Spetta al giudice nazionale accertare l’eventuale estensione della tutela comunitaria in materia di insolvenza e la natura retributiva dei diritti non pagati.

 Nota a Corte di Giustizia UE 25 novembre 2020, C–799/19

Pamela Coti

Non rientra nella nozione comunitaria di “stato di insolvenza” una situazione non accertata nell’ambito di un procedimento esecutivo concorsuale, salvo che lo Stato membro estenda la normativa comunitaria anche al mero accertamento di fatto dello stato di insolvenza.

Né rientra nella nozione comunitaria di “diritti non pagati” ai lavoratori, garantiti in caso d’insolvenza del datore di lavoro, il danno morale subito a causa di un infortunio sul lavoro, salvo che il diritto nazionale introduca anche tale elemento nella nozione di retribuzione.

Questa, l’interpretazione della Corte di Giustizia UE 25 novembre 2020, C-799/19 in relazione al caso di un lavoratore slovacco deceduto a causa di un infortunio sul lavoro, i cui eredi avevano chiesto all’Istituto di garanzia dei “diritti non pagati” dei lavoratori, nell’insolvenza del datore di lavoro accertata in una procedura esecutiva individuale, anche il risarcimento del danno morale subito in conseguenza della morte del proprio congiunto.

Sulla questione la Corte precisa che:

  1. Ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, della Direttiva 2008/94 affinché un datore di lavoro sia considerato in stato di insolvenza devono sussistere due condizioni: la richiesta di apertura di un procedimento concorsuale fondato sull’insolvenza del datore di lavoro nonché l’accertamento della chiusura definitiva dell’impresa in caso di insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura di un procedimento siffatto. Poiché le due condizioni devono essere soddisfatte cumulativamente, “la circostanza che, in assenza di apertura di un procedimento concorsuale fondato sull’insolvenza del datore di lavoro, un credito sia stato dichiarato irrecuperabile a causa dell’insolvenza di fatto di tale datore di lavoro non può bastare di per sé a giustificare l’applicazione di detta direttiva sul fondamento di tale disposizione.”  Ne consegue che “un datore di lavoro non può essere considerato in “stato di insolvenza” qualora sia stato oggetto di una domanda di apertura di un procedimento esecutivo a titolo di un diritto a risarcimento, riconosciuto da una decisione giudiziaria, ma il credito sia stato dichiarato irrecuperabile nell’ambito dell’esecuzione a causa dell’insolvenza di fatto di tale datore di lavoro. Spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare se, conformemente all’art. 2, paragrafo 4, della medesima Direttiva, lo Stato membro interessato abbia deciso di estendere la tutela dei lavoratori subordinati prevista da detta Direttiva a una simile situazione di insolvenza, stabilita mediante procedure diverse da quelle menzionate in detto art. 2, paragrafo 1, previste dal diritto nazionale.”
  2. “Un’indennità dovuta da un datore di lavoro ai superstiti a titolo del danno morale subìto a seguito del decesso di un dipendente dopo un infortunio sul lavoro può essere considerata come “diritto dei lavoratori subordinati, derivante da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro”, ai sensi dell’art. 1, paragrafo 1, e dell’art. 3 di tale Direttiva, solo qualora essa rientri nella nozione di “retribuzione”, come definita dal diritto nazionale (nella fattispecie il diritto slovacco), ciò che spetta al giudice nazionale determinare.”
Stato di insolvenza del datore di lavoro e “diritti non pagati” ai lavoratori
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