Giurisprudenza – COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE SICILIA – Sentenza 18 dicembre 2020, n. 7498

Tributi, IRAP, Professionista, Avvocato, Diritto al
rimborso, Prova dell’assenza di autonoma organizzazione, Decadenza ex art. 38, DPR n. 602/73,
Termini

 

Svolgimento del processo

 

Oggetto di impugnazione è la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Palermo ha
rigettato il ricorso dell’odierna appellante, C. D., e compensato le spese del
giudizio.

La ricorrente aveva impugnato il provvedimento con
il quale veniva rigettata l’istanza di rimborso IRAP per gli anni di imposta
1999, 2000 e 2001. L’istanza di rimborso era stata presentata dalla
contribuente in quanto, avendo svolto l’attività di avvocato in assenza di
un’organizzazione autonoma, riteneva mancante il presupposto stesso
dell’imposta e, pertanto, indebitamente versate le relative somme.

Si era costituita l’Agenzia chiedendo il rigetto del
ricorso e la conferma della legittimità del provvedimento di rigetto
dell’istanza.

Il giudice di prime cure, dopo avere richiamato
correttamente la normativa applicabile e i principali orientamenti
giurisprudenziali in materia, ha rigettato il ricorso della ricorrente in
quanto non aveva prodotto alcuna documentazione a supporto delle affermazioni
relative all’assenza di un’organizzazione autonoma della propria attività
professionale.

Avverso la sentenza è stato proposto appello per tre
motivi di gravame, con la richiesta di riconoscimento dell’illegittimità della
sentenza di primo grado, dell’illegittimità e infondatezza del provvedimento di
diniego del rimborso, e, di contro, della spettanza all’appellante del diritto
al rimborso delle somme versate, comprensive degli interessi maturati e
maturandi.

L’Agenzia, si è costituita, articolando proprie
controdeduzioni, ritendo pienamente corretta la decisione di primo grado e
meritevole di conferma sia in diritto sia nel merito. L’appellante aveva
eccepito l’inesistenza dell’autonoma organizzazione della propria attività
professionale senza fornire alcuna prova che consentisse di verificare la
fondatezza delle proprie affermazioni. Esaminate, inoltre, le prove documentali
prodotte in grado di appello, riteneva comunque ravvisabile l’esistenza di
autonoma organizzazione in capo all’appellante – derivante dal possesso di una
serie di beni strumentali al proprio lavoro di notevole entità e
dell’avvalimento di lavoro di terzi in modo non occasionale – idonea ad
integrare i presupposti IRAP.

In data 2.12.2019 veniva presentata dall’appellante
memoria illustrativa allo scopo di prospettare alcune argomentazioni aggiuntive
a sostegno di quelle già esposte nei precedenti atti, sulle quali espressamente
insisteva, nonché per contrastare le considerazioni formulate dall’Agenzia
nelle proprie controdeduzioni. Il 18/12/2019 l’Agenzia delle Entrate –
Direzione provinciale di Palermo presentava richiesta di parziale estinzione
del giudizio per cessata materia del contendere, in quanto, dall’esame della
documentazione adotta con riferimento alla controversia in oggetto, e alla luce
della più recente giurisprudenza in materia, riteneva di non divenire, per gli
anni in contestazione, gli elementi soggettivi e oggettivi indicativi di
autonoma organizzazione ai fini IRAP. Negava, tuttavia, il rimborso, per
intervenuta decadenza ex art.
38 DPR 602/73, dei versamenti effettuati anteriormente ai 48 mesi dalla
presentazione dell’istanza, avvenuta il 13/01/2004. Pertanto, riconosceva il
diritto al rimborso per la somma di euro 624,40, e non per i restanti
versamenti di euro 430,20, in quanto effettuati anteriormente al 13/01/2000.

L’appellante, tramite difensore, depositava nuova
memoria illustrativa (27.02.2020) prospettando talune argomentazioni in
aggiunta e a sostegno di quelle già esposte nei precedenti atti, sui quali
espressamente insisteva, nonché per contrastare le considerazioni formulate
dall’Agenzia delle Entrate nella memoria del 18/12/2019. In particolare, la
ricorrente si oppone alla richiesta, seppur parziale di estinzione del giudizio
per cessata materia del contendere, contesta il criterio di determinazione
degli interessi, ritiene tardivamente proposta l’eccezione di intervenuta
decadenza ex art. 38 del DPR
n. 602/73, e ribadisce la richiesta di condanna dell’Agenzia al pagamento
delle spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.

All’udienza del 08.10.2020 il ricorso in appello è
stato discusso e posto in decisione.

 

Motivi della decisione

 

1 – Per quanto riguarda il primo motivo di appello,
relativo alla contestazione del giudice di prime cure della mancata produzione
di prove a sostegno delle proprie affermazioni, la parte appellante osserva che
l’Ufficio nulla ha eccepito e, ciò, anche probabilmente in considerazione del
fatto che di tale documentazione (in particolare propria dichiarazione dei
redditi) l’Ufficio stesso ne aveva già piena conoscenza. Si avvale, tuttavia,
della possibilità concessa dall’art.
58 comma 2 del D.lgs 546/92, confermata da costante indirizzo
giurisprudenziale, di produrre documenti anche in sede di gravame sebbene
preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado.

Il motivo non è fondato.

In tal senso nessuna censura può essere addebitata
al giudice di primo grado che aveva correttamente motivato affermando che
“nel caso in esame non viene prodotto alcuna documentazione – pur minima-
che valesse a dare supporto alla generica affermazione della ricorrente che la
propria attività era svolta in assenza di una organizzazione autonoma”
Grava su chiunque voglia dimostrare l’esistenza di un fatto, l’obbligo di
fornire prova per dimostrare l’esistenza del fatto stesso, con il conseguente
dovere del giudice di respingere la domanda qualora la stessa non sia fondata
su fatti certi e documentabili.

A ciò si aggiunge che, “in tema di contenzioso
tributario, ove la controversia abbia ad oggetto l’impugnazione dell’oggetto
dell’istanza di rimborso di un tributo, il contribuente è attore in senso non
solo formale ma anche sostanziale, con la duplice conseguenza che grava su di
ha [onere di allegare e provare i fatti a cui la legge ricollega il trattamento
impositivo rivendicato e che le argomentazioni con cui l’Ufficio nega la
sussistenza di detti fatti, o la qualificazione ad essi attribuita,
costituiscono mere difese, non soggette ad alcuna preclusione processuale (Cass. 8.10.2014 n. 21197).

Ancora più specificamente, in relazione all’IRAP,
nella Sentenza della Corte di Cassazione n. 27127 del 28/12/2016 si legge che:
“In tema di IRAP, nel giudizio d’impugnazione della cartella di pagamento
emessa dall’Amministrazione finanziaria ex art. 36-bis del D.P.R n. 600 del 1973,
spetta al contribuente, che “ritratta” la propria dichiarazione,
fornire la prova, in applicazione dell’art. 2697
c.c., del fatto impedito dell’obbligazione tributaria (l’asserita mancanza
dell’autonoma organizzazione), determinandosi, altrimenti, un ‘irrazionale
banalità di trattamento tra coloro che chiedono il rimborso di una imposta
versata e non dovuta, onerati di fornire la prova del diritto alla
restituzione, e coloro che, dopo essersi dichiarati soggetti all’imposta ed
avente indicato [ammontare in dichiarazione, ne omettono il versamento.

Ciò non toglie, ovviamente, che la parte appellante
possa procedere liberamente al deposito di documentazione a sostegno delle
proprie ragioni avvalendosi delle previsioni normative dall’art. 58 comma 2 del D. Lgs. 546/92
e dell’interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità favorevole
al deposito anche per la prima volta in sede di gravame di documentazione
preesistente al giudizio di primo grado.

2 – Con il secondo e terzo motivo di appello,
l’appellante, pur riconoscendo che in quegli anni aveva svolto attività
professionale in modo abituale, nega tuttavia l’esistenza di beni strumentali e
collaboratori che, nel loro insieme,potessero integrare l’esistenza di
un’autonoma organizzazione.

Adduce, inoltre, a sostegno della fondatezza delle
proprie ragioni, il riferimento alla sentenza numero 345/07/12 della
Commissione Tributaria Provinciale che ha riconosciuto il diritto al rimborso
IRAP pagata dall’ appellante per il periodo d’imposta 1998.

Il motivo è fondato ed è stato oggetto di
riconoscimento da parte anche dell’ufficio procedente. Con propria memoria del
18/12/2019, l’ufficio – dall’esame della documentazione adotta dall’appellante
con riferimento alla controversia in oggetto, e alla luce della più recente
giurisprudenza in materia – ha ritenuto di non rinvenire, per gli anni in contestazione,
gli elementi soggettivi e oggettivi indicativi di autonoma organizzazione ai
tini IRAP, tanto è vero che si è risolta a riconoscere la legittimità della
richiesta di rimborso e chiedere la parziale estinzione del giudizio per
cessata materia del contendere. ha negato, tuttavia, il rimborso, per
intervenuta decadenza ex art.
38 DPR 602/73, dei versamenti effettuati anteriormente ai 48 mesi dalla
presentazione dell’istanza, avvenuta il 13/01/2004.

4 – Con ulteriore memoria, presentata da difensore
(27.02.2020), l’appellante si è opposta alla richiesta di estinzione parziale
del giudizio per cessata materia del contendere, formulata in data 18/12/2019
dall’Ufficio, in quanto lo stesso Ufficio, sebbene abbia riconosciuto la
legittimità della pretesa creditoria vantata dal contribuente, non ha ancora
provveduto alla restituzione delle somme in questione.

Nella stessa memoria l’appellante si oppone,
inoltre, alla richiesta di estinzione parziale del giudizio per cessata materia
del contendere anche in considerazione dell’errore commesso dall’ Ufficio con
riguardo alla determinazione della data a partire dalla quale devono essere
corrisposti gli interessi sulle somme da restituire in quanto indebitamente
versate. Ritiene, inoltre, che l’eccepita decadenza del diritto al rimborso non
possa costituire oggetto di cognizione nel presente grado di giudizio,
trattandosi di questione non esaminata dal giudice di primo grado e, in quanto
non ritualmente proposta ai sensi dell’articolo 56 D.Lgs. N. 546/1992,
ormai coperta da giudicato implicito.

4.1 – Ebbene, è indubbio, così come anche pienamente
riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità richiamata dall’appellante,
che la cessazione della materia del contendere presuppone che la parte che ha
agito in giudizio per la tutela del proprio interesse abbia conseguito il
soddisfacimento della propria pretesa.

4.2 – Per quanto riguarda gli interessi,
l’appellante rileva che nel documento depositato dalla parte resistente viene
riportata la data del 13 gennaio 2004, che corrisponde alla data di
preposizione del ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Palermo
avverso il provvedimento di diniego di rimborso. Ritiene, invece, in maniera
conforme all’art. 44, com.1
del D.P.R. n. 602/1973 e all’orientamento giurisprudenziale prevalente, che
gli interessi dovuti dall’ erario per ritardata restituzione delle somme
indebitamente ricevute, vadano calcolati a decorrere dalla data del versamento
fino a quella dell’ordinativo del pagamento, e secondo il tasso legale vigente
al momento della scadenza di ciascun semestre.

In realtà, dalla memoria dell’Agenzia non si evince
esattamente il criterio di calcolo degli interessi, né la data a decorrere
dalla quale siano stati calcolati. Il riferimento alla data del 13 gennaio 2004
è effettuato dall’Agenzia in relazione al calcolo dei termini di decadenza dal
diritto al rimborso. Dalla documentazione agli atti, d’altronde, si evince che
il 13 gennaio 2004 corrisponde alla data di presentazione dell’istanza di
rimborso da parte dell’appellante, mentre la presentazione del ricorso alla
Commissione Tributaria Provinciale di Palermo, avverso il provvedimento di
diniego di rimborso, reca la data di deposito del 13.05.2004.

In ogni caso, è necessario che l’Ufficio provveda
alla determinazione degli interessi a decorrere dalla data di versamento delle
somme da rimborsare, secondo quanto previsto dall’art. 44, com.1 del D.P.R. n.
602/1973.

4.3 – Per quanto riguarda, in ultimo, la decadenza
al diritto di rimborso sostenuta dell’Agenzia va ritenuto, innanzitutto, che in
tema di IRAP, l’istanza di rimborso dell’imposta, ritenuta legittimamente
versata, va presentata dal contribuente entro il termine di decadenza previsto
dall’art. 38 del d.P.R. n. 602
del 1973, in quanto l’art. 25
del d.lgs. n. 446 del 1997, istitutivo del tributo, stabilisce che, fino a
quando non abbiano effetto eventuali leggi regionali, “per le attività di
controllo e rettifica delle dichiarazioni, per l’accertamento e per la
riscossione dell’imposta regionale, nonché per il relativo contenzioso, si
applicano le disposizioni in materia d’Imposte sui Redditi” (Cass Ordinanza a 9935 de/19/04/2017).

L’art.
38 del D.P.R. 602/73 dispone che il soggetto che ha effettuato un
versamento diretto può presentare istanza di rimborso, entro il termine di
decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di
errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di
versamento.

Per quanto riguarda il tema della decadenza del
diritto al rimborso, si è consolidato in seno alla giurisprudenza di
legittimità l’indirizzo giurisprudenziale volto a riconoscere che nel campo
tributario, trattandosi, dalla parte del Fisco, di diritti indisponibili, cioè
di poteri/doveri sottratti alla disponibilità delle parti, in quanto attribuiti
in vista di un interesse generale, non è concepibile né una regolamentazione
convenzionale della decadenza, né il potere di rinunciare a decadenze
verificatesi a favore dell’Amministrazione Finanziaria.

Da tale premessa discende altresì, nonostante
qualche pronuncia contraria, l’indirizzo giurisprudenziale prevalente volto a
riconoscere che “In tema di contenzioso tributario, la decadenza del
contribuente per il mancato difetto dei termini fissati per richiedere il
rimborso di un tributo indebitamente versato, in quanto materia sottratta alla
disponibilità delle parti, è rilevabile d’ufficio, ex art. 2969 cod. civ., in ogni stato e grado di
giudizio, sicché è deducibile per la prima volta anche in appello” (Cass.13-1-2015 n 317).

Si tratta, d’altronde, di un orientamento ripreso e
precisato anche da successive pronunce. Risulta particolarmente esplicita in
tal senso Cass. Ord. 22399 del 2017: “Ed in vero, questa Corte, con
orientamento consolidato, è ferma nel ritenere che in materia tributaria, la
decadenza, essendo prevista in favore dell’Amministrazione Finanziaria ed
attenendo a situazione non disponibile, può essere rilevata d’ufficio, purché
emerga dagli elementi comunque acquisiti agli atti del giudizio, sicché la
stessa è sottratta al regime delle eccezioni nuove n’eime delle eccezioni
nuove: cfr. Cass. n.5862/2013 , Cass. n. 4670 del 23/03/2012, Cass. n. 317 del 13/01/2015”.

In tal senso va ulteriormente ricordato quanto
affermato sempre dalla Corte: “Né può darsi rilievo alla sopravvenuta
decisione della Corte Costituzionale, la quale peraltro è del 2001…. in
quanto, secondo l’orientamento formatosi relativamente al contrasto con il
diritto comunitario, il termine di decadenza per il rimborso delle imposte sui
redditi previsto dall’art. 38
del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e decorrente dalla “data del
versamento” o da quella in cui “La ritenuta è stata operata”, opera
anche nel caso in cui imposta sia stata pagata sulla base di una norma
successivamente dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione europea da
una sentenza della Corte di Giustizia, atteso che l’efficacia retroattiva di
detta pronuncia – come quella che assiste la declaratoria di illegittimità
costituzionale – incontra il limite dei rapporti esauriti, ipotizzabile
allorché sia maturata una causa di prescrizione o decadenza, trattandosi di
istituti posti a presidio del principio della certezza del diritto e delle
situazioni giuridiche (Cass sez.U. n. 136767 del 2014; Cass. n. 25268 del
2014). Sebbene tale orientamento abbia riguardo alla caducazione di una norma
per contrasto con il diritto europeo, il principio vale anche nel caso di
caducazione dovuta a contrasto con la Costituzione, per analogia di ratio.
Invero, né la natura del tributo, né il fatto clic il diritto al rimborso
discenda da una decisione della Corte costituzionale sono circostanze idonee ad
escludere l’applicazione del termine decadenziale (ex art. 38 cit) ed a far luogo,
in sua vece, al termine ordinario di prescrizione”.

Appare, dunque, consolidato l’indirizzo
giurisprudenziale che ritiene che la disciplina della decadenza dal diritto al
rimborso, attenendo a situazioni indisponibili, in quanto attribuiti in vista
di un interesse generale, sia rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e
sia sottratta e non disciplinata dal regime delle eccezioni nuove. Pertanto, in
ordine alla decadenza rilevata e contestata dall’Ufficio non si configura
nessuna tardività o preclusione procedimentale. Di conseguenza, considerato che
l’istanza di rimborso è stata presentata il 13 gennaio 2004, il diritto al
rimborso va riconosciuto solo per quelle somme clic siano state versate nei 48
mesi precedenti a tale data.

5 – La parte appellante chiede la condanna
dell’ufficio al pagamento delle spese processuali relative ad entrambi i gradi
di giudizio.

In considerazione delle motivazioni di fatto e di
diritto sinora svolte, il Collegio decide che le spese del giudizio sono
compensate.

In conclusione, in parziale accoglimento
dell’appello, viene riconosciuto il diritto dell’appellante al rimborso dei
versamenti per i quali non è intervenuta, la decadenza ex art. 38 DPR 602/73, cioè
quelli effettuati nei 48 mesi antecedenti alla data di presentazione
dell’istanza di rimborso, comprensivi degli interessi maturati e maturandi a
decorrere dalla data di versamento delle somme, in conformità alle previsioni
dell’art. 44, com.1 del D.P.R.
n. 602/1973. In relazione alle motivazioni esposte, le spese sono
compensate.

 

P.Q.M.

 

In accoglimento parziale dell’appello riconosce il
diritto dell’appellante al rimborso dei versamenti per i quali non è
intervenuta decadenza ex art.
38 DPR 602/73, comprensivi degli interessi maturati e maturandi a norma
dall’art. 44, co .1 del DPR n.
602/1973. Compensa le spese del presente grado del giudizio.

Giurisprudenza – COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE SICILIA – Sentenza 18 dicembre 2020, n. 7498
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