Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 dicembre 2020, n. 28744

Tributi, IRAP, Attività di commercialista, Esclusione del
pagamento

 

Rilevato che

 

1. La Commissione tributaria provinciale di Roma
rigettava (previa riunione) i ricorsi con cui R.A. aveva impugnato gli avvisi
con cui l’Agenzia delle Entrate aveva accertato una maggiore IRAP per gli anni
2004 e 2005, determinando una maggiore imposta, pari ad euro 16.062,00 per il
2004 e ad euro 16.615,00 per il 2005, oltre alle relative sanzioni.

2. Avverso tale decisione, ritenendo di non essere
tenuto al pagamento dell’imposta regionale sulle attività produttive, in
mancanza del requisito dell’autonoma organizzazione nell’esercizio della
professione di commercialista, il contribuente proponeva appello dinanzi alla
Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza 163/06/2013,
emessa in data 15.4.2013 e depositata il 28.5.2013, rigettava il ricorso
accogliendo unicamente la richiesta del contribuente relativa alla
inapplicabilità delle sanzioni.

3. Il R. ha quindi proposto ricorso per cassazione
affidato a due motivi avverso il quale l’Agenzia delle Entrate, non costituita
nei termini di legge mediante controricorso, si riservava di partecipare
all’eventuale udienza di discussione della causa ex art.
370 primo comma cod. proc. civ.;

5. Il ricorso è stato fissato nella camera di
consiglio del 10 settembre 2020, ai sensi degli artt.
375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc.
civ.;

6. nel termine di cui all’art.
378 cod. proc. civ. il ricorrente ha depositato una memoria, insistendo
nell’accoglimento delle proprie richieste.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente
deduce “violazione e falsa applicazione dell’art.
112 cod. proc. civ., dell’art.
53 d.lgs. n. 546 del 1992, artt.
49 (parzialmente abrogato), 50
c-bis e 52 d.P.R. 22.12.1986 n.
917, nonché dell’art. 3, comma
144, legge 23.12.1996 n. 662, e artt.
2, 3, 8, 27, 36 d.lgs. 15.12.1997 n. 446, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ.” eccependo la mancanza nella specie del presupposto impositivo
dell’IRAP.

2. Con il secondo motivo di ricorso il contribuente
deduce “omessa, illogica ed incoerente motivazione su un punto decisivo
della controversia”, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 5 cod. proc. civ., lamentando che la sentenza impugnata
avrebbe apoditticamente riconosciuto l’autonoma organizzazione nel fatto di
avvalersi dell’attività lavorativa di soggetti con contratto di lavoro e
ritenuto sufficiente l’esistenza di corrispettivi a terzi (in questo caso la
segretaria) senza spiegare perché detto rapporto di lavoro costituirebbe
“un’autonoma ricchezza”.

3. Il primo motivo va accolto.

3.1. Invero, presupposto per l’assoggettamento
all’imposta è «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata
diretta alla … prestazione di servizi” (art. 2 del d.lgs. n. 446/1997),
applicabile anche alle “persone fisiche, le società semplici e quelle ad
esse equiparate a norma dell’art. 5,
comma 3, del predetto testo unico (ndr. d.P.R. n. 917/1986) esercenti arti e
professioni, di cui all’art. 49
comma 1, del medesimo testo unico» (art.
3, lett. c), del d.lgs. n. 446/1997).

3.2. Quanto al significato di “autonoma
organizzazione” già la Corte Costituzionale, con sent. n. 156 del 2001, aveva puntualizzato che
l’imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid
pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale
da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare
l’assoggettamento al tributo; il che non implica alcun limite quantitativo, di
prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente
un giudizio di valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le
possibilità produttive del professionista. La Corte di legittimità ha
esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività
di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente: a) sia,
sotto qualsiasi forma, il responsabile riferibili ad altrui responsabilità ed
interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque
accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (in
tal senso già cfr. Cass. Sez. 5, 16/02/2007, n.
3676; Cass. Sez. 5, 28/11/2014, n. 25311).

3.3. Nel perimetrare ulteriormente l’assoggettamento
ad I.R.A.P. del lavoratore autonomo sono intervenute da ultimo le Sezioni unite
di questa Corte, affermando il seguente principio di diritto: «con riguardo al
presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto
dall’art. 2 del d.lgs. 15 settembre
1997, n. 446 – , il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando
il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile
dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative
riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali
eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per
l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in
modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un
collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive» (Sez. U,
10/05/2016, n. 9451;
conf. Sez. 6, 20/12/2016, n. 26293; nonché, Sez. 6, 09/09/2019, n. 22469).

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