Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 dicembre 2020, n. 28415

Obbligo di costituire un rapporto di lavoro derivante da
accordo sindacale, Determinazione dell’oggetto del contratto di lavoro,
Esecuzione in forma specifica, Ammissibilità, Mancata assegnazione della sede
lavorativa e delle mansioni, Irrilevanza

 

Considerato che

 

A.D. adiva il Tribunale di Napoli deducendo di aver
lavorato alle dipendenze della A.C.M.S. s.p.a. – società esercente attività di
trasporto pubblico nella provincia di Caserta – e di esser stato licenziato
dalla curatela del fallimento della società; a seguito della indizione di una
procedura di affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale da parte
della Regione Campania in data 2/4/2012, alla A.C.M.S. era subentrata la C.L.
Sviluppo Industriale s.p.a. la quale, in base ad accordi intervenuti presso la
Regione Campania„ si era impegnata ad assumere il personale già dipendente
della A.C.M.S. s.p.a.. Precisava il ricorrente che sia “nella fase
procedimentale” che in quella “di affidamento definitivo”,
veniva specificato l’obbligo della C.L. di assumere tutti i lavoratori che in
precedenza avevano prestato la loro attività alle dipendenze della società
fallita, ad eccezione di quelli che avrebbero optato per l’iscrizione alle
liste di mobilità.

Il ricorrente si doleva di non esser stato assunto
dalla C.L. s.p.a.,. sul presupposto di essere stato in precedenza dichiarato
non idoneo al servizio di guida, in evidente violazione delle obbligazioni
assunte nel corso della procedura descritta.

Sulla scorta di tali premesse, chiedeva accertarsi
il proprio diritto all’assunzione a far tempo dal 18/4/2012 con inquadramento
nel parametro 183 e la condanna della società alla costituzione del rapporto ed
al pagamento delle retribuzioni maturate dalla stessa data fino alla data di
effettiva assunzione.

Il giudice adito, all’esito della rituale
instaurazione del contraddittorio, accertava “la sussistenza dell’obbligo
della C.L. all’assunzione del D. sulla base degli impegni contrattualmente
assunti ma non pronunciava sentenza costitutiva del rapporto, ritenendo
inutilizzabile lo strumento dell’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. sulla base di un ritenuto difetto
di specificazione di alcuni elementi”, come le mansioni alle quali sarebbe
stato in concreto adibito.

Detta pronuncia veniva in parte riformata dalla
Corte distrettuale, adita da entrambe le parti, che respingeva l’appello
principale proposto dalla C.L. s.p.a. ed, in parziale accoglimento del gravame
proposto dal D., dichiarava costituito fra le parti un rapporto di lavoro
subordinato con inquadramento nella qualifica di operatore di esercizio
parametro 183 c.c.n.l. Autoferrotranvieri con decorrenza 24/5/2012.

Nel proprio iter argomentativo il giudice del
gravame osservava, in estrema sintesi, che l’impegno assunto dalla C.L. nella
riunione del 5/4/2012 era stato confermato in sede di verbale di aggiudicazione
del 6/4/2012, laddove la C.L. si era impegnata ad assumere il complessivo personale
in via immediata, non appena le procedure di licenziamento ed assunzione lo
avessero consentito e dichiarava che il personale necessario impiegato
nell’esercizio sarebbe stato di 340 unità.

Argomentava quindi che il provvedimento poneva
obblighi che si collocavano su di un duplice piano: un obbligo di assunzione
che investiva tutte le unità di personale già dipendenti dalla A.C.M.S. s.p.a.,
e l’impegno di assorbimento diretto in posizione di servizio attivo limitato a
340 unità. Il differenziale fra l’insieme dei dipendenti assunti e quelli posti
in servizio attivo era rappresentato dai lavoratori per i quali sarebbero stati
successivamente attivati gli ammortizzatori sociali.

Questo impegno era stato poi rinnovato anche nella
successiva riunione della Giunta Regionale del 24/5/2012, sicché appariva
evidente dal tenore letterale di tutta la sequenza contrattuale, che la C.L.P.
fosse onerata di un obbligo di assunzione integrale nel senso dianzi descritto.

Riteneva, poi, sussistenti i requisiti prescritti
per l’applicazione dell’art.2932 c.c. ma
denegava ingresso alla istanza di pagamento delle spettanze retributive non
percepite dal lavoratore dal momento di scadenza dell’obbligo a contrarre sino
a quello della decisione, perché non ancora costituito il rapporto; rigettava,
poi, la domanda anche con riferimento al periodo successivo al passaggio in
giudicato della sentenza, perché l’inadempimento all’obbligo di corrispondere
le retribuzioni era da ritenersi meramente futuro ed eventuale, osservando, da
ultimo, che la mancata formulazione di alcuna domanda risarcitoria integrava
ulteriore elemento ostativo all’accoglimento della pretesa azionata.

Avverso tale decisione interpone ricorso per
cassazione la s.p.a. C.L. Sviluppo Industriale s.p.a. affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso la parte intimata che
dispiega nel contempo, ricorso incidentale sostenuto da unico motivo al quale
oppone difese la C.L. s.p.a. con controricorso ex art.371
c.4 c.p.c.

Non ricorrendo i presupposti per la trattazione
della causa in sede di adunanza camerale, la causa è stata rinviata per la
trattazione in pubblica udienza.

Entrambe le parti hanno depositato memoria
illustrativa ai sensi dell’art.378 c.p.c.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo si denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt.1362 e 1363 c.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. Si censura la
statuizione con la quale i giudici del gravame hanno ritenuto che potesse
desumersi l’esistenza di un impegno contrattuale non solo ad assumere personale
in misura superiore alle 340 unità, ma anche i “sospesi dal servizio per
inidoneità o per motivi di giustizia”.

Si deduce che la Corte di merito ha elaborato una
distinzione fra personale necessario e non necessario all’espletamento del
servizio traendo spunto da documentazione non probante e fornendo della stessa
una errata interpretazione. L’art.34 c.1 I.r. 28/3/2002 n.3 prevede infatti che
in ogni caso l’affidatario è tenuto alla sola osservanza di tutti gli obblighi
derivanti dalla aggiudicazione della gara, così circoscrivendo il contenuto
obbligatorio che la C.L. era tenuta a rispettare. Si deduce che
l’aggiudicazione del servizio teneva conto delle esplicite condizioni di
partecipazione che la società aveva manifestato nell’offerta, e proprio su tali
condizioni – che comprendevano l’obbligo di assunzione per 340 unità con
esclusione di coloro che erano stati sospesi per motivi di giustizia o erano
anche solo temporaneamente inidonei – si era perfezionato il rapporto di
affidamento.

La dicotomia elaborata dai giudici del gravame fra
personale necessario e non necessario al servizio, non solo non era desumibile
dalla  documentazione esaminata, ma era
irrilevante, giacchè. gli inidonei ed isospesi per motivi di giustizia erano
comunque esclusi per volontà delle parti dal perimetro dell’affidamento.

Momento rilevante ai fini dell’accertamento del
diritto, nella prospettazione di parte ricorrente, conclusivamente, era da
ritenersi il verbale di aggiudicazione del 6/4/2012 con il quale veniva
attestato l’obbligo di assunzione entro i limiti descritti di 340 unità in
conformità all’offerta del 4/4/2012 ed in tal senso la Corte di merito non
avrebbe tenuto conto della intenzione dei contraenti, canone ermeneutico -che
presiede all’interpretazione anche degli atti amministrativi, ai sensi dell’art.1362 c.c. così come dell’art.1363 c.c. essendo indubitabile che dal tenore
dell’offerta e dell’aggiudicazione, gli inidonei erano del tutto esclusi da
ogni possibile assorbimento.

2. Il motivo palesa profili di inammissibilità.

Nel richiamare, a fondamento della critica, gli atti
con i quali aveva formulato la propria offerta contrattuale, la ricorrente non
ne ha enunciato il contenuto, così vulnerando il principio di specificità dei
motivi che governa il ricorso per cassazione.

I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di
inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, c.p.c.,
nn. 3, 4 e 6, devono infatti essere assolti necessariamente con il ricorso e
non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il
controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica
mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla
base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della
cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale
fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato,
e.trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del
principio di autosufficienza (vedi per tutte, Cass. 13/11/2018 n. 29093). Va a(
riguardo rimarcato che il principio di specificità – prescritto, a pena di
inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, n. 3,
c.p.c. – è volto ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e
del tenore della sentenza impugnata, da evincersi unitamente ai motivi
dell’impugnazione: ne deriva  che il
ricorrente ha l’onere di operare una chiara esposizione funzionale alla piena
valutazione di detti motivi in base alla sola lettura del ricorso, al fine di
consentire alla Corte di cassazione (che non è tenuta a ricercare gli atti o a
stabilire essa stessa se ed in quali parti rilevino) di verificare se quanto lo
stesso afferma trovi effettivo riscontro, anche sulla base degli atti o
documenti prodotti sui quali il ricorso si fonda, (Cass. 4/10/2018 n.24340, Cass. 12/2/2014, n. 3224; Cass. S.U. 11/4/2012,
n. 5698; Cass. S.U. 3/11/2011 n. 22726).

Nello specifico, per quanto, considerato, la tecnica
redazionale adottata da parte ricorrente non si è conformata ai principi
descritti incorrendo nello stigma della inammissibilità.

3. Il motivo è peraltro infondato.

La doglianza critica l’iter argomentativo percorso
dal giudice del gravame, sul rilievo che esso si sarebbe spinto ad una
particolare ricostruzione del rapporto e della sequenza contrattuale intercorsa
fra Regione e società nella gestione dell’appalto dei servizi di trasporto
locale, senza tener conto della natura del procedimento, di evidenza pubblica,
in cui fonte degli obblighi assunti dalla CLP sarebbe rinvenibile
esclusivamente nel verbale di aggiudicazione del 6/4/2012.

La critica non si confronta, tuttavia, con l’articolato
iter motivazionale che innerva la sentenza impugnata la quale, pur muovendo
dalla enunciazione  delle fasi culminate
nella assegnazione dell’appalto alla società ricorrente, non trascura la fase
della aggiudicazione, che ha forza immediatamente vincolante anche per la P.A.
appaltante, e dalla quale scaturiscono diritti ed obblighi a carico delle
parti.

La Corte di merito è pervenuta a tale convincimento
all’esito di una motivata ricognizione della procedura di affidamento del
servizio di trasporto pubblico, conferendo specifico rilievo alla fase di
aggiudicazione del servizio, ma senza trascurare le fasi anteriori dell’offerta
C.L., il cui contenuto, con riferimento alla insussistenza obbligo di
assunzione inidonei, non era stato riproposto successivamente.

E, proprio dalla approfondita analisi di detto
verbale di aggiudicazione, la Corte ha desunto l’impegno, da parte societaria,
di .assumere in via immediata l’intero personale “in carico alla società
ACMS”.

Non appaiono in alcun modo vulnerati i criteri che
presiedono alla esegesi delle, disposizioni contrattuali consacrati dalle
disposizioni codicistiche richiamate da parte ricorrente, peraltro sulla base
di generiche argomentazioni.

Qualora venga dedotta la violazione dei citati
canoni interpretativi, deve essere precisato in qual modo il ragionamento del
giudice se ne sia discostato, senza che sia sufficiente all’uopo il generico
richiamo ai criteri astrattamente intesi e neppure una critica della
ricostruzione della volontà dei contraenti non riferibile a tale violazione, ma
consistente nella prospettazione di un risultato interpretativo diverso da
quello accolto nella sentenza impugnata (vedi Cass. 26/10/2007 n. 22536 ed in
motivazione Cass. 9/8/2018 n.20694).

Il sindacato di legittimità non può, infatti,
investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei
giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla
verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e
logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni
critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di
merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto
da questi esaminati .(vedi 10/2/2015 n. 2465).

D’altra parte, per sottrarsi al sindacato di
legittimità, quella data dal giudice del merito al contratto non deve essere
l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle
possibili e plausibili interpretazioni (tra le altre, Cass. cit. n. 20694/2018
n. Cass. 12/7/2007, n. 15604; Cass.22/2/2007, n. 4178).

Nel segno delle enunciate indicazioni
nomofilattiche., l’interpretazione patrocinata dalla corte d’appello è
inappuntabile, giacché, da un lato, non si prospetta la violazione ad alcun
criterio ermeneutico legale e, dall’altro, essa risulta sorretta da motivazione
congrua e logica, in base alle argomentazioni sinora spese.

4. Il secondo motivo prospetta violazione e falsa
applicazione dell’art.2932 c.c. in relazione
all’art.360 comma primo n.3 c.p.c. Si criticano
gli approdi ai quali è pervenuto il giudice del gravame per aver disposto
applicazione della richiamata disposizione codicistica nonostante non fosse
stata accertata la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi dell’oggetto
della domanda, che non risultavano determinati né determinabili (c.c.n.l.
applicabile, categoria di inquadramento, qualifica, anzianità pregressa,
retribuzione spettante).

Rimarca al riguardo la ricorrente che il mancato
accertamento del requisito essenziale della idoneità psico-fisica del
lavoratore ai fini della costituzione del rapporto, rendeva impossibile
l’azione costitutiva che teneva luogo della assenza della assunzione.

5. Il motivo è infondato.

Invero, il giudice del gravame ha fatto appropriato
richiamo all’orientamento, tracciato in sede di legittimità e da ribadirsi in
questa sede, secondo cui ove le parti abbiano concordato, in sede di accordo
sindacale, l’obbligo per il datore di lavoro di assumere personale in forza
presso un’altra azienda, prevedendo il contratto collettivo applicabile ai
nuovi dipendenti, la relativa categoria di inquadramento, nonché il
riconoscimento dell’anzianità pregressa e del superminimo individuale, l’oggetto
del contratto di lavoro deve ritenersi sufficientemente determinato. Ne
consegue che il lavoratore, in caso di inadempimento, può richiedere, ai sensi
dell’art. 2932 cod. civ., l’esecuzione in forma
specifica dell’obbligo di concludere il contratto, senza che rilevi la mancata
predeterminazione della concreta assegnazione della sede lavorativa e delle
mansioni, che attiene alla fase di esecuzione del contratto (Cass. 30/12/2009 n. 27841)).

Al di là delle già esposte ed assorbenti
considerazioni, è, sotto altro versante, da rilevare l’infondatezza della
doglianza anche laddove essa fa leva sulla asserita inidoneità definitiva del
lavoratore rispetto alle mansioni di autista in origine a lui ascritte.

E’ bene rammentare che la nozione di disabilità
(anche ai fini della tutela in materia di licenziamento), deve essere
ricostruita in conformità al contenuto della direttiva
n.78/2000/CE del 27 novembre 2000, sulla parità di trattamento in materia
di occupazione, quindi quale limitazione, risultante in particolare da
menomazioni fisiche, mentali o psichiche durature che, in interazione con
barriere di diversa natura,  possono
ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla
vita professionale su base di uguaglianza con gli altri lavoratori (vedi Cass.
12/11/2019 n. 29289).

E’ stato infatti stabilito un quadro generale per la
parità di trattamento in materia di occupazione, di condizioni di lavoro e di
formazione professionale, finalizzato a combattere ogni tipo di discriminazione
in ambito lavorativo o di formazione, fondato sulla nozione di handicap, e
consacrato dall’art.5
della Direttiva con il quale si esige che tutti i datori di lavoro, pubblici e
privati, siano tenuti ad adottare provvedimenti efficaci e pratici in funzione
delle esigenze concrete in favore dei disabili (vedi in motivazione Cass.
9/7/2015 n.14348).

La pronunzia, conforme ai summenzionati principi,
resiste, dunque, alla censura all’esame.

6. Con il terzo motivo è denunciata violazione e
falsa applicazione dell’art.112 c.p.c. in
relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c..

Ci si duole che la Corte di merito abbia rigettato
l’appello con cui il lavoratore chiedeva la condanna della società al pagamento
delle somme  dovute in relazione alla
violazione dell’obbligo di assunzione, per non essere stata formulata domanda
risarcitoria.

7. Il motivo è inammissibile.

Secondo l’insegnamento di questa Corte, la
sussistenza dell’interesse ad impugnare una sentenza, o un capo di essa, –
condizione dell’azione ai sensi dell’art.100 c.p.c.
secondo cui per proporre una domanda in giudizio o per resistere ad essa
occorre avervi interesse – applicabile anche al giudizio di impugnazione,
presuppone una soccombenza della parte, anche parziale, nel precedente giudizio
(vedi Cass. 6/3/2007 n.5133)

E’ stato precisato al riguardo che in tema di
impugnazioni, l’interesse ad agire postula la soccombenza nel suo aspetto
sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisca a causa della
decisione da apprezzarsi in relazione all’utilità giuridica che può derivare al
proponente il gravame dall’eventuale suo accoglimento (vedi Cass.29/5/2018 n.
13395).

E nello specifico, detta utilità non appare
apprezzabile, neanche sotto il profilo espresso, della esigenza di evitare il
frazionamento degli eventuali ulteriori giudizi in tema di risarcimento del
danno (circostanza questa meramente futura ed eventuale).

Ne consegue che il difetto di soccombenza anche in
relazione ad un capo della sentenza, esclude l’interesse del ricorrente ad
impugnare la decisione sfavorevole alla controparte.

8. Con unico motivo il controricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c.
e dell’art.1218 c.c. in relazione all’art.360 comma primo n.3 c.p.c..

Ci si duole del diniego di accoglimento della
domanda di pagamento degli importi spettanti a far tempo dalla data di
insorgenza del diritto alla assunzione per la prospettata mancata
qualificazione in termini risarcitori, del diritto azionato, trattandosi di
mera qualificazione giuridica della domanda che non comportava alcun mutamento
dei fatti posti a suo fondamento.

9. Il motivo è privo di pregio.

Anche nel processo del lavoro, l’interpretazione della
domanda rientra nella valutazione del giudice di merito e non è censurabile in
sede di legittimità ove motivata in modo sufficiente e non contraddittorio
(vedi per tutte Cass. 24/7/2012 n.12944).

Nello specifico la Corte d’appello, valutando la
reale portata della domanda, ha valorizzato la circostanza che nel ricorso
introduttivo del giudizio il controricorrente e ricorrente incidentale aveva
richiesto il riconoscimento del proprio diritto all’assunzione alle dipendenze
della convenuta con ordine alla stessa di immediata assunzione e pagamento
dello stesso trattamento goduto presso la ACMS s.p.a., con esclusione di
qualsiasi istanza risarcitoria con riferimento al danno patito nella misura del
trattamento economico previdenziale ed assicurativo non percepito,
dall’inadempimento dell’obbligo a contrarre fino alla effettiva assunzione o
alla pronuncia di condanna.

La evidente eterogeneità delle causae petendi che
qualificano le diverse azioni considerate, ed il riferimento specifico del
ricorrente alle retribuzioni mensili, sono stati elementi ben tenuti presente
dalla Corte di merito la cui statuizione non risulta, pertanto, inficiata dalla
censura all’esame.

10. Conclusivamente, il ricorso incidentale è
respinto.

La situazione di reciproca soccombenza delle parti
consiglia la compensazione delle spese del presente giudizio.

Trattandosi di giudizio instaurato successivamente
al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi del comma
1 quater all’art. 13 DPR 115/2002
– della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
della ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso
principale ed il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso principale ed il ricorso
incidentale.

Compensa fra le parti le spese del presente
giudizio.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 14 dicembre 2020, n. 28415
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