L’onere probatorio della fungibilità dei licenziandi grava sui dipendenti interessati dal provvedimento espulsivo.
Nota a Cass. 16 dicembre 2020, n. 28816
Francesco Belmonte
In tema di licenziamento collettivo, qualora la ristrutturazione aziendale interessi una specifica unità produttiva, la comparazione dei lavoratori necessaria per individuare coloro da porre in mobilità può essere limitata al personale addetto a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti di quel reparto ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi di altri reparti. In tale ipotesi, grava sui lavoratori estromessi l’onere della deduzione e della prova circa la fungibilità nelle diverse mansioni.
Questo è il principio di diritto ribadito dalla Corte di Cassazione (in senso conforme, v. Cass. n. 18190/2016) in una fattispecie concernente il licenziamento collettivo di un dipendente che aveva impugnato il provvedimento espulsivo, dogliandosi – senza fornire alcuna dimostrazione – della circostanza che la comparazione nei suoi confronti era avvenuta unicamente con un altro operaio addetto alle stesse mansioni; mentre nel medesimo reparto esistevano altre mansioni con esse fungibili, ancorché di diverso profilo.
In particolare, il dipendente in questione – impiegato al “reparto verniciatura” con mansioni di operaio (“addetto allo stacco dei pezzi di linea”) – era stato licenziato al termine di una procedura di licenziamento collettivo iniziata il 18 maggio 2015 e conclusa con accordo sindacale dell’11 giugno 2015.
Nel documento di apertura della procedura, «tra i profili professionali eccedentari erano stati indicati, quanto al “reparto verniciatura”, tre esuberi tra gli “addetti allo stacco”, su un totale di quattro lavoratori ivi impiegati; la stessa comunicazione aveva individuato, tra gli addetti al “reparto verniciatura”, anche due “addetti allo stacco-mulettisti” e un “addetto alla fase di attacco catena-mulettista”, nessuno di essi in esubero”.
La comunicazione inviata dall’azienda, al termine della procedura ai competenti uffici pubblici e ai sindacati (ex art. 4, co. 9, L. n. 223/91), recava l’indicazione delle generalità dei lavoratori licenziati e delle modalità di applicazione dei criteri legali di scelta, ove emergeva che il lavoratore in questione era stato comparato solo con un altro addetto alle medesime mansioni, “che gli era stato preferito in quanto avente maggiore anzianità aziendale e maggiori carichi di famiglia”.
In merito la Cassazione, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’Appello (App. Firenze n. 769/2018), ha affermato che: “ove il lavoratore interessato dal licenziamento abbia dimostrato di possedere una professionalità fungibile, la sua comparazione può non essere limitata a quella degli appartenenti allo stesso reparto o settore interessato dalla riduzione (nella specie, la ristrutturazione dell’azienda aveva interessato specifici settori e profili professionali), poiché la fungibilità rivela l’idoneità del lavoratore ad occupare posizioni lavorative di reparti diversi, in cui lo stesso si è trovato ad operare precedentemente in azienda, fermo restando che in tali casi spetta pur sempre al lavoratore l’onere di allegare e dimostrare tale sua fungibilità.”.
Nel caso in esame, il licenziando non aveva dimostrato di possedere una professionalità fungibile rispetto ad un altro dipendente con diverso profilo professionale, ragion per cui non poteva ritenersi illegittima la scelta espulsiva operata dal datore di lavoro.
In tema, v. in q. sito, I.O., Ambito di applicazione, fungibilità e specializzazione nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, 16 aprile 2019.