Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 28 gennaio 2021, n. 1929

Stato passivo del Fallimento, Nullità del termine apposto ad
una serie di contratti, Medesima ragione di credito di altra precedente,
Conversione del rapporto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato,
Risarcimento omnicomprensivo

 

Rilevato che

 

1. Con decreto 17 gennaio 2017, il Tribunale di
Lecce rigettava l’opposizione proposta, ai sensi dell’art. 98 I. fall., da M.F.
avverso lo stato passivo del Fallimento S.E. s.p.a., dal quale era stato
escluso il suo credito di € 6.561,43, insinuato a titolo di T.f.r. (sulla base
della sentenza del Tribunale di Lecce in funzione di giudice del lavoro, che
aveva accertato la nullità del termine apposto ad una serie di contratti in
virtù dei quali egli aveva prestato attività lavorativa alle dipendenze della
società poi fallita, dal 17 giugno 2008 al 15 gennaio 2013 e la sussistenza di
un rapporto di lavoro a tempo indeterminato), sul duplice presupposto di
inammissibilità della domanda per la medesima ragione di credito di altra
precedente (di insinuazione per la somma di € 3.372,88, di cui € 1.378,47 per
T.f.r. maturato dal 7 febbraio 2012 al 15 gennaio 2013: periodo effettivamente
lavorato dopo il ripristino del rapporto disposto dalla suindicata sentenza n.
11219/11) e comunque di portata risarcitoria della pronuncia a fronte della
natura di retribuzione differita del T.f.r.;

2. essa aveva, infatti, convertito il rapporto a
tempo determinato in uno a tempo indeterminato e condannato la società datrice
ad un risarcimento omnicomprensivo (parametrato sulla retribuzione mensile),
ancorché anteriore all’introduzione dell’art. 32, quinto comma I. 183/2010:
con esclusione pertanto della maturazione, in favore del predetto, per i
periodi “non lavorati” di un diritto al T.f.r., strutturalmente
connotato dalla “biunivoca afferenza alla retribuzione-base rispetto alla
quale il trattamento è differito”,

3. con atto notificato il 7 febbraio 2017, il
lavoratore ricorreva per cassazione con unico motivo, mentre la curatela
fallimentare intimata non svolgeva difese;

4. il P.G. rassegnava le conclusioni con nota
comunicata, ai sensi dell’art. 380bis n. 1 c.p.c.;

 

Considerato che

 

1. il ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 2120 c.c. in relazione
all’art. 2909 c.c., per esclusione del proprio
credito a titolo di T.f.r., benché il Tribunale di Lecce, in funzione di
giudice del lavoro, avesse accertato, con il giudicato n. 11219/11, la nullità
del termine apposto ad una serie di contratti, in virtù dei quali egli aveva
prestato attività lavorativa alle dipendenze della società, poi fallitala, 17
giugno 2008 al 15 gennaio 2013 e la sussistenza di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato, ordinandone il ripristino e pertanto comportante il
diritto al T.f.r. sulla base delle “retribuzioni virtuali” spettanti
(unico motivo);

2. esso è inammissibile;

3. il Tribunale, prima ancora di ritenerne
l’infondatezza per le ragioni censurate con il mezzo in esame, ha infatti
qualificato l’opposizione allo stato passivo inammissibile, non potendo
“la stessa ragione di credito … formare oggetto di due distinte domande
di insinuazione al passivo; tanto … già sufficiente a definire il
giudizio” (così all’ultimo capoverso di pg. 3 del decreto): e tale prima
autonoma ratio decidendi non è stata confutata dal ricorrente;

3.1. ora, è noto il consolidato principio secondo
cui, qualora la decisione di merito si fondi su una pluralità di ragioni, tra
loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e
giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes
decidendi (o addirittura la mancanza di una loro specifica formulazione, come
nel caso di specie) renda inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse,
le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di
doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante
l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa
(Cass. 3 novembre 2011, n. 22753; Cass. 14 febbraio 2012, n. 210; Cass. 29
marzo 2013, n. 79318; Cass. 19 febbraio 2016, n. 3307);

4. pertanto il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, senza assunzione di provvedimenti sulle spese, non avendo la
curatela vittoriosa svolto difese, raddoppio del contributo unificato, ove
spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle
indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535)

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13,
se dovuto.

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