Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 dicembre 2020, n. 28219
Indennità per il personale della manutenzione dei rotabili,
Differenze retributive, lnterpretazione dell’accordo collettivo, Alcuna
distinzione tra mansioni di tipo operaio e di tipo impiegatizio, Generico
riferimento al “personale della manutenzione”, Valenza chiara dell’espressione
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Milano, con sentenza del
18.3.2016, respingeva il gravame proposto dalla s.p.a. T. avverso la decisione
del Tribunale milanese, che, in accoglimento delle domande proposte da C. L. F.
e da F. P., aveva riconosciuto il diritto degli stessi all’indennità per il
personale della manutenzione dei rotabili di cui all’accordo del 23.6.2005,
condannando la società a versare € 3840,000 a titolo di differenze retributive
pretese, ed aveva rigettato la domanda riconvenzionale intesa alla restituzione
delle somme erogate ai lavoratori fino alla data dell’1.10.2009;
2. la Corte distrettuale osservava che non era
contestato che gli appellati svolgessero attività di manutenzione in ambito
RSMS (Rolling Stock Managment System), emettendo ordini di lavoro, creando
commesse di lavoro, verificando a sistema le scadenze manutentive della flotta
[TR 500, controllando, poi, la corretta chiusura degli ordini di lavoro e la
congruenza delle scadenze manutentive con i sistemi di esercizio, e che tali
mansioni venissero svolte dai lavoratori su turni avvicendati sulle
ventiquattro ore, cd. turni di terza;
3. riteneva corretta l’interpretazione dell’accordo
del 23.6.2005 fornita dal giudice di primo grado, secondo cui non vi era alcuna
distinzione tra mansioni di tipo operaio e di tipo impiegatizio, facendo
l’accordo genericamente riferimento al “personale della
manutenzione”, con locuzione idonea a ricomprendere entrambe le tipologie
di lavoratori; confutava la tesi dell’appellante società secondo cui l’accordo si riferiva
all’attività manutentiva in senso stretto, essendo stato rispettato dal
Tribunale il criterio interpretativo letterale di cui all’art. 1362 c.c., posto che le espressioni letterali
erano sufficientemente precise e che non doveva ricercarsi la reale intenzione
delle parti in una dimensione soggettiva quando era chiaro, come nella specie,
che l’Accordo nelle sue premesse prevedeva il ruolo centrale del processo
manutentivo in sé;
4., non poteva, poi, secondo la Corte d’appello, non
conferirsi rilievo al comportamento della società, che aveva corrisposto agli
appellati l’indennità de qua dal 2005 fino al 1.10.2009, benchè gli stessi
svolgessero mansioni impiegatizie, non essendovi prova che si fosse trattato di
mero errore gestionale;
5. di tale decisione domanda la cassazione T. spa,
affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resistono, con controricorso, il
F. ed il P.;
6. entrambe le parti hanno depositato memorie ai
sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.
Considerato che
1. con il primo motivo, la società denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 1362
e 1364, c.c. con riferimento all’Accordo
aziendale del 23.6.2005, sostenendo che la Corte abbia valorizzato in sede
interpretativa il solo dato testuale ritenendo superfluo il ricorso agli altri
criteri ermeneutici, laddove già le parole utilizzate inducono a soluzione
opposta a quella accolta in sentenza;
1.1. l’espressione “Personale della
manutenzione dei rotabili” non può comprendere, secondo l’assunto della
società, personale che lavori in ufficio, che si limiti a gestire un programma
informatico, ed anche il riferimento ad un’attività manutentiva non può che
rinviare ad un lavoro svolto sui rotabili;
1.2. osserva che tale conclusione trova conferma
nell’art. 1364 c.c. che, pure a fronte di
espressioni di carattere generale, impone di non dare al contratto un
significato che vada oltre l’oggetto sul quale le parti hanno inteso
contrattare, sicchè nel caso specifico deve ritenersi che le parti abbiano inteso
indennizzare la gravosità del lavoro manutentivo ove svolto su turni
avvicendati e che, pertanto, la sentenza impugnata abbia dato alle espressioni
utilizzate un significato diverso da quello che esse esprimono;
2. con il secondo motivo, la società ricorrente
lamenta omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, con riguardo alle mansioni svolte dai due
lavoratori, addetti ad attività d’ufficio ed al sistema informatico RSMS, che
precludeva anche astrattamente la loro adibizione a mansioni di officina;
3. con il terzo motivo, è dedotta violazione e falsa
applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. con
riferimento all’accordo aziendale del 23.6.2005, rilevandosi che un’ interpretazione
secondo buona fede avrebbe richiesto che fossero evitate conseguenze quali una
duplicazione di indennizzi già corrisposti per lavoro notturno e turni
avvicendati e che anche i criteri di cui all’art.
1363 c.c. ed all’art. 1369 c.c. siano stati
violati, dovendo una espressione polisenso essere interpretata nel contesto
sistematico del testo e nel senso più conveniente alla natura ed all’oggetto
del contratto, in coerenza con l’intento di indennizzare il disagio di coloro
che erano chiamati a svolgere attività manutentiva in officina su turni
avvicendati e non di attribuire alla norma contrattuale una volontà di
snaturare la finalità indennitaria dell’emolumento rendendolo per chi lavora in
ufficio voce retributiva;
3.1. si sottolinea la valenza chiara
dell’espressione “personale della manutenzione dei rotabili”, dotata
di un significato necessariamente riferito a coloro che sono in contatto con i
rotabili, significato evincibile dal gergo ferroviario, e si assume che, ove le
parti avessero voluto evocare una platea più ampia di lavoratori, avrebbero
fatto riferimento al profilo di tecnico della manutenzione; si evidenzia che
l’intero assetto negoziale delle parti sociali confermi la finalità
compensatoria di fattori di gravosità del lavoro reso nell’ambito di
un’attività di manutenzione diretta;
4. con il quarto motivo, si ascrivono alla decisione
impugnata violazione e falsa applicazione degli artt.
115 e 116 c.p.c., sul presupposto che la
Corte, nel valutare il comportamento successivo delle parti, non abbia avuto
riguardo all’articolazione delle prove orali effettuata dalla società ed abbia
omesso di pronunciarsi e motivare sulla
reiezione delle istanze istruttorie;
5. deve rilevarsi che sulla specifica questione è
già intervenuta questa Corte, con sentenza n. 4189
del 19 febbraio 2020;
6. questo Collegio ritiene di potere aderire in modo
condiviso all’indirizzo giurisprudenziale espresso con tale pronuncia, della
quale vanno qui ribaditi i passaggi argomentativi che sorreggono il decisum,
favorevole alla società ricorrente;
7. anche in relazione alla presente fattispecie, per
motivi di pregiudizialità logico-giuridica devono essere esaminati
prioritariamente il primo ed il terzo motivo del ricorso, che riguardano
l’interpretazione della disposizione dell’Accordo Sindacale Aziendale del
23.6.2005 relativamente al significato da attribuire alla espressione
“…personale della manutenzione dei rotabili…” nonché alla
individuazione dell’ambito applicativo della clausola contrattuale con
riferimento o meno anche il personale che svolge esclusivamente attività di
ufficio e di supporto al personale tecnico-operativo addetto alla manutenzione;
8. è stato evidenziato come “solo un’operazione
esegetica, correttamente eseguita, sulle suddette questioni, possa costituire
il presupposto per la giusta verifica dei rispettivi oneri di allegazione e di
prova, incombenti sulle parti, in base al principio di circolarità degli stessi
(cfr. Cass. n. 11353 del 17.6.2004)” ed è stato precisato che “per
gli accordi aziendali (quali quelli in controversia), dopo la modifica dell’art. 2 del D. Igs. n. 40 del 2006
che concerne esclusivamente il livello nazionale della normativa collettiva, il
tradizionale sindacato di legittimità può spiegarsi sulla loro interpretazione
riguardo i vizi di motivazione della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. (nel testo antecedente
alla novella del 2012), ovvero con la denunzia di violazione delle norme di
ermeneutica dettate dagli artt. 1362 e ss cod. civ.,
ai sensi della disposizione citata”;
9. tale sindacato è stato ampiamente ed
ammissibilmente sollecitato dai motivi di ricorso per cassazione anche in
relazione al caso de quo, e le censure non si limitano a contrapporre una
diversa interpretazione rispetto a quella della sentenza impugnata, ma
prospettano, sotto molteplici profili, l’inadeguatezza della motivazione della
Corte territoriale anche in relazione alle norme codicistiche di ermeneutica
negoziale come canone esterno di commisurazione dell’esattezza e della
congruità della motivazione medesima;
10. in continuità con l’orientamento espresso nel
precedente richiamato, il Collegio rileva che l’interpretazione estensiva della
espressione “personale della manutenzione dei rotabili”, adottata
dalla Corte territoriale e fondata esclusivamente sul criterio letterale, non
appare corretta, sia per vizi intrinseci, sia per carenza comparativa
dell’operazione ermeneutica;
10.1. è stato osservato che, “in primo luogo,
deve rilevarsi che non si vede in una ipotesi in cui la chiarezza della comune
intenzione delle parti sia evidente (principio “in claris non fit
interpretatio”) e renda superfluo
qualsiasi approfondimento interpretativo del testo dell’accordo, perché
l’inclusione nell’ambito della formula “personale della manutenzione dei
rotabili” anche del personale impiegato in ufficio o in magazzino non può
ritenersi pacifico, in assenza di una espressa specificazione al riguardo”
(cfr. Cass. 4189/2020 cit., con richiamo in
termini a Cass. n. 707/1987) ed anche nella presente fattispecie la Corte
territoriale non ne ha dato conto, e, pertanto, il risultato certo ed immediato
che ha desunto dalla espressione letterale adoperata, tale da assorbire ed
esaurire ogni altro criterio di interpretazione, non è stato oggetto di una
disamina in cui sono state chiarite, in maniera esplicita, le ragioni per cui
la clausola non appariva ambigua o comunque insufficiente;
10.2. in secondo luogo, è stato sottolineato che il
principio “in claris non fit interpretatio” non trova applicazione
nel caso in cui il testo sia chiaro, ma non coerente con ulteriori ed esterni
indici rivelatori della volontà dei contraenti (Cass. n. 25840 del 9.12.2014) e
quindi anche nella fattispecie in esame, la Corte territoriale non ha svolto
tale indagine, attraverso una comparazione complessiva ed una interpretazione
delle clausole dell’accordo e di quelle della contrattazione collettiva, le une
per mezzo delle altre, onde verificare se al personale addetto in ufficio o in
magazzino, di supporto a quello addetto alla manutenzione dei rotabili, fossero
effettivamente riconosciute altre voci retributive o indennità incompatibili
con l’emolumento di cui è processo, come sostenuto dalla società nei gradi di
merito;
11. la carenza intrinseca e coordinata dell’attività
esegetica del dato letterale, operata dalla Corte di merito, induce a ritenere,
quindi, fondate le censure dei motivi scrutinati, assorbita la trattazione
degli altri connessi logicamente e giuridicamente ai suddetti come sopra
precisato;
12. la sentenza impugnata deve, pertanto, essere
cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte di
appello di Milano, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame
avendo riguardo ai principi e alle linee interpretative sopra menzionate;
13. i giudici di rinvio provvederanno, altresì, alla
determinazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo ed il terzo motivo, assorbiti gli
altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla
Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere
anche sulle spese del giudizio di legittimità.