Con la Circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il regime speciale per i lavoratori c.d. “impatriati” previsto dall’art. 16, D.LGS. n. 147/2015.
Nota AdE Circ. 28 dicembre 2020, n. 33/E
Marialuisa De Vita
L’Agenzia delle Entrate, con la corposa Circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020, ad integrazione di precedenti documenti di prassi (cfr. tra gli altri, Circ. n. 17/E/2017, Ris. n. 51/E/2018 e Ris. 76/E/2018), ha fornito ulteriori chiarimenti interpretativi in merito al regime speciale per i lavoratori c.d. “impatriati” previsto dall’art. 16 del D.LGS. 14 settembre 2015, n. 147, nella formulazione risultante dalle modifiche apportate dall’art. 5, D.L. n. 23/2019 (c.d. Decreto Crescita). La Circolare in commento non tiene conto delle recenti modifiche apportate al regime de quo dalla Legge di Bilancio 2021 (art. 1, co. 50, L. 31 dicembre 2020, n. 178), in quanto antecedente ad essa.
Come noto, ai sensi dell’art. 16, D.LGS. n. 147/2015, i redditi di lavoro autonomo, i redditi di lavoro dipendente, quelli assimilati ai redditi di lavoro dipendente e (dal 2019), i redditi di impresa, prodotti in Italia da lavoratori (cittadini italiani o esteri) che vi trasferiscono la residenza a fini fiscali, concorrono alla formazione del reddito complessivo nei limiti del 30% (del 50% nella formulazione vigente fino al 30 aprile 2019) del loro ammontare ovvero del 10% per coloro che trasferiscono la residenza (al momento dell’impatrio) in una delle regioni del Mezzogiorno. Tale regime ha carattere temporaneo e trova attuazione a decorrere dal periodo d’imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi d’imposta successivi.
Dal punto di vista soggettivo, possono beneficiare della suddetta agevolazione i soggetti che sono in possesso dei requisiti previsti, in via alternativa, dal co. 1 e dal co. 2 dell’art. 16 D.LGS. n. 147/2015. In particolare, possono accedere al regime agevolativo solo i lavoratori che (art. 16, co. 1) :
- sono stati residenti all’estero (anche ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi) nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento in Italia e si impegnano a permanervi per almeno due anni;
- prestano l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Il regime in questione vale anche per i cittadini di Stati UE e, dal 2017, per quelli di Stati extra UE (con i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale), che soddisfano uno dei seguenti requisiti (art. 16, co. 2):
- sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, ovvero autonomo oppure d’impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
- hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea ovvero una specializzazione post lauream.
I soggetti di cui al co. 1 e 2 della disposizione in esame, che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia a decorrere dall’anno 2020, possono fruire dell’agevolazione per ulteriori cinque periodi di imposta (per un totale, dunque, di dieci periodi di imposta), beneficiando della tassazione però del 50% (invece che del 30% previsto per il primo quinquennio) del reddito imponibile, in presenza di specifici requisiti (che devono realizzarsi entro la scadenza del primo quinquennio di fruizione), quali, alternativamente:
- avere almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo; oppure
- acquistare un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia direttamente da parte del lavoratore oppure da parte del coniuge, del convivente o dei figli, anche in comproprietà. Tale ultima ipotesi deve realizzarsi successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento.
La percentuale di tassazione dei redditi agevolabili prodotti nel territorio dello Stato nel secondo quinquennio può essere ridotta al 10% nel caso in cui i contribuenti abbiano almeno tre figli minorenni o a carico.
Il requisito sub 1) è integrato nell’ulteriore quinquennio anche nell’ipotesi – precisa l’Agenzia delle Entrate – in cui, successivamente al rientro in Italia, i figli diventino maggiorenni ovvero fiscalmente non più a carico. L’impatriato può poi fruire dell’agevolazione anche nell’ipotesi in cui i figli minorenni o fiscalmente a carico non siano residenti in Italia al momento del rientro, purché lo diventino entro il primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione da parte del genitore.
Il requisito sub 2), invece, è soddisfatto anche nel caso in cui il contribuente sia già proprietario di altro immobile di tipo residenziale sul territorio dello Stato, non essendovi espresse esclusioni in tal senso nella norma. Tuttavia, il requisito non può ritenersi integrato nell’ipotesi in cui l’acquisto non sia a titolo oneroso, abbia ad oggetto la sola nuda proprietà o il solo diritto di usufrutto. Analogamente, la sottoscrizione di un preliminare non è sufficiente ad integrare il presupposto per l’estensione del regime agevolato in quanto la sottoscrizione di un contratto preliminare produce effetti obbligatori e non traslativi del diritto di proprietà.
Per completezza, si ricorda che, come anticipato, il regime in esame è stato modificato dall’art. 1, co. 50 della Legge di Bilancio 2021, nel senso di estendere la possibilità di fruire della proroga per ulteriori 5 periodi di imposta anche ai soggetti rientrati in Italia prima del 2020 e che, alla data del 31 dicembre 2019, risultano già beneficiari del regime in esame. Tali soggetti possono optare per l’estensione temporale, previo versamento di un importo pari:
- al 10% dei redditi agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio dell’opzione se, al momento dell’esercizio dell’opzione, hanno, alternativamente, almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo o sono diventati proprietari di una unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diventano proprietari (anche unitamente al coniuge, al convivente o ai figli) entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione;
- al 5% dei redditi agevolati relativi all’annualità precedente a quella di esercizio dell’opzione se, al momento dell’esercizio dell’opzione, hanno, questa volta congiuntamente, almeno tre figli minorenni, anche in affido preadottivo e diventano o sono diventati proprietari di una unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, ovvero ne diventano proprietari (anche unitamente al coniuge, al convivente o ai figli) entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione.
Dal punto di vista oggettivo, come si è visto, il regime di favore si applica solo a determinate categorie reddituali. Con la Circolare in esame l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune precisazioni relativamente alle nozioni di “redditi di lavoro autonomo” e “redditi di impresa”. Quanto ai primi, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che la tassazione agevolata si applica ai redditi di lavoro autonomo derivanti da attività svolte sia in forma individuale sia in forma associata, purché prodotti nel territorio dello Stato. Sono esclusi, invece, quelli assoggettati al regime forfettario, in quanto, come noto, non concorrono alla formazione del reddito complessivo.
I lavoratori autonomi accedono al regime fiscale direttamente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi o, in alternativa, già in sede di applicazione della ritenuta d’acconto operata dal committente sui compensi percepiti. Per subire la ritenuta in misura ridotta, il professionista è tenuto – precisa la circolare – a presentare a ciascun committente una richiesta scritta, così che quest’ultimo, all’atto del pagamento del corrispettivo, possa operare la ritenuta del 20% sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile.
Per quanto riguarda i redditi di impresa, atteso che la previsione normativa fa riferimento ai soli redditi di impresa prodotti dai soggetti di cui al co.1 e 2 dell’art. 16, D.LGS. n. 147/2015, l’Agenzia delle Entrate ha escluso dall’agevolazione i redditi prodotti dalle società di persone commerciali e imputati per trasparenza ai soci ex art. 5 TUIR. Parimenti ha escluso i redditi di impresa prodotti dalle società a responsabilità limitata “a ristretta base proprietaria” i cui soci sono esclusivamente persone fisiche ex art. 116 TUIR. In altri termini, per l’Amministrazione finanziaria sono agevolabili solo i redditi di impresa prodotti dalle persone fisiche mediante l’esercizio della propria attività lavorativa (e non quelli prodotti in forma associata).
Con riferimento, invece, ai redditi di lavoro dipendente, viene chiarito che, operativamente parlando, un lavoratore dipendente può beneficiare dell’agevolazione presentando una richiesta scritta al datore di lavoro, il quale deve applicare il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione, applicando le ritenute previste per legge sull’imponibile ridotto alla percentuale di reddito tassabile. Nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non possa riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, direttamente nella dichiarazione dei redditi, indicando il reddito di lavoro dipendente nella misura ridotta.
Nelle ipotesi in cui l’impatriato non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio o non ne abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione (per tali intendendosi quelli ordinari di presentazione del Modello Redditi Persone Fisiche) risultano scaduti, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto precluso l’accesso al regime. Resta ferma la possibilità per il contribuente di fruire del regime speciale (vigente al momento del trasferimento della residenza fiscale in Italia) per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile.
Possono avvalersi del regime in questione anche i contribuenti che presentano la dichiarazione dei redditi entro 90 giorni dalla scadenza del termine, indicando nella c.d. dichiarazione tardiva i redditi agevolabili in misura ridotta.
É, invece, preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi “integrativa a favore” oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza, trattandosi di un regime opzionale.
Importante precisazione della Circolare è quella che riguarda gli sportivi professionisti che si trasferiscono dall’estero in Italia. Per l’Agenzia deve ritenersi precluso l’accesso al beneficio per i suddetti soggetti, non essendo stato emanato il decreto interministeriale disciplinante i criteri e le modalità di attuazione dell’art. 16, co. 5-quinquies, che subordina l’accesso al regime per gli sportivi professionisti al versamento di un contributo pari allo 0,5% della base imponibile (coincidente con il 50% dei redditi agevolati), da destinare al potenziamento dei settori giovanili.
Infine, sono fornite precisazioni in merito ad alcuni casi particolari. Tra questi si segnalano:
a) il caso dei contribuenti che svolgono un lavoro subordinato a bordo di navi ed aeromobili in traffico internazionale. In tale ipotesi, l’attività lavorativa può ritenersi svolta “prevalentemente” nel territorio italiano se il contribuente presta l’attività nel territorio dello Stato italiano, ovvero su tratte aeree nazionali o a terra sul territorio italiano per un periodo pari o superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo di imposta;
b) il caso dei redditi derivanti dalla utilizzazione economica di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico. L’Agenzia ritiene che tali redditi siano agevolabili solo se derivano dall’esercizio di arti e professioni;
c) il caso dei contribuenti che rientrano in Italia a seguito di aspettativa non retribuita. In considerazione dei meri effetti sospensivi che l’istituto della aspettativa non retribuita produce sul rapporto di lavoro, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che il rientro in Italia al termine del periodo di aspettativa non sia in linea con la vis attrattiva sottesa al regime in esame e pertanto ha negato ai contribuenti in aspettativa non retribuita l’accesso al regime in commento.