregiudizio del necessario scetticismo e assenza di condizionamenti di
qualsivoglia natura sulla libera formazione del giudizio.

I condizionamenti in questione potrebbero derivare
da rapporti economici, di credito e finanziari con l’impresa, le società da
questa controllate o che la controllano o con quelle sottoposte a comune
controllo, ovvero con soggetti che hanno interesse all’operazione quando tali
rapporti risultassero pregiudicati dal giudizio che è chiamato a rendere
l’Attestatore e ne risultasse compromesso il ritorno economico della sua
dell’attività professionale, ovvero la sua solidità finanziaria o patrimoniale.
Potrebbero altresì derivare da rapporti di sudditanza psicologica nei confronti
dell’impresa, delle società da questa controllate o che la controllano o delle
società sottoposte a comune controllo, ovvero di soggetti che hanno interesse
all’operazione, od ancora da rapporti di natura personale con tali soggetti che
gli impediscono una serena espressione del giudizio. Non è, pertanto,
sufficiente l’esistenza di un rapporto professionale o personale ma occorre che
esso sia in grado di incidere sulla libertà di giudizio.

Sul punto valgono anche le considerazioni svolte
nelle “Norme di comportamento del collegio sindacale” del CNDCEC che
precisano che, “in presenza di rapporti di lavoro autonomo, rapporti di
consulenza o prestazione d’opera retribuita e ulteriori rapporti di natura
patrimoniale, la sussistenza di cause di ineleggibilità e decadenza deve essere
valutata caso per caso sulla base dell’analisi dei rischi per
l’indipendenza”, fornendo indicazioni che consentono di verificare la
ricorrenze del requisito di indipendenza finanziaria.

Con riferimento alle parti che hanno interesse
all’operazione alle quali il professionista sia legato da rapporti di natura
personale o professionale, occorre inoltre che tale interesse sia in contrasto
con la finalità del giudizio richiesto all’Attestatore. il che si verifica, ad
esempio, allorquando le parti abbiano un interesse a ottenere il giudizio
favorevole dell’Attestatore pur in assenza dei presupposti per il
riconoscimento della veridicità dei dati, della fattibilità del Piano e della
proposta, del miglior soddisfacimento dei creditori o quando le parti in
questione abbiano interesse a che l’Attestatore sottaccia taluni elementi di
criticità del Piano o, nei concordati preventivi, elementi informativi
rilevanti per l’espressione del voto da parte dei creditori. Non costituisce
situazione di pregiudizio, qualora non comporti il rischio di auto-riesame di
valutazioni già rese o comunque non incida sull’obiettività di giudizio in
relazione a valutazioni che il professionista sia chiamato a rendere, il fatto
che egli ricopra il ruolo di organo di controllo o membro dell’organismo di
vigilanza ex d.lgs. 231/01 presso una parte
terza (diversa dall’impresa, dalla sua controllante, dalle sue controllate o da
società sottoposte al comune controllo) che ha interesse all’operazione. Ciò in
quanto tali ruoli presuppongono per propria natura la sussistenza
dell’indipendenza nei confronti della impresa nella quale si rivestono.

Per loro natura, tali requisiti avendo natura
relativa, debbono essere accertati, caso per caso, attraverso una
autovalutazione da parte del professionista non essendo sufficiente la sola
sussistenza del rapporto.

Quanto invece ai pregiudizi all’indipendenza aventi
natura assoluta, essi sono puntualmente circoscritti dalla norma ed attengono:
specifici rapporti (lavoro autonomo o subordinato, incarichi negli organi
amministrativi o di controllo), anche solo per il tramite di soggetti con i
quali è unito in associazione professionale, con il debitore o chi incarica
l’Attestatore, anche risalenti nel tempo e cioè negli ultimi cinque anni; i
rapporti di parentela o affinità con gli amministratori del debitore, delle
società da questi controllate, delle società che lo controllano e di quelle
sottoposte a comune controllo (art. 2399, lett.
b).

Diversamente dai requisiti di indipendenza di natura
relativa, i rapporti in questione, anche se cessati, sono sempre tali da far
venir meno il requisito di indipendenza.

La norma non precisa se rientrino nel novero dei
rapporti in questione, tali da pregiudicare in via assoluta il requisito
dell’indipendenza quelli di attività di lavoro autonomo avente natura
occasionale uno actu. A tal riguardo, l’ultima parte della lett. d) dell’art. 67 l.f. va coordinata con
il riferimento alla lett. c) dell’art. 2399 c.c.,
che limita la incompatibilità alle sole prestazioni “continuative”.
Si ritiene che prestazioni uno actu occasionalmente rese al debitore non
costituiscano pregiudizio in via assoluta della indipendenza. Esse però possono
incidere comunque sulla indipendenza di giudizio e debbono essere valutate con
particolare attenzione avendo riguardo all’estensione e durata delle
prestazioni rese, al loro valore economico ed al loro oggetto. Possono essere
comunque atte a pregiudicare l’indipendenza le prestazioni che, indipendente
dalla loro rilevanza, estensione e valore economico:

– comportino il rischio di un auto-riesame da parte
del professionista;

– attengano profili contabili rilevanti per
l’espressione del giudizio di fattibilità;

– attengano la valutazione dell’azienda o di asset
dell’impresa;

– attengano la redazione di piani e stime
prognostiche o la loro valutazione o la loro fattibilità.

L’auto valutazione di indipendenza deve essere
conservata tra le carte di lavoro e ad esito della stessa il professionista
deve dichiarare nella relazione di Attestazione di essersi espresso con
indipendenza di giudizio e di essersi affrancato da ogni possibile
condizionamento od influenza. il professionista all’atto dell’accettazione dell’incarico
e, nuovamente, al momento del rilascio dell’Attestazione è chiamato ad eseguire
una autovalutazione di indipendenza che conserverà tra le carte di lavoro nella
quale dà atto.

Se nel condurre tale auto-valutazione il
professionista ravvisi un potenziale rischio di pregiudizio alla propria
indipendenza di giudizio egli deve svolgere un’attenta analisi del rischio e
deve valutare la propria capacità di affrancarsi da ogni possibile
condizionamento o influenza.

Egli, ad esito della propria auto-valutazione, dovrà
dichiarare nell’Attestazione di essersi espresso con indipendenza di giudizio e
di essersi affrancato da ogni possibile condizionamento od influenza.

2.5.5. È opportuno, sul punto, applicare e fare
rinvio alle “Norme di comportamento del collegio sindacale” emanate
dal CNDCEC, che rappresentano un valido ausilio per valutare se e come
l’indipendenza richiesta risulti compromessa. È opportuno, infatti, che prima
di accettare l’incarico, il professionista svolga le verifiche in merito all’esistenza
di fattori di rischio, tra cui l’inesistenza di condizioni che pregiudicano
l’indipendenza.

2.5.6. Qualora l’Attestatore abbia già rilasciato in
precedenza altre attestazioni ai sensi della legge fallimentare a favore del
debitore, egli deve valutare se permanga il suo stato di indipendenza anche per
l’esecuzione di un successivo incarico.

In ogni caso non è causa di menomazione della
indipendenza:

– il rilascio di attestazioni speciali nel corso dei
lavori dell’attestazione generale né successivamente al rilascio della
attestazione generale, nell’ambito della stessa procedura. Sul punto si veda
anche il successivo § 2.7;

– il rilascio, anche in tempi diversi, di altre
attestazioni per società facenti parte di un medesimo gruppo.

2.5.7. Il professionista che abbia crediti verso il
debitore per ragioni diverse da prestazioni professionali attinenti incarichi
di attestazione ai sensi della legge fallimentare deve valutare la sussistenza
del requisito di indipendenza, l’esistenza di crediti professionali per similari
e precedenti attività non è causa ostativa allo svolgimento di nuovi incarichi
ma gli impone di effettuare, di volta in volta, una valutazione ad hoc. Appare,
comunque, opportuno, in tale ultima circostanza, che nella relazione o nella
dichiarazione di indipendenza sia data segnalazione di tale circostanza.

2.5.8. Laddove le condizioni di indipendenza
esistenti all’atto dell’incarico vengano meno prima dell’espressione del
giudizio finale, il professionista è tenuto a comunicare tempestivamente l’impossibilità
di proseguire l’incarico, ciò anche per permettere all’interessato di
sostituire l’Attestatore e nominare altro soggetto idoneo.

2.5.9. L’Attestatore non deve partecipare alla
predisposizione del Piano che compete al debitore ed ai suoi consulenti.
Tuttavia, è ammesso, anche per valutare i fattori di rischio del lavoro e del
Piano, che il professionista indipendente assista ai lavori di predisposizione
del Piano e rappresenti nel corso degli stessi i profili di criticità
riscontrati (in termini di ipotesi, coerenza con la situazione di fatto,
coerenza logica, corretta declinazione quantitativa delle ipotesi qualitative)
affinché essi vengano rimossi. Parimenti è ammissibile che l’Attestatore
partecipi a riunioni con il debitore e/o i suoi consulenti e/o le banche e/o i
creditori in genere. La partecipazione dell’Attestatore a tali riunioni non ne
pregiudica l’indipendenza, ma lo stesso non si deve ingerire nella scelta delle
strategie e della soluzione di composizione della crisi che competono al solo
debitore. Egli può peraltro esprimere la propria opinione in relazione ai
rischi di fattibilità derivanti dalla impostazione individuata dal debitore. È
altresì ammissibile che l’Attestatore comunichi alla Società nel corso del
lavoro indicazioni sulle sue attività di controllo.

2.5.10. L’Attestatore che esprime valutazioni
preliminari sulle ipotesi formulate dal debitore non perde la propria
indipendenza, in quanto le proprie valutazioni costituiscono attività di
revisione circa le proposte formulate dal debitore. Quest’ultimo può modificare
le proprie scelte anche alla luce delle criticità evidenziate dall’Attestatore.

 

2.6. Il compenso per l’attestazione

 

2.6.1. L’Attestatore deve accettare solamente
incarichi i cui compensi siano adeguati all’attività da svolgere e ai rischi
connessi.

2.6.2. Fermo restando quanto disposto dall’art. 9 del d.l. 1/2012,
convertito dalla legge n. 27/2012, il compenso
dell’Attestatore deve essere adeguato all’incarico da svolgere, al rischio da
assumere, alla responsabilità connessa e conseguentemente all’importanza della
prestazione, dell’azienda interessata e del Piano oggetto di attestazione.

L’Attestatore dovrà tenere a riferimento nel
concordare il compenso (art. 17
decreto Ministero della Giustizia 20 luglio 2012 n. 140) i seguenti
parametri generali: a) valore e natura della pratica; b) importanza,
difficoltà, complessità della pratica; c) condizioni d’urgenza per
l’espletamento dell’incarico; d) impegno profuso anche in termini di tempo
impiegato; e) pregio dell’opera prestata.

Il compenso, pertanto, deve essere concordato anche
in funzione delle ore di lavoro necessarie per svolgere l’incarico.
Nell’ipotesi di determinazione del compenso sulla base del tempo impiegato
occorre tenere conto che l’onorario orario della prestazione potrà essere
oggetto di specifica pattuizione in ragione anche dell’importanza, del
prestigio ed organizzazione dell’Attestatore.

Qualora il compenso non sia adeguato all’opera,
all’impegno e alle risorse da impiegare per l’emissione del giudizio di
attestazione il professionista, non deve accettare l’incarico. Ove tali
elementi emergano durante lo svolgimento dell’incarico dopo avere accettato lo
stesso, il professionista deve valutare se recedere o chiedere di adeguare il
compenso.

È opportuno che la possibilità di
integrazioni/adeguamenti del compenso sia già prevista nella lettera di
incarico originaria; in ogni caso l’estensione del perimetro (numero delle
società coinvolte), o dell’oggetto delle attività (attestazioni speciali,
modifica dello strumento di composizione della crisi previsto nella lettera di
incarico originaria) ovvero ancora la dilatazione dei tempi derivanti dalle
trattative o da altri fattori non imputabili all’Attestatore, richiede un
adeguamento del compenso in corso d’opera.

2.6.3. Anche in relazione al fatto che
l’indipendenza e terzietà verso il debitore (e il soggetto che lo ha designato,
se diverso dal debitore) deve permanere sino alla conclusione dell’incarico, il
compenso, se non pagato anticipatamente per l’intero importo, deve essere
corrisposto secondo un programma di avanzamento del lavoro per permettere
all’Attestatore di non essere vincolato alla conclusione della prestazione e
sostenere i costi connessi allo svolgimento dell’incarico.

Qualora ciò non sia possibile, l’Attestatore dovrà
valutare se assumere anche il rischio del pagamento posticipato, tenuto conto
della natura prededucibile della prestazione (NOTA 4).

Peraltro, poiché l’attività svolta dall’Attestatore
si innesta in un contesto di crisi, è opportuno osservare idonee cautele
probatorie, anche apponendo data certa al mandato.

2.6.4. Il pagamento dell’Attestatore non può mai
essere condizionato (neppure in parte) al successo del Piano (e quindi alla
omologa) o al rilascio del favorevole giudizio di attestazione; diversamente
sarebbe pregiudicata l’indipendenza del professionista. La prestazione
dell’Attestatore è, comunque, sempre una prestazione di mezzi e non di
risultato (NOTA 5).

2.6.5. Qualora il compenso pattuito non venga
corrisposto nei modi convenuti e l’Attestatore consideri pregiudicata la
propria indipendenza e serenità di giudizio nello svolgimento dell’incarico
egli deve rassegnare il mandato, comunicandolo al proprio mandante con
raccomandata o posta certificata.

2.6.6. Nel caso in cui, a seguito del recesso dal
mandato da parte dell’Attestatore, il debitore individui un nuovo Attestatore
questi deve:

a) chiedere chi siano i colleghi che in precedenza
sono stati incaricati e si sono occupati dell’attestazione;

b) contattare il precedente Attestatore per capire
quali ragioni lo abbiano portato a non concludere il proprio lavoro e, se
esistente, acquisire copia della relazione del precedente Attestatore;

c) assicurarsi che si sia proceduto al pagamento del
compenso del precedente Attestatore e in caso ciò non sia avvenuto tenerne
conto, se dovuto, nella ricostruzione della situazione debitoria.

2.6.7. Il compenso è dovuto anche nel caso in cui il
professionista indipendente nella sua relazione rilasci giudizio negativo sulla
fattibilità del piano.

 

2.7. Casi particolari

 

2.7.1. L’Attestatore che abbia già svolto incarichi
di attestazione ai sensi della legge fallimentare a favore del debitore può
rilasciare altre attestazioni se ritiene che le ragioni dell’insuccesso del
precedente piano attestato non abbiano pregiudicato la propria indipendenza. In
tali ipotesi, prima di accettare l’incarico, il professionista dovrà
comprendere le ragioni che hanno determinato l’insuccesso/inadeguatezza del
precedente Piano (NOTA 15), per escludere che esse siano indicative di carenze
nel processo di attestazione seguito e segnalare tale elemento nella propria
proposta professionale ovvero nella relazione.

2.7.2. Ad esclusione dell’ipotesi espressamente
prevista dall’art. 161, terzo
comma, l.f. (secondo cui «analoga relazione deve essere presentata nel caso
di modifiche sostanziali della proposta o del Piano>>, con l’onere per
l’Attestatore del Piano, oggetto di sostanziali modifiche, di procedere alla
riattestazione del Piano e della proposta), può accadere, come già evidenziato,
che l’Attestatore sia chiamato a eseguire una nuova attestazione per lo stesso
debitore di altro piano di risanamento o di altro strumento previsto dalla
legge fallimentare, in alternativa a quello precedentemente attestato ma
verificatosi non idoneo a superare i problemi dell’impresa in crisi.

Il coinvolgimento dell’Attestatore del Piano
originario in caso di modifiche non sostanziali dello stesso rientra
nell’ambito delle attività di monitoraggio del Piano e il giudizio allo stesso
eventualmente richiesto non rientra nell’ambito delle attestazioni richieste
dalla legge fallimentare (v. § 9.2 e in particolare § 9.2.10).

2.7.3. L’Attestatore deve esaminare con attenzione
la permanenza dei requisiti di indipendenza e la sua terzietà rispetto al nuovo
strumento di composizione della crisi sul quale viene richiesto il suo giudizio
ed è opportuno che egli valuti l’ulteriore fattore di rischio connesso alle
motivazioni che hanno comportato la scelta da parte del debitore di attivare un
nuovo e diverso piano di composizione della crisi.

In ogni caso è opportuno che l’Attestatore evidenzi
tali circostanze nel proprio nuovo giudizio.

2.7.4. In caso di concordato preventivo che preveda
il pagamento non integrale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca,
non sussistono limitazioni normative all’affidamento all’Attestatore anche
dell’incarico relativo alla stima ai sensi dell’art. 160, secondo comma, l.f.
L’Attestatore valuterà in proposito il possesso delle competenze necessarie e
eventuali profili di inopportunità.

2.7.5. L’Attestatore che assume l’incarico di
stimare i beni ai sensi dell’art.
160, secondo comma, l.f. (e/o 182-ter,
primo comma, che costituisce un caso particolare della “norma
generale” del 160,
secondo comma) deve redigere apposita relazione di stima da sottoporre a
giuramento e distinta dalla relazione di attestazione del Piano. Le valutazioni
di cui all’art. 160 l.f.
secondo comma l.f. non devono essere inglobate nella relazione di attestazione
del piano ex art. 161 l.f.
È ammesso che facciano parte di un unico documento, a condizione che siano
esplicitate in una apposita separata sezione.

2.7.6. La perizia di stima ex art. 160, secondo comma, l.f.
è richiesta ogni qualvolta il Piano sia predisposto nell’ambito di un
concordato preventivo e la proposta ai creditori preveda che i creditori muniti
di privilegio, pegno, o ipoteca vengano soddisfatti non integralmente ancorché
in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione
preferenziale, sul ricavato dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di
prelazione. Il valore dei beni deve risultare da apposita relazione giurata di
un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d),
l.f.

2.7.7. Si tratta, come già evidenziato, non già di
un’attestazione, ma di una relazione di stima di parte (stragiudiziale) che
necessita del giuramento secondo le forme previste dalla legge e peraltro già
nota nell’ambito del diritto societario.

2.7.8. La norma non prescrive limitazioni al cumulo
dell’incarico ex art. 160,
secondo comma, l.f. con altro incarico di attestazione previsto dalla legge
fallimentare in capo allo stesso soggetto. Spetta pertanto all’Attestatore
valutare eventuali profili di inopportunità, come già ricordato ai § 2.7.4. e
2.7.5.

 

3. Profili generali delle verifiche/documentazione

 

3.1. La verifica della documentazione componente il
Piano

 

3.1.1. L’Attestatore deve espressamente formulare un
giudizio sulla completezza e sulla adeguatezza formale del Piano.

3.1.2. L’Attestatore deve assicurarsi che il Piano
consista in un documento scritto, datato e sottoscritto o comunque conforme a
quello approvato dall’organo amministrativo.

L’allegazione del Piano all’attestazione attribuisce
allo stesso data certa a condizione che all’Attestazione sia possibile
attribuire data certa. Pur nella completa libertà di forma (slides o documento
di testo), tabelle e immagini da sole non sostituiscono il Piano ma ne
costituiscono una integrazione. È opportuno che l’Attestatore verifichi che la
forma del Piano sia in linea con quanto previsto dai Principi di redazione dei
piani di risanamento (§ 2.3.1) e ne faccia menzione nella relazione.

3.1.3. L’Attestatore deve verificare che il Piano
risponda ai generali requisiti di chiarezza e comparabilità previsti
normativamente per l’informativa di bilancio. Il Piano deve presentare un grado
di dettaglio tale da consentire all’Attestatore le verifiche di coerenza
storica (track record) e con la situazione di fatto delle sue grandezze
fondamentali.

3.1.4. Per la valutazione della completezza del
Piano è opportuno che l’Attestatore faccia riferimento ai Principi di redazione
del piano di risanamento. Anche le previsioni di cui al Codice della crisi,
seppur non ancora in vigore, costituiscono un utile riferimento.

3.1.5. Per consentire la valutazione dell’andamento
del Piano, specialmente nelle situazioni di continuità dell’attività aziendale,
è opportuna la disponibilità, durante i lavori di attestazione, di periodici
flussi informativi relativi all’attività corrente.

 

3.2. L’esame della documentazione con amministratori
e sindaci

È necessario che gli amministratori illustrino il
piano di risanamento all’Attestatore. Tale confronto è finalizzato ad acquisire
tutte le informazioni necessarie alla comprensione, da parte dell’Attestatore,
del Piano.

È opportuno che l’Attestatore richieda un colloquio
con i sindaci (o almeno con il presidente del collegio sindacale) nell’ambito
del quale i medesimi dovranno segnalare eventuali criticità riscontrate a
seguito dell’attività di vigilanza svolta ed ogni situazione od evento ritenuto
rilevante ai fini della fattibilità del Piano e dei giudizi richiesti
dall’Attestatore.

 

4. Verifica sulla veridicità dei dati aziendali

 

4.1. Le finalità della verifica sulla veridicità dei
dati

La relazione di attestazione deve contenere un
esplicito giudizio sulla veridicità dei dati aziendali. L’Attestatore deve
sempre considerare che tale accertamento è strumentale al giudizio di
fattibilità del Piano e di attuabilità dell’accordo di ristrutturazione dei
debiti o della proposta concordataria, nel senso che una Base dati contabile
non veritiera rende inattendibile il piano costruito su di essa e impedisce
nella sostanza il giudizio sulla fattibilità di quest’ultimo.

4.1.1. Il giudizio sulla veridicità è una
valutazione che riguarda il complessivo sistema di dati attorno ai quali è costruito
il Piano. Si possono quindi verificare situazioni nelle quali l’Attestatore
considera non veritieri alcuni dati, senza che per questo sia inficiata la
veridicità complessiva del suddetto sistema. Tali situazioni richiederanno
particolare attenzione per capirne il riflesso nella costruzione del Piano ed
andranno comunque espressamente menzionate nella relazione finale.

 

4.2. Il concetto di veridicità

 

4.2.1. L’espressione “veridicità”
utilizzata nella legge fallimentare non può essere intesa nel senso di
“verità oggettiva”, quanto piuttosto nel senso che il processo di
produzione dell’informazione economico-finanziaria si basi su un sistema
amministrativo-contabile adeguato (cioè idoneo a contenere il rischio di errori
rilevanti) e che i redattori dell’informazione operino le stime in modo
corretto, pervenendo a un’informazione attendibile e imparziale (NOTA 6).

 

4.3. Il perimetro della verifica sulla veridicità

 

4.3.1. L’Attestatore valuta la veridicità dei dati
accolti nel Piano, della documentazione allegata al Piano e degli elementi
necessari alla sua predisposizione, circoscrivendo il proprio perimetro di
controllo ai dati di partenza del Piano (d’ora in avanti “Base dati
contabile”), su cui si fondano le previsioni del Piano.

4.3.2. L’Attestatore deve verificare che le
situazioni patrimoniali, economiche e finanziarie che rappresentano la Base
dati contabile siano attendibili e in grado di fornire un quadro fedele della
situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’azienda, entro la quale
sarà desumibile la più recente rappresentazione degli elementi del patrimonio
aziendale. La verifica delle componenti di conto economico appare necessaria
solo nei casi in cui i dati reddituali consuntivi costituiscano un elemento
fondamentale posto alla base delle proiezioni di Piano (certamente necessarie
per un piano in continuità).

4.3.3. Anche qualora la data di partenza del Piano
coincida con la chiusura dell’esercizio, oggetto di verifica da parte
dell’Attestatore sono i dati aziendali a base del Piano e non quelli contenuti
nell’ultimo bilancio disponibile. Sebbene essi normalmente coincidano, è
possibile che determinati criteri di valutazione differiscano in ragione della
diversa natura, finalità e principi di redazione dei due documenti.

4.3.4. Ancorché l’esame dei dati relativi ad
esercizi precedenti possa essere opportuno al fine della valutazione
dell’attendibilità dei dati di partenza, l’Attestatore non deve esprimere un
giudizio sui bilanci precedenti, né sulla correttezza della gestione in tali
esercizi.

L’analisi dei dati storici può essere opportuna per
la valutazione delle azioni risarcitorie e recuperatorie esperibili indicate
nel piano di concordato, ove oggetto di valutazione da parte dell’Attestatore
nel caso in cui il piano ne preveda la proposizione ovvero nella valutazione
del miglior soddisfacimento dei creditori rispetto alle alternative
praticabili.

4.3.5. La pianificazione e lo svolgimento
dell’attività di verifica devono essere sempre finalizzati alla rilevazione del
rischio di errori significativi che interessino i dati posti a base delle stime
prognostiche. Ne deriva che l’attività di verifica della Base dati contabile è
diversamente articolata a seconda delle dimensioni dell’azienda, del suo
assetto amministrativo contabile e dell’ambiente di controllo. È proprio con
riferimento a quest’ultimo che va affrontato e risolto il dilemma tra la scelta
di una verifica diretta dei dati (anche se solo su base campionaria) e una
verifica di processo, in particolare, dei processi che sovraintendono alla
rilevazione dei dati (quale è, ad esempio, l’approccio richiesto dalla l. 262/2005 per la governance finanziaria).

4.3.6. Le procedure da svolgere non costituiscono
una revisione contabile completa, o una revisione limitata in accordo con gli
statuiti principi di revisione e, di conseguenza, non comportano l’espressione
di un giudizio professionale sulla situazione patrimoniale emergente dalla
contabilità aziendale posta alla base del Piano. Le procedure di revisione che
l’Attestatore è chiamato a utilizzare in relazione alla Base dati contabile del
Piano sono finalizzate alla espressione del giudizio di veridicità e
fattibilità del Piano nel suo insieme. Non essendo, tuttavia, esse applicabili
in toto, il richiamo ai principi di revisione nazionali ed internazionali deve
essere inteso come riferimento a “tecniche di revisione” che
l’Attestatore può impiegare come strumenti metodologici e ispiratori del lavoro
di attestazione.

4.3.7. Tenuto conto della natura diversa del lavoro
e dei tempi normalmente limitati, a titolo puramente indicativo, l’Attestatore
può trovare utili spunti nei seguenti principi di revisione:

– Pianificazione del lavoro: 315 – La comprensione
dell’impresa e del suo contesto e la valutazione dei rischi di errori
significativi; 250 – Gli effetti connessi alla conformità a leggi ed a
regolamenti; 320 – Il concetto di significatività nella revisione; 330 – Le
procedure di revisione in risposta ai rischi identificati e valutati; 530 –
Campionamento di revisione ed altre procedure di verifica con selezione delle
voci da esaminare; 600 – L’utilizzo del lavoro di altri revisori.

– Svolgimento dei controlli sui saldi contabili: 500
– Gli elementi probativi della revisione; 505 – Le conferme esterne; 520 – Le
procedure di analisi comparativa; 540 – La revisione delle stime contabili; 620
– L’utilizzo del lavoro dell’esperto; 1005 – Considerazioni sulla revisione
delle imprese ed enti minori.

– Conclusione del lavoro: 450 (ISA) – Valutazione
degli errori identificati nel corso della revisione; 580 – Le attestazioni
della Direzione; 560 – Eventi successivi; 570 – Continuità aziendale (per le
ristrutturazioni in continuità).

4.3.8. L’applicazione dei soprarichiamati principi
avviene considerando la tipologia di lavoro dell’Attestatore e la ridotta
disponibilità di tempo generalmente concessagli. Eventuali limitazioni di tempo
o di disponibilità e la non immediata reperibilità degli elementi informativi
necessari, possono essere indicate nella relazione. Resta inteso che la
disponibilità di un arco temporale eccessivamente ristretto, ovvero la mancata
disponibilità dei dati aziendali non possono costituire esonero delle
responsabilità dell’Attestatore.

4.3.9. In coerenza con i principi di revisione,
l’Attestatore può svolgere controlli a campione. Sarà compito dell’Attestatore
definire le modalità con le quali effettuare le attività di selezione del
campione.

 

4.4. La base informativa di partenza

 

4.4.1. L’Attestatore deve verificare che il Piano e
l’ulteriore documentazione fornitagli consentano una chiara descrizione delle
caratteristiche dell’azienda. In particolare, l’Attestatore può richiedere, a
titolo esemplificativo, adeguate informazioni riguardanti:

a. la forma giuridica dell’impresa, eventuali trasformazioni
ed altre operazioni societarie straordinarie verificatesi negli ultimi anni;

b. la compagine societaria attuale e gli
avvicendamenti più significativi avvenuti nel corso degli ultimi anni;

c. la configurazione del gruppo al quale la società,
eventualmente, appartiene e i principali rapporti tra le società del gruppo;

d. l’organizzazione attuale e quella più recente,
qualora significativamente diversa, con particolare riferimento agli organi
amministrativi e di controllo, alla Direzione aziendale ecc.;

e. le sedi nelle quali viene svolta l’attività;

f. i fatti rilevanti che possono aver condizionato
la vita dell’impresa, in particolare negli ultimi anni;

g. I bilanci degli ultimi esercizi e, se esistenti,
delle controllate e controllante.

4.4.2. Soprattutto nel caso di piani in continuità,
l’Attestatore deve verificare che il Piano e/o la documentazione esaminata
contengano gli elementi in grado di fornire una descrizione del contesto in cui
l’impresa opera. A titolo esemplificativo, è utile verificare la presenza di
adeguate informazioni riguardanti:

– l’attività svolta, ovvero i prodotti realizzati
e/o i servizi erogati, con particolare riferimento a quelli protetti da marchi
e altri diritti sulle opere di ingegno e invenzioni industriali ovvero quelli
svolti in regime di convenzione/concessione pubblica;

– il posizionamento sul mercato dei prodotti
realizzati e/o dei servizi erogati e la fase alla quale è riconducibile il loro
ciclo di vita (introduzione, crescita, maturità, declino);

– il settore e il mercato in cui l’impresa opera,
con particolare riguardo al posizionamento dei propri prodotti/servizi rispetto
a quello dei concorrenti e agli elementi distintivi aziendali;

– il modello di business adottato, la tecnologia
impiegata nello svolgimento del processo produttivo, le barriere all’ingresso
esistenti, la capacità produttiva attuale e quella utilizzata, le eventuali
certificazioni di prodotto e di sistemi di qualità aziendale;

– i canali di approvvigionamento dei principali
fornitori, le dinamiche di contrattazione e di definizione del prezzo di
acquisto con gli stessi;

– i principali clienti, nonché la loro
localizzazione;

– la presenza di contratti o commesse strategiche
ovvero la capacità comprovata di acquisizione di commesse in appalto o
subappalto.

 

4.5. La valutazione dei rischi nella verifica sulla
veridicità

 

4.5.1. L’Attestatore deve valutare attentamente il
rischio di errori significativi nella Base dati contabile, al fine di impostare
correttamente le proprie procedure di verifica.

4.5.2. I rischi nell’attività di verifica della
veridicità dei dati aziendali possono essere suddivisi in tre categorie:

i. rischio inerente al controllo (c.d. control
risk), ovvero la possibile inefficacia dei sistemi di controllo atti ad
individuare tempestivamente e a rimuovere gli errori significativi. La
valutazione dell’affidabilità dei sistemi di controllo interno dipende
dall’ambiente di controllo dell’impresa. Dall’esito di tale valutazione
potranno dipendere l’ampiezza e l’intensità dei controlli sui dati aziendali
svolti dall’Attestatore;

ii. rischio intrinseco (c.d. inherent risk) ovvero
il rischio che, a prescindere dall’affidabilità (ed efficacia) dei sistemi di
controllo interno, i valori rappresentati nella situazione patrimoniale, economica
e finanziaria oggetto di analisi presentino significative alterazioni a loro
volta dovute a situazioni oggettive oppure a scelte soggettive della Direzione
aziendale. Fattori rilevanti nella valutazione del rischio intrinseco presenti
nelle situazioni contabili dell’impresa sono: la natura dei prodotti e dei
servizi venduti; la natura dell’attività e delle operazioni commerciali; il
funzionamento del sistema informativo; l’accesso generale alle funzioni di
elaborazione, agli archivi di dati ed ai programmi;

iii. rischio di individuazione (c.d. detection
risk), ossia il rischio che le procedure di verifica non evidenzino un errore
significativo, individualmente considerato o aggregato ad altre inesattezze o
errori presenti nel saldo di un conto o in una classe di operazioni.

4.5.3. Nell’individuare i rischi sopra menzionati,
l’Attestatore verifica l’esistenza di “rischi significativi”. Il
concetto di significatività è pertinente al giudizio professionale
dell’Attestatore. Lo scopo principale della significatività per la Base dati
contabile è quello di definire le modalità di valutazione degli errori (singoli
e complessivi) e decidere se modificare il proprio giudizio (cfr. CNDCEC,
L’applicazione dei principi di revisione internazionali alle imprese di dimensioni
minori, 2012, p. 35). La determinazione della significatività implica
l’esercizio di un giudizio professionale e può fare riferimento per la Base
dati contabile oggetto di analisi ad una percentuale o ad un valore di
riferimento prescelto (cfr. Principio di revisione internazionale ISA 320,
Significatività nella pianificazione e nello svolgimento della revisione
contabile, § A3).

4.5.4. L’Attestatore deve individuare i conti
significativi nell’ambito della Base dati contabile del Piano e determinare la
strategia di revisione che intende adottare per ciascuno (ossia un approccio
basato sui controlli o un approccio di sostanza). L’identificazione delle voci
della Base dati contabile del Piano da assoggettare a procedure di revisione di
validità, nonché la natura e l’ampiezza di tali procedure, sono il risultato
dell’attività sopra descritta. L’Attestatore esplicita nella relazione le
ragioni delle scelte effettuate.

4.5.5. Per individuare e valutare i rischi
significativi, l’Attestatore deve esaminare i controlli previsti dall’impresa e
accertare se essi siano stati appropriatamente attuati. Tale fase è opportuna
per sviluppare l’approccio di verifica più adeguato. Invero, scopo della
valutazione del rischio è scorgere i rischi intrinseci e pianificare ed eseguire
il piano delle verifiche in modo idoneo rispetto ai rischi individuati.
Analogamente ai rischi intrinseci, anche i rischi inerenti al controllo
influiscono sulla natura, ampiezza e tempistica delle procedure
dell’Attestatore. Quando il rischio intrinseco sia contenuto è possibile
considerare meno importante il rischio inerente al controllo e sono sufficienti
minori elementi probativi per consentire all’Attestatore di conseguire il grado
di convincimento necessario.

4.5.6. Le procedure di verifica della Base dati
contabili devono soddisfare gli obiettivi di controllo, i quali assumono
rilevanza diversa a seconda di come i singoli elementi patrimoniali, reddituali
e finanziari siano riflessi nel Piano. Lo sviluppo del Piano può, infatti,
comportare la rilevazione, la cancellazione, nonché la diversa valutazione di
poste sia attive che passive della Base dati contabile prevalendo i valori di
presumibile realizzo e/o estinzione rispetto ai valori contabili.

4.5.7. I saldi patrimoniali ed economici significativi
della Base dati contabile devono essere verificati con riguardo alle seguenti
categorie di asserzioni (Principio di Revisione 500):

a. esistenza: un’attività o una passività esistono
ad una certa data;

b. diritti ed obblighi: un’attività o una passività
sono di pertinenza dell’azienda ad una certa data;

c. manifestazione: un’operazione (o un evento) di
pertinenza dell’azienda ha avuto luogo nel periodo di riferimento;

d. completezza: non vi sono operazioni non
contabilizzate o per le quali manchi un’adeguata informazione;

e. valutazione: le attività o le passività sono
contabilizzate a valori appropriati;

f. misurazione: le operazioni sono correttamente
contabilizzate ed i costi ed i ricavi sono imputati per competenza;

g. presentazione e Informativa: una voce o
un’operazione sono evidenziate, classificate e corredate da adeguata
informativa nella circostanza.

4.5.8. In linea con le finalità ed i limiti delle
attività di controllo, nelle attestazioni di concordato preventivo ed in quelle
degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 182-septies), assume rilevanza
la verifica del corretto grado di prelazione assegnato alle passività
nell’ambito del Piano. Detta verifica non può e non deve sostituirsi alle
funzioni che, in tempi diversi, porranno in essere gli organi della procedura,
bensì rappresenta un aspetto che l’Attestatore deve considerare, nella misura
in cui esso sia significativo ai fine della espressione del giudizio di
fattibilità.

Nel caso in cui a seguito delle verifiche non sia
possibile, anche in considerazione del ristretto lasso temporale, accertare
l’esistenza o il grado di prelazione di alcune passività, l’Attestatore ne
dovrà tenere conto al fine del proprio giudizio sulla fattibilità del Piano,
indicandone le ripercussioni.

4.5.9. L’Attestatore non deve verificare la
correttezza dei criteri di individuazione delle eventuali — classi. La
suddivisione in classi rappresenta la proposta ai creditori sulla quale
l’Attestatore non è chiamato ad esprimersi e la correttezza dei criteri di
individuazione delle eventuali classi rientra nei compiti del Tribunale, cui
compete il giudizio sulla fattibilità giuridica della proposta.

Solo nei casi previsti dall’art. 182-septies l’Attestatore deve
verificare l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici
dei creditori interessati alla moratoria.

4.5.10. L’Attestatore non deve modificare il Piano
predisposto dall’azienda, essendo chiamato a verificare la veridicità dei dati
e la sua fattibilità/attuabilità (si veda infra § 6). Egli deve, però,
segnalare nell’attestazione eventuali errori rilevanti tenendo conto del loro
effetto nella espressione del giudizio.

 

4.6. L’utilizzo del lavoro di terzi nella verifica
sulla veridicità

 

4.6.1. L’Attestatore deve verificare la possibilità
e le modalità di utilizzo di documenti e informazioni derivanti dal sistema di
controllo interno o da altri revisori (p.es. il revisore legale), tenendo in
considerazione le criticità derivanti dai tempi per il rilascio
dell’attestazione. L’accesso alle verifiche predisposte da altri revisori (test
di conformità, test sostanziali) permette in linea di principio di comprimere i
tempi dei controlli sulla Base dati contabile. I ristretti tempi a disposizione
dell’Attestatore, ma anche dell’azienda nella materiale elaborazione del Piano,
rappresentano, infatti, una significativa criticità.

4.6.2. In presenza di un sistema di controllo
interno, l’Attestatore potrà limitare le proprie verifiche sulla Base dati
contabile. Un’efficace funzione di revisione interna può, infatti, influire
sulla scelta e sulla tempistica delle procedure di revisione, comportando una
riduzione dell’ampiezza delle verifiche svolte dall’Attestatore.

4.6.3. Se considerato utile ai fini dello
svolgimento dell’incarico, l’Attestatore può richiedere all’azienda di usare il
lavoro svolto dalla revisione interna o dal dirigente preposto di cui alla l. 262/2005 (ove esistenti), tenendo conto delle
caratteristiche e dell’organizzazione dell’azienda e dei tempi a disposizione.
In tal senso, l’Attestatore può considerare utile discutere assieme al revisore
interno e al dirigente preposto i piani delle attività di controllo da questi
predisposti. L’Attestatore terrà comunque conto che la mancanza di terzietà del
revisore interno e del dirigente preposto possono indebolire il valore
probativo dei documenti messi a disposizione. In tali circostanze,
l’Attestatore deve comunque esaminare con prudenza, professionalità e
attenzione ogni singola situazione e farsi un proprio convincimento sulla
qualità dei documenti a sua disposizione e, successivamente, modulare il
proprio intervento.

4.6.4. In presenza di utilizzo da parte
dell’Attestatore dei dati derivanti dal lavoro di revisione interna, in capo
allo stesso Attestatore permane la responsabilità del proprio giudizio.

4.6.5. Pur considerata la diversa finalità tra
l’attività di revisione legale e il lavoro di verifica della Base dati
contabile da parte dell’Attestatore, la collaborazione con i revisori legali è
auspicabile per consentire un più celere svolgimento dell’attività di verifica
nel rispetto dei tempi della procedura. Ciò vale in particolare per alcune
verifiche, quali la riconciliazione dei conti bancari, le verifiche su clienti
e fornitori o le analisi sul magazzino che richiedono, di norma, tempi
abbastanza lunghi.

In tal caso l’Attestatore deve formulare apposita
richiesta alla società circa l’intenzione di dialogare con il revisore legale
in merito ai controlli svolti o da svolgere. Se tale richiesta non ha esito
favorevole, l’Attestatore può menzionare tale fatto nella sua relazione e
considererà tale impossibilità come un elemento che concorre a formare il giudizio
sulla veridicità dei dati aziendali.

L’Attestatore valuterà caso per caso le eventuali
dichiarazioni da rilasciare ai revisori, se richieste, e le connesse modalità
di utilizzo. In caso di interazione tra revisore legale e Attestatore, le
responsabilità per i due soggetti restano quelle stabilite dalla legge per lo
svolgimento dei rispettivi incarichi.

4.6.6. L’utilizzo del lavoro già svolto da altro
revisore (revisore legale, revisore interno, altro revisore) non deve comunque
rappresentare passiva accettazione delle conclusioni altrui.

Esso piuttosto rappresenta un elemento che può
ridurre i rischi della verifica sulla veridicità propri dell’Attestatore,
specie nel caso in cui vi sia una relazione positiva senza rilievi del revisore
legale riferita ad una recente situazione contabile. Nel caso in cui
l’Attestatore decida di basare il suo giudizio di veridicità in tutto o in
parte sulla revisione posta in essere da terzi, egli fa letteralmente suo il
lavoro svolto da questi e ne risponde con la conseguenza che, nel caso in cui
in seguito tale lavoro si dovesse rivelare non attendibile, l’Attestatore ne
sarà responsabile come se avesse effettuato le verifiche in prima persona.

4.6.7. L’Attestatore, ove lo creda necessario, può
avvalersi del lavoro di altri revisori da lui nominati che agiscono sotto la
sua direzione e responsabilità, come peraltro impone l’art. 2232 c.c.. In caso di conferimento di
specifico incarico ad altro revisore da parte dell’Attestatore, può essere
utile che l’Attestatore si accordi per l’accesso anche alle carte di lavoro.
L’utilizzo di altri revisori o di collaboratori dell’Attestatore potrà essere
oggetto di specifica pattuizione al momento del conferimento dell’incarico o in
un momento successivo.

 

4.7. La verifica dei criteri di valutazione delle
poste contabili

 

4.7.1. L’Attestatore deve porre la propria
attenzione sulla Base dati contabile ed in particolare sulle poste
patrimoniali. I dati da verificare non necessariamente sono tutti quelli
contenuti o comunque da inserire nei bilanci, bensì quelli rilevanti per la
formazione del Piano. Con riferimento a questi ultimi, i principali ambiti di
verifica sono, di norma, i seguenti:

a. Immobilizzazioni materiali, immateriali e
finanziarie

b. Rimanenze di magazzino

c. Crediti verso clienti e verso altri soggetti

d. Titoli

e. Disponibilità liquide

f. Debiti verso fornitori

g. Debiti verso il personale dipendente

h. Debiti e crediti verso Istituti previdenziali

i. Debiti e crediti verso l’Erario

j. Fondi per rischi e oneri

k. Garanzie assunte e non ancora escusse

l. Corretta definizione del carico fiscale di
competenza dell’esercizio

m. Posizioni infragruppo

n. Principali contratti e altri elementi alla base
del Piano

L’Attestatore, in particolare, deve verificare
l’esistenza di diritto e di fatto delle immobilizzazioni materiali e
immateriali e delle rimanenze di magazzino (NOTA 7) nella misura in cui tali
elementi siano coinvolti nell’esecuzione del piano, verificandone l’effettiva
appartenenza all’azienda (obiettivo di revisione “diritti ed
obblighi”), all’uopo attenendosi alle tecniche di revisione del c.d.
“Balance Sheet Audit”. Deve procedere con l’accertamento delle
posizioni di credito e di debito, appurandone il reale ammontare. Con
riferimento ai crediti, l’Attestatore deve essere in grado di stimare la
correttezza degli importi realizzabili e dei tempi di incasso indicati
dall’azienda. Allo scopo è opportuna l’analisi del trend storico e l’ageing dei
crediti (soprattutto quelli commerciali). Per i debiti deve valutare la
sussistenza di eventuali legittime cause di prelazione e, in caso di disaccordo
con i creditori, deve altresì assumere una posizione sulla quantificazione e
qualificazione ove essenziale ai fini della fattibilità del Piano, evidenziando
nella propria relazione gli effetti di situazioni particolarmente rilevanti. A
tale fine può ricorrere alle tecniche previste dai principi di revisione tra le
quali la richiesta di conferme da terzi o circolarizzazioni.

La valutazione della solvibilità dei debitori dovrà
essere verificata esclusivamente per le posizioni più significative ove dal
recupero dei crediti siano previsti introiti essenziali per l’attuabilità del
Piano.

Se la procedura si atteggia in forma di liquidazione
pura, con immediata cessazione dell’attività e dismissione disaggregata delle
componenti aziendali, l’Attestatore deve verificare che nel Piano gli elementi
patrimoniali attivi siano valutati ai presumibili valori di realizzo “per
stralcio” e quelli passivi ai presunti valori di estinzione. Qualora il
complesso aziendale sia ceduto in blocco, l’Attestatore compie le sue verifiche
adottando i principi che la dottrina aziendalistica ha predisposto per la
valutazione del capitale economico.

4.7.2. Oggetto di attenta indagine debbono essere
anche le passività potenziali da stratificare in base alla loro probabilità di
accadimento. L’Attestatore è, inoltre, chiamato a controllare la reale
sussistenza dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso
del debitore, la corretta contabilizzazione e rappresentazione degli stessi.

4.7.3. Nell’ambito della verifica di correttezza
della Base dati contabile, l’Attestatore deve appurare i criteri di valutazione
utilizzati per elaborare la stessa, quale punto di partenza per la redazione
del Piano, giudicandone la coerenza con le finalità del Piano. L’Attestatore
deve, quindi, procedere ad una disamina preliminare di ciascuna voce
patrimoniale, avuto riguardo anche alla sua evoluzione nel Piano.

In allegato è riportata, a titolo esemplificativo, e
limitatamente alle poste dell’attivo più significative per il soddisfacimento
del ceto creditorio, una sintetica check list delle principali attività di
indagine da porre in essere.

4.7.4. Nell’ambito delle proprie attività di verifica,
l’Attestatore tiene presente che la valutazione della correttezza della Base
dati contabile non va intesa in senso astratto ma con riferimento al Piano,
sicché eventuali discontinuità nei criteri valutativi o nella determinazione
delle poste, ove la rappresentazione sia reputata corretta in relazione alle
finalità del Piano, non inficiano il giudizio di veridicità.

 

4.8. Neutralità dell’Attestatore rispetto alle
vicende societarie

 

4.8.1. Ricordando che lo scopo finale della
relazione è l’attestazione relativa alla fattibilità del Piano proposto dal
debitore, Il giudizio sulla veridicità dei dati aziendali che l’Attestatore è
chiamato ad effettuare non è fine a sé stesso, ma strumentale e prodromico alla
valutazione della fattibilità del Piano. L’analisi e la verifica della
correttezza dei dati su cui il Piano si fonda non rileva in assoluto ma
esclusivamente in relazione allo scopo finale dell’attestazione.

A tal fine possono assumere rilevanza non solo i
dati contabili ma anche dati extra-contabili quali il portafoglio ordini.

4.8.2. L’Attestatore non deve:

– modificare il Piano (v. supra § 4.5.10.), ma
verificare se il Piano proposto dal debitore sia fattibile;

– verificare se quello proposto dal debitore sia il
migliore Piano possibile nell’interesse dell’impresa o dei suoi creditori.

4.8.3. L’Attestatore non deve ricercare le
informazioni che ineriscono al giudizio di miglior soddisfacimento dei
creditori della proposta concordataria rispetto alle alternative concretamente
praticabili. Fanno eccezione i soli casi del concordato con continuità previsto
dall’art. 186-bis l.f. (v. infra
§ 4.8.) e dell’accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa di cui all’art. 182-septies. La mancata
indicazione e valorizzazione di una potenziale attività del debitore può
rilevare anche penalmente sotto altri profili (si pensi all’occultamento di
beni di cui all’art. 216 l.f.),
ma non influenza il giudizio dell’Attestatore sulla fattibilità del Piano.
L’omessa evidenza di un’attività liquidabile potrebbe incidere sul giudizio di
convenienza della proposta rispetto alle alternative concretamente praticabili,
ma questo profilo esula dalla finalità dell’attestazione, salvo il caso dell’art. 186-bis l.f.

in caso di concordato preventivo in continuità, le
attività potenziali derivanti dall’esperimento di azioni risarcitorie dovranno
essere oggetto di valutazione da parte dell’Attestatore sulla base di quanto
rappresentato nel Piano. In ogni caso, ai fini del miglior soddisfacimento dei
creditori, le azioni di responsabilità creditorie potendo comunque essere
azionate dai creditori in presenza di un danno anche nel caso dell’omologa del
concordato preventivo, non incidono ai fini del giudizio del miglior
soddisfacimento dei creditori.

4.8.4. L’Attestatore non deve ricercare le
informazioni che ineriscono all’eventuale sussistenza di “atti in
frode” di cui all’art. 173
l.f.. Il tema, pur certamente rilevante nell’economia di una proposta di
soluzione della crisi, non è significativo rispetto all’oggetto delle
valutazioni dell’Attestatore, che riguardano esclusivamente la fattibilità del
Piano come proposto dal debitore.

 

4.9. La valutazione dell’attività pregressa degli
organi sociali

 

4.9.1. L’Attestatore non è tenuto a esprimere
giudizi circa l’esperibilità di eventuali azioni di responsabilità nei
confronti degli organi di amministrazione e di controllo della società, ove non
siano esplicitamente previste o menzionate nel Piano. La legge fallimentare,
infatti:

a. chiede all’Attestatore esclusivamente il giudizio
sulla veridicità della Base dati del Piano e sulla fattibilità del Piano;

b. non chiede all’Attestatore di esprimersi sulle
vicende passate dell’azienda o di svolgere la differente attività di ricerca
frodi, né attribuisce all’Attestatore i pieni poteri di indagine a tale fine
necessari.

4.9.2. Non è compito dell’Attestatore, ma del
Commissario giudiziale, individuare e/o prevenire atti distrattivi o
depauperativi del patrimonio del debitore.

4.9.3. L’Attestatore è chiamato ad esprimere
esclusivamente un giudizio sulle prospettive future — dell’impresa ossia sulla
fattibilità del Piano e sulla Base dati contabile su cui poggia il Piano.

Non compete all’Attestatore la valutazione del
comportamento degli amministratori e degli organi di controllo per la gestione
passata. Al contrario il Commissario giudiziale, stante il suo differente ruolo
di pubblico ufficiale e i differenti poteri di indagine, svolge le sue
verifiche su di un arco temporale più esteso.

4.9.4. Nonostante la relazione dell’Attestatore
condivida in parte i contenuti di quella del Commissario – entrambi verificano
se i dati di partenza del Piano abbiano i requisiti della veridicità e se il
Piano possa essere considerato fattibile – la relazione del Commissario
presenta oggetto e contenuti specifici in quanto derivanti da indagini che la
legge pone a carico del Commissario e non dell’Attestatore. Al di là della
valenza controversa anche in sede concordataria, spetta al Commissario e non
all’Attestatore verificare i dati storici aziendali per valutare se negli anni
precedenti la domanda di concordato preventivo siano stati posti in essere
comportamenti riconoscibili come atti di frode. Inoltre, non l’Attestatore, ma
il Commissario valuta le possibilità di soddisfacimento dei creditori in caso
di fallimento e verifica se vi siano fondati motivi per azioni di
responsabilità o revocatorie fornendo, altresì, nella propria relazione una
valutazione del rischio di insuccesso delle stesse e una stima dei costi legali
e per consulenze tecniche connessi alle azioni medesime.

 

5. La diagnosi dello stato di crisi

 

5.1. La diagnosi dello stato di crisi

 

5.1.1. L’Attestatore deve verificare che l’estensore
del Piano abbia individuato le cause della crisi al fine di appurare se e in
quale misura le ipotesi di intervento previste siano ragionevolmente in grado
di rimuovere le criticità che hanno provocato la crisi stessa. La corretta
individuazione delle cause della crisi è necessaria per il giudizio di
fattibilità del Piano in caso di continuità aziendale.

5.1.2. La diagnosi dello stato di crisi non compete
all’Attestatore ma al debitore con l’eventuale assistenza dell’advisor per
l’estensione del Piano. L’Attestatore, deve unicamente verificare che le cause
e lo stato della crisi siano ragionevolmente individuati per potersi esprimersi
sulla fattibilità del Piano.

 

5.2. Valutazione delle cause della crisi nei piani
in continuità aziendale.

 

5.2.1. Nei piani in continuità deve essere valutata
oltre alle cause anche la gravità della crisi. La crisi d’impresa si manifesta
con squilibri economico, finanziari e patrimoniali tali da compromettere
l’assetto gestionale ed organizzativo fino a impedire la prosecuzione
dell’attività.

5.2.2. Nei piani liquidatori l’individuazione delle
cause di crisi può essere svolta in maniera più sintetica rispetto ai piani in
continuità. Non vi è, infatti, necessità di verificare la rimozione delle cause
di crisi.

5.2.3. Di norma, si assiste a manifestazioni di tipo
patologico in seguito a un processo graduale e latente di degenerazione. La
crisi conclamata, caratterizzata dall’erosione di risorse materiali e umane
dell’impresa, con riflessi sulla sua capacità di creare valore è, infatti,
preceduta da forme di squilibrio e di inefficienza dei vari fattori della
produzione. In assenza di tempestivi e opportuni interventi correttivi, ne può
derivare l’impossibilità ad adempiere regolarmente agli impegni assunti che, da
temporanea e reversibile, può portare all’irreversibile incapacità dell’impresa
di far fronte alle proprie obbligazioni. Per l’analisi delle cause di crisi è
in genere utile fare riferimento ad uno dei modelli offerti dalla dottrina
(NOTA 8).

Gran parte delle crisi aziendali, ad eccezione di
casi estremi riconducibili a disastri ambientali, gravi crisi economiche o
evidenti errori della Direzione aziendale (a volte collegati ad eventi
criminosi), è riconducibile ad un insieme di fattori afferenti l’ambiente in
cui opera l’azienda, nonché alle modalità di interazione tra quest’ultima e il
contesto di riferimento. Nell’attuale contesto competitivo, non vi è in genere
una singola causa alla base della crisi aziendale, ma una serie di concause.

La pandemia da virus Covid-19, diffusasi nel 2020,
costituisce una eccezione alle usuali cause di crisi per il carattere generale
che ha colpito la maggior parte dei settori in molte economie. in relazione
alle conseguenze di tali situazioni straordinarie si veda anche il § 6.9.

5.2.4. È opportuno che l’Attestatore, nel valutare
il Piano proposto e l’indicazione della cause di crisi formulate, prenda in
considerazione anche i fattori critici di successo per il contesto competitivo
in cui opera l’impresa al fine di verificare che lo strumento prescelto per la
risoluzione della crisi sia il risultato di un’approfondita analisi effettuata
sia a livello del settore in cui opera l’azienda, sia a livello delle
caratteristiche specifiche dell’impresa.

5.2.5. Non compete all’Attestatore formulare ipotesi
su soluzioni alternative alla crisi rispetto a quelle individuate nel Piano.
L’Attestatore verifica unicamente se il Piano in continuità sia ragionevolmente
in grado di rimuovere le cause della crisi, permettendo il superamento della
stessa. Una corretta individuazione delle cause della crisi consente di
definire il tipo di intervento da compiere.

In base all’origine della crisi si distinguono due
tipi di soluzioni: interventi operativi e interventi strategici. i primi sono
consigliabili quando la crisi dipende da fattori interni all’azienda, come la
inadeguatezza della Direzione aziendale, del controllo finanziario e della gestione
della liquidità. Gli interventi di natura operativa, finalizzati ad ottenere
risultati nel breve termine, cercano di ricondurre l’azienda ad una situazione
di equilibrio economico- finanziario. Gli interventi strategici, invece, sono
necessari quando la crisi è causata da fattori esterni ascrivibili, ad esempio,
alla diminuzione della domanda in ragione della maturità del prodotto,
all’attività dei concorrenti, nonché a eventi di natura straordinaria come
calamità naturali o accadimenti con forte impatto sull’attività delle aziende e
sull’intera economia. Gli interventi di tipo strategico si focalizzano in
genere sul core business aziendale, cercando di separare le aree strategiche
profittevoli da quelle economicamente non vantaggiose che saranno le prime ad
essere dismesse.

 

5.3. Gli strumenti di diagnosi

 

5.3.1. L’Attestatore valuta se vi sia stata, nella
redazione del Piano, un’adeguata disamina dei principali indicatori economici e
finanziari che consentono di individuare le cause dell’insorgenza del declino e
della crisi e il loro livello di gravità. La comprensione dello stato di crisi
e, soprattutto, delle cause che lo hanno prodotto, deve tener conto di
informazioni sia qualitative che quantitative.

5.3.2. L’analisi quantitativa consente di stabilire
quando la capacità dell’impresa di generare nel tempo flussi di cassa positivi
abbia iniziato ad arrestarsi, con contestuale disequilibrio della struttura
patrimoniale e finanziaria. Le informazioni, di carattere
economico-finanziario, reperite nei bilanci, unite ad un’analisi di tipo
qualitativo sulla struttura e sull’organizzazione aziendale, hanno un peso
determinante nella valutazione dello stato di crisi.

5.3.3. L’esame degli indici di bilancio di
redditività, liquidità, efficienza e solidità, permette di evidenziare gli
effetti della crisi su fenomeni di natura reddituale, finanziaria
(insufficiente generazione di cassa) e patrimoniale. Questa analisi aiuta
l’Attestatore nella valutazione del percorso che l’azienda intende
intraprendere valutando se lo stesso sia idoneo a condurre al risanamento.
Ancorché non sempre indispensabile, è utile che l’Attestatore imposti un
confronto nel tempo degli indicatori chiave di performance della stessa azienda
calcolati su differenti esercizi e, ove possibile, nello spazio, confrontandoli
con quelli dei principali concorrenti.

 

6. La verifica sulla fattibilità del piano

 

6.1. Valutazione delle ipotesi strategiche

 

6.1.1. L’Attestatore deve verificare che le
principali ipotesi che la Direzione aziendale pone a fondamento della strategia
di risanamento siano evidenziate esplicitamente – meglio se in una parte
specifica – nel Piano e riguardino:

i. per il proseguimento della gestione aziendale,
l’evoluzione prevista del mercato di riferimento dei prodotti/servizi e
l’evoluzione prevista dei rapporti con il contesto competitivo (clienti,
fornitori, concorrenti, aziende partner);

ii. per la dismissione di significativi elementi del
patrimonio, l’interesse di potenziali acquirenti (se individuati) o, in assenza
di questi, la valutazione dei medesimi elementi con criteri di liquidazione.

6.1.2. L’Attestatore valuta la fondatezza delle
ipotesi alla base del Piano, descrivendo nella sua relazione il convincimento
maturato e le sue ragioni. La verifica di fattibilità poggia sulla coerenza
delle ipotesi con la situazione di fatto, intesa come: coerenza storica,
coerenza con le operazioni correnti, con l’assetto organizzativo, la situazione
occupazionale e la capacità produttiva (in termini quali-quantitativi) e, quando
le dimensioni dell’impresa lo rendano opportuno, con le attese macroeconomiche.

6.1.3. L’Attestatore verifica che tra le ipotesi sia
presente, se significativa, la stima della evoluzione della domanda di mercato
per i principali prodotti/servizi dell’azienda e dei relativi prezzi di
riferimento. Per aziende di grandi dimensioni, l’evoluzione della domanda può
derivare dalla stima generale della domanda di mercato evidenziando le
motivazioni delle eventuali variazioni previste. Per aziende di minori dimensioni,
la stima della domanda tipicamente è desunta da proiezioni dei ricavi di
vendita (o valore della produzione in caso di produzioni su commessa) degli
ultimi esercizi. Anche in questo caso è utile che l’Attestatore verifichi che
le variazioni siano motivate dalla Direzione aziendale, anche tramite rinvii
alle parti successive del Piano.

L’Attestatore verifica che nelle ipotesi di base
riconducibili all’area di mercato siano descritti i mercati in cui l’impresa
intende operare e la quota di mercato che la Direzione aziendale intende
raggiungere in termini di volumi di vendita, anche con riferimento ai flussi
stagionali.

Va prestata particolare attenzione ai casi in cui le
variazioni ipotizzate si discostino significativamente dagli ultimi risultati.
L’Attestatore matura un personale giudizio circa la possibilità di verifica
della domanda e della dinamica dei prezzi futuri, se possibile ricercando e
riportando conferme in fonti informative indipendenti dall’azienda.

6.1.4. Tra le ipotesi strategiche l’Attestatore
controlla anche l’evoluzione prevista dei rapporti con i principali ed attuali
clienti, fornitori ed aziende partner, in termini di reazioni alla situazione
di crisi aziendale e di possibilità di recupero/miglioramento dei rapporti
commerciali. L’Attestatore deve accertare che nella descrizione delle ipotesi
strategiche la Direzione aziendale rappresenti le tendenze recenti e le
possibili dinamiche future caratterizzanti il settore. Anche per testare la
fondatezza di tali possibili evoluzioni, l’Attestatore matura un personale
giudizio, ricercando, ove possibile, conferme in fonti informative indipendenti
dall’azienda.

6.1.5. Laddove il Piano abbia un contenuto
liquidatorio o si basi comunque su significative dismissioni di parti del
patrimonio esistente (partecipazioni, immobili, rami d’azienda ecc.), è
opportuno che l’Attestatore verifichi che nel Piano sia menzionata la
manifestazione di interesse di potenziali acquirenti o, quantomeno,
l’indicazione del tipo di acquirenti ai quali la Direzione aziendale intende
rivolgersi. Al fine di accertare la fondatezza di tali ipotesi, per i beni con
maggiore grado di fungibilità (p.es. immobili civili, capannoni industriali,
crediti monetari), è opportuno che l’Attestatore, anche ricorrendo a perizie
tecniche indipendenti redatte da soggetti terzi, si informi sulle recenti
dinamiche dei volumi, dei prezzi e delle tempistiche, oggetto di recenti
transazioni. A tal fine, l’Attestatore potrà incaricare propri esperti
estimatori, affinché verifichino le stime accolte nel Piano, ovvero scegliere
di concerto con il debitore i periti (condividendone l’oggetto dell’attività)
purché abbiano adeguate caratteristiche di indipendenza, in modo da basare
Piano ed attestazione sulle stime rassegnate (cfr. anche § 2.2.5 in ordine
all’opportunità di inserire nel mandato professionale la possibilità per
l’Attestatore di chiedere al debitore la nomina, a proprie spese o a spese del
mandante, di eventuali esperti in materia specifica, diversa da quella di
competenza dell’Attestatore).

6.1.6. L’Attestatore deve verificare che le ipotesi
sull’evoluzione stimata delle variabili strategiche di cui al paragrafo 6.1
abbiano una proiezione temporale in linea con la durata del Piano. Se il Piano
è scandito temporalmente per periodi (entro un anno, entro tre anni, ecc.),
l’Attestatore matura il proprio giudizio sulla fondatezza delle ipotesi con la
stessa stratificazione temporale, facendo particolare attenzione al caso in cui
la proiezione sia particolarmente lunga e non si disponga di conferme
attendibili.

6.1.7. L’Attestatore deve verificare che le ipotesi
siano tra loro coerenti. La coerenza del quadro delle ipotesi strategiche sia
interna sia esterna e con il contesto, con riferimento alla situazione di
crisi, è un requisito essenziale del Piano. Ci si riferisce in via principale:

– alla coerenza delle ipotesi poste alla base del
piano con il contesto in cui ci si attende che le stesse si sviluppino
(significative incoerenze possono essere a titolo esemplificativo: immotivate
previsioni di espansioni commerciali in scenari di calo della domanda);

– al rispetto dei nessi causali tra le differenti
azioni contemplate dalla strategia di risanamento (significative incoerenze
possono essere a titolo esemplificativo: previsioni di strategie di rafforzamento
di un marchio commerciale che presuppone una massa ingente di investimenti
promozionali e di marketing, in assenza di valutazioni realistiche circa
l’acquisizione delle risorse finanziarie necessarie);

– alla coerenza tra interventi previsti e tempi
necessari per il dispiegamento dei loro effetti (significative incoerenze
possono essere a titolo esemplificativo: lanci di nuovi prodotti pianificati in
un breve arco temporale).

6.1.8. L’Attestatore deve valutare attentamente
quanto le ipotesi siano basate su informazioni che provengono da fonti
attendibili. La fondatezza delle ipotesi formulate dalla Direzione aziendale
richiede all’Attestatore un atteggiamento di “scetticismo
professionale”, proporzionale alla gravità dello stato di crisi.
L’attendibilità sarà tanto maggiore, quanto maggiore sarà il consenso derivante
da indicazioni concordanti rinvenibili in previsioni di qualificate fonti
esterne (pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, ricerche
universitarie, note società di ricerca e consulenza) e dalla serietà e
correttezza metodologica del processo di elaborazione dei dati compiuto dalla
Direzione aziendale, a sua volta dipendente dalla esistenza e dal grado di
funzionamento del sistema di pianificazione aziendale.

 

6.2. La Valutazione della strategia di risanamento

 

6.2.1. L’Attestatore deve verificare che la
strategia di risanamento presenti una significativa discontinuità rispetto ai
fattori che hanno determinato la situazione di crisi e che sia rivolta a
superarli.

6.2.2. Un intervento di tipo solo finanziario,
tramite ricorso a nuova finanza, senza modifiche dell’assetto produttivo,
organizzativo, commerciale e competitivo generalmente non integra gli estremi
di una strategia di risanamento. Situazioni di crisi finanziaria sono di solito
l’espressione finale di deterioramenti del rapporto tra costi e ricavi
operativi ed è a livello di quest’ultimi che l’Attestatore deve principalmente
valutare l’adeguatezza della strategia di risanamento. A tale scopo, nel
vagliare la strategia di risanamento, è utile che l’Attestatore focalizzi la
propria analisi sui fattori che si prevede determinino miglioramenti delle
marginalità operative.

6.2.3. L’Attestatore deve verificare quali siano le
condizioni necessarie, per tempi richiesti e risorse coinvolte, perché si possa
implementare la strategia di risanamento. Ad esempio, la stipula di un
essenziale accordo commerciale con un partner, contemplata dalla strategia, può
essere una opzione esperibile solo entro un determinato periodo, trascorso il quale
può rivelarsi inadeguata allo scopo. L’Attestatore deve, pertanto, accertarsi
se per tale periodo le altre condizioni esistenti nel Piano possano essere
ragionevolmente verificate (ad esempio, l’avvenuta dismissione di certi asset o
la necessaria acquisizione di nuova finanza).

 

6.3. La valutazione del programma di intervento
(action pian)

 

6.3.1. L’Attestatore deve verificare se il piano sia
tradotto in un programma di intervento che evidenzi sinteticamente le azioni
previste e i tempi di realizzo delle stesse.

6.3.2. L’action plan o piano di intervento
rappresenta lo sviluppo a breve della strategia identificata con la
pianificazione di medio/lungo periodo ed è utile, in quanto da esplicita
evidenza alla correlazione tra singoli obiettivi previsti, modalità operative
per raggiungerli e strategia generale di intervento.

6.3.3. L’Attestatore verifica se nel Piano sia
presente un’adeguata descrizione del programma di intervento (action pian). In
particolare, l’Attestatore analizza l’esplicitazione delle azioni che la
Direzione aziendale intende porre in essere, partendo dalla situazione iniziale
e fino al momento in cui si potranno considerare raggiunti gli obiettivi del
Piano. L’Attestatore, ad esempio, verifica la presenza di un adeguato sviluppo
dei seguenti punti:

– l’insieme di azioni che consentono la
realizzazione delle intenzioni strategiche (linee guida del Piano);

– la descrizione degli investimenti che saranno
realizzati;

– l’impatto organizzativo delle singole azioni in
termini di modello di business, struttura manageriale, organico aziendale, aree
geografiche da coprire, canali distribuitivi e struttura commerciale;

– gli eventuali interventi sul portafoglio
prodotti/servizi/brand offerti alla clientela;

– le azioni con le quali si intende realizzare un
eventuale mutamento del target di clientela da servire;

– le condizioni/vincoli che possono influenzare la
realizzabilità delle azioni.

6.3.4. L’Attestatore deve verificare che il
programma contenga le necessarie specificazioni quantitative e temporali per
rendere visibile la sua applicazione. A fronte di ogni significativa azione
contenuta nel Piano è opportuno che sia prevista la relativa tempistica,
eventualmente ricorrendo anche ad una rappresentazione grafica della stessa,
l’impatto economico, lo stato di avanzamento nella sua esecuzione, le
responsabilità. in particolare, l’action plan deve esplicitare la correlazione
tra obiettivi, strategie identificate e modalità operative per il loro
raggiungimento.

 

6.4. La verifica delle ipotesi economico-finanziarie

 

6.4.1. L’Attestatore deve verificare che le ipotesi
afferenti alle grandezze economiche e finanziarie del Piano siano compatibili
con le ipotesi strategiche formulate.

6.4.2. il Piano si fonda su una pluralità di ipotesi
strategiche che presentano i caratteri delineati nel § 6.1 e che attengono, a
titolo esemplificativo, alla dinamica della domanda, all’evoluzione della
tecnologia, al comportamento dei concorrenti, dei clienti e dei fornitori. Lo
sviluppo economico-finanziario del Piano rappresenta l’esplicitazione in
termini di flussi economici e finanziari delle strategie che l’impresa intende
realizzare. Vi è, dunque, un nesso causale diretto tra strategie e risultati
economico-finanziari evidenziati nel Piano.

6.4.3. Le ipotesi alla base delle previsioni dei
flussi economici e finanziari devono manifestare evidenze in termini di
coerenza interna. Nel caso vi siano ipotesi caratterizzate da scostamenti
rispetto agli ultimi dati consuntivi, l’Attestatore deve verificare la
sussistenza di fattori di discontinuità che possano giustificare le accennate
deviazioni.

A titolo esemplificativo la penetrazione in nuovi
mercati potrebbe giustificare un superiore tasso di crescita dei ricavi.

6.4.4. Le ipotesi a fondamento delle previsioni dei
flussi economici e finanziari devono manifestare evidenze in termini di
coerenza esterna. Le ipotesi riguardanti le grandezze economiche e finanziarie
devono trovare riscontro in fonti esterne sufficientemente attendibili
(pubbliche istituzioni, associazioni di categoria, ricerche accademiche, note
società di ricerca e di consulenza). in mancanza di elementi di riscontro
sufficientemente attendibili, l’Attestatore matura un proprio convincimento
circa l’evoluzione delle principali variabili ambientali, quali la dinamica
prospettica del contesto competitivo e della domanda di mercato, anche in
funzione delle informazioni fornite dalla Direzione aziendale e dai consulenti
dell’impresa. L’opinione di esperti indipendenti con cognizione approfondita
del mercato di riferimento può costituire un elemento di supporto rilevante.

 

6.5. La verifica dello sviluppo dei dati del Piano

 

6.5.1. Mentre la verifica sulla veridicità dei dati
aziendali ha come oggetto dati consuntivi, la verifica dei dati di Piano
richiede all’Attestatore un’indagine su dati previsionali che, per loro natura,
presentano vari gradi d’incertezza sul loro concreto avverarsi.

6.5.2. La verifica della ragionevolezza dei dati
prospettici è supportata dal principio ISAE 3400 “The Examination of
Prospective Financial Information” emesso dall’IFAC (NOTA 9), che
suddivide i dati previsionali in base al grado di oggettività e di incertezza
degli elementi prospettici, distinguendoli tra “forecasts” e
“projections”. Nel significato loro attribuito dal principio ISAE
3400, il termine “forecast” può essere tradotto con
“previsione” mentre il termine “projection” può essere
tradotto con “proiezione” o “previsione ipotetica”. In
particolare, per “previsione” si intende un dato relativo a eventi
futuri che la Direzione aziendale si aspetta si verificheranno o ad azioni che
la Direzione aziendale medesima intende intraprendere nel momento in cui i dati
previsionali vengono elaborati. Più in generale, il principio ISAE 3400
individua la “previsione” come un dato prospettico condizionato da
elementi ragionevolmente oggettivi o fondato sugli eventi futuri più probabili.
Le “proiezioni” sono, invece, dati previsionali elaborati sulla base
di assunzioni ipotetiche, relativi ad eventi futuri e ad azioni della Direzione
aziendale che non necessariamente si verificheranno.

6.5.3. Le indagini svolte dall’Attestatore sono
sostanzialmente dirette ad accertare la ragionevolezza delle ipotesi formulate
nella predisposizione dei dati previsionali e il realismo delle previsioni. Per
gli eventi futuri la cui realizzazione è per natura incerta, l’ISAE 3400
richiede il raggiungimento di un elevato livello di convincimento in merito
alla probabilità che tali eventi accadano per esprimere un parere sulla
realizzabilità delle previsioni. Nella normalità dei casi l’Attestatore potrà
invece esprimere unicamente un giudizio di fattibilità del Piano in base alla
ragionevolezza delle ipotesi in esso contenute.

6.5.4. L’Attestatore deve verificare che il Piano
descriva l’impatto specifico del risanamento derivante dalle strategie
individuate dalla Direzione aziendale. Utili indicazioni sono contenute nei
Principi di redazione dei piani di risanamento al § 5.

6.5.5. L’attività di controllo potrà essere meno
intensa con riguardo alle previsioni per le quali la probabilità che l’evento
futuro dedotto nel Piano si realizzi sarà elevata. Si pensi al caso di una
cessione di un cespite non strategico, già regolata da un contratto
preliminare. Potranno inoltre essere considerate ragionevoli le previsioni riguardanti
i costi aziendali prospettici in tutti i casi in cui essi derivino da rapporti
obbligatori continuativi: si pensi al costo del personale dipendente, alla
somministrazione di energia elettrica, ai contratti di leasing in corso. in
questo caso, l’attività di verifica del professionista sarà normalmente
limitata alla verifica della coerenza tra le previsioni del Piano e i termini
contrattuali, nonché dell’efficacia giuridica del rapporto contrattuale e della
capacità di adempimento della controparte.

6.5.6. Le previsioni fondate sulle serie storiche
aziendali, saranno in genere caratterizzate da un’elevata probabilità di
realizzazione ogni qualvolta non vi siano significativi fattori di
discontinuità tali da rendere il verificarsi di tali ipotesi proco probabile:
si pensi, ad esempio, a previsioni di vendita o appalti fondate su ordini e/o
commesse già acquisiti o a previsioni di incasso di crediti verso clienti con i
quali sussistano relazioni stabili.

6.5.7. Infine, potranno essere considerate
ragionevoli le ipotesi supportate da previsioni macroeconomiche affidabili,
perlomeno per il primo periodo del Piano, quali l’andamento del prezzo di
determinate materie prime e dei tassi d’interesse.

6.5.8. Di converso, vi sono altre previsioni che,
per il grado di incertezza, rientrano nell’ambito delle assunzioni ipotetiche e
che, per loro natura, richiedono un elevato livello di attenzione nella
formazione del giudizio dell’Attestatore. Nei piani di risanamento tali
previsioni sono assai frequenti in ragione della discontinuità operativa e
strategica che spesso caratterizza i risanamenti aziendali. Tra queste, è
possibile includere le previsioni su ricavi conseguenti a un futuro
riposizionamento del prodotto o del marchio aziendale, ovvero i risparmi di
costo generati dalla riorganizzazione dei processi produttivi. È principalmente
su queste ipotesi che dovrà concentrarsi la valutazione critica
dell’Attestatore, al fine di verificare la tenuta del Piano nelle sue
componenti (patrimoniale, economica e finanziaria), anche con l’utilizzo di
adeguati test di sensitività (v. infra, § 6.6.).

6.5.9. Grande rilevanza ai fini della formazione del
giudizio dell’Attestatore possono rivestire, in questi casi, la conoscenza del
settore e dei mercati di riferimento e la comprovata capacità di programmazione
della azienda, rilevabile mediante il grado di raggiungimento degli obiettivi
riportati in precedenti strumenti previsionali (budget, business pian).

6.5.10. Il giudizio dell’Attestatore, non potrà,
invece, formarsi su dati prospettici fondati unicamente su ipotesi soggettive
della Direzione aziendale. Queste, se prive di qualsivoglia supporto logico
dovranno pertanto essere rifiutate.

6.5.11. Elemento fondamentale del processo di
pianificazione è costituito dalla definizione dell’arco temporale coperto dal
Piano, che rileva in particolar modo nelle soluzioni orientate verso la
continuità. Per il concordato preventivo in continuità, la norma fa riferimento
ai costi e ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività, senza specificazioni
temporali, ancorché la lettera e) del secondo comma dell’art. 161 l. f., richieda
espressamente che il Piano indichi anche “i tempi di adempimento della
proposta”. Si richiama pertanto quanto già evidenziato relativamente
all’action plan o piano di intervento (§ 6.9).

Le considerazioni svolte dalla dottrina e dalla
prassi dei principi contabili sulla inadeguata attendibilità delle previsioni
di lungo periodo trovano eco anche nella prassi di diversi tribunali, che solo
in rari casi considerano ragionevoli piani di durata superiore a 5 anni, anche
per l’alea inevitabilmente correlata allo spostare le previsioni nel futuro. In
generale, anche dal punto di vista dell’Attestatore un orizzonte temporale troppo
lontano appare problematico, a meno che, non vi siano elementi di certezza
quali, ad esempio: contratti vincolanti di durata oltre i 5 anni con primarie
aziende, come avviene nel settore degli idrocarburi, delle utilities o delle
gestioni immobiliari o alberghiere. In ogni caso il ricorso a piani aventi
durata superiore a 5 anni deve essere puntualmente giustificato dal debitore
con motivazione che l’Attestatore deve ritenere adeguata, pronunciandosi
espressamente sull’attendibilità, nei termini di cui sopra, delle previsioni
successive al quinto anno.

Nei momenti di particolare incertezza quali quello
dell’emergenza post-Covid, può essere adottata l’estensione dell’orizzonte
temporale anche oltre il quinto anno a condizione che sia adeguatamente motivata
dal debitore e ritenuta giustificata dall’Attestatore, il quale deve comunque
pronunciarsi espressamente sull’attendibilità delle previsioni successive al
quinto anno. Sul punto v. anche il § 6.9.

6.5.12. L’arco temporale oggetto di considerazione
deve comunque attestarsi a data non anteriore al momento in cui, in base al
Piano, è previsto che siano soddisfatti i creditori, ovvero, nel caso di
continuità aziendale siano ripristinate le normali condizioni di finanziamento
(e di fido) ovvero nel caso di prosecuzione di contratti pubblici, siano
ripristinate condizioni che consentano un regolare adempimento degli stessi.

6.5.13. Va ricordato che alcuni debiti, tra cui
quelli verso i dipendenti per il TFR giacente presso il datore di lavoro,
nonché verso gli agenti per il fondo di risoluzione del rapporto, nei
concordati in continuità, rimangono in genere esposti anche oltre il termine
previsto per l’adempimento della proposta. La capacità di adempimento delle
relative passività è, pertanto, connessa al più generale giudizio di
fattibilità del Piano. Si ritiene di conseguenza che, in caso di continuità,
l’orizzonte temporale di osservazione vada esteso – ove possa occorrere – oltre
al momento di soddisfacimento dei creditori, sino a quello in cui può considerarsi
ripristinato l’equilibrio finanziario dell’impresa.

6.5.14. Nell’analisi del Piano l’Attestatore dovrà
fare attenzione a che la somma delle perdite non ecceda i limiti di cui agli artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter
del codice civile. Quando il Piano prevede la continuazione dell’attività e
la società, vertendo in una situazione di insufficienza patrimoniale, si avvale
di quanto previsto dall’art.
182-sexies l.f., l’Attestatore deve verificare che all’omologazione del
concordato o dell’accordo di ristrutturazione sia ripristinato il capitale
sociale, perlomeno nel minimo legale.

 

6.6. Analisi di sensitività e prove di resistenza
(stress test)

 

6.6.1. È di particolare importanza che l’Attestatore
riceva tutte le informazioni che gli permettano di chiarire quali siano gli
effetti di eventuali modifiche nelle ipotesi sui risultati previsti nel Piano.

6.6.2. L’Attestatore analizza l’articolazione delle
principali ipotesi poste a fondamento della strategia di risanamento, in modo
da valutare come l’effettivo risanamento sia legato al verificarsi di ciascun
assunto.

6.6.3. Mediante l’analisi di sensitività
l’Attestatore verifica gli effetti di eventuali modifiche nelle ipotesi alla
base del Piano. Le analisi di sensitività si estrinsecano nello stimare come si
modifichino i valori del Piano al verificarsi di variazioni nelle ipotesi di
fondo (what-if analysis), al fine di comprendere se il Piano conservi o meno la
propria tenuta prospettica sotto il profilo della sostenibilità
economico-finanziaria. L’analisi assume rilevanza anche sotto il profilo della
“bancabilità” con particolare riferimento al rispetto dei covenants
di solito presenti negli accordi di ristrutturazione.

6.6.4. La sensitività dei risultati è valutata
modificando lo scenario di base in funzione di assunti maggiormente
conservativi rispetto ai valori del Piano. Gli scenari conservativi devono
riguardare sia il piano economico sia quello finanziario, in modo da
comprendere quale dimensione risulterebbe maggiormente sensibile, e quindi
pregiudicata, al verificarsi di un peggioramento del contesto.

6.6.5. Con riferimento alle grandezze di maggiore
rilevanza (ad esempio, il tasso di crescita dei ricavi di vendita)
l’Attestatore può misurare oltre quale variazione il Piano non sarebbe più da
considerarsi attuabile per il risanamento. In questo modo, rispetto alle
ipotesi di maggiore momento, egli può individuare i valori limite, oltre i
quali il raggiungimento del riequilibrio finanziario è compromesso (cd.
“scenario di rottura”).

6.6.6. L’Attestatore effettua una ricognizione delle
variabili critiche (competitive e gestionali) che più sono in grado di
esercitare un influsso sulla fattibilità del Piano, dei relativi punti di
rottura e delle potenziali iniziative da adottare previste nel Piano. Se
l’Attestatore, ritiene a tal fine necessario disporre di informazioni ulteriori
rispetto a quelle contenute nel Piano, ne fa richiesta alla Direzione
aziendale.

I Principi per la redazione dei piani di
risanamento, al § 9.8, raccomandano (con esonero per le sole micro imprese) che
le assunzioni ipotetiche siano sottoposte ad analisi di sensitività e, con
riferimento ai piani di concordato con continuità aziendale (§ 13.2.2), che
l’entità dei flussi di cassa liberi al servizio dell’adempimento della proposta
sia in grado di fronteggiare “l’effetto delle analisi di sensitività”.
La lettura combinata di tali indicazioni comporta che le analisi di sensitività
da effettuarsi sono quelle che riguardano le assunzioni ipotetiche, ossia le
“proiezioni” o “previsioni ipotetiche”, come definite dal
principio internazionale di revisione ISAE 3400.

6.6.7. L’analisi di sensitività può essere volta a
stimare l’impatto del peggioramento di alcune condizioni insite nel Piano in
termini di allungamento dei termini previsti per il rispetto di impegni
indicati nel Piano quali il rispetto dei covenants su singole posizioni.
L’Attestatore deve valutare se questo slittamento temporale rischi di rendere
vulnerabile la tenuta del Piano.

6.6.8. Laddove il Piano abbia un contenuto
liquidatorio o si basi comunque su significative dismissioni di parti del
patrimonio esistente (partecipazioni, immobili, ecc.), l’analisi di sensitività
riguarda prevalentemente i tempi e i valori connessi al verificarsi delle
ipotesi di vendita dei beni.

 

6.7. Verifica sul previsto monitoraggio del Piano

 

6.7.1. L’Attestatore verifica se è prevista una
specifica fase di monitoraggio del Piano.

6.7.2. Il Piano dovrebbe prevedere l’esposizione dei
parametri individuati come riferimento per il risanamento, con indicazione dei
limiti e degli obiettivi rispetto ai quali effettuare la misurazione delle
prestazioni raggiunte.

6.7.3. Il Piano dovrebbe prevedere un sistema di
rappresentazione di KPI (Key Performance Indicator), di tipo quantitativo e
qualitativo, da tenere come riferimento per esaminare lo stato di esecuzione
del Piano e di parametri individuati come riferimento per il risanamento, con
indicazione dei limiti e degli obiettivi rispetto ai quali effettuare la
misurazione delle prestazioni raggiunte.

6.7.4. L’Attestatore deve prestare attenzione al
caso in cui il livello della variabile possa scendere al di sotto del punto di
rottura, inteso come la soglia sotto la quale le assunzioni del Piano
andrebbero completamente riviste e si renderebbe necessario adottare iniziative
correttive nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e quelli
raggiunti. Laddove tali iniziative siano già previste nel Piano è opportuno che
l’Attestatore si pronunzi sulla loro praticabilità.

 

6.8. Il giudizio di fattibilità

 

6.8.1. Il giudizio di fattibilità si sostanzia in
una valutazione prognostica circa la realizzabilità dei risultati attesi
riportati nel Piano in ragione dei dati e delle informazioni disponibili al
momento del rilascio dell’attestazione.

6.8.2. La qualità del giudizio di attestazione non
può essere valutata negativamente ex post a causa del mancato raggiungimento
degli obiettivi indicati nel Piano. Infatti, gli obiettivi possono non essere
stati conseguiti per effetto della normale incertezza di ogni attività
d’impresa, nonché di accadimenti imprevedibili, eventi, fatti e circostanze non
conoscibili alla data dell’attestazione o di mancata implementazione del Piano
da parte dell’azienda. Viceversa, la valutazione del lavoro dell’Attestatore
deve essere svolta, in un ambito di ragionevolezza della previsione, con
riferimento ai dati ed alle informazioni disponibili alla data di
sottoscrizione della relazione.

6.8.3. Per esprimere il giudizio di fattibilità,
l’Attestatore deve aver acquisito una visione globale di quanto rilevato
mediante le analisi degli aspetti delineati nei paragrafi precedenti (ipotesi
strategiche, strategia di risanamento, programma di azione, ipotesi economico-
finanziarie e stress test), nonché maturato un convincimento circa la concreta
realizzabilità del Piano in funzione delle risorse e delle competenze delle
quali l’impresa dispone.

6.8.4. L’Attestatore verifica che il Piano sia atto
a soddisfare i creditori esprimendo il suo giudizio circa la disponibilità di
flussi finanziari liberi al servizio del debito.

6.8.5. Il giudizio di fattibilità dell’Attestatore
si fonda:

a. sull’articolazione sufficiente delle informazioni
sulle verifiche effettuate;

b. sulla congruità logica ossia sulla razionalità
dell’iter che ha portato dalle verifiche all’espressione del giudizio;

c. sulla coerenza delle conclusioni con l’effettiva
situazione dell’impresa del mercato in cui opera.

6.8.6. In ipotesi di continuità l’Attestatore
verifica che entro l’ultimo periodo amministrativo compreso nel piano i flussi
economici e finanziari evidenzino il raggiungimento di un equilibrio economico
e finanziario sostenibile. A tale fine verifica le previsioni di flussi di
cassa operativi positivi, valutando se siano realizzabili e se siano tali da
permettere nel tempo il sostenimento del debito finanziario (sia come
finanziamenti già esistenti, sia come “nuova finanza”) e
l’effettuazione degli investimenti a regime occorrenti.

 

6.9. Emergenza sanitaria Covid-19 e incertezza
straordinaria nella formulazione delle previsioni

 

6.9.1. La pandemia indotta dal Covid-19 ha inciso in
modo rilevante sull’economia e rende molto difficile per le aziende formulare
previsioni attendibili.

Gli effetti appaiono di particolare rilievo sui
costumi dei consumatori con un rilevante impatto sulla struttura e livello
della domanda, quanto meno nel breve-medio termine. In molti settori di
attività le imprese dovranno anche adattare i cicli produttivi e i modelli di
business. Allo stato (novembre 2020) non è ancora possibile comprendere
l’intensità, l’ampiezza e la durata dei fenomeni, al punto che le stime più autorevoli
presentano rilevanti discordanze sulla dinamica futura, nonché sui tempi e sui
livelli di normalizzazione della domanda. L’impossibilità di riferirsi ad
analoghi shock del passato, unitamente alle massicce iniziative in atto e
preannunciate rende vano trarre indicazioni dal passato. In ogni caso la
ricaduta delle previsioni macroeconomiche sui singoli settori di attività
comporta ulteriori incertezze (NOTA 10).

6.9.2. In tale situazione si suggerisce
all’Attestatore chiamato a esprimersi sulla fattibilità dei piani di imprese
operanti in business colpiti significativamente dagli effetti della pandemia,
di attenersi alle seguenti cautele:

– accertarsi che le previsioni della domanda
derivino da studi di settore emessi da soggetti autorevoli, dando prevalenza a
quelli più recenti e più specifici per i business di riferimento, attingendo
informazioni aggiornate dalla dinamica degli ordinativi e delle vendite;

– verificare che il Piano consideri le eventuali
limitazioni alla capacità produttiva derivanti dalle prescrizioni
igienico-sanitarie connesse alla pandemia;

– valutare la completezza del Piano con riferimento
alla presenza di scenari alternativi rispetto a quello preso a base.
L’esistenza di scenari alternativi può dipendere sia dalla forte incertezza
circa l’evoluzione della domanda di mercato, sia dalle ipotesi relative alla
evoluzione della pandemia. In tali casi, tra gli scenari presentati,
l’Attestatore può assumere come scenario di riferimento quello ritenuto più
probabile o, quantomeno, meno improbabile, senza estendere l’analisi a tutti
gli scenari possibili (v. infra);

– suffragare lo/gli scenari assunti dal debitore con
l’andamento corrente, più recente possibile, attingendo informazioni aggiornate
dalla dinamica degli ordinativi e delle vendite;

– ove l’impresa abbia considerato il lasso temporale
prevedibilmente necessario per la cessazione delle circostanze eccezionali,
l’Attestatore valuta se tale lasso temporale, ove eccedente il consueto
orizzonte di 3-5 anni, presenti sufficienti elementi di coerenza con le
previsioni di Piano.

6.9.3. In contesti di straordinaria incertezza anche
le analisi di sensitività possono presentare una variabilità troppo ampia da
verificare. Può quindi essere necessario sostituire l’analisi con l’esame di
diversi scenari alternativi possibili a livello microeconomico. L’Attestatore
potrà rivolgere una richiesta in tal senso al redattore del Piano.

6.9.4. Nel caso di impiego di scenari, come già
descritto ai § 6.5.4. e 6.7.4, è opportuno che l’Attestatore individui gli
indicatori chiave di performance che consentano di intercettare gli scostamenti
rispetto al Piano, nonché il livello (punto di rottura) (NOTA 11), violato il
quale, in una valutazione ex-ante, viene meno il risanamento della esposizione
debitoria ed il raggiungimento del riequilibrio finanziario (oltre che nel caso
di concordati preventivi l’adempimento della proposta concordataria). Il
monitoraggio di tali indicatori da parte della Direzione aziendale nella fase
di esecuzione del Piano consentirà di attivare con tempestività “le
iniziative da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi pianificati e
quelli raggiunti” previste, quale contenuto necessario del piano, dagli artt. 56, co. 1, lett. e) e 87, co. 2, lett. e) del Codice della Crisi,
comunque compatibile (quanto meno in termini di best practices) con il quadro
normativo in essere.

Si tratta di iniziative che potranno consistere, in
via graduata in relazione alla gravità della deriva rispetto al Piano:

– in azioni alternative, in tutto o in parte
eventualmente già individuate;

– in un cambiamento della strategia;

– nella modifica del modello di business;

– nei casi più gravi, nel ricorso ad un diverso od
ulteriore strumento di composizione della crisi rispetto a quello adottato. Ci
si riferisce, in questo caso, ad ulteriori accordi con i creditori, anche in
sede di esecuzione di concordati preventivi in continuità, ovvero nuove
soluzioni concordatarie o, addirittura, una istanza di fallimento eventualmente
accompagnata dalla proposta di un esercizio provvisorio o l’accesso a procedure
di amministrazione straordinaria.

Qualora non lo abbia fatto il debitore nel piano, è
opportuno che l’Attestatore rappresenti tali eventualità di adozione di
iniziative ad hoc la cui scelta resta nella competenza e nella responsabilità
esclusiva dell’organo amministrativo.

 

7. La valutazione del miglior soddisfacimento dei
creditori

 

7.1. I casi obbligatori

 

7.1.1. L’Attestatore deve pronunciarsi circa la
valutazione del migliore soddisfacimento dei creditori solo nelle specifiche
ipotesi normativamente previste. La legge fallimentare prevede che il giudizio
dell’Attestatore si estenda anche alla convenienza delle proposte del debitore,
ovvero alla valutazione della migliore soddisfazione dei creditori attraverso
il piano formulato dal debitore nelle ipotesi di concordato in continuità ex art. 186-bis, secondo comma, lett.
b), nonché nel giudizio di convenienza negli accordi di ristrutturazione ad
efficacia estesa e negli accordi di moratoria di cui all’art. 182-septies.

7.1.2. È inoltre richiesto il giudizio di migliore
soddisfazione dei creditori nelle attestazioni speciali previste per
l’autorizzazione dei finanziamenti interinali prededucibili di cui all’art. 182- quinquies, primo comma, e
per l’autorizzazione del pagamento di creditori anteriori “strategici”
per beni e servizi, di cui all’art.
182-quinquies, quarto comma. In tali casi il giudizio è circoscritto agli
effetti specifici dell’atto oggetto di valutazione: l’ottenimento della nuova
finanza ovvero il pagamento del creditore anteriore.

 

7.2. Il rinvio alla perizia estimativa ex art. 160, secondo comma, l.f.

 

7.2.1. Nel caso di concordato che preveda la
soddisfazione non integrale per i creditori muniti di privilegio, pegno o
ipoteca ai sensi dell’art. 160,
secondo comma, l.f., non compete all’Attestatore la pronuncia sulla
convenienza della proposta del debitore per i creditori non soddisfatti
integralmente. Tale giudizio, infatti, deve emergere dalla perizia di stima ex art. 160, secondo comma, l.f.
redatta dall’esperto nominato all’uopo dal debitore.

7.2.2. L’Attestatore è tenuto a valutare
esclusivamente l’idoneità e completezza della perizia ex art. 160, secondo comma, l.f.,
allegata dal debitore al Piano. Nella relazione l’Attestatore deve riportare la
sintesi delle valutazioni e delle risultanze dello stimatore, anche in merito
al presumibile ammontare delle spese di procedura, nonché della quota parte
delle spese generali imputabili in diminuzione del valore di realizzo del bene
o del diritto oggetto di garanzia.

 

7.3. Il concordato con continuità aziendale

 

7.3.1. In caso di concordato preventivo con
continuità, secondo la lettera b) del secondo comma dell’art. 186-bis l.f. l’Attestatore
deve esprimere un giudizio anche in merito alla funzionalità della prosecuzione
dell’attività al miglior soddisfacimento dei creditori. Tale giudizio integra
quello ordinario di veridicità dei dati aziendali e di fattibilità del Piano e
trova la propria ratio nel fatto che la stessa continuità aziendale determina
la generazione di costi prededucibili ed un assorbimento di risorse finanziarie
sottratte alla disponibilità dei creditori. L’Attestatore deve quindi
esprimersi in merito al beneficio atteso dalla continuità aziendale, che deve
essere tale da consentire un miglior soddisfacimento dei creditori pur in
presenza del regime di prededuzione dei crediti sorti nel corso della procedura
e dell’assorbimento delle risorse anzidetto.

Il giudizio di migliore soddisfazione dei creditori
è rivolto ai soli creditori concorsuali (ovvero quelli anteriori alla
iscrizione al registro delle imprese del ricorso per concordato preventivo) e
non anche a quelli che sorgono in costanza di procedura (intendendosi quelli
sorti nella fase ex art. 161,
sesto comma, l.f. e quelli successivi al decreto di ammissione ex art. 163 l.f.) per i quali
opera ex lege il regime della prededuzione.

7.3.2. Nell’espressione del giudizio di funzionalità
alla migliore soddisfazione dei creditori l’Attestatore deve considerare le
diverse ipotesi di convenienza per i creditori, ivi incluse quelle non
esprimibili in termini meramente quantitativi (si pensi, ad esempio, alla
possibilità di mantenere un rapporto commerciale o anche solo a quella di
evitare una revocatoria). La migliore soddisfazione deve essere rapportata alla
posizione soggettiva dei creditori, poiché, a fronte della falcidia
concordataria, la continuità potrebbe consentirne la compensazione grazie al
beneficio di una diversa “utilità”. Nondimeno la prevista
vantaggiosità economica per i creditori deve essere individuabile e
l’Attestatore non deve limitarsi a una mera enunciazione di principio sulla
preferibilità del concordato.

7.3.3. L’Attestatore, relativamente al termine di
confronto rispetto al quale formulare il richiesto giudizio di comparazione
quantitativa, deve considerare le sole ipotesi alternative di discontinuità
concretamente praticabili. Quindi:

– la liquidazione del patrimonio del debitore, ove
concretamente praticabile;

– il fallimento, in caso di impossibilità di
procedere con una liquidazione in bonis, eventualmente mediante cessione
dell’azienda o di rami di azienda a seguito della prosecuzione dell’attività mediante
esercizio provvisorio.

Dal punto di vista giuridico si ritiene non debba
essere considerata l’ipotesi di concordato liquidatorio, in quanto
un’eventualità siffatta competerebbe solo al debitore che invece ha inteso
presentare ai creditori un piano con continuità aziendale. Non deve parimenti
essere considerata l’ipotesi dell’Amministrazione Straordinaria, anche se ne
ricorrono i presupposti, in quanto sarebbe diverso il focus (passando dalla
tutela dei creditori, proprio della procedura fallimentare, a quella
dell’occupazione, proprio dell’amministrazione straordinaria).

 

8.1. Le parti componenti la relazione

La relazione di attestazione è composta da tre
parti:

– una prima parte introduttiva e di rendicontazione
sulle verifiche svolte sulla veridicità della Base dati;

– una seconda parte nella quale sono svolte
l’analisi del Piano e di sensitività;

– una parte finale contenente il giudizio di
fattibilità e, ove richiesto, la valutazione di miglior soddisfacimento dei
creditori.

 

8.2. Il contenuto della prima parte

 

8.2.1. La prima parte della relazione deve contenere
le informazioni relative:

– al professionista incaricato;

– all’incarico ricevuto;

– alla documentazione esaminata;

– alla situazione aziendale e societaria riscontrata
al momento della redazione del Piano;

– alle verifiche sulla veridicità della Base dati
contabile.

8.2.2. Le informazioni relative al professionista
incaricato dal debitore nell’ambito di una delle

procedure di regolazione della crisi di impresa
devono contenere almeno la dichiarazione relativa ai requisiti soggettivi di
professionalità e di indipendenza nonché di assenza di condizioni di
incompatibilità di cui all’art.
28 l.f. In particolare, l’Attestatore deve dichiarare di:

– essere iscritto nel registro dei revisori legali;

– essere in possesso dei requisiti di
professionalità previsti dall’art.
28, lett. a) e lett. b) l.f., ossia essere iscritto all’albo dei dottori
commercialisti e degli esperti contabili sezione A, ovvero degli avvocati,
ovvero essere membro di un’associazione professionale o di una società di
professionisti i cui soci siano iscritti agli albi summenzionati;

– essere in possesso del requisito di indipendenza
di cui all’art. 67, terzo comma,
lett. d) l.f;

– essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2339 c.c. e non essere legato all’impresa o
ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da
rapporti di natura personale o professionale. In particolare, deve dichiarare
di non trovarsi in condizioni tali da compromettere la propria indipendenza.

8.2.3. L’Attestatore deve indicare compiutamente i
riferimenti dell’incarico ricevuto e le finalità di tale incarico in relazione
alla specifica previsione normativa. Tali indicazioni devono riflettere gli
elementi precisati nel mandato di cui al § 2.2.5. In questa parte si deve
espressamente menzionare se l’Attestatore abbia applicato i presenti Principi
di attestazione dei piani di risanamento e può essere segnalato se il Piano
risulta o meno conforme ai Principi per la redazione dei piani di risanamento.

8.2.4. Con riferimento alla documentazione
esaminata, l’Attestatore deve indicare nella relazione (anche sinteticamente o
con riferimento ad allegati) la documentazione rilevante utilizzata per la
redazione della propria relazione.

8.2.5. Con riferimento all’analisi della situazione
aziendale e societaria riscontrata al momento della redazione del Piano, è
utile che l’Attestatore fornisca dettagli nella relazione (anche tramite
allegati) sulle informazioni ricevute e sulle analisi effettuate con
riferimento ai seguenti aspetti:

– analisi della struttura societaria (compagine
sociale, organo amministrativo e di controllo, centri direzionali e
organigramma, ecc.) e delle eventuali recenti variazioni, comprese eventuali
operazioni straordinarie;

– analisi del processo produttivo, di criticità
inerenti alla capacità produttiva degli impianti e al loro stato di
obsolescenza, anche al fine di valutare l’esigenza di nuovi investimenti;

– analisi della situazione competitiva (mercato e
settore di riferimento, posizionamento — rispetto al mercato di riferimento,
clientela, strategia attuale, punti di forza, punti di criticità, rischi del
business, ecc.);

– valutazione critica delle cause della crisi
individuate dal debitore (analisi dei bilanci mediante riclassificazioni e
indici, cause endogene ed esogene della crisi).

8.2.6. Con riferimento all’analisi della Base dati
contabile l’Attestatore deve compiutamente relazionare e documentare le
verifiche strumentali al giudizio sulla veridicità svolte sulle singole poste
dell’attivo e del passivo (v. supra § 4). A tale fine deve evidenziare:

– le tecniche di revisione utilizzate;

– le categorie di asserzioni indagate (esistenza,
completezza, diritti e obblighi, manifestazione, valutazione, misurazione,
presentazione e informativa);

– l’estensione dei campioni osservati;

– i risultati ottenuti.

8.2.7. L’Attestatore deve indicare anche le
eventuali evidenze acquisite sulle verifiche compiute da altri revisori della
società (revisore interno, dirigente preposto, revisore legale, altri revisori)
o l’eventualità che tali evidenze siano state richieste ma non ottenute.

 

8.3. Il contenuto della seconda parte

 

8.3.1. In questa seconda parte della relazione,
l’Attestatore riepiloga: le ipotesi su cui si fonda il Piano, le relative
proiezioni temporali, la strategia di liquidazione o di risanamento.

L’Attestatore può concludere la sezione del
documento sottoponendo le principali variabili di Piano ad analisi di
sensitività. Si rinvia supra al § 6.

8.3.2. L’Attestatore ripercorre con approccio
critico i tratti fondamentali della strategia liquidatoria o di risanamento.

8.3.3. È opportuno che l’Attestatore individui
esplicitamente le ipotesi alla base del Piano elencandole ed esprimendosi sulle
stesse. In particolare, è opportuno che l’Attestatore verifichi la natura delle
ipotesi riscontrate indicando se si tratti di ipotesi “normali”
(forecasts) relative a eventi futuri ragionevoli e desunti dall’analisi di
elementi oggettivi, o di assunzioni “ipotetiche” (projections)
relative ad eventi futuri e ad azioni della Direzione aziendale che non
necessariamente si verificheranno. È utile che l’Attestatore specifichi se in
passato l’azienda ha dimostrato che i piani e i budget (eventualmente)
predisposti abbiano trovato sostanziale conferma con i dati effettivi e se le
assunzioni risultino supportate da dati storici dell’azienda ovvero derivanti
da fattori di discontinuità. È utile che l’Attestatore verifichi se le
previsioni elaborate siano coerenti con informazioni assunte, ove possibile, da
soggetti terzi indipendenti (enti, autorità, società di consulenza ecc.).

8.3.4. L’Attestatore esprime se le ipotesi alla base
del Piano siano in linea con l’orizzonte temporale del Piano stesso e esplicita
il proprio giudizio sulla correttezza e la coerenza dello sviluppo quantitativo
del piano sulla base delle ipotesi formulate dalla società.

8.3.5. L’Attestatore deve sinteticamente riassumerne
i tratti fondamentali della strategia di risanamento contenuta nel Piano ed
esprimere il proprio giudizio circa l’idoneità a consentire il superamento
della crisi.

8.3.6. A seguito delle verifiche, l’Attestatore può
sottoporre ad analisi di sensitività le grandezze di maggiore rilevanza che
guidano la strategia di risanamento del Piano. Si rinvia supra al § 6.

 

8.4. Il contenuto della terza Parte

 

8.4.1. Il giudizio finale dell’Attestatore
rappresenta un aspetto fondamentale dell’incarico

professionale. La relazione deve contenere
separatamente:

a. il giudizio sulla veridicità dei dati aziendali;

b. il giudizio di fattibilità del Piano;

c. ove richiesto, la valutazione di miglior
soddisfacimento dei creditori. Si rinvia supra ai §§ 6 e 7.

8.4.2. I giudizi di cui alle lettere a), b) e c)
devono essere espressi in relazione al contenuto dei documenti finali ricevuti.
L’Attestatore può fare menzione nella sua relazione di eventuali modifiche del
Piano e della relativa documentazione intervenute successivamente all’incarico
o, alternativamente, lasciarne evidenza nelle carte di lavoro.

8.4.3. Il giudizio sulla veridicità dei dati
aziendali può essere positivo o negativo.

Al giudizio negativo è equiparato il caso nel quale
vi sia impossibilità di esprimere un giudizio (ad esempio per assenza di dati
fondamentali o per rilevanti impedimenti riscontrati nello svolgimento delle
proprie verifiche, tali da non permettere l’espressione di un giudizio).

In considerazione del fatto che il giudizio di
veridicità è funzionale a quello di fattibilità, l’Attestatore può esprimere un
giudizio positivo sulla veridicità della Base dati contabile anche se,
limitatamente ad alcune poste, riscontra carenze o errori. Ciò purché questi
siano tali da non compromettere l’affidabilità del Piano e la sua fattibilità.
Un giudizio positivo sulla veridicità può assumere la seguente forma:
“Alla luce delle verifiche svolte, ferme restando le precisazioni (o
rettifiche) contenute nella presente relazione, si esprime un giudizio positivo
sulla veridicità dei dati espressi nel Piano in funzione del giudizio di
fattibilità del Piano”.

8.4.4. In assenza di un giudizio positivo in merito
alla veridicità dei dati contabili rilevanti per l’affidabilità del Piano non è
possibile esprimere un giudizio finale positivo sulla fattibilità del Piano.
Posto che le verifiche sulla veridicità dei dati aziendali e quelle sulla
fattibilità del Piano si svolgono normalmente in contemporanea e non in
sequenza, anche in caso di giudizio negativo sulla veridicità dei dati
aziendali, al fine di documentare il lavoro svolto e concludere l’incarico
l’Attestatore può esporre nella propria relazione le verifiche e le attività
poste in essere al fine del rilascio del giudizio sulla fattibilità del Piano.

8.4.5. Il giudizio sulla fattibilità del Piano può
essere positivo o negativo. Al giudizio negativo è equiparato il caso nel quale
vi sia impossibilità di esprimere un giudizio (ad esempio impossibilità di
verificare la fondatezza di ipotesi che condizionano significativamente la
fattibilità del Piano). Un giudizio positivo può assumere la seguente forma:
“A seguito dei controlli effettuati ed alla luce del giudizio positivo espresso
in merito alla veridicità dei dati aziendali, si esprime un giudizio positivo
sulla fattibilità del Piano”.

8.4.6. L’Attestatore deve pronunciarsi circa la
valutazione del migliore soddisfacimento dei creditori nelle ipotesi
normativamente previste. Tale giudizio integra quello ordinario di veridicità
dei dati aziendali e di fattibilità del Piano e può sostanziarsi in una forma
analoga alla: “A seguito delle analisi effettuate, in considerazione del
giudizio positivo espresso in merito alla veridicità dei dati aziendali e alla
fattibilità del Piano e alla luce del confronto di comparazione quantitativa
con l’ipotesi alternativa fallimentare, il Piano risulta idoneo a consentire un
miglior soddisfacimento dei creditori”.

8.4.7. Ferma restando la dicotomia del giudizio
sulla fattibilità (positivo/negativo), le locuzioni utilizzate saranno
modificate in relazione allo strumento di composizione della crisi al quale si
riferisce l’attestazione (piano di risanamento, concordato preventivo, accordo
di ristrutturazione dei debiti, accordo di ristrutturazione ad efficacia
estesa).

8.4.8. Qualora la fattibilità del Piano dipenda da
specifici eventi futuri circoscritti nel tempo (quali ad esempio la firma da
parte dei creditori degli accordi esaminati dall’Attestatore in bozza o
l’esecuzione entro un termine di un determinato contratto), l’attestazione è
immediatamente efficace se l’Attestatore attesta che sussiste una elevata
probabilità che essi si verifichino; è sospensivamente condizionata negli altri
casi. Nel secondo caso, la condizione deve verificarsi perché l’attestazione
produca i propri effetti. L’attestazione condizionata è da considerarsi
ammissibile purché gli eventi iniziali siano specificamente individuati ed
esplicitati dall’Attestatore che deve anche indicare l’orizzonte temporale
breve entro il quale devono verificarsi.

8.4.9. Contestualmente al rilascio della relazione
di attestazione, l’Attestatore deve ottenere, da parte della Direzione
aziendale, l’evidenza del riconoscimento della propria responsabilità per la
corretta predisposizione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria
(oggetto di verifica ed attestazione) in osservanza alle norme che ne
disciplinano la redazione. Le attestazioni della Direzione aziendale (NOTA 12)
sono tra l’altro volte a garantire all’Attestatore, anche ai sensi e per gli
effetti degli artt. 1227 e 2409 cod. civ., completezza, autenticità e
attendibilità della documentazione messa a disposizione ai fini
dell’espletamento dell’attività, nonché correttezza ed esattezza delle
informazioni ivi contenute e di quelle comunicate verbalmente e riepilogate
nella cd. “representation letter” (v. Assirevi, Documento di ricerca
n. 233, 2020).

8.4.10. È auspicabile che prima del rilascio
dell’attestazione la situazione contabile di partenza (Base dati contabile) e
il Piano siano specificamente ed esplicitamente approvati dall’organo
amministrativo, la Base dati contabile ai sensi dell’art.
2381 c.c. per le situazioni infrannuali e il Piano dovendo essere oggetto
di autodetermina ai sensi dell’art.
152 l.f. Oltre alle dichiarazioni contenute nella Management letter è
opportuno che l’Attestatore alleghi al proprio elaborato la versione definitiva
del Piano, approvata dall’organo amministrativo.

 

8.5. La documentazione del lavoro di attestazione

 

8.5.1. L’Attestatore deve conservare documentazione
dell’attività svolta che fornisca sufficiente ed appropriata evidenza degli
elementi a supporto del giudizio ed evidenza che il lavoro sia stato svolto in
conformità ai presenti Principi ed alle norme e ai regolamenti applicabili.

8.5.2. La preparazione in modo tempestivo di
documentazione sufficiente ed appropriata rende più efficace il controllo e la
valutazione degli elementi probativi raccolti e delle conclusioni raggiunte.

8.5.3. La documentazione può essere formalizzata su
supporto cartaceo, elettronico o di altro tipo. La documentazione include, ad
esempio, analisi, note di commento sulle questioni manifestatesi, riepiloghi
degli aspetti significativi, lettere di conferma e di attestazione, check list
e corrispondenza (incluse le e-mail) relativa ad aspetti significativi. Se considerato
opportuno, estratti o copie di documenti aziendali (ad esempio, contratti o
accordi significativi) possono essere inclusi nella documentazione.

8.5.4. L’Attestatore può escludere dalla
documentazione della revisione le bozze superate di carte di lavoro e di
bilanci, annotazioni che riportano considerazioni incomplete o preliminari,
versioni superate di documenti corretti per errori di stampa o di altra natura
e duplicati di documenti.

8.5.5. La forma, il contenuto e l’ampiezza della
documentazione dipendono da vari fattori quali la natura delle procedure di
revisione svolte, i rischi identificati di errori significativi, il grado di
giudizio professionale necessario per svolgere il lavoro e valutarne i
risultati, l’importanza degli elementi probativi acquisiti, la natura e la
portata delle eccezioni identificate. Sarà quindi l’Attestatore a valutare
quali siano gli aspetti tenuti in considerazione durante l’attività, tenendo
conto della rilevanza e criticità degli stessi, per i quali è indispensabile conservare
una più strutturata documentazione.

8.5.6. Nel documentare la natura, la tempistica e
l’estensione delle procedure di revisione svolte, è opportuno rilevare gli
elementi identificativi delle specifiche voci o degli aspetti oggetto di
verifica. Il rilevare gli elementi identificativi è utile per diverse finalità.
Ad esempio, consente di dare conto dell’attività svolta e agevola l’analisi di
eccezioni o incongruenze. Gli elementi identificativi variano a seconda della
natura della procedura impiegata e della voce o dell’aspetto da verificare.

8.5.7. L’Attestatore può documentare, ove le
consideri significative, le discussioni avute con la Direzione aziendale ed
altri soggetti su aspetti significativi. La documentazione deve, in tal caso,
includere evidenze degli aspetti significativi discussi, delle date in cui le
discussioni hanno avuto luogo e dei soggetti coinvolti. A tale fine potrebbe
essere utile la verbalizzazione del contenuto degli incontri svolti.

8.5.8. L’Attestatore può completare la raccolta
della documentazione nella versione definitiva in modo tempestivo dopo la data
della relazione. Di norma, per il completamento della raccolta della
documentazione è adeguato un termine di 60 giorni dalla data della relazione.
Il completamento della raccolta della documentazione nella versione definitiva
risponde ad esigenze di sistemazione e non implica lo svolgimento di nuove
procedure, né l’elaborazione di nuove conclusioni. Modifiche alla
documentazione possono essere effettuate durante la sistemazione delle carte di
lavoro purché siano solo di natura formale.

8.5.9. Esempi di modifiche possono essere:
cancellare o eliminare la documentazione superata; classificare le carte di
lavoro, ordinarle ed evidenziare i rinvii tra le stesse; firmare, al loro completamento,
le eventuali check lists relative alla predisposizione finale delle carte di
lavoro; documentare gli elementi probativi acquisiti, discussi e concordati.

8.5.10. Le carte di lavoro devono essere conservate
per un periodo di dieci anni. Tale termine è stabilito facendo riferimento alle
norme relative alla conservazione delle scritture contabili.

 

9. Le ATTIVITÀ successive all’attestazione

 

9.1. Esecuzione e monitoraggio del Piano

L’Attestatore non è tenuto a monitorare la corretta
esecuzione del Piano e/o della proposta formulata ai creditori (la
“Proposta”). Il monitoraggio è a cura dell’imprenditore e degli
organi societari e, in caso di concordato preventivo, del commissario
giudiziale.

9.1.1. L’Attestatore non ha l’obbligo giuridico di
monitorarne l’esecuzione e non è destinatario di responsabilità in caso di non
corretta esecuzione del Piano attestato.

9.1.2. L’attività dell’Attestatore si sostanzia in
un giudizio prognostico sull’idoneità del Piano a consentire il superamento
della crisi. La sua funzione, indipendentemente dallo “strumento
giuridico” in cui il Piano si innesta, si conclude nel momento in cui è
resa.

9.1.3. Il Piano, oggetto del giudizio di
attestazione, è un atto di “alta amministrazione”, la cui redazione
compete all’imprenditore ovvero all’organo amministrativo. Pertanto, la
realizzazione e la verifica della realizzabilità del Piano rimangono a carico
di tali soggetti.

9.1.4. Ferma restando l’assenza di uno specifico
obbligo di legge, nulla vieta che il soggetto affidatario dell’incarico di
monitoraggio del Piano nella fase esecutiva possa essere individuato nella
figura dell’Attestatore nella veste di professionista esperto della materia. Il
conferimento di tale ulteriore incarico non ha effetti sull’indipendenza dell’Attestatore
in relazione all’attestazione già effettuata.

9.1.5. All’Attestatore può essere richiesto, alla
fine del periodo oggetto del Piano od anche antecedentemente, di verificare il
raggiungimento del riequilibrio finanziario dell’impresa e il risanamento della
esposizione debitoria.

9.1.6. Ove l’Attestatore sia incaricato di
monitorare l’esecuzione del Piano è necessario, in fase di formalizzazione
dello specifico incarico di monitoraggio, stabilire qualità e quantità
dell’informativa periodica che il debitore e la Direzione aziendale devono
produrre in favore dell’Attestatore (NOTA 13). Normalmente tali componenti
dovrebbero essere già individuati nel Piano come essenziale elemento di
verifica di esecuzione dello stesso.

9.1.7. L’attività di monitoraggio a cura
dell’Attestatore sarà agevolata se il Piano prevede degli obiettivi intermedi
in riferimento ai quali l’esecuzione del Piano va verificata (milestones).

Tali obiettivi sono individuabili anche in altri
parametri, quali, se esistenti, il rispetto di covenants contrattuali o i
risultati di fine esercizio.

9.1.8. L’incarico di monitoraggio non può prevedere
l’incarico di modifica del Piano che è sempre in capo all’impresa.

 

9.2. Modifiche del Piano e nuova attestazione

In caso di scostamenti significativi del Piano,
successivi al rilascio dell’attestazione, che non ne permettono la
realizzazione, se l’imprenditore ovvero l’organo amministrativo predispongono
modifiche o redigono un nuovo Piano, deve essere operata una nuova
attestazione. La necessità di una nuova attestazione al verificarsi delle
condizioni sopra richiamate, sebbene normativamente prevista solo per il
concordato preventivo, deve ritenersi applicabile anche con riferimento agli 63
altri strumenti di superamento della crisi.

9.2.1. Modifiche o scostamenti dal Piano non sempre
rendono necessaria una nuova attestazione.

Se richiesto, l’Attestatore può verificare e dare
atto che comunque entro il termine previsto dal Piano originario si raggiungerà
l’equilibrio ed il risanamento. Qualora, invece, dopo l’emissione del giudizio
di attestazione, siano apportate modifiche “sostanziali” al Piano
(e/o alla Proposta) o gli stessi sono redatti ex novo, si rende necessario il
rilascio di una nuova attestazione. In mancanza di nuova “validazione”
a cura dell’Attestatore, il Piano posto in esecuzione è escluso dalla
“protezione” prevista dalla legge.

9.2.2. La modifica del Piano è
“sostanziale” quando si verifichino congiuntamente tutte le seguenti
situazioni:

a. si verifica uno scostamento rispetto al contenuto
ed alle previsioni del Piano, tale da incidere sulla realizzabilità dello
stesso (e non consentirne il rispetto) sui tempi e sulle modalità del percorso
di superamento della crisi;

b. lo scostamento non è “assorbito” da
risparmi (savings) e/o correttivi e meccanismi di aggiustamento, in quanto non
previsti e/o non sufficienti;

c. occorra modificare le intenzioni strategiche del
Piano.

Non è una modifica sostanziale la modifica
dell’action plan che non comporti un cambiamento delle intenzioni strategiche
del piano.

Costituisce, ad esempio, un cambiamento di
intenzioni strategiche la dismissione di un ramo aziendale del quale era
previsto dal Piano originario la conduzione diretta.

9.2.3. L’obbligo del rilascio di una nuova
attestazione, in caso di modifiche sostanziali del Piano, è espressamente
previsto dall’art. 161 l.f.
in tema di concordato preventivo, ma deve considerarsi applicabile anche agli
altri istituti di superamento della crisi d’impresa.

9.2.4. Generalmente, nel caso di Piano attestato di
risanamento e di Accordi di ristrutturazione dei debiti, le modifiche
sostanziali si manifestano nella fase di esecuzione del Piano, dopo il
perfezionamento dello strumento. Nel caso di concordato preventivo, le
modifiche (e quindi la necessità di redigere una nuova attestazione) possono
essere attuate fino alla votazione ex art. 175 l.f., dopo l’apertura
della procedura, disposta a cura del tribunale con il decreto ex art. 163 l.f.

9.2.5. Il verificarsi di modifiche sostanziali del
Piano impone all’Imprenditore ovvero all’organo amministrativo di redigere un
nuovo Piano, formalmente diverso da quello originario, (evidentemente non più
eseguibile) ancorché possa riportare dati e/o elementi del Piano precedente.

9.2.6. Sotto il profilo formale e sostanziale, la
nuova attestazione, in quanto relativa ad un nuovo Piano (diverso da quello
originario non più eseguibile) non deve configurarsi quale
“supplemento” o “integrazione” dell’attestazione del Piano
originario. Pertanto, in termini di attività di verifica, struttura e giudizio
conclusivo, la nuova relazione deve riguardare sia la veridicità dei dati (su
cui si fonda il nuovo Piano), sia la fattibilità del nuovo Piano. Ciò impone
all’Attestatore di ripetere le verifiche necessarie (NOTA 14) seppur tenendo in
considerazione il lavoro già svolto.

9.2.7. La nuova attestazione può essere rilasciata
anche dal medesimo professionista che ha attestato il Piano originario, a
condizione che permangano, in capo a tale soggetto, i requisiti di
professionalità e di indipendenza richiesti dall’art. 67, comma 3, lett. d), l.f.
In particolare, la presunzione legale assoluta della mancanza di indipendenza
in capo al professionista che ha “prestato negli ultimi cinque anni
attività di lavoro (…) autonomo in favore del debitore” non è
applicabile alla fattispecie in esame.

9.2.8. Parimenti si ritiene ammissibile l’incarico
dell’Attestatore per l’attestazione di altre società del gruppo.

9.2.9. L’Attestatore che abbia già svolto incarichi
di attestazione ai sensi della legge fallimentare a favore del debitore può
rilasciare altre attestazioni previste dalla legge fallimentare se le ragioni
dell’insuccesso del precedente piano attestato non hanno pregiudicato
l’indipendenza del professionista. In tali ipotesi, prima di accettare
l’incarico, il professionista deve svolgere nuovamente le verifiche già svolte
per assumere l’incarico antecedente e inoltre deve verificare quali siano le
ragioni che hanno determinato l’insuccesso/inadeguatezza del precedente Piano.

Si rinvia supra al § 2.

9.2.10. In caso di modifiche non sostanziali del
Piano, all’Attestatore del Piano originario può essere richiesta una conferma
della sua fattibilità. Tale attività, soggetta a specifico incarico, rientra
tra quelle del monitoraggio del Piano ed il giudizio reso non costituisce una
delle attestazioni richieste dalla legge fallimentare.

 

10. Le responsabilità dell’attestatore

 

10.1. La responsabilità civile dell’Attestatore:
cenni

 

10.1.1. L’Attestatore deve svolgere l’incarico con
la diligenza richiesta dalla natura dell’attività esercitata

10.1.2. La responsabilità dell’Attestatore è tema
delicato e di una certa complessità. Mentre l’art. 33 del d.l. n. 83/2012 ha
introdotto nella legge fallimentare l’art.
236-bis declinando il reato di “Falso in attestazioni e
relazioni”, fattispecie complessa che descrive il reato proprio del
professionista Attestatore, la responsabilità civile, al contrario, non è
oggetto di alcuna specifica disposizione.

La delimitazione della responsabilità civile
dell’Attestatore, pertanto, va operata tramite le regole generali dettate
nell’ambito della disciplina del contratto d’opera professionale. La duplice
qualificazione professionale dell’Attestatore (soggetto iscritto ad albi di
professioni regolamentate e revisore legale) non dovrebbe influire sulla
qualificazione della responsabilità civile in quanto, come sopra detto (§
4.3.7.), nell’adempimento del suo incarico l’Attestatore non effettua una vera
e propria revisione contabile (rectius legale) e non esprime un giudizio
professionale sulla situazione patrimoniale manifestatasi dalla contabilità
aziendale posta alla base del Piano. Le procedure di revisione che
l’Attestatore è chiamato a utilizzare in relazione alla situazione patrimoniale
di partenza del Piano e ai dati economici storici, infatti, sono finalizzate
alla espressione del giudizio di veridicità e fattibilità del Piano nel suo
insieme. Tale rilevante circostanza fa sì che le previsioni di cui all’art. 15 del d. lgs. n. 39/2010
relative al regime di responsabilità del revisore legale non trovino
applicazione nell’ambito dell’esecuzione di incarichi inerenti alla soluzione
della crisi di impresa. Al contrario, il canone generale di cui all’art. 1176, secondo comma, c.c. è la norma di
riferimento. L’Attestatore, nell’adempimento della prestazione di cui è
richiesto, non deve usare la diligenza del buon padre di famiglia bensì la diligenza
richiesta dalla natura dell’incarico che gli impone di agire con particolare
perizia e attenzione in virtù del suo precipuo status professionale (che nel
caso delle attestazioni è particolarmente rilevante, trattandosi di un soggetto
doppiamente qualificato). Trattandosi di contratto d’opera stipulato nella
maggior parte dei casi in situazione di urgenza e ricorrendo dunque la
necessità di risolvere problemi tecnici di speciale difficoltà, trovano
applicazione le esimenti di cui all’art. 2236 c.c.
e, dunque, l’Attestatore è responsabile solo in caso di dolo o di colpa grave.
Occorre evidenziare, infine, che le SS.UU. della Corte di Cassazione (sentenza n. 1521/2013) hanno qualificato tale
professionista come assimilabile all’ausiliario del giudice, pur nella
consapevolezza che non gli è riconosciuto il ruolo di pubblico ufficiale. Tale
circostanza impone all’Attestatore di affrontare gli incarichi con prudenza e
adeguata perizia. Rispetto ai creditori e ai terzi la responsabilità
dell’Attestatore sarà eventualmente di tipo extracontrattuale.

 

10.2. La responsabilità penale dell’Attestatore:
cenni

 

10.2.1. L’art.
236-bis punisce le infedeltà, sia attive che passive, purché abbiano ad
oggetto informazioni rilevanti.

10.2.2. La nozione di “informazione”,
include i dati contabili, ma anche le notizie, le perizie e le analisi che
l’Attestatore utilizza nelle sue valutazioni. Se, con riferimento alle
valutazioni in ordine alla correttezza dei dati contabili, l’Attestatore può
far riferimento alle best practices in tema di revisione, maggiore attenzione
va posta in relazione agli scenari di mercato ed all’analisi del business. Con
ogni probabilità, infatti, l’Attestatore non svolgerà in prima persona le
valutazioni di specifici asset o le analisi di mercato, ma farà riferimento a
studi e lavori di terze parti. In tale evenienza, occorre selezionare
accuratamente le fonti, individuandole, ove possibile, tra soggetti la cui
attendibilità sia unanimemente riconosciuta. L’Attestatore deve citare l’autore
delle analisi che pone a fondamento delle proprie valutazioni e utilizzare le
stesse previo vaglio critico in ordine alla loro ragionevolezza e coerenza.
L’Attestatore deve operare nel medesimo modo quando impiega valutazioni di
“secondo livello” quale parte integrante del proprio lavoro. Si
pensi, ad esempio, alle perizie immobiliari o mobiliari. Atteso che non si può
pretendere che l’Attestatore sia, come il giudice, peritus peritorum, lo stesso
deve selezionare i “suoi” esperti tra quelli dotati di autorevolezza
professionale, nonché vagliare la coerenza intrinseca e la completezza del
lavoro altrui.

10.2.3. Il giudizio finale dell’Attestatore, in quanto
avulso dalla nozione di “informazione”, è escluso dall’area di
applicazione del precetto penale. Non di meno, è opportuno che l’Attestatore,
anzitutto, espliciti il percorso argomentativo che lo ha condotto alla
valutazione di attuabilità del Piano, evidenziando le informazioni utilizzate.

10.2.4. La “rilevanza” è espressamente
prevista dal legislatore esclusivamente per le infedeltà omissive. La stessa
deve essere utilizzata anche per delimitare l’ambito di applicazione del
precetto penale in relazione ai falsi commissivi, in virtù del principio
generale che esclude la punibilità del falso c.d. innocuo. Sono informazioni
rilevanti esclusivamente quelle significative rispetto al giudizio di idoneità
del Piano. Conseguentemente sono escluse dall’area del penalmente rilevante
tutte le omissioni inidonee ad influire sul giudizio finale reso
dall’Attestatore che è relativo alla veridicità della Base dati e alla
fattibilità del Piano.

10.2.5. Ai fini penali non rilevano le
“informazioni” inerenti agli aspetti esclusi dal giudizio
dell’Attestatore e quindi gli aspetti che non ineriscono al giudizio sulla
veridicità della Base dati e sulla fattibilità del Piano. A titolo
esemplificativo non rilevano penalmente gli aspetti relativi al giudizio di
convenienza della proposta concordataria rispetto alle alternative
concretamente praticabili (salvo il caso del concordato in continuità) o quelle
relative alla sussistenza di atti in frode ricompresi nell’ambito di
applicazione dell’art. 173 l.f.

10.2.6. Le infedeltà dell’Attestatore, per rientrare
nell’ambito di applicazione dell’art.
236-bis, devono essere attuate con consapevolezza, attesa la natura
pacificamente dolosa del reato. L’Attestatore è punibile solo se è conscio
della falsità della propria dichiarazione.

10.2.7. Appare opportuno, per limitare il rischio,
in presenza di fattispecie complesse e non univoche procedere con una loro
puntuale descrizione mettendo in luce i profili di incertezza in modo chiaro ed
esaustivo.

 

Allegato 1

Procedure di verifica
su alcune poste patrimoniali della base dati contabile.

 

1. Le attività di indagine da porre in essere in
merito alle più comuni poste dell’attivo

 

Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti:

– verifica delle delibere assembleari che ne
giustificano la misura e l’esigibilità nei confronti dei singoli soci.

 

Immobilizzazioni immateriali:

– disamina del libro dei cespiti ammortizzabili con
verifica documentale della titolarità e della disponibilità in capo all’impresa
di brevetti, marchi aziendali, licenze, diritti di concessione, certificazioni
di qualità, attestazione della rispettiva validità e durata residua di utilizzo
e della esistenza di eventuali vincoli che ne impediscano l’alienabilità o la
concessione in godimento a terzi;

– analisi delle eventuali offerte di acquisto o
manifestazioni di interesse avanzate da potenziali soggetti acquirenti e della
loro vincolatività o meno in favore della procedura (eventuale sottoposizione a
condizioni sospensive o risolutive), nonché delle tutele prestate a garanzia
del corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni ivi contenute – valido
per tutte le poste dell’attivo di bilancio;

– accertamento del corretto computo degli
ammortamenti, della corretta rappresentazione in bilancio e dell’uniformità di
applicazione dei principi contabili rispetto all’esercizio precedente.

 

Immobilizzazioni materiali:

– disamina del libro dei cespiti ammortizzabili;

– verifica delle procedure di inventariazione e
dell’effettiva esistenza fisica, della reale titolarità e della disponibilità
in capo all’azienda (per i beni immobili o i beni mobili registrati, mediante
ad esempio indagini presso i pubblici registri immobiliari o il P.R.A), nonché
dell’inesistenza di vincoli o gravami che ne impediscano o limitino
l’alienabilità o la concessione in godimento a terzi;

– controllo dei contratti di leasing in essere;

– analisi generale dello specifico mercato di
riferimento dei beni che dovranno essere ceduti a terzi, delle peculiarità e
dell’eventuale suscettibilità di rapida obsolescenza economica o tecnologica
degli stessi, dei tempi presumibilmente necessari per addivenire alla cessione
e degli effetti che tale tempistica potrebbe generare sull’attuazione del
programma di liquidazione;

– verifica delle valutazioni medie del mercato
dell’usato desumibili da riviste od altre fonti specializzate o fornite
direttamente da aziende rivenditrici o dai rispettivi fornitori;

– controllo dei saldi di apertura sulle carte di
lavoro del periodo precedente;

– esame della documentazione a supporto per gli
incrementi di periodo e prospettive di recupero delle attività;

– controllo degli storni contabili effettuati
nell’esercizio.

Immobilizzazioni finanziarie ed attività finanziarie
ricomprese nell’attivo circolante:

– verifica dell’effettiva titolarità delle
partecipazioni detenute sulla base delle risultanze di visure camerali ed
eventuali atti notarili;

– verifica dell’inesistenza di vincoli o gravami sulle
partecipazioni detenute che ne impediscano o limitino l’alienabilità o
l’esercizio dei relativi diritti (es. sussistenza di patti parasociali, diritti
di prelazione e/o gradimento, opzioni di acquisto, etc.);

– esame del prezzo medio di mercato riscontrabile
dalle quotazioni ufficiali, almeno per gli ultimi sei mesi, relative alle
partecipazioni detenute in società quotate nei mercati regolamentati;

– analisi preliminare del valore attribuibile a
ciascuna partecipazione sulla base del metodo del patrimonio netto risultante
dall’ultimo bilancio regolarmente approvato;

– esame delle eventuali perizie di stima aventi ad
oggetto i principali asset patrimoniali delle singole società partecipate (con
particolare riguardo a quelle immobiliari o costituite per la realizzazione di
singole iniziative di sviluppo immobiliare);

– verifica della congruità della quantificazione
eventualmente operata nel ricorso in relazione all’attivo realizzabile a titolo
di corrispettivo in conseguenza della prevista realizzazione di operazioni
straordinarie o di cessione diretta delle partecipazioni detenute (con
particolare riguardo alla valutazione operata a titolo di avviamento);

– verifica della corretta quantificazione dei
crediti intercompany e del relativo presunto valore di realizzo indicato nel
ricorso;

– verifica delle quotazioni ufficiali medie di
mercato degli eventuali titoli di stato od obbligazionari detenuti
dall’azienda;

– verifica della documentazione disponibile presso
l’azienda o da acquisire direttamente dalle emittenti relativamente alle
eventuali ulteriori attività finanziarie non immobilizzate detenute
dall’azienda medesima.

 

Rimanenze

 

Giacenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e
di merci, di prodotti in corso di lavorazione e di prodotti finiti:

– esame delle procedure di inventariazione adottate
e dell’inventario analitico redatto a quantità e a valori, verifica
dell’effettiva consistenza fisica e della corrispondenza con le risultanze
contabili (da effettuarsi su un campione sufficientemente rappresentativo);

– appuramento della effettiva titolarità e della
disponibilità, nonché della inesistenza di vincoli o gravami che ne impediscano
o limitino l’alienabilità o la concessione in godimento (es. sussistenza di
clausole di acquisto con riserva della proprietà, di contratti estimatori o di
fornitura in conto vendita, di diritti di prelazione o opzioni di acquisto,
etc.);

– analisi generale delle condizioni dello specifico
mercato di riferimento delle rimanenze che saranno oggetto di alienazione a
terzi, tenuto conto dell’eventuale suscettibilità di rapida obsolescenza
economica o tecnologica delle stesse, degli sconti applicati in particolari
periodi dell’anno, dei tempi presumibilmente necessari per addivenire alla
cessione e degli effetti che tale tempistica potrebbe generare sull’attuazione
del programma di liquidazione;

– verifica della congruità (ragionevolezza/prudenza)
della quantificazione operata nel ricorso in relazione all’attivo realizzabile
dalla vendita delle rimanenze.

 

Lavori in corso di ordinazione:

– verifica dei contratti sottostanti le singole
commesse su ordinazione (es. contratti di appalto ed eventuali integrazioni
contrattuali), dei relativi stati di avanzamento approvati dal committente,
degli anticipi ricevuti, nonché della metodologia di valorizzazione impiegata;

– verifica circa l’inesistenza di specifici elementi
di natura tecnica o regolamentare che possano compromettere l’ultimazione di
singole commesse o aggravarne il costo o i tempi di realizzazione (es. scadenza
di concessioni edilizie, variazioni di piani regolatori o delle superfici
edificatorie, sussistenza di vincoli storici e paesaggistici, etc.);

– verifica dell’effettiva possibilità e della
convenienza economica di ultimare i lavori in corso su ordinazione, direttamente
da parte dell’azienda ovvero demandando a soggetti terzi la prosecuzione
(laddove tale ipotesi sia ovviamente contemplata nel ricorso);

– verifica della congruità (ragionevolezza/prudenza)
della quantificazione operata nel ricorso in merito all’attivo realizzabile
dalla cessione o dall’ultimazione delle commesse in corso.

 

Crediti

 

Crediti tributari e verso Istituti di previdenza e
di sicurezza sociale:

– verifica della corrispondenza dei saldi sulla base
delle risultanze delle dichiarazioni fiscali, dei modelli di pagamento e dei
registri obbligatori;

– verifica, eventualmente avvalendosi dei servizi di
consultazione accessibili per il tramite del cosiddetto “cassetto
fiscale”, del corretto adempimento delle obbligazioni tributarie;

– verifica, presso il Concessionario del servizio di
riscossione, presso l’Agenzia delle Entrate o presso gli altri Enti
Previdenziali interessati, dell’eventuale esistenza di debiti pregressi o di
carichi o accertamenti pendenti che possano limitare o compromettere la realizzazione
dei crediti vantati;

– verifica del presunto valore di realizzo, indicato
nel ricorso, e dei tempi a tal fine previsti, da eseguirsi anche in funzione
della eventuale utilizzabilità in compensazione con contrapposte posizioni
debitorie, ovvero della possibilità di ottenere, in tutto o in parte, il
rimborso o lo smobilizzo mediante cessione a società specializzate;

– verifica della congruità (ragionevolezza/prudenza)
dell’eventuale attribuzione, in sede di ricorso, di un valore di realizzo dei
crediti per imposte anticipate in considerazione della continuazione
dell’attività aziendale prevista e della sua prospettata capacità di generare
utili futuri non imponibili proprio per effetto di detti crediti.

 

Crediti commerciali ed altri crediti:

– verifica della quadratura del partitario clienti
(al netto delle eventuali posizioni debitorie nei confronti di clienti
medesimi) con la situazione patrimoniale aggiornata allegata al ricorso, nonché
del dettaglio degli altri crediti compresi nell’attivo circolante;

– circolarizzazione di un campione significativo di
posizioni creditorie mediante la richiesta di conferma del credito stesso ai
diretti interessati e successiva analisi delle risposte pervenute;

– verifica, con riguardo ai crediti verso clienti
che siano stati oggetto di anticipazione da parte di Istituti bancari,
dell’avvenuta cessione dei crediti stessi in favore di quest’ultimi e del
corretto perfezionamento delle cessioni medesime;

– verifica in merito all’effettiva esigibilità dei
crediti infragruppo per il tramite dell’espressa richiesta di conferma del
credito, dell’ottenimento della riconciliazione dei rapporti di dare/avere,
delle compensazioni effettuate e dell’ulteriore documentazione a supporto;

– verifica della congruità (ragionevolezza/prudenza)
della quantificazione operata nel ricorso in relazione all’attivo realizzabile
dalla riscossione dei crediti mediante un’analisi dettagliata degli stessi che
tenga conto dell’ageing, della storia e dell’attualità del rapporto con
l’azienda, delle informazioni sulla solvibilità, anche alla luce delle notizie
desumibili dal Registro delle Imprese e da eventuali riscontri effettivi sul
rispetto di piani di dilazione e/o di rientro concessi o concordati, delle
eventuali contestazioni pendenti, di contrapposte posizioni debitorie
eccepibili in compensazione e delle specifiche relazioni al riguardo
predisposte dai legali incaricati del relativo recupero.

 

Disponibilità liquide:

– verifica dei saldi in conformità con l’effettiva
consistenza fisica presso la cassa sociale e con gli estratti conto bancari e
postali, riconciliati con le risultanze delle corrispondenti schedi contabili.

 

2. Le attività di indagine da porre in essere in
merito alle più comuni poste del passivo

 

Verifiche in merito alle principali poste del
passivo Trattamento di fine rapporto:

– verifica della completa esposizione in bilancio
alla chiusura dell’esercizio;

– verifica della corretta esecuzione e registrazione
delle operazioni effettuate nell’esercizio;

– verifica della corretta esposizione in bilancio a
fine periodo e dei movimenti intervenuti nel medesimo con contestuale verifica
dell’uniformità di applicazione dei principi contabili rispetto all’esercizio
precedente.

 

Debiti verso dipendenti:

– verifica dei rapporti di lavoro dipendente in
essere, della corretta applicazione del trattamento economico spettante in
forza degli istituti contrattuali di settore;

– verifica, da eseguirsi anche con metodologie di
campionamento ponderato e sulla base dei conteggi e della documentazione messa
a disposizione del consulente del lavoro dell’azienda, della quantificazione
operata in sede di ricorso circa il debito complessivo nei confronti del
personale dipendente per salari e stipendi da corrispondere, rimborsi spese,
indennità di mancato preavviso, ratei relativi a mensilità aggiuntive, ferie e
permessi non goduti ed eventuali altri oneri a carico in conseguenza
dell’accesso a procedure di mobilità o all’istituto della Cassa Integrazione
Guadagni straordinaria o in deroga.

 

Debiti verso Istituti di credito ed altri
finanziatori:

– analisi delle risultanze dell’elaborato della
Centrale dei rischi della Banca d’Italia;

– verifica della quantificazione e dell’eventuale
riconoscimento di specifiche cause di prelazione operato in sede di ricorso sui
debiti per capitale ed interessi mediante, ad esempio, l’analisi dei

singoli contratti di mutuo o di finanziamento, dei
contratti di conto corrente e degli affidamenti in essere, delle eventuali
garanzie prestate dall’azienda, delle relative condizioni contrattuali e
dell’effettiva corretta applicazione delle stesse, delle riconciliazioni con le
scritture contabili, etc.

 

Debiti verso fornitori:

– verifica della quadratura del partitario con la
situazione patrimoniale aggiornata allegata al ricorso;

– circolarizzazione di un campione significativo di
posizione debitorie mediante richiesta esplicita di conferma del debito ai
diretti interessati, successiva analisi delle risposte pervenute ed
effettuazione di procedure di verifica alternative nei confronti dei fornitori
che non hanno fornito un adeguato riscontro;

– verifica della corretta registrazione delle
fatture da ricevere e note di credito da emettere;

– verifica su un campione sufficientemente
rappresentativo della documentazione a supporto del riconoscimento o meno della
natura privilegiata di alcuni debiti;

– ricerca di informazioni circa le azioni intraprese
per il recupero del credito attivate da singoli fornitori.

 

Debiti tributari e verso Istituti di previdenza e di
sicurezza sociale:

– verifica della corrispondenza dei relativi saldi
sulla base delle risultanze delle dichiarazioni telematiche, dei modelli di
pagamento, dei registri obbligatori e dell’assistenza del consulente del lavoro
dell’azienda;

– verifica del corretto adempimento delle
obbligazioni tributarie e di natura previdenziale;

– verifica presso il Concessionario del servizio di
riscossione, l’Agenzia delle entrate e gli enti previdenziali direttamente
interessati in merito all’eventuale sussistenza di debiti pregressi o di carichi
o accertamenti pendenti;

– richiesta all’organo amministrativo del rilascio
di documentazione che attesti l’assenza di verifiche o accertamenti fiscali in
corso o da parte di altri enti previdenziali (ulteriori a quelli già noti);

– verifica della quantificazione operata nel
ricorso, con particolare riguardo anche alla stima degli interessi e delle
sanzioni, nonché all’eventuale previsione ivi operata circa l’esito dei
contenziosi in essere (NOTA 16).

 

Altri debiti:

– richiesta all’organo amministrativo di
documentazione che attesti l’assenza di garanzie reali o fideiussorie a favore
di terzi;

– disamina dei verbali delle delibere degli organi
sociali e verifica della quantificazione operata nel ricorso sui debiti per i
residui compensi da corrispondere in favore dei componenti gli organi
amministrativi e di controllo;

– verifica della quantificazione operata nel ricorso
in merito ai debiti intercompany per il tramite dell’espressa richiesta di
conferma del credito, dell’ottenimento della riconciliazione dei rapporti di
debitori/creditori, delle compensazioni effettuate e dell’ulteriore
documentazione a supporto;

– verifica della quantificazione operata nel ricorso
in merito ad eventuali debiti per acconti o caparre ricevuti da clienti per il
tramite dell’espressa richiesta di conferma del credito, ovvero dell’analisi
dei contratti in essere col riscontro effettivo dei pagamenti intervenuti.

 

Allegato 2

Le attestazioni
speciali di cui agli artt. 182-QUINQUIES
e 186-bis l.f. (cenni)

 

1. L’oggetto delle attestazioni speciali

 

L’art.
182-quinquies, comma 1, l.f. stabilisce che, se l’impresa debitrice,
nell’ambito di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei
debiti ex art. 182-bis l.f.)
richiede l’autorizzazione a contrarre nuovi finanziamenti, un professionista in
possesso dei requisiti di cui all’art.
67, comma 3, lett. d), l.f. deve verificare il fabbisogno finanziario
dell’impresa fino alla omologazione e attestare che tali finanziamenti sono
funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori.

Inoltre, ai sensi dell’art. 182-quinquies, comma 4 l.f.,
il debitore può chiedere al Tribunale l’autorizzazione al pagamento di crediti
anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista attesta che
tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e
funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.

Nel caso di concordato preventivo con continuità
aziendale, quando cioè il piano di concordato preveda la prosecuzione
dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in
esercizio, ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più
società, anche di nuova costituzione, un professionista, ai sensi dell’art. 186-bis, comma 2, lett. b) l.f.
deve attestare che la prosecuzione dell’attività d’impresa prevista nel piano
di concordato è funzionale al migliore soddisfacimento dei creditori.

Sempre nel caso di concordato con continuità
aziendale, in presenza di contratti stipulati con la pubblica amministrazione,
un professionista, ai sensi dell’art.
186-bis, comma 3 l.f., deve attestare che la prosecuzione di detti
contratti è conforme al Piano e vi è una ragionevole capacità del loro
adempimento da parte dell’impresa debitrice. Infine, ai sensi dell’art. 186-bis, comma 4 l.f., qualora
l’imprenditore ammesso alla procedura di concordato preventivo con continuità
aziendale intenda partecipare a gare per l’assegnazione di contratti pubblici,
tale partecipazione è condizionata all’ulteriore attestazione che essa è
conforme al Piano e che sussiste una ragionevole capacità dell’impresa ad adempiere
il contratto alla cui assegnazione questa intende partecipare.

 

2. Le verifiche nel caso di richiesta di nuovi
finanziamenti

 

L’accertamento richiesto all’ Attestatore, al fine
della contrazione di nuovi finanziamenti comporta:

i. la verifica del fabbisogno finanziario
dell’impresa fino alla omologazione, la quale rende necessaria l’elaborazione
(da parte dell’impresa debitrice) di un piano finanziario e quindi di un piano
economico, da porre a fondamento delle previsioni finanziarie, posto che le manifestazioni
monetarie costituite da entrate e uscite di denaro (derivanti dal realizzo di
crediti, pagamento dei debiti, ecc.) discendono, in genere, o sono comunque
connesse a eventi di tipo economico (vendita di beni e servizi, acquisto di
fattori produttivi costituiti da beni e servizi, sostenimento di oneri
finanziari e fiscali, ecc.);

ii. l’esame del piano economico e del piano
finanziario predisposti dall’impresa, al fine di accertarne l’affidabilità e la
determinazione del suddetto fabbisogno finanziario;

iii. la conseguente verifica della corrispondenza
dei nuovi finanziamenti richiesti dall’impresa al fabbisogno finanziario della
stessa;

iv. l’accertamento della idoneità e della
strumentalità delle azioni che l’impresa intende porre in essere e della
conseguente acquisizione dei predetti finanziamenti a conseguire la miglior
soddisfazione dei creditori, rispetto alla quale l’acquisizione di nuova
finanza deve essere legata da un nesso di funzionalità, cioè da un rapporto di
“causa-effetto”, nel senso che tale miglior soddisfazione non può
essere realizzata in assenza dell’erogazione di nuova finanza.

 

3. Il giudizio richiesto all’Attestatore

 

La verifica dell’Attestatore richiede pertanto,
nella sua fase conclusiva, un confronto tra i vantaggi generabili dalla
continuazione dell’attività da parte dell’impresa (ai fini della quale i nuovi
finanziamenti vengono richiesti) e quelli che potrebbero essere altrimenti
prodotti da condotte alternativamente attuabili dalla stessa. In altri termini,
l’Attestatore deve comparare la misura del soddisfacimento derivante dalla
soluzione proposta con quella che potrebbe derivare da soluzioni alternative,
altrimenti adottabili anche in assenza di nuova finanza, quali ad esempio, la
cessione immediata dell’azienda o la liquidazione per stralcio dei singoli
beni. Nell’esprimere il giudizio di funzionalità della prosecuzione
dell’attività prevista nel piano di concordato al miglior soddisfacimento dei
creditori, l’Attestatore deve tenere in considerazione la circostanza che tale
prosecuzione comporta il mantenimento, a sostegno della continuità, di risorse
patrimoniali e finanziare che sono, come tali, sottratte alla disponibilità dei
creditori anteriori. Ciò è consentito se l’Attestatore esprime il convincimento
che la destinazione di quelle risorse ai creditori pregressi, ove anche fosse
possibile in assenza di continuità aziendale, non ne migliorerebbe il grado di
soddisfazione.

 

4. Il momento del rilascio dell’attestazione
riguardo alla richiesta di nuovi finanziamenti

 

La suddetta attività può essere compiutamente e
agevolmente svolta da parte dell’Attestatore quando il Piano è stato
predisposto nella sua interezza, mostrando sia il risultato economico sia
quello finanziario ottenibili mediante la sua attuazione. Tuttavia, essa è
consentita anche in un momento anteriore a quello del completamento del Piano,
ove l’Attestatore disponga comunque della conoscenza delle linee guida del
Piano (intenzioni strategiche) e l’impresa presenti un elaborato
(sostanzialmente un piano economico-finanziario parziale) da cui risultino i
benefici ritraibili dalla contrazione di nuovi finanziamenti e le informazioni
disponibili consentano di eseguire la necessaria analisi comparativa.

È del resto lo stesso art. 182-quinquies l.f. che prevede
(comma 1) la possibilità dell’impresa debitrice di acquisire nuovi
finanziamenti anche nell’ipotesi in cui non risultino ancora perfettamente
definiti un piano e una strategia, poiché l’accensione di tali finanziamenti è
consentita (anche) al debitore che abbia presentato una domanda di ammissione
al concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6 l.f., e
quindi (anche) al debitore che abbia depositato la c.d. domanda in bianco senza
proposta e piano a corredo (si veda tuttavia quanto precisato infra, § 8.6.).

 

4.1. Il necessario esame di un piano finanziario
“di periodo”

La verifica del complessivo fabbisogno finanziario
dell’impresa sino alla omologazione (del concordato o dell’accordo di
ristrutturazione dei debiti), espressamente prevista dall’art. 182- quinquies
l.f., richiede, in ogni caso, che l’Attestatore disponga di un piano
finanziario, il quale non può non presupporre anche l’elaborazione di un
corrispondente piano economico, riferito a un periodo temporale che si estenda
almeno sino alla presumibile data dell’omologazione.

 

4.2. La verifica sulla veridicità dei dati aziendali

Ancorché non sia richiesto un giudizio sulla
veridicità dei dati aziendali, dato che il rilascio delle attestazioni ex art.
182-quinquies avviene normalmente mentre sono in corso le verifiche relative è
prassi che l’attestazione 182-quinquies sia accompagnata da una negative
assurance sulla mancata emersione, fino a quel momento, di elementi che
inducano a dubitare circa la correttezza e l’affidabilità delle
rappresentazioni contabili dei fatti di gestione.

 

5. La strumentalità dei nuovi finanziamenti rispetto
al miglior soddisfacimento dei creditori — nell’ipotesi di richiesta di nuovi
finanziamenti

 

La prosecuzione dell’attività d’impresa richiede in
genere l’acquisizione di nuovi finanziamenti, poiché in assenza di essi
l’impresa debitrice si trova il più delle volte nell’impossibilità di
provvedere al regolare pagamento dei debiti contratti per la gestione corrente
e di acquistare i fattori produttivi necessari per proseguire l’attività.
Tuttavia, la norma stabilisce che i nuovi finanziamenti risultino funzionali
alla miglior soddisfazione dei creditori e non alla mera continuazione
dell’attività d’impresa, la quale è a sua volta strumentale a tale miglior
soddisfazione. L’Attestatore deve quindi chiedersi se l’acquisizione di nuova
finanza funzionale alla prosecuzione dell’attività sia in sé utile, in quanto atta
a consentire, oltre alla continuazione dell’attività, una miglior soddisfazione
dei creditori.

Relativamente al termine di confronto rispetto al
quale l’Attestatore deve formulare il richiesto giudizio di comparazione
quantitativa, è ragionevole ritenere che esso consista, di norma,
nell’alternativa della liquidazione fallimentare. Né sembra prospettabile un
giudizio comparativo rispetto ad altre ipotesi di composizione della crisi
(quali ipotesi liquidatorie concordate con i creditori o altre ipotesi di
continuità aziendale) su basi diverse rispetto a quelle risultanti dal piano
concordatario, posto che l’Attestatore è chiamato a conoscere della sola
ipotesi di concordato con continuità che gli viene sottoposta, da confrontare
con l’alternativa della discontinuità e quindi della liquidazione,
verosimilmente – anche se non necessariamente – atomistica, dell’impresa.

Quanto all’alternativa eventualmente praticabile
dell’accesso all’amministrazione straordinaria, se per un verso tale procedura
consente la prosecuzione dell’attività in funzione della dismissione di rami
aziendali, per contro, essa comporta la necessità di privilegiare la
conservazione dell’impresa, da perseguirsi primariamente e dunque anche in
pregiudizio dell’interesse eventualmente confliggente dei creditori, tenendo
conto del superiore interesse collettivo della salvaguardia dell’attività
produttiva e dei livelli occupazionali.

La prospettiva dell’Amministrazione Straordinaria
appare diversa rispetto a quella del concordato preventivo in continuità: in
quest’ultimo la continuità è subordinata alla miglior soddisfazione dei
creditori, mentre nell’amministrazione straordinaria è tutelata anche a
discapito dell’interesse dei creditori pregressi. Il che impedisce di ritenere
i due strumenti alternativi tra loro comparabili, e ciò prima ancora della
constatazione della impossibilità concreta di costruzione di un parametro
comparativo ai fini dell’espressione del giudizio in oggetto, in quanto, anche
se l’amministrazione straordinaria riproduce una situazione affine in termini
di sottrazione di risorse ai creditori per destinarle alla continuità, in essa
non è dato conoscere ex ante l’ammontare di tali risorse.

a) I casi in cui tale strumentalità sussiste

La strumentalità di cui sopra sussiste ogni
qualvolta, in virtù della continuazione dell’attività:

– si generi un reddito positivo e, quindi, un
conseguente incremento del valore del patrimonio aziendale tanto contabile
quanto di realizzo, poiché la produzione di un reddito si traduce inevitabilmente
nell’aumento del valore dell’attivo e/o nella diminuzione del passivo e spesso
origina anche un incremento indiretto del valore del patrimonio (per effetto,
ad esempio, dall’aumento del valore dell’avviamento generato dal maggior
reddito prodotto). A conclusioni non dissimili si deve pervenire anche quando,
pur non essendo positivo il risultato netto di bilancio, sia tale il risultato
di bilancio al lordo degli ammortamenti (tenuto conto del relativo effetto
fiscale), atteso che anche in questa ipotesi si verifica un incremento del
valore di realizzo dell’attivo maggiore dell’incremento del valore dei debiti;

– pur generandosi una perdita e non un reddito
positivo, (i) il patrimonio aziendale, pur non registrando un incremento di
valore, in virtù della prosecuzione dell’attività non subisca una riduzione,
non tanto con riguardo al suo valore contabile (che in presenza di una perdita
si riduce inevitabilmente), quanto in termini di valore realizzabile e (quindi)
destinabile ai creditori, ovvero (ii) pur producendosi la riduzione di
quest’ultimo valore, essa sia inferiore a quella che si genererebbe in assenza
della continuazione dell’attività. Ciò accade, ad esempio, se grazie alla
prosecuzione dell’attività, pur in presenza di una perdita, si evita l’annullamento
o la riduzione del valore di alcuni elementi patrimoniali attivi: naturalmente
la continuazione dell’attività risulta conveniente ogniqualvolta l’entità della
riduzione di valore di tali asset evitata grazie a essa sia superiore a quella
della perdita da essa stessa generata;

– in sintesi, in ogni caso in cui, mediante nuova
finanza, i creditori siano destinatari di un soddisfacimento superiore a quello
proponibile in base a un Piano che escluda la prosecuzione dell’attività, ferma
restando l’inammissibilità della comparazione con un piano liquidatorio non
proposto dal debitore.

b) I casi in cui tale strumentalità non sussiste

La strumentalità di cui sopra non sussiste ogni
qualvolta dalla prosecuzione dell’attività d’impresa derivi una perdita e il valore
di realizzo del patrimonio aziendale subisca una riduzione superiore a quella
che si genererebbe in caso di cessazione dell’attività.

 

5.1. Gli ulteriori fattori che l’Attestatore deve
considerare ai fini del proprio giudizio

Nel predetto confronto l’Attestatore deve
considerare anche gli oneri che possono manifestarsi in caso di interruzione
dell’attività, quali ad esempio quelli costituiti da indennizzi per eventuali
inadempimenti contrattuali che si renderebbero dovuti. Il presumibile valore di
questi oneri si aggiunge alle riduzioni patrimoniali evitabili grazie alla
prosecuzione dell’attività e l’ammontare risultante dalla loro somma va
comparato con la perdita generabile nella prosecuzione. Sono invece da
considerare ininfluenti i costi presenti in entrambe le ipotesi, quali gli
oneri discendenti dalla cessazione di rapporti di lavoro, dovuti alla riduzione
del personale conseguente a un ridimensionamento produttivo o alla
riorganizzazione della produzione, posto che essi si manifestano tanto a seguito
della prosecuzione quanto della interruzione dell’attività (salvo considerarli
solo per il diverso ammontare per il quale si manifestino in un caso o
nell’altro).

 

5.2. La verifica della strumentalità dei nuovi
finanziamenti rispetto al miglior soddisfacimento dei creditori in caso di
mancata omologazione del concordato e dell’accordo di ristrutturazione dei
debiti

Occorre infine che l’Attestatore verifichi se, in
assenza dell’approvazione e/o dell’omologazione del concordato o dell’accordo
di ristrutturazione dei debiti, la prosecuzione dell’attività e la contrazione
di nuovi finanziamenti consentano comunque una miglior soddisfazione dei
creditori. Occorre cioè verificare se (trascorsi alcuni mesi, subite possibili
perdite e insorti nuovi debiti) tale migliore soddisfazione dei creditori possa
comunque avere luogo nonostante la mancata approvazione e/o omologazione del
concordato e la conseguente cessazione dell’attività o se, invece, si
verifichi, in tale ipotesi, una situazione analoga, o addirittura deteriore,
rispetto a quella che si manifesterebbe in assenza della prosecuzione
dell’attività. Solo se i nuovi finanziamenti risultano funzionali alla miglior
soddisfazione dei creditori non solo con riguardo al caso in cui la proposta di
concordato (o di accordo ex art.
182-bis) venga approvata, ma anche con riguardo al caso in cui essa venga
rigettata, la loro acquisizione può essere ritenuta comunque utile e quindi
autorizzata.

 

6. L’estensione alle altre attestazioni speciali

 

Indicazioni analoghe devono essere applicate,
mutatis mutandis, ai fini delle altre attestazioni “speciali”
summenzionate, nonché all’attestazione prevista dall’art. 186-bis, comma 2, lett. b) l.f.
avente ad oggetto l’attitudine della prosecuzione dell’attività d’impresa
prevista dal piano di concordato al fine del miglior soddisfacimento dei
creditori. Relativamente a queste attestazioni occorre considerare l’esigenza
di una maggior completezza delle informazioni di cui l’Attestatore ha bisogno
per l’espletamento del compito. In particolare, con riguardo alla attestazione
concernente l’autorizzazione a pagare “fuori concorso” crediti
anteriori, la valutazione della legittimità del pagamento oggetto di
autorizzazione presupporrebbe la conoscenza dell’entità del soddisfacimento dei
crediti di pari rango o classe e conseguentemente può essere eseguita se
l’Attestatore ha cognizione del contenuto della proposta concordataria e quindi
del Piano. Il principio non è condiviso dalla più parte degli autori e da una
parte della giurisprudenza. Nonostante vi sia chi abbia visto nella norma una
deroga alla par condicio, si ritiene che l’autorizzazione de qua riguardi solo
il momento temporale in cui il pagamento viene effettuato, ma non l’importo del
pagamento, che non è necessariamente integrale ed è conseguente al trattamento
previsto per i crediti o per la classe di crediti omogenei a quelli oggetto
dell’autorizzazione.

Con riguardo all’attestazione concernente
l’autorizzazione relativa a contratti stipulati o da stipulare con la pubblica
amministrazione, il professionista incaricato deve verificare e, nel caso,
attestare sia che la stipula dei contratti di cui trattasi non contrasta con il
(ed è quindi conforme al) Piano, sia la ragionevole capacità dell’impresa
debitrice ad adempiere il contratto; pertanto tale verifica richiede l’esame, e
dunque la disponibilità, di un piano economico e finanziario completo.

 

Allegato 3

L’attestazione ex art. 182-ter l.f.

 

1. L’oggetto dell’attestazione ex art. 182-ter l.f.

 

L’art.
182-ter l.f., come modificato dalla legge di stabilità 2017, disciplina in
via esclusiva l’istituto del trattamento dei crediti tributari e contributivi e
mira a realizzare, anche nei rapporti tra amministrazione finanziaria e
contribuenti, il raggiungimento di accordi negoziali di tipo remissorio o
dilatorio, in seno alla regolazione concordata della crisi di impresa. In
conseguenza di tali modifiche, l’istituto ha perso la propria unitarietà per
divenire, nell’ambito del concordato preventivo, un procedimento
endoconcorsuale volto a disciplinare, in modo esclusivo, il trattamento dei
crediti tributari e dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di
previdenza e assistenza obbligatorie, nonché le modalità procedimentali per
consentire ai debitori istanti di comunicare la volontà di soddisfare i crediti
erariali e previdenziali in maniera parziale o postergata, e ai destinatari
dell’istanza di quantificare il proprio credito.

Permane, invece, una certa autonomia degli uffici
nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti ove, coerentemente con
la natura di tali strumenti, il consenso dell’amministrazione finanziaria e
degli enti previdenziali deve essere deliberato e manifestato mediante
sottoscrizione dell’atto negoziale da parte del direttore dell’ufficio e
dell’agente della riscossione.

 

2. Il giudizio richiesto all’Attestatore nel caso di
istanza di trattamento presentata nell’ambito di un concordato preventivo

 

Il comma 1 dell’art. 182-ter l.f. prevede che, con
il piano di cui all’art. 160
l.f., il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato,
dei crediti tributari e contributivi se il Piano ne prevede la soddisfazione in
misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione
preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore
di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di
prelazione, così come indicato nella relazione di un professionista in possesso
dei requisiti di cui all’art.
67, comma 3, lett. d) l.f.. Il secondo periodo sempre del comma 1 prevede,
poi, l’obbligo per il debitore di offrire percentuali, tempi di pagamento ed
eventuali garanzie non inferiori o meno vantaggiose rispetto a quelle offerte
ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno
una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle Agenzie
fiscali e degli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie.

Parimenti a quanto già previsto per la generalità
dei crediti privilegiati e in coerenza con gli indirizzi interpretativi della
CGUE, la condizione per il pagamento parziale o dilazionato dei crediti
tributari o previdenziali privilegiati (compresi IVA e ritenute) è, quindi,
costituita dall’oggettiva incapienza del valore di realizzo attribuibile ai
beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, come quantificato ed
attestato da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), l.f.

Il testo dell’art. 182-ter l.f., quindi,
nell’ammettere la falcidiabilità dei crediti tributari, ha testualmente
rinviato al piano di cui all’art.
160 l.f. ponendo, come condizione indefettibile, la sussistenza di una
relazione di stima del tutto analoga a quella prevista dal citato art. 160 per l’ipotesi di
incapienza dell’attivo rispetto alla massa dei creditori muniti di una causa di
prelazione.

In particolare, al fine di consentire il pagamento
parziale del debito tributario, l’art.
182-ter l.f. richiede il rilascio di una attestazione resa da un
professionista (in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, comma 3, lett. d) l.f.)
da cui emerga, all’esito della comparazione tra il pagamento proposto con la
domanda di concordato e la soddisfazione ricavabile nell’alternativa
fallimentare, che la proposta concordataria sia maggiormente satisfattiva dei
crediti tributari e previdenziali (NOTA 17).

L’art.
182-ter l.f., tuttavia, non richiede che tale attestazione sia redatta
distintamente dalla relazione a corredo del piano e della documentazione
allegata alla proposta di cui all’art. 161, comma 3 l.f., né che
le due relazioni siano redatte da due professionisti diversi (NOTA 18).

L’Attestatore potrà, pertanto, redigere un unico
documento nel quale effettuerà il confronto tra l’ipotesi concordataria e
quella liquidatoria da cui emerga che la prima soddisfa l’amministrazione
finanziaria e gli enti previdenziali in misura superiore rispetto alla seconda
(NOTA 19).

Infine, essendo venuti meno con la modifica dell’art. 182-ter gli effetti tipici del
consolidamento del debito tributario e della cessazione delle liti fiscali
pendenti derivanti dal perfezionamento della transazione fiscale, in assenza di
previsioni derogatorie espresse, deve ritenersi applicabile la disposizione
generale dettata dall’art. 176
l.f., con la conseguenza che i contenziosi in corso vertenti su pretese
tributarie proseguono sino alla decisione che statuisce definitivamente nel
merito. Compito dell’Attestatore sarà, pertanto, verificare che il debitore
abbia dato evidenza nella proposta dell’esistenza di crediti oggetto di
contestazione e che abbia previsto le modalità del relativo soddisfacimento nel
caso e nella misura in cui gli stessi risultassero dovuti tramite la
costituzione di adeguati fondi rischi (di importo pari alla percentuale di
soddisfacimento del credito contestato offerta nella proposta di concordato)
(NOTA 20), tenendo altresì conto dell’importo dell’eventuale quota privilegiata
degradata a chirografo.

Nel diverso caso in cui la proposta di transazione
dovesse avere ad oggetto anche la definizione delle controversie tributarie
pendenti, compito dell’Attestatore sarà quello di verificare che il Piano di
risanamento (o di liquidazione) preveda i pagamenti dipendenti dalla
definizione delle controversie contenuta nella transazione fiscale.

 

3. Il giudizio richiesto all’Attestatore nel caso di
istanza di trattamento presentata nell’ambito delle trattative che precedono la
stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti

 

Il pagamento dilazionato o parziale dei crediti
tributari può essere richiesto anche nell’ambito delle trattative che precedono
la stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis l.f. Pertanto, il
debitore che intenda falcidiare i crediti tributari e/o contributivi ricorrendo
a tale istituto è tenuto a presentare una proposta del tutto analoga (quanto al
trattamento da riservare a tali crediti rispetto a quello offerto agli altri
creditori aderenti di rango pari o inferiore) a quella prevista nell’ambito del
concordato preventivo.

Del pari sono sostanzialmente analoghi gli
adempimenti e le verifiche previsti a carico dell’Attestatore nel caso di
accordo di ristrutturazione rispetto a quelli richiesti nell’ipotesi di
concordato, dovendo anche in questo caso l’attestazione del professionista, per
la parte relativa ai crediti fiscali o contributivi, riguardare la convenienza
del trattamento proposto rispetto alla sola liquidazione giudiziale (NOTA 21).

Quanto alle controversie in corso, in assenza di
previsioni in ordine alla sorte delle liti fiscali pendenti, il debitore e le
Agenzie fiscali potranno negoziare, nell’ambito della transazione, la
definizione delle controversie fiscali pendenti e chiedere, poi, al giudice la
declaratoria di cessata materia del contendere (NOTA 22).

Il d.lgs. 12 gennaio
2019, n. 14 recante il Codice della crisi d’impresa ha sostanzialmente
recepito le disposizioni dei diversi commi dell’art. 182-ter l.f., con la rilevante
modifica che le norme disciplinati il trattamento dei crediti tributari e
contributivi nell’ambito del concordato sono contenute nell’art. 88 c.c.i., mentre quelle concernenti il
trattamento dei suddetti crediti nell’ambito degli accordi di ristrutturazione
dei debiti sono collocate nell’art. 63 c.c.i.

Mentre con riguardo al concordato preventivo, il
testo dell’art. 88 ricalca sostanzialmente
quello dei primi quattro commi dell’art.
182-ter, una rilevante modifica è contenuta nel comma 2 dell’art. 63, ove è previsto che l’adesione
all’accordo da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti
previdenziali deve intervenire entro novanta giorni (NOTA 23) dal deposito
della proposta di transazione. Trascorso inutilmente tale termine, a norma del
comma 5 dell’art. 48 c.c.i., gli accordi di
ristrutturazione dei debiti e i concordati (NOTA 24) saranno comunque
omologabili da parte del Tribunale al ricorrere della duplice condizione che
tale adesione risulti decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di
cui agli artt. 57, comma 1, 60 comma 1 e 109, comma 1 d.lgs. n. 14/2019,
e che la soddisfazione dei crediti tributari e previdenziali offerta
dall’impresa debitrice risulti, sulla base dell’Attestazione resa da un professionista
indipendente, più conveniente rispetto a quella derivante dall’alternativa
liquidatoria.

A differenza del Codice della crisi, la cui entrata
in vigore è stata posticipata al 1° settembre 2021 (NOTA 25), l’adesione ex
lege alle proposte di transazione fiscale e previdenziale prevista dall’art. 48, comma 5 è stata anticipata (NOTA 26) con
l’introduzione di un periodo finale nel comma 4 degli artt. 180 e 182-bis l.f., rendendo in tal modo
possibile (NOTA 27) l’omologazione del concordato preventivo e degli accordi di
ristrutturazione parte del Tribunale anche in mancanza di voto da parte
dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o
assistenza obbligatorie nel caso in cui ricorra la duplice condizione che tale
adesione sia determinate ai fini del raggiungimento delle maggioranze previste
dalla legge, e, quando, sulla base delle risultanze della relazione del
professionista la proposta di soddisfacimento dei predetti enti sia più
conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

 

Note:

(1) È assimilabile il caso della “attestazione”
richiesta dall’INPS ai sensi della circolare
38/2010.

(2)
http://www.revisionelegale.mef.gov.it/opencms/opencms/Revisione-legale.

(3) Si ritiene nel caso dei professionisti uniti in associazione
professionale sicuramente non rilevante l’eventuale assunzione di cariche non effettive.

(4) Va ricordato che la prededucibilità non si estende
all’attestazione di proposte concorrenti ai sensi dell’art. 163 l.f.

(5) Il corrispettivo è comunque dovuto ancorché il Codice della
Crisi subordini la prededuzione dei crediti professionali sorti in funzione
della domanda all’omologa dell’accordo di ristrutturazione od alla apertura del
concordato preventivo.

(6) Sul punto cfr. “CNDCEC- Commissione di Studio Crisi e
Risanamento di Impresa, Osservazioni sul contenuto delle relazioni del
professionista nella composizione negoziale della crisi di impresa”,
febbraio 2009.

(7) Anche ove l’Attestatore ritenga necessario eseguire un
inventario fisico ad una determinata data, la responsabilità della custodia e
eventuali successivi mancati rinvenimenti, rimangono nella responsabilità del
Management, in quanto custode dei beni aziendali.

(8) La dottrina ha proposto una distinzione tra cause esterne e
cause interne. Pur in assenza di una omogeneità nella catalogazione delle cause
di crisi, che sia unanimemente riconosciuta può essere utile il riferimento a
un modello sintetico di descrizione e rappresentazione.

(9) Va ricordato che l’ISAE 3400 è un riferimento per
l’Attestatore da applicarsi in quanto compatibile con la normativa nazionale.
In particolare, si ritiene non compatibile con l’art. 161, comma 3, l.f. la
previsione in base alla quale è obbligatorio esprimere una “negative
assurance” nel caso in cui prevalgano assunzione ipotetiche alla base del
piano.

(10) Emblematiche sono le parole usate dal Governatore della
Banca d’Italia nel suo incontro all’Accademia dei Lincei del 22 giugno 2020:
“Lo stato di incertezza non consente di fare previsioni non dico accurate
ma ragionevoli, procediamo per scenari possibili”.

(11) Si veda anche più sopra quanto indicato ai §§ 6.6.7 e 6.7.4.

(12) Per approfondire gli aspetti relativi al tema delle conferme
della Direzione dell’impresa si rinvia al Principio di revisione internazionale
ISA n. 580, Le attestazioni della Direzione.

(13) A titolo esemplificativo l’informativa riguarderà: il grado
di realizzazione delle ipotesi, le azioni compiute in conformità al Piano, le
azioni compiute in difformità al Piano, gli scostamenti rispetto al
cronoprogramma delle attività, previsto nel Piano.

(14) Con particolare riferimento alle analisi prodromiche al
giudizio di veridicità dei dati aziendali, esse richiedono il compimento di
“nuove” verifiche qualora il “nuovo” Piano individui (come
è normale) una diversa e successiva “data di riferimento” rispetto a
quella originariamente individuata nel vecchio Piano. Ovviamente
nell’effettuare le nuove verifiche potranno essere utilmente impiegate tutte le
informazioni già acquisite in precedenza, limitando l’analisi alle variazioni
intervenute.

(15) CNDCEC, Circolare n. 30/IR
dell’11 febbraio 2013, “Il ruolo del professionista Attestatore nella
composizione negoziale della crisi: requisiti di professionalità e indipendenza
e contenuto delle relazioni”, pag. 9.

(16) A questo proposito si precisa peraltro che ai sensi dell’art. 116, comma sedicesimo, della
Legge 388/2000 e della circolare Inps n.
88/2002, in caso di procedure concorsuali le sanzioni di natura
previdenziale possono eventualmente essere ridotte nella misura non inferiore a
quella degli interessi legali.

(17) Deve ritenersi non necessaria tale attestazione nel caso di
una proposta di trattamento dei crediti fiscali contenente solo la richiesta di
dilazione di pagamento senza stralci del credito erariale o previdenziale,
ovvero nel caso di richiesta di moratoria annuale (ex art. 186-bis, comma 2, l.f.),
ovvero di dilazione dovuta ai meri tempi tecnici necessari per la liquidazione
del bene gravato da prelazione.

(18) In tal senso anche la Circolare
n. 16/E/2018 par. 5.1.2.

(19) In tal senso anche la Circolare
n. 16/E/2018 par. 5.1.2.

(20) In tal senso anche la Circolare
n. 16/E/2018 par. 5.1.5.

(21) Il secondo periodo del comma 5 dell’art. 182-ter l.f. è stato
modificato dalla lett. c) del comma 1-bis dell’art. 3 del d.l. 7 ottobre 2020, n.
159 conv. con mod. dalla legge 27 novembre
2020, n. 159.

(22) Secondo la giurisprudenza consolidata della Suprema Corte,
la sentenza dichiarativa della cessata materia del contendere sarebbe inidonea
ad acquisire efficacia di giudicato sulla pretesa fatta valere in giudizio,
limitando la sua efficacia di giudicato al solo aspetto del venir meno
dell’interesse alla prosecuzione del processo in corso. Con la conseguenza che
la sopravvenuta risoluzione della transazione fiscale dovrebbe comportare la
“reviviscenza” non solo della pretesa originaria dell’amministrazione
finanziaria, ma anche del giudizio tributario che dovrebbe poter essere
riassunto, essendo venuto meno proprio quell’accordo transattivo che
costituisce il presupposto della sua estinzione.

(23) Termine innalzato da sessanta a novanta giorni dall’art. 9, comma 3, lett. c) d.lgs. n.
147/2020.

(24) L’inclusione anche dei concordati è dovuta all’art. 7, comma 7, lett. d) d.lgs. n.
147/2020.

(25)Ad opera del c.d. decreto liquidità (d.l. 8 aprile 2020, n. 23).

(26) Con l’aggiunta del comma 1-bis all’art. 3 del d.l. 7 ottobre 2020,
conv. con mod. dalla legge 27 novembre 2020, n.
159.

(27) Dall’entrata in vigore della legge
di conversione 27 novembre 2020, n. 159, pubblicata sulla G.U. del 3
dicembre 2020, n. 300.

Prassi – CONSIGLIO NAZIONALE DOTT COMM E ESP CON – Nota 08 gennaio 2021, n. 1
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