Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 gennaio 2021, n. 1399
Rendita per infortunio sul lavoro, Domanda di regresso
dell’Inail, Responsabilità per omesso controllo e vigilanza sui compiti
delegati, Nozione di datore di lavoro non in senso lavoristico ma in senso
prevenzionale
Rilevato che
1. Con sentenza del 9.12.13, la Corte di Appello di
Roma, in parziale riforma della sentenza 6.10.10 del tribunale di Cassino,
condannava O., amministratore Unico della S. srl, società già fallita, a
rimborsare all’Inail la somma di euro 610.601, oltre accessori e spese, già
pagate al lavoratore infortunato M. a titolo di rendita per infortunio sul
lavoro per inabilità permanente del 85%; la stessa sentenza rigettava la
domanda di regresso dell’INAIL verso M., capofficina della azienda, compensando
le spese del doppio grado di giudizio.
2. In particolare, la corte territoriale riteneva,
quanto alla posizione dell’amministratore unico, che la delega di funzioni data
dall’amministratore al M. non comprendeva poteri di spesa e non escludeva la
responsabilità per omesso controllo e vigilanza sui compiti delegati, atteso in
particolare la non rilevante dimensione aziendale.
3. Quanto al capo officina, la sentenza rilevava che
il giorno dell’infortunio era assente per ferie, che lavorava in genere nel
solo turno diurno e che non era a conoscenza della disattivazione dei
dispositivi di sicurezza che i colleghi facevano solo di notte.
4. Avverso tale sentenza ricorrono la O. per quattro
motivi e M. -con ricorso successivo- per un motivo, illustrato da memoria;
resiste l’INAIL con distinti controricorsi.
Considerato che
5. Con il primo motivo la ricorrente O. lamenta -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione dell’articolo 2050 in relazione all’articolo 2697 c.c., per avere applicato a
fondamento della responsabilità l’articolo 2050
c.c., sebbene l’amministratore unico non fosse il datore di lavoro.
6. Con il secondo motivo si lamenta -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione degli articoli 10 e 11 del testo unico
infortuni, in relazione agli artt. 2050 e 2043 c.c., nonché 24
Cost.
7. I due motivi possono essere esaminati
congiuntamente e le censure si rivelano infondate perché partono da presupposto
errato, trascurando che in materia di sicurezza sul lavoro trova applicazione
la nozione di datore di lavoro non in senso lavoristico ma in senso
prevenzionale, e che tale figura -per espressa definizione normativa della
nozione relativa- comprende non solo il datore di lavoro formale ma proprio la
figura dell’amministratore unico, il quale è titolare dei poteri decisionali e
di spesa in materia di sicurezza sul lavoro.
8. La ricorrente era dunque titolare di specifica
posizione di garanzia connessa alla funzione di amministratrice della società
rispetto alla quale vi era una precisa responsabilità in tema di prevenzione e
sorveglianza degli obblighi antinfortunistici, con conseguente responsabilità
ex articolo 2087 e 2050
c.c.
9. Tale responsabilità sussiste anche in relazione
al regresso esperito dall’ente previdenziale (“jure proprio”) ai
sensi degli artt. 10 ed 11 del
d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, azione esperibile non solo nei confronti del
datore di lavoro, ma anche verso i soggetti responsabili o corresponsabili
dell’infortunio a causa della condotta da essi tenuta in attuazione dei loro
compiti di preposizione o di meri addetti all’attività lavorativa, giacché
essi, pur essendo estranei al rapporto assicurativo, rappresentano organi o
strumenti mediante i quali il datore di lavoro ha violato l’obbligo di
garantire la sicurezza nel luogo di lavoro, senza che a ciò sia di ostacolo la
possibile affermazione della loro responsabilità solidale atteso che l’art. 2055 cod. civ. consente la diversità dei
rispettivi titoli di responsabilità (contrattuale per il datore di lavoro ed
extracontrattuale per gli altri) (Cassazione Sez. U, Sentenza n. 3288 del
16/04/1997, Rv. 503736 – 01; Sez. L, Sentenza n.
6212 del 07/03/2008, Rv. 602495 – 01; con riferimento alla responsabilità
da attività pericolosa, altresì, Sez. 3, Sentenza n. 1966 del 27/01/2009, Rv.
606328 – 01).
10. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta -ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.- l’omesso esame tre
fatti asseritamente decisivi, consistenti nel comportamento abnorme dei
lavoratori che avevano disattivato le misure di sicurezza, nelle mansioni
esclusivamente amministrative e contabili svolte dalla ricorrente e nel
corretto funzionamento del macchinario presso il quale si era verificato
l’infortunio.
11. Il motivo è infondato in quanto la corte di appello
ha considerato le mansioni dell’amministratrice ma ne ha fondato la
responsabilità sulla sua posizione di garanzia e sulla mancata vigilanza del
rispetto concreto delle misure di sicurezza, tanto più nei confronti del
lavoratore poi infortunatosi, che aveva solo contratto di formazione e lavoro
(e nei cui confronti doveva essere apprestata una più intensa tutela: cfr. Cassazione Sez. L, Sentenza n. 11622 del 18/05/2007,
Rv. 596905 – 01).
12. Per altro verso, la corte territoriale ha
escluso la rilevanza del comportamento dei lavoratori ritenendolo non abnorme,
ma costituendo esso proprio il comportamento che la misura di sicurezza
inattuata mirava a prevenire, restando irrilevante il pregresso corretto
funzionamento dei macchinari, ove l’evento si sia comunque verificato in
correlazione con l’omessa misura di sicurezza.
13. Quando da ultimo rilevato dà ragione anche della
infondatezza del motivo sollevato -ex articolo 360
co. 1 n. 3 c.p.c.- con il quarto motivo di ricorso, con il quale si lamenta
violazione dell’articolo 1227 c.c. In
particolare, anche a supporre che la doglianza non sia nuova (e come tale
inammissibile) ma sia stata proposta nel giudizio di merito (sebbene ciò non
risulti dalla sentenza impugnata né dal motivo di ricorso), la stessa è
comunque infondata in quanto la corte ha fatto corretta applicazione dei
principi giurisprudenziali in materia che escludono la rilevanza del
comportamento del lavoratore al di fuori della configurabilità, nella specie
non ricorrente, di rischio elettivo (Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 4980 del
08/03/2006, Rv. 587587 – 01, che ha ritenuto che l’elusione del meccanismo di
sicurezza, pur dovuta all’iniziativa del lavoratore, non esclude la
responsabilità datoriale, atteso che la “tipicità” di un procedimento
lavorativo pericoloso, nel quale l’operatore, per maggiore libertà di
movimento, manovri la macchina dopo aver reso inoperante i meccanismi di sicurezza,
non esclude né riduce la colpa dell’imprenditore).
14. Con unico motivo di ricorso M. lamenta
violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., per avere la sentenza compensato le
spese del doppio grado di giudizio nei suoi confronti senza motivazione e
benché egli fosse pienamente vittorioso.
15. Il motivo è fondato, risultando erroneo ed
immotivato il regolamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio.
16. Il capo della sentenza deve essere cassato e può
decidersi nel merito delle spese in relazione sia al due gradi del giudizio di
merito che al giudizio di legittimità.
17. Le spese del giudizio di legittimità per il
resto seguono la soccombenza di O.. Si dà inoltre atto della sussistenza dei
presupposti processuali di cui all’art.
13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso di M., cassa in parte qua la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna l’INAIL al pagamento delle
spese dei due gradi di merito e del giudizio di legittimità, che si liquidano
per competenze professionali in euro 10.000 per il giudizio di primo grado,
euro 10.000 per il giudizio di appello, euro 12.000 per il giudizio di
legittimità, oltre per ciascun grado di giudizio ad euro 200 per esborsi, spese
generale nella misura del 15% ed accessori come per legge;
Rigetta il ricorso di O. e condanna la ricorrente al
pagamento in favore dell’INAIL delle spese, liquidate in euro 12.000 per
competenze professionali, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e
spese generali al 15%. Ai sensi dell’art.
13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della O., dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso
a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13, se dovuto.