Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2021, n. 443

Medici specializzandi, Posizione assicurativa Inail,
Certificato di variazione, Attività formativa, Rischi professionali alle
stesse condizioni previste per i dipendenti, Obbligo della copertura Inail

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza del 27 giugno 2016, la Corte
d’appello di Milano, accogliendo l’impugnazione proposta dall’Inail avverso la
sentenza del Tribunale di Monza, ha rigettato il ricorso proposto dall’Azienda
ospedaliera Ospedale “San Gerardo dei Tintori” volto alla
declaratoria di inefficacia del certificato di variazione del 23 luglio 2010,
relativo alla posizione assicurativa dell’Azienda ospedaliera, ed
all’accertamento che nulla era dovuto all’Istituto a titolo di premi assicurativi
per la copertura degli infortuni dei medici specializzandi nel periodo dal
primo gennaio 2006 al 31 dicembre 2009.

2. Ad avviso della Corte territoriale, la questione
doveva essere risolta prendendo le mosse dal testo del combinato disposto dell’art. 37, secondo comma, e dell’art. 41 d. Igs. n 368 del 1999.
Quest’ultima disposizione poneva in capo all’Azienda sanitaria, presso la quale
si svolge l’attività formativa e che della stessa è responsabile, l’obbligo
assicurativo dei rischi professionali alle stesse condizioni previste per i
propri dipendenti. Ciò in ragione del tipo di attività svolta dal medico
specializzando, che è per metà di tipo pratico, esposta dunque al medesimo tipo
di rischio professionale svolto dai dipendenti e ciò sin dalla data di entrata
in vigore della legge n. 368 del 1999.

3. Avverso tale sentenza, propone ricorso per
cassazione l’Azienda Socio – Sanitaria Territoriale -ASST – Monza sulla base di
un motivo, illustrato da successiva memoria. Resiste l’INAIL con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

4. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia la
violazione e o falsa applicazione dell’art. 41 d.lgs. n. 368 del 1999.
La ricorrente, in sostanza, critica l’interpretazione della disposizione
adottata dalla sentenza impugnata in quanto la ritiene debolmente ancorata al
dato meramente letterale della necessità di assicurare i medici specializzandi
<alle stesse condizioni del proprio personale>, senza considerare che la
categoria del <personale> non è dirimente trattandosi di categoria
eterogenea riconducibile a numerose fattispecie lavorative regolate da
differenti istituti e rapporti contrattuali. A tali rapporti corrispondono
diverse discipline assicurative (pubbliche o private) e la finalità della
disposizione sarebbe quella di garantire il rispetto delle medesime condizioni
normative, mantenendo le caratteristiche di ciascun tipo di rapporto e senza
con ciò imporre lo schema dell’assicurazione pubblica.

5. In definitiva, si deduce che qualora la legge
avesse voluto imporre l’obbligo della copertura INAIL lo avrebbe detto
esplicitamente; inoltre, la disposizione in esame richiama altre forme di
assicurazione private e risponde ad un principio fondamentale dell’attività
economica svolta dalle aziende sanitarie, quello di ricercare le migliori
offerte nei limiti della legge sugli appalti pubblici, legge di difficile
applicazione nei riguardi dell’INAIL.

Quanto ai medici specializzandi, in particolare, si
tratterebbe di soggetti non legati all’Azienda ospedaliera da alcun rapporto
giuridico, avendo gli stessi stipulato un contratto di formazione specialistica
con l’Università di riferimento che eroga il trattamento economico ed ha
l’obbligo di assicurazione presso INAIL per l’attività di pura formazione,
attraverso una sorta di sdoppiamento delle tutele. La stessa <mobilità>
che caratterizza l’attività assistenziale dei medici specializzandi renderebbe
evidente l’impercorribilità della tesi sostenuta dalla sentenza impugnata; né
tali medici potrebbero essere considerati alla stregua degli studenti di cui
all’art. 4 d. P.R. n. 1124 del
1965, trattandosi di medici abilitati all’esercizio della professione, come
affermato anche dalla disciplina eurounitaria. Le esigenze poste dalla
disposizione in commento, dunque, possono essere soddisfatte integralmente solo
attraverso la stipula di polizze assicurative private, come quella in concreto
stipulata dalla stessa ricorrente, che risultano rapportate solo alla base
numerica degli assicurati ed a prescindere dalla retribuzione erogata e dalla
localizzazione della prestazione assicurata.

6. Il motivo è infondato. E’ opportuno ricordare il
testo, nella formulazione vigente ratione temporis, dell’articolo 41 d.lgs. n. 368 del 1999
(Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia
di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro
diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE,
98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16) della cui interpretazione si
discute: <[…] 2. A decorrere dall’anno accademico 2006-2007, ai contratti
di formazione specialistica si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 26, primo periodo,
della legge 8 agosto 1995, n. 335, nonché le disposizioni di cui all’articolo 45 del decreto-legge 30
settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

3. L’azienda sanitaria presso la quale il medico in
formazione specialistica svolge l’attività formativa provvede, con oneri a
proprio carico alla copertura assicurativa per i rischi professionali, per la
responsabilità civile contro terzi e gli infortuni connessi all’attività
assistenziale svolta dal medico in formazione nelle proprie strutture, alle
stesse condizioni del proprio personale>.

7. Come si evince dalla lettura della disposizione,
il contratto di formazione specialistica in parola (che non dà luogo a un
rapporto inquadrabile nell’ambito del lavoro subordinato, né è riconducibile
alle ipotesi di para subordinazione, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica
di scambio tra l’attività degli specializzandi e gli emolumenti previsti dalla
legge (v. Cass., 19/11/2008, n. 27481, Cass., 22/09/2009, n. 20403, Cass., 27/07/2017, n. 18670) è oggetto di
specifica regolamentazione dal punto di vista previdenziale.

Punto centrale della ratio legis è la necessità di
attrarre l’attività dei medici in formazione specialistica all’interno di
un’area di piena copertura assicurativa che si rapporta in modo differenziato,
distinguendo tra l’assicurazione obbligatoria per l’anzianità e l’invalidità e
l’assicurazione per i rischi connessi alla concreta attività svolta.

8. La legge ha infatti previsto l’obbligo per
l’Università che stipula il contratto formativo, considerata ai fini previdenziali
alla stregua del committente nei rapporti di para subordinazione, di effettuare
il versamento della contribuzione dovuta in favore del medico specializzando,
presso la gestione separata dell’Inps di cui all’art. 2, comma 26, I. n. 335 del 1995,
in relazione all’assicurazione per invalidità e vecchiaia.

Al contempo, è previsto a carico dell’azienda presso
la quale è resa la prestazione assistenziale l’obbligo di assicurazione per i
rischi professionali, per la responsabilità civile contro terzi e per
infortuni.

8. Significativamente, la disposizione pone
l’accenno, quanto a tale ultimo aspetto della copertura assicurativa, sul
soggetto responsabile del luogo presso cui lo specializzando espleta l’attività
formativa assistenziale che, evidentemente, non può che essere una azienda
ospedaliera.

Può, quindi, affermarsi che il contesto ambientale
al cui interno si colloca l’attività di concreta formazione è considerato dalla
legge come elemento caratterizzante della imposizione dell’obbligo di
assicurare sotto il profilo attivo (per i rischi causati) e passivo (per i
danni subiti) l’attività svolta dal medico specializzando. E’ dunque l’azienda
sanitaria, quale titolare della complessiva organizzazione al cui interno si
inserisce l’attività degli specializzandi, che è indicata quale destinataria di
tali obblighi assicurativi, così realizzandosi una sorta di sdoppiamento quanto
al soggetto assicurante, rispetto alla disciplina della copertura assicurativa
per l’invalidità e la vecchiaia che attiene a tutele del tutto esterne allo
specifico ambiente di lavoro.

9. Il legislatore, comunque, quanto a tali ultimi
profili, ha chiaramente indicato la propria volontà di assoggettare l’attività
di cui si parla (di natura certamente sui generis dal punto di vista del
rapporto collaborativo con l’amministrazione universitaria e sanitaria), quanto
agli aspetti strettamente previdenziali, al sistema pubblico gestito dall’INPS
in evidente relazione con l’adempimento degli obblighi imposti allo Stato dall’art. 38, secondo comma, della Costituzione ed alla
sua vocazione universalistica.

In altri termini, la disposizione in esame è norma
di chiara estensione di tutele assicurative in favore dei medici in formazione
specialistica ed in tale contesto pare del tutto improvvido il richiamo a
logiche puramente economiche di risparmio di spesa, invocate dalla ricorrente a
sostegno della propria tesi, trattandosi di criteri interpretativi del tutto
recessivi rispetto al reale intento della legge.

10. Tale necessaria relazione sistematica con il
centrale principio costituzionale della universalizzazione delle tutele, fa sì
che la posizione dei medici specializzandi, all’interno dell’unico ambiente
ospedaliero ove opera il resto del personale sanitario appartenente alla
medesima azienda sanitaria, non possa sfuggire alla copertura assicurativa
pubblica nel campo infortunistico, la cui gestione è affidata all’Inail.

Ciò discende, a ben vedere, dalla centralità che ha
assunto, all’interno del sistema dell’assicurazione obbligatoria per gli
infortuni, il principio del rischio professionale assicurato così come
interpretato alla luce dell’art. 38 Cost., con
il necessario superamento della logica strettamente assicurativa della semplice
traslazione del rischio che caratterizzava la materia prima dell’era
costituzionale. Da ciò si trae l’indicazione interpretativa secondo la quale la
disposizione contenuta nel comma tre dell’art. 41 d.lgs. n. 398 del 1999 non
può che essere intesa come obbligo di assicurare i medici specializzandi presso
l’INAIL, ai sensi dell’art. 4
d.P.R. n. 1124 del 1965.

11. Già Corte costituzionale n. 160 del 1974 ebbe
modo di chiarire, a proposito del contenuto dell’art.
38, secondo comma, Cost. e della differenza ontologica tra il sistema delle
assicurazioni private e quello delle assicurazioni pubbliche, che <[…] la
natura, la funzione e lo stesso rapporto che sta alla base delle assicurazioni
sociali sono sostanzialmente diversi dalle assicurazioni private, anche se
hanno in comune alcuni caratteri generali. Netto, proprio per il disposto
dell’art. 38 Cost., il distacco tra assicurazioni private e assicurazioni
sociali, sia in relazione ai fini, sia in relazione ai soggetti […] La natura
delle assicurazioni sociali è tipicamente pubblicistica e gli organi che, per
legge, ad esse presiedono, sono chiamati a provvedere ai compiti che la
Costituzione affida, in via primaria allo Stato, che è tenuto a garantire alle
categorie dei cittadini presi in considerazione dalla norma costituzionale e
col verificarsi delle condizioni in essa previste, i mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita. L’assicurazione privata gravita intorno ad un’impresa, che,
nelle ben precise regole tecnico- organizzative della copertura del rischio,
tiene conto di un quid destinato a rappresentare l’utile dell’impresa. L’utile
d’impresa è un fattore estraneo alle assicurazioni sociali, anche se la loro
struttura tecnico-organizzativa tiene conto di alcuni fattori propri
dell’impresa privata.

Nell’assicurazione privata all’assicurato, o a chi
per lui si obbliga, compete l’onere del pagamento del premio; nell’assicurazione
sociale l’obbligo di pagare i contributi assicurativi grava di regola su
persona diversa dall’assicurato, né il pagamento dei contributi condiziona il
diritto alla prestazione; né, d’altra parte, la persona tenuta al pagamento dei
contributi ha un qualche diritto nei confronti dell’ente assicuratore. Fine
precipuo delle assicurazioni sociali, invece, è quello di garantire ai
beneficiari la sicurezza del soddisfacimento delle necessità di vita a seguito
della cessazione o riduzione dell’attività lavorativa o per vecchiaia, o per
infortunio, o per malattia o per invalidità, o per disoccupazione
involontaria>.

11. Dunque, pur se è vero che la norma
costituzionale lascia piena libertà allo Stato di scegliere i modi, le forme,
le strutture organizzative che ritiene più idonee e più efficienti allo scopo,
non può essere revocato in dubbio, continua la Corte costituzionale cit. <
[…] che la scelta di essi deve essere tale da costituire piena garanzia, per
i lavoratori, al conseguimento delle previdenze alle quali hanno diritto, senza
dar vita a squilibri e a sperequazioni, non razionalmente giustificabili, fra
categorie e categorie. Lo Stato ha scelto, o meglio ha mantenuto, per un
criterio tecnico organizzativo, la forma assicurativa, ma ciò non comporta che
questa necessariamente debba sottostare alle regole, ai limiti e ai criteri
informatori propri delle assicurazioni private, il che porterebbe a snaturare
il carattere pubblicistico del rapporto e la collocazione costituzionale della
previdenza sociale>.

12. Nel caso in esame è evidente l’intento della
legge di apprestare tutela assicurativa in favore dei medici specializzandi
secondo lo schema tipico dell’assicurazione pubblica gestita dall’Inail,
trattandosi di obbligo imposto all’azienda sanitaria, soggetto diverso
dall’assicurato destinatario della protezione costituzionale, all’interno della
cui organizzazione produttiva si espleta l’attività formativa che genera il
rischio di lesione dell’integrità fisica e che deve trovare protezione in forma
egualitaria rispetto al personale della stessa Azienda.

Tali necessari obiettivi che la disposizione in
commento pone, inducono inequivocabilmente a ritenere che l’assicurazione da
stipulare sia quella pubblica, essendo non raggiungibili attraverso la stipula
di assicurazioni private.

13. Del resto, la giurisprudenza di questa Corte di
legittimità (vd. Cass. n. 10933 del 7 novembre 1997) ha messo in evidenza la
estraneità, nella materia della protezione sociale cui lo Stato è obbligato,
dello schema assicurativo di natura privatistica rispetto alla struttura del
sistema assicurativo pubblico: l’obbligazione di versare i contributi e quella
di erogare prestazioni previdenziali non sono configurabili come obbligazioni
corrispettive, per il motivo fondamentale che ambedue sono imposte unicamente
ed immediatamente per la soddisfazione di un interesse pubblico, e non
realizzano la composizione di un conflitto di interessi tra i soggetti
obbligati.

14. Anche per tale ragione non pare percorribile
l’indagine di una sostanziale possibile equivalenza tra assicurazione privata
ed assicurazione pubblica nel caso di infortunio quanto al livello di tutela
derivante ai medici specializzandi.

Si tratta, in definitiva, di ipotesi, quanto ai
soggetti assicurati, pienamente riconducibile alla previsione dell’art. 4, numero 5, t.u. d.p.r. n.
1124 del 1965, secondo cui vanno assicurati, fra gli altri,< […] gli
allievi dei corsi di qualificazione o riqualificazione professionale […]
comunque istituiti o gestiti> in relazione all’attività.

15. Il ricorso va, quindi, rigettato. Le spese
seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi
Euro 4000,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi; spese forfetarie
nella misura del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma
1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1-bis.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 gennaio 2021, n. 443
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