I contributi versati annualmente dal datore di lavoro ad una Cassa sanitaria non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, a condizione che la Cassa risulti contraente e beneficiaria della polizza assicurativa.

Nota a AdE Risposta 6 ottobre 2020, n. 443

Antonio Guidone

Con la Risposta ad interpello n. 443 del 6 ottobre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i contributi di assistenza sanitaria, versati a casse aventi esclusivamente finalità assistenziale, non concorrono alla formazione del reddito del lavoratore dipendente, ai sensi dell’art. 51, co. 2, lett. a), del Tuir, solo se la Cassa sanitaria, allorquando gestisca tali contributi mediante assicurazione, è allo stesso tempo contraente e beneficiaria della polizza assicurativa; in caso contrario gli stessi contributi sono qualificabili come fringe benefits.

Nel caso di specie, una Banca aveva dato la possibilità ai propri dipendenti di aderire ad un piano di welfare aziendale, in luogo della corresponsione in forma monetaria del premio di produzione, versando le somme stanziate ad una Cassa sanitaria che si impegnava ad incrementare e migliorare la copertura assistenziale sanitaria dei beneficiari e delle loro famiglie.

Più nel dettaglio, a fronte di una contribuzione annuale di 200 euro per ciascun dipendente, al netto della quota di iscrizione, l’istante predisponeva a favore degli eventuali beneficiari 3 proposte assistenziali alternative, così strutturate:

Ipotesi 1)

– rimborso per spese mediche fino ad un massimo di 190 euro;

– copertura del rischio di non autosufficienza, c.d. Long Term Care (LTC), fino ad una soglia annuale di 14.000 euro, realizzato attraverso la stipula di una polizza assicurativa, di cui la Cassa sarà sia contraente che beneficiaria, destinando a tal scopo una parte della contribuzione pari a 10 euro annui per ogni iscritto;

Ipotesi 2)

– rimborso per spese mediche fino ad un massimo di 150 euro;

– copertura LTC fino alla soglia di 14.000 euro annui, che la Cassa garantisce con la stipula di una polizza di cui sarà sia contraente che beneficiaria, mediante un contributo annuale di 5 euro per ogni iscritto;

– copertura per spese odontoiatriche fino ad un massimo di 750 euro annuali a fronte del contributo di 45 euro annui per iscritto;

Ipotesi 3)

– rimborso per spese mediche fino a 150 euro;

– copertura LTC fino ad un massimale di 14.000 euro, garantiti dalla Cassa con la stipula di una polizza assicurativa, di cui la stessa sarà contraente, con il contributo di 5 euro per iscritto;

– copertura per spese odontoiatriche, fino alla soglia di 750 euro, garantita grazie alla stipula di una polizza assicurativa del valore di 45 euro per ogni iscritto alla Cassa, di cui la stessa sarà contraente unica e i dipendenti iscritti i beneficiari.

Ciò detto, l’istante chiedeva se la contribuzione versata a favore della Cassa sanitaria potesse essere esclusa dalla formazione del reddito imponibile ai fini Irpef, ai sensi dell’art 51, co. 2, lett. a), del Tuir, e se, al contempo, in ciascuna delle configurazioni predisposte, fosse stato rispettato il principio di mutualità.

In primo luogo, l’Agenzia delle Entrate, nel rispondere al quesito, ha chiarito che, così come previsto dall’art. 51, co. 2, lett. a), Tuir, i contributi destinati all’assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse, aventi come fine esclusivo quello assistenziale, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente se complessivamente non superiori a 3.615,20 euro.

In secondo luogo, l’Amministrazione finanziaria ha messo in evidenza che il regime di non concorrenza al reddito, ai sensi dell’art. 51, co. 2, lett. a), Tuir, si applica solo quando la Cassa sia, al contempo, contraente e beneficiaria della polizza assicurativa; diversamente, nel caso in cui i beneficiari della polizza siano i lavoratori, i contributi versati non possono essere considerati interamente come contributi ”di assistenza sanitaria” (ovvero destinati all’erogazione di prestazioni sanitarie, come richiesto dalla norma riportata, ma devono essere qualificati come un beneficio aggiuntivo alla retribuzione del lavoratore dipendente, ovverosia un c.d. fringe benefit, e, per questo, imponibili per intero solamente se superiori all’importo di 258,23 euro ai sensi del successivo co. 3 del medesimo art. 51 (516,46 per il solo 2020).

Infine, l’Agenzia ha messo in risalto l’importanza del principio di mutualità, ricordando come, già nella circ. 29 marzo 2018, n. 5/E sia stato, tra l’altro, precisato che sussistono perplessità sul rispetto del principio di mutualità ogni qual volta per ciascun iscritto/dipendente, sussista una stretta correlazione fra quanto percepito dalla “Cassa”, a titolo di contribuzione, ed il valore della prestazione resa nei confronti del lavoratore, o dei suoi familiari e conviventi, al punto che la prestazione sanitaria, ove erogata, sia sotto forma di prestazione diretta, che di rimborso della spesa, non possa comunque mai eccedere, in termini di valore, il contributo versato dal dipendente o dal suo datore di lavoro.

Ciò posto, nell’analizzare i vari pacchetti predisposti dall’istante, l’Amministrazione ha operato delle distinzioni:

  • nella proposta sub 1), “l’intero importo dei contributi versati alla cassa sanitaria non concorre a formare il reddito di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 51, comma 2, lettera a), del Tuir”;
  • nella proposta sub 2), “la sostituzione del premio di risultato con i contributi alla cassa sanitaria non concorrerà a formare il reddito di lavoro dipendente ai sensi della lettera a) del comma 2 dell’art. 51 per la parte relativa ai rimborsi per spese mediche e alla copertura LTC, mentre non concorre ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, la parte di contribuzione destinata alla copertura odontoiatrica, sempreché risulti rispettata la condizione ivi richiesta, ovvero che il dipendente non risulti destinatario, nel periodo d’imposta, di benefit il cui valore sia superiore ad euro 258,23” (516,46 per il solo 2020);
  • nella proposta sub 3), “non concorrendo al reddito di lavoro dipendente, ai sensi del comma 3, la parte di contribuzione destinata alla copertura delle polizze assicurative (LTC e copertura odontoiatrica), la restante parte non può godere del regime fiscale agevolativo di cui alla lettera a) del comma 2 del predetto articolo, dal momento che a fronte di contributi di assistenza sanitaria versati alla cassa, per un importo di euro 150, quest’ultima eroga rimborsi per spese mediche per un valore non superiore al predetto importo”, non rispettando così il principio di mutualità.
Il regime fiscale dei contributi versati ad una cassa sanitaria per l’erogazione di prestazioni assistenziali
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