Gli emolumenti erogati una tantum a un dipendente prossimo alla pensione per favorirne l’esodo non sono assoggettati a tassazione ordinaria, al pari? del trattamento di fine rapporto (TFR).
Nota a Risp. AdE 20 ottobre 2020, n. 490
Stefano Quaranta
La fattispecie in esame trae origine dalla istanza formulata da una società, intenzionata a favorire il collocamento anticipato, su base volontaria, di alcuni dipendenti prossimi al raggiungimento dei requisiti pensionistici, offrendo loro un incentivo all’esodo rappresentato da una somma da destinare al pagamento dei contributi previdenziali per il riscatto agevolato della laurea.
Al riguardo, la società istante proponeva d’intraprendere un percorso che avrebbe condotto alla sottoscrizione di un accordo con l’INPS per la gestione accentrata da parte della stessa dei pagamenti riferiti ai singoli dipendenti beneficiari. La sottoscrizione dell’accordo con l’INPS e, di conseguenza, l’effettivo pagamento di quanto dovuto a titolo di riscatto del periodo di laurea, avrebbero avuto luogo successivamente alla cessazione del rapporto lavorativo, ma in ogni caso entro il 2020.
La società istante chiedeva di conoscere:
- quale trattamento fiscale applicare alle somme corrisposte per conto dei dipendenti per le finalità innanzi dette. Più nello specifico, essa chiedeva conferma che i versamenti per il riscatto del periodo di laurea costituissero, ancorché erogati in epoca successiva al momento di cessazione del rapporto lavorativo, redditi di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione separata al momento del pagamento, in quanto connessi alla risoluzione del rapporto di lavoro e dell’incentivo all’esodo;
- se le somme corrisposte fossero deducibili ai fini IRPEF ai sensi dell’art. 51, co. 1, lett. h), T.U.I.R. (in sede di conguaglio fiscale di fine rapporto, dal reddito di lavoro dipendente assoggettato, prima della pensione, a tassazione ordinaria);
- se le stesse costituissero un costo del lavoro per l’impresa e se pertanto il relativo onere fosse deducibile a fini IRES.
L’Agenzia ha preso posizione su tutti e tre i quesiti sottoposti.
Con riferimento alla prima questione, ha considerato che le somme da accantonare su richiesta del dipendente sono frutto di un accordo che esula dalle somme dovute a quest’ultimo per legge e/o per contratto di lavoro, le stesse non potranno essere considerate parte della retribuzione assoggettabile a tassazione ordinaria. Di contro, sostanziandosi gli importi de quibus in un’offerta, da parte del datore di lavoro, di somme aggiuntive rispetto a quelle dovute al lavoratore, che accetta di risolvere anticipatamente il rapporto di lavoro, esse sono assimilabili ad un incentivo all’esodo. Questo è qualificabile come reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione separata in quanto ricompreso (come peraltro affermato nella Circolare 20 marzo 2001, n. 29/E) tra le indennità e somme percepite una tantum in dipendenza della cessazione dei predetti rapporti di lavoro dipendente, di cui all’art. 17, co. 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986. Ai sensi di tale ultima disposizione, l’imposta si applica separatamente ai predetti proventi, anche qualora le somme corrisposte a titolo di incentivo all’esodo siano erogate in più soluzioni, sempreché detto profilo attenga alle modalità di esecuzione della prestazione dedotta nel relativo accordo.
Per effetto del combinato disposto degli artt. 17, co. 1, lett. a), e 19, co. 2, T.U.I.R., dunque, nella fattispecie in esame, l’incentivo all’esodo, comprensivo della quota destinata a riscattare i periodi d’istruzione universitaria, dovrà essere assoggettato a tassazione separata con l’aliquota applicata al Trattamento di Fine Rapporto (cfr., tra l’altro, Circolare 16 febbraio 2007, n. 10/E).
Quanto alla seconda questione, l’Agenzia ritiene di dover distinguere i contributi previdenziali obbligatori (che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente) da quelli facoltativi (che invece vi concorrono), ovvero “quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza“, tra i quali sono da ricomprendere quelli versati per il riscatto degli anni di laurea, e che sono pertanto deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. e), T.U.I.R.. La deducibilità dal reddito complessivo dei contributi volontari alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza può essere riconosciuta anche dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 51, co. 2, lett. h), T.U.I.R., in applicazione del quale non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, «le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all’articolo 10 e alle condizioni ivi previste».
Quanto al terzo punto sottopostole, l’Agenzia ha infine specificato che in relazione al trattamento ai fini IRES dell’emolumento in esame, il riconoscimento della somma da destinare al pagamento dei contributi previdenziali propedeutici al riscatto agevolato del corso di laurea, configurandosi come una forma di incentivo all’esodo, è da ritenere come una controprestazione per agevolare la risoluzione consensuale del rapporto ed ha, quindi, una specifica connessione con il rapporto di lavoro, con conseguente deducibilità come componente negativo del reddito di impresa.