Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2020, n. 27760

Benefici previdenziali ex art. 13, co. 8, L. n. 257/1992,
Maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, Decadenza dall’azione
giudiziaria, Pensionati o soggetti non titolari di alcuna pensione

 

Rilevato che

 

1. la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 7
novembre 2016, ha riformato la decisione di primo grado e rigettato, per
intervenuta decadenza ex art.
47 d.P.R. n. 639 del 1970, la domanda svolta dall’attuale ricorrente
avverso l’INPS al fine di ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali
previsti dall’art. 13, comma 8,
legge n. 257 del 1992 in relazione all’attività lavorativa svolta presso la
società A. s.r.l. quale conducente di filobus;

2. ad avviso della Corte territoriale, considerata
la consistenza giuridica dei benefici richiesti di diritto autonomo seppure
incidente sul diritto a pensione, doveva ritenersi applicabile la indicata
fattispecie di decadenza dal diritto alla prestazione, ricorrendone i
presupposti fattuali (domanda amministrativa inoltrata all’INPS in data 5
luglio 2005 e domanda giudiziaria del 20 novembre 2009);

3. avverso tale sentenza ricorre per cassazione M.P.
con tre motivi, illustrati da memoria tardiva ed accompagnati dalla richiesta
di trattazione del ricorso dinanzi alle Sezioni Unite; l’Inps ha resistito con
controricorso;

 

Considerato che

 

4. con il primo motivo il ricorrente denuncia la
violazione e o falsa applicazione dell’art. 47 d.P.R. n. 639 del 1970
sulla base dell’interpretazione della norma fatta propria dalla giurisprudenza
di questa Corte di cassazione e da quella dì merito la quale dimostrerebbe che
l’operatività della decadenza di cui alla norma citata sarebbe limitata ai soli
ratei del trattamento pensionistico interessati dal decorso del tempo
intercorso prima dell’esercizio dell’azione e non al diritto alla maggiorazione
contributiva in sé considerato;

5. con il secondo motivo denuncia la violazione
dell’art. 13, comma 8, legge n. 257
del 1992, derivante dalla violazione di cui al motivo precedente, posto che
tale previsione assicurava il diritto al beneficio in caso di esposizione
qualificata ultradecennale, anche al ricorrente, lavoratore esposto alle
polveri derivanti dalla presenza dell’amianto nell’ambiente di lavoro e a
prescindere dalla natura dell’attività svolta dal datore di lavoro;

6. con il terzo motivo si duole della violazione
dell’art. 13, comma 8, legge n. 257
del 1992 sotto il profilo del mancato accertamento dell’effettiva
esposizione qualificata derivante dalla declaratoria di decadenza adottata
dalla Corte d’appello;

7. col quarto motivo si deduce violazione degli artt. 2712 e 2719
cod.civ. per avere la Corte fatto derivare dall’esibizione delle sole copie
delle istanze datate 1.2.2002 ulteriore motivo di decadenza;

8. questa Corte di cassazione ha ormai consolidato
il proprio orientamento relativamente alle questioni inerenti al regime della
decadenza applicabile al diritto ai benefici contributivi da esposizione
all’amianto, come si dirà in seguito, e il ricorso non propone ragioni per
indurre questa Corte di cassazione a modificare l’orientamento medesimo
ribadito in fattispecie del tutto sovrapponibili alla presente (v., fra le
altre, Cass. nn. 832, 11183, 11184 del 2019);

9. il primo motivo è infondato essendosi consolidato
il principio secondo cui la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dall’art. 47, d.P.R. n. 639 del 1970,
nel testo sostituito dall’art.
4, d.l. n. 384 del 1992 (conv. con legge n. 438
del 992), trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il
riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione
all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari
di alcuna pensione, potendo l’art.
47 citato, per l’ampio riferimento alle controversie in materia di
trattamenti pensionistici in esso contenuto, comprendere tutte le domande
giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione
ovvero la determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso
nella previsione di legge anche l’accertamento relativo alla consistenza
dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, sulla quale incide il
sistema più favorevole di calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il
beneficio previdenziale previsto dall’art.
13, comma 8, legge n. 257 del 1992 (cfr., tra le tante, Cass. nn. 618 del 2018, 19729 del 2017, 17433 del
2017);

10. altrettanto consolidato è il principio secondo
cui con la domanda intesa all’accertamento del diritto alla rivalutazione
contributiva non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione
pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in
quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione
amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla
legge ai fini pensionistici, e dunque intimamente collegato alla pensione, in
quanto strumentale ad agevolarne l’accesso (ovvero, nel caso dei già
pensionati, ad ottenerne un arricchimento, ove la contribuzione posseduta sia
inferiore al tetto massimo dei quarant’anni), è dotato di una sua specifica
individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a
presupposti propri e distinti da quelli pertinenti al diritto al trattamento
pensionistico (così, in specie, Cass. n. 17433 del 2017, cit., ed ivi ulteriori
riferimenti alla giurisprudenza di questa Corte);

11. la questione della natura giuridica del
beneficio di cui si discute, quanto al regime transitorio ed all’applicabilità
della prescrizione e della decadenza, è stata definitivamente risolta da Cass.
n. 3282 del 2018 nel senso che il riferimento alla natura non autonoma,
rispetto al diritto alla pensione, deve ritenersi riferito al beneficio
contributivo previsto originariamente dall’art. 13 legge n. 257 cit. mentre
tale natura non può ritenersi comune alla nuova misura introdotta dal
legislatore del 2003;

12. coerentemente agli arresti di questa Corte, la
maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del “diritto al conseguimento
dei benefici previdenziali di cui alla L. 27 marzo 1992, n. 257, art. 13,
comma 8 e successive modificazioni” deve essere intesa nel senso del
perfezionamento del diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del
beneficio di cui alla L. n. 257 del
1992, art. 13, comma 8;

13. per questa parte, la locuzione utilizzata dalla L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 132,
costituisce soltanto la conferma di quanto già si era voluto significare con
quella di maturazione del “diritto al trattamento pensionistico”
contenuta nel D.L. n. 269 del
2003, art. 47, comma 6-bis;

14. corollario di quanto affermato è che i
lavoratori che, in epoca antecedente all’ottobre 2003, fossero stati esposti
all’amianto per un periodo superiore a dieci anni nello svolgimento di attività
assoggettate all’assicurazione obbligatoria dell’Inail non erano titolari di un
diritto soggettivo perfetto alla pensione e alla sua determinazione secondo i
criteri di cui alla L. n. 257 del
1992, art. 13, comma 8 ma soltanto portatori di una legittima aspettativa a
che tale diritto si concretizzasse al momento dell’eventuale (sempre che
venissero a realizzarsi gli ulteriori requisiti) futura maturazione del diritto
a pensione;

15. conformemente ai principi appena enunciati la
sentenza impugnata ha ritenuto la decadenza del diritto alla maggiorazione
contributiva e non all’applicazione del beneficio limitata ai singoli ratei;

16. l’infondatezza del primo motivo determina
l’assorbimento degli ulteriori mezzi, giacché essi presuppongono logicamente la
sua fondatezza, ritenuto inammissibile il quarto perché incentrato su doglianza
estranea alla ratio decidendi che ha valorizzato il perfezionamento della
decadenza dalle istanze del 2002 a nulla rilevando, pertanto, la pretesa
erronea valorizzazione dell’esibizione delle sole fotocopie;

17. le spese seguono la soccombenza nella misura
liquidata in dispositivo;

18. ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto,

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00
per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, oltre quindici per cento spese
generali e altri accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115
del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico
della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 dicembre 2020, n. 27760
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