Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 31 dicembre 2020, n. 29973

Decreto di espulsione, Cittadino extra-UE, Difetto di
istruttoria e di motivazione del provvedimento espulsivo, Difetto di delega
del Prefetto, Provvedimento di espulsione legittimamente sottoscritto dal
dirigente

 

Rilevato che

 

1. con provvedimento pubblicato il 4.12.2019 il
Giudice di Pace di Campobasso ha respinto il ricorso con il quale S.O.,
cittadino nigeriano, ha impugnato il decreto di espulsione del Prefetto della
Provincia di Campobasso;

1.1. la statuizione di rigetto, per quel che qui
rileva, è stata fondata sulla considerazione che : a) il provvedimento di
espulsione era stato legittimamente sottoscritto dal dirigente di Prefettura
munito di idonea delega dal Prefetto, secondo quanto evidenziato nella nota
della Prefettura prodotta in giudizio e non contestata dalla controparte; b)
tale provvedimento era adeguatamente motivato risultando esposte le violazioni
contestate ed i motivi che ne avevano giustificato l’adozione (revoca del
permesso di soggiorno da parte del Questore, assenza di documentazione
comprovante la impugnazione del decreto del Tribunale che aveva respinto il
ricorso avverso la decisione della competente Commissione territoriale che
aveva negato la richiesta protezione internazionale, dichiarazione del
ricorrente di non voler tornare nel paese d’origine, mancata richiesta di un
termine per la partenza volontaria, assenza di documentazione attestante la
disponibilità di un alloggio e di prova di garanzie finanziarie provenienti da
fonte lecita); c) era da escludere il rischio di sottoposizione a persecuzioni
e discriminazioni in caso di rientro nel Paese d’origine stante la
insussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di situazioni tali da
giustificare il rischio effettivo di grave danno ai sensi dell’art. 14 d.Igs. n. 251/2007;

2. S.O., ha chiesto la cassazione della decisione
sulla base di due motivi; la Prefettura – Ufficio del governo di Campobasso,
non ha svolto attività difensiva;

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente
deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, d. Igs n.
286/1998 e dell’art. 21 octies
L. n. 241/1990, nonché omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e
violazione del diritto di difesa. Assume genericità di motivazione per non
avere il Giudice di Pace considerato la situazione del ricorrente in relazione
a specifiche circostanze allegate nel ricorso in opposizione, quali la
esistenza di un rapporto di lavoro e l’intestazione di un contratto di
locazione, e il fatto che vi era stata proposizione del ricorso per cassazione
avverso il decreto del Tribunale che confermava il rigetto della decisione
della Commissione territoriale della domanda di protezione internazionale;
premesso, inoltre, che compete esclusivamente al Prefetto l’adozione del
provvedimento di espulsione, assume che ai fini dell’imputabilità dell’atto
alla figura prefettizia occorreva la indicazione nel decreto di espulsione
della esistenza del provvedimento che legittimava la sostituzione e la
provenienza dal soggetto cui è attribuito il relativo potere risultando a tal
fine insufficiente la sola indicazione, in calce all’atto, del provvedimento n.
76791/2016; la Prefettura nel costituirsi aveva l’onere di depositare l’atto
anziché limitarsi a citarlo nella propria nota di costituzione;

2. con il secondo motivo di ricorso deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 1, l. d.Igs n.
286/1998 e dell’art. 3 comma 3
lett. a) e c) e comma 5 d. Igs n. 251/2007. Censura la decisione per avere
omesso ogni valutazione individuale in ordine alle conseguenze di un eventuale
rimpatrio nel Paese di origine ed assume la genericità del riferimento alla
decisione reiettiva della Commissione Territoriale; il Giudice di Pace aveva
omesso di accertare in concreto la esistenza dei presupposti che avevano
legittimato l’adozione del provvedimento impugnato risultando completamente
ignorati sia i fatti pertinenti relativi al Paese di provenienza sia la
situazione individuale e le circostanze personali quali l’effettività
dell’inserimento sociale e lavorativo secondo quanto specificamente
rappresentato nel procedimento oppositivo all’espulsione;

3. il primo motivo di ricorso è da respingere in
tutte le censure articolate;

3.1. è innanzitutto infondata la censura che ascrive
al provvedimento impugnato genericità di motivazione sulla doglianza intesa a
lamentare il difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento
espulsivo; il Giudice di Pace ha, infatti, dato atto che nel decreto di
espulsione vi era specifica indicazione sia delle violazioni contestate sia
delle ragioni alla base dell’espulsione e che queste concernevano specifiche
circostanze di fatto riferite alla situazione personale dell’odierno
ricorrente; tali circostanze non erano state contrastate dalla documentazione
versata in atti dal ricorrente in opposizione;

3.2. la denunzia di vizio motivazionale non è
articolata in conformità dell’art. 360, comma 1, n.
5 cod. proc. civ., per la dirimente considerazione che i fatti di rilevanza
decisiva (assunzione a tempo indeterminato e disponibilità di un alloggio
attestata dal contratto di locazione) dei quali si assume l’omesso esame, non
sono evocati nel rispetto delle previsioni di cui all’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., come
prescritto (ex plurimis, Cass. n. 8053/2014),
ma solo mediante rinvio alla documentazione allegata (v. ricorso pag. 5,
penultimo cpv ed inoltre pag. 4) o, addirittura, senza specificare se ed in che
termini era stata formulata la relativa allegazione davanti al Giudice di Pace
(v. per il riferimento alla proposizione del ricorso per cassazione avverso la
conferma da parte del Tribunale del diniego della protezione internazionale);

3.3. la doglianza incentrata sul difetto di delega
del Prefetto di Campobasso al dirigente che ha sottoscritto il decreto di
espulsione è inammissibile in quanto in tema di espulsione del cittadino
straniero, la mancata sottoscrizione del decreto di espulsione da parte del
Prefetto ovvero la carenza di delega in favore di un Viceprefetto determina
l’illegittimità del provvedimento e non già la sua inesistenza, dovendo,
quindi, tale vizio essere fatto valere mediante il ricorso in opposizione dall’interessato
(Cass. n. 5873/2020);

4. è infondato il secondo motivo di ricorso;

4.1. il Giudice di Pace ha ritenuto insussistente il
rischio di persecuzioni e discriminazioni in caso di rientro nel Paese di
origine richiamando l’accertamento operato dalla Commissione Territoriale e dal
Tribunale di Campobasso in sede di istanza di protezione internazionale;

4.2. il motivo in esame, laddove denunzia violazione
e falsa applicazione di norme di diritto risulta inammissibile perché la
relativa modalità di deduzione non è conforme all’insegnamento di questa Corte
secondo il quale il motivo con cui si denunzia il vizio della sentenza previsto
dall’art. 360 n. 3 cod. prov. civ. deve essere
dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione
delle norme assuntivamente violate, ma anche mediante specifiche e
intelligibili argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo
determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano
ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie,
diversamente impedendosi alla Corte di Cassazione di verificare il fondamento
della lamentata violazione (Cass. n. 24298/2016, n. 5353/2007, n. 11501/2006);

4.3. la confutazione dell’accertamento di fatto del
Giudice di Pace, motivato con rinvio per relationem alla decisione di rigetto
della domanda di protezione internazionale da parte della CTP ed alla conferma
di tale decisione da parte del Tribunale è inammissibile sia in quanto intesa
ad incrinare una valutazione riservata al giudice di merito sia in quanto,
comunque, affidata alla generica evocazione, di fonti delle quali il ricorso
non esplicita il contenuto con riferimento al contesto di provenienza
dell’Ogwu;

4.4. parimenti inammissibile è il riferimento alla
effettività dell’inserimento sociale e lavorativo sia in quanto profilo
attinente al merito sia in quanto le risultanze probatorie dalle quali
emergerebbero tali circostanze non sono evocate nel rispetto degli oneri prescritti
dall’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ.;
parte ricorrente non ha, infatti, trascritto né allegato al ricorso – nel
rispetto del cd. principio di autosufficienza (artt.
366, comma 1 , n. 6 cod. proc. civ. e 369,
comma 2 , n. 4 cod. proc. civ.) – gli atti ed i documenti dai quali
emergevano le richiamate circostanze, al fine di consentire alla Corte di
delibare, sulla base del solo atto introduttivo del presente giudizio, la
fondatezza, o meno, della censura proposta in relazione alla pericolosità
dell’istante. Tale rilievo non consente, pertanto, di tenere conto dei, pur
corretti, principi di diritto enunciati a proposito dal ricorrente, attesa l’impossibilità
di applicarli correttamente alla fattispecie concreta, i cui dati fattuali sono
stati – dal che deriva l’inammissibilità delle censure – del tutto omessi. Ed
invero, va osservato, al riguardo, che il ricorrente che intenda censurare la
violazione o falsa applicazione di norme di diritto deve indicare e trascrivere
nel ricorso, a pena di inammissibilità, anche i riferimenti di carattere
fattuale in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione
denunciata (cfr. Cass. n. 15910/2005, Cass. n.
7846/2006, Cass. n . 16872/2014, Cass. n. 9888/2016).

5. non si fa luogo al regolamento delle spese di
lite non avendo la Prefettura – Ufficio del governo di Campobasso svolto
attività difensiva;

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le
spese.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente,
non si applica l’art. 13 comma 1
quater del d. P.R. n. 115 del 2002.

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