Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1927
Pagamento di differenze retributive, Diritto alla
progressione di carriera, Mancata o tardiva produzione della fonte collettiva
Rilevato
– che, con sentenza del 14 aprile 2016, la Corte
d’Appello di L’Aquila, chiamata a pronunziarsi sul gravame avverso la decisione
resa dal Tribunale di Lanciano di rigetto della domanda proposta da K.N. nei
confronti della M.C. S.r.l., avente ad oggetto il pagamento di differenze
retributive a titolo di straordinario, indennità sostitutiva dei permessi ROL
non fruiti, elemento di garanzia contrattuale e progressione di carriera ex art. 26 del CCNL per l’industria
alimentare, in riforma della predetta decisione riconosceva il diritto
della K.N., alla progressione prevista dall’art. 26 del CCNL con condanna
della Società al pagamento in favore della stessa delle differenze retributive
corrispondenti alla prevista progressione dal 6A al 5A livello per il periodo
dal luglio 2006 all’aprile 2011;
– che la decisione della Corte territoriale discende
dall’aver questa ritenuto il vantato credito per lavoro straordinario, per
quanto non prescritto non essendo applicabile alla Società il regime di
stabilità reale, comunque non provato per non essere stato provato neppure
l’orario normale, non provate neppure le pretese relative all’indennità
sostitutiva dei permessi ROL e all’elemento di garanzia contrattuale, ovvero
l’integrazione della retribuzione per i casi di assenza per malattia,
infortunio maternità, fondata invece la domanda relativa al riconoscimento a
far data dal luglio 2006 e fino all’aprile 2011, allorché transitava nella
superiore qualifica, della progressione ex art. 26 CCNL dal 6A al 5A
livello decorsi sei mesi dall’impiego nei termini indicati dalla norma
contrattuale medesima, dovendosi interpretare la stessa come distintamente
riferita agli addetti alla produzione, come la K.N. e agli addetti al carico e
scarico delle merci e non come circoscritta al personale contestualmente
adibito ai predetti settori operativi e dovendo ritenersi i relativi conteggi
attendibili e non contestati;
– che per la cassazione di tale decisione ricorre la
Società, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con
controricorso, la K.N.;
– che entrambe le parti hanno presentato memoria
Considerato che
– che, con il primo motivo, la Società ricorrente,
nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 414
e 415 c.p.c., imputa alla Corte territoriale di
aver fondato la pronunzia di accoglimento della pretesa retributiva in
questione in difetto o non considerando la tardività della produzione del CCNL
di diritto comune recante la previsione relativa e dunque in carenza di causa
pretendi;
– che, con il secondo motivo, denunziando la
violazione e falsa applicazione degli artt. 2948,
2955 e 2697 c.c.,
la Società ricorrente, lamenta la non conformità a diritto del capo della
sentenza che disconosce l’operatività nella specie della prescrizione
quinquennale e della prescrizione presuntiva annuale, avendo la Società
ricorrente allegato in primo grado il dato relativo alla consistenza del
proprio organico superiore ai 60 dipendenti, senza che vi fosse in quella sede
contestazione da parte dell’allora ricorrente, che vi ha proceduto solo in
grado di appello;
– che, nel terzo motivo, la violazione e falsa
applicazione dell’art. 26 del
CCNL per l’industria alimentare è prospettato con riferimento all’erronea
interpretazione della norma medesima in cui sarebbe incorsa la Corte
territoriale;
– che, con il quarto motivo, rubricato con
riferimento al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, la Società
ricorrente imputa alla Corte territoriale l’omessa considerazione delle
contestazioni tempestivamente dalla Società medesima sollevate in relazione al
quantum della domanda;
– che complessivamente considerati i proposti motivi
di censura muovono dalla prospettazione di una linea difensiva per la quale la
lavoratrice non avrebbe diritto alla progressione di carriera riconosciuta
dalla Corte territoriale ed alle relative differenze retributive, in quanto la
pretesa risulterebbe inammissibile per essere stata proposta senza l’adeguato
supporto fondativo, stante la mancata o tardiva produzione del CCNL che la
prevedeva, per di più solo a partire dal 2009, comunque infondata, per non
essere la norma collettiva interpretabile nei termini fatti propri dalla Corte
territoriale, in ogni caso prescritta per il periodo anteriore al 2 luglio
2007, che precede di un quinquennio la data di deposito del ricorso, essendo il
rapporto assistito da stabilità reale, ed, infine, insussistente nel quantum
determinato dalla lavoratrice, secondo la contestazione a riguardo puntualmente
sollevata dalla Società, contrariamente a quanto statuito dalla Corte
territoriale;
– che, così riletti, tutti gli esposti motivi
risultano in parte inammissibili ed in parte infondati: inammissibile è la
censura intesa a confutare l’applicazione del CCNL in epoca anteriore al 2009,
omettendo in questa sede la Società ricorrente di dar conto di quanto sostenuto
in ordine all’introduzione del beneficio della progressione di carriera in
questione da parte del CCNL concluso in quella data, conseguentemente infondata
è la censura relativa alla carenza di causa petendi per mancata o tardiva
produzione della fonte collettiva, avendo la Corte territoriale sancito
l’applicabilità della disciplina collettiva, riferita a data antecedente al
2009 e risultante dalle buste paga successive all’aprile 2011, allorché la
lavoratrice conseguiva la superiore 6A qualifica, “quantomeno come
parametro di equità della retribuzione ai fini della tutela apprestata dall’art. 36 Cost.”, inammissibile la censura
relativa alla questione della prescrizione, non dando la Società ricorrente qui
conto della statuizione della Corte territoriale in ordine al difetto di prova
dell’applicabilità del regime di stabilità reale implicante il decorso della
prescrizione durante il rapporto, (v. al riguardo Sez.
L. 7640/2012 su relativi oneri probatori a carico del datore di lavoro);
ancora inammissibile la censura intesa a denunciare
l’erroneità dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale della
previsione collettiva relativa alla progressione di carriera dalla 5^ alla 6^
qualifica, risolvendosi quella censura in una apodittica confutazione della
stessa; infondata la censura relativa al pronunciamento della Corte
territoriale in ordine alla mancata contestazione del quantum, emergendo dallo
stesso ricorso che la Società, piuttosto che contestare nei gradi di merito il
conteggio prodotto dalla lavoratrice, ha prodotto un diverso conteggio, fondato
su diversi presupposti, dati in particolare dalla diversa data di decorrenza
del beneficio, indicata in termini coerenti con la deduzione per cui lo stesso
sarebbe stato introdotto solo a partire dal 2009;
– che il ricorso va, dunque, rigettato;
– che le spese seguono la soccombenza e sono
liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro
200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 1 5 %
ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se
dovuto.