Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 dicembre 2020, n. 28823
Cessionaria del quinto del trattamento pensionistico,
Trattenuta IRPEF subita, spalmata su tre mensilità, Rateo pensionistico
notevolmente più basso, Minimo vitale di sopravvivenza, Incompetenza per
materia del Giudice di pace in favore di quella giudice della previdenza ed
assistenza obbligatoria
Rilevato che
Con sentenza del 29 settembre 2014, il Tribunale
civile di Milano ha rigettato l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza
del Giudice di pace della stessa sede che aveva rigettato l’opposizione
proposta dall’ Istituto al decreto ingiuntivo richiesto per euro 1015,75 da B.
s.p.a. (poi incorporata per fusione in F.B. spa), la quale aveva dedotto di
essere cessionaria del quinto del trattamento pensionistico riservato a V.M. in
ragione di un finanziamento concesso alla stessa e che l’INPS, quale debitore
ceduto, aveva acconsentito a che fosse restituito mediante versamento alla
società del quinto disponibile della pensione, pari ad euro 390 mensili;
a seguito di una trattenuta IRPEF subita dalla M.
nel mese di agosto 2008, l’Inps spalmò l’importo corrispondente su tre
mensilità corrispondendo un rateo pensionistico notevolmente più basso, con
conseguente riduzione anche dell’importo destinato a restituire il
finanziamento al fine di consentire che l’importo erogato garantisse il minimo
vitale di sopravvivenza;
si era così, ad avviso della società, costituito un
debito a carico dell’Istituto relativo alla differenza tra l’importo
riconosciuto dall’INPS nell’atto di benestare e quello in effetti erogato, pari
all’importo sopra indicato;
il Tribunale ha affermato che l’appello era in parte
inammissibile (trattandosi di impugnazione di valore non superiore ad euro 1100
ai sensi del secondo comma dell’art. 113 c.p.c.,
rilevando la sola somma ingiunta) ed in parte infondato, essendo stata
infondatamente denunciata l’incompetenza per materia del Giudice di pace in
favore di quella giudice della previdenza ed assistenza obbligatoria -con
affermata violazione di norme sul procedimento- posto che il rapporto
previdenziale aveva costituito solo il presupposto della cessione del credito;
avverso tale sentenza, ricorre l’INPS con due
motivi: 1) (art. 360, primo comma n. 2 c.p.c.)
violazione degli artt. 7 e 442 c.p.c. in ragione del mancato accoglimento
della eccezione di incompetenza per materia e della tesi relativa alla
legittimità della riduzione operata sull’importo del rateo di finanziamento
corrisposto; 2) violazione dell’art. 1
d.p.r. n. 180 del 1950, come modif. dall’art. 13 bis d.l. n. 35 del 2005,
conv. in I. n. 80 del 2005, e dall’art. 1, comma 346 lett. a) I. n. 266
del 2005 (art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.)
quanto alla indisponibilità da parte dell’Istituto delle misure di salvaguardia
del minimo pensionistico necessario a garantire la sopravvivenza del
beneficiario della prestazione;
resiste con controricorso F.B. spa;
il Procuratore Generale ha concluso chiedendo che la
causa venga discussa in pubblica udienza;
Considerato che
il primo motivo è fondato;
il credito ceduto da V.M. verso la società
finanziaria B. s.p.a, è pacificamente un credito pensionistico; come tale la
controversia insorta tra le parti sarebbe stata soggetta alle regole di
competenza per materia e per territorio proprie delle controversie di
assistenza e previdenza, e, quindi, rispettivamente agli artt. 442 e 444 c.p.c.;
va affermata anche la soggezione della presente
controversia a tali regole, concretandosi la cessione del credito intervenuta
fra la pensionata e la società qui controricorrente soltanto nella sostituzione
unilaterale della cessionaria nella posizione della pensionata, per cui non
muta la natura previdenziale del credito ceduto; ne segue che la controversia
con cui il credito ceduto venne azionata contro l’Inps rimane soggetta alla
stessa regola di competenza per materia e per territorio inderogabile e,
pertanto, avrebbe dovuto introdursi davanti al tribunale del lavoro con il rito
del lavoro e secondo la regola di competenza per materia e territoriale di cui
agli artt. 442 e 444
c.p.c.;
ciò in quanto l’effetto traslativo determinato dalla
cessione del credito (la cui nozione si rinviene nell’art. 1260 c.c.) comporta la sostituzione del
cedente al cessionario nella titolarità del credito ceduto ma non comporta il
mutamento del titolo e dei contenuti della posizione debitoria, per cui il
debitore ceduto rimane obbligato nei confronti del cessionario negli stessi
termini in cui lo era nei riguardi del cedente;
ciò premesso, va riaffermato il principio già
espresso dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui il
giudice dell’opposizione ad ingiunzione – ed anche il giudice di appello che
decide in secondo grado – è investito del potere-dovere di statuire sulla
pretesa fatta valere con la domanda di ingiunzione e sulle eccezioni contro di
essa proposta anche se il decreto ingiuntivo sia stato emesso fuori dai casi
stabiliti dalla legge, tuttavia egli deve limitarsi a dichiarare la nullità del
decreto ingiuntivo nei casi in cui, per difetto di competenza dell’organo che
ha emesso l’ingiunzione, o per difetto di altri presupposti processuali, e cioè
per inderogabili ed ostative ragioni pregiudiziali, manchi la possibilità di
emettere una pronuncia di merito nei confronti delle parti (Cass. 5 dicembre
1987, n. 9078; 19 gennaio 1988, n. 361; 28 aprile 1989, n. 2000; Cass. n. 1584
del 1996; n. 4837 del 1998);
in definitiva, accolto il primo motivo di ricorso ed
assorbito il secondo, la causa va decisa nel merito con la declaratoria del
decreto ingiuntivo opposto;
restando assorbito il secondo motivo, non vengono in
rilievo le considerazioni svolte dal Procuratore Generale poste a sostegno
della richiesta di trattazione in pubblica udienza;
la peculiarità della fattispecie concreta determina
la sussistenza delle ragioni per compensare interamente tra le parti le spese
dell’intero processo;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il
secondo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara la
nullità decreto ingiuntivo n. 100697/2011 emesso dal Giudice di pace di Milano
l’11 ottobre 2010; dichiara compensate le spese dell’intero processo.