Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 febbraio 2021, n. 4743

Inosservanza di norme sulla prevenzione degli infortuni sul
lavoro, Omessa formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza,
Nesso di causalità tra la condotta del responsabile della normativa
antinfortunistica e l’evento lesivo, Efficacia interruttiva, Giudizio di
elevata probabilità logica

 

Ritenuto in fatto e considerato
in diritto

 

1. La Corte di Appello di Milano, con la sentenza in
epigrafe, ha confermato con riferimento a Q.T.J.A. la sentenza di primo grado e
rideterminato la pena, previa dichiarazione di estinzione delle contravvenzioni
contestatele, nei confronti di L.T.Q.S.I., revocando le statuizioni civili
contenute nella sentenza emessa in primo grado il 11 febbraio 2019 dal
Tribunale di Milano in relazione al reato previsto dagli artt. 41, 590, commi
1, 2 e 3, cod. pen. perché, con condotte indipendenti, cagionavano a
M.Q.F.E., dipendente non regolarmente assunto della impresa “Nuevo
Orizonte” lesioni personali dalle quali derivava una malattia con
incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo non inferiore
a 180 giorni per colpa generica nonché inosservanza di norme sulla prevenzione
degli infortuni sul lavoro. Commesso in Milano il 9 settembre 2014.

2. Il fatto è stato così ricostruito nella sentenza
di primo grado: M.Q.F.E., dopo aver lavorato con regolare assunzione per
L.T.Q.S.I. come autista per il trasporto di biancheria, si era dimesso
essendogli stata ritirata la patente di guida e successivamente era stato
chiamato da L.T.Q.S.I. e dal coniuge Q.T.J.A. saltuariamente perché lavorasse
come meccanico; prestava tali attività come meccanico in un capannone in cui
erano parcheggiati alcuni furgoni di cui veniva eseguita la manutenzione; sul
posto non c’era una officina autorizzata e munita dei necessari macchinari;
mentre stava svolgendo attività come meccanico presso il capannone, dopo aver
terminato il lavoro della mattina su un camion, era stato incaricato da
Q.T.J.A. di occuparsi di un furgone; il mezzo in questione era costituito da
una parte motrice a cui era agganciata una sponda idraulica con un treno di
gomme gemellato; ritenendo che il controllo del mezzo dovesse essere fatto con
il motore acceso, si era infilato sotto al mezzo per controllare e capire che
strumenti prendere, sdraiandosi in prossimità delle ruote posteriori del lato
destro con la testa sotto il camion e le gambe all’esterno; mentre era sdraiato
sotto al mezzo, aveva visto che l’autista M.A. si era avvicinato al lato del
conducente ed aveva improvvisamente messo in moto il mezzo dopo aver aperto la
portiera e senza salire a bordo del camion; non appena M.A. aveva acceso il
motore, il camion si era spostato improvvisamente in avanti e le ruote
posteriori del mezzo avevano schiacciato l’addome di M.Q.F.E.;

sentite le urla della persona offesa, M.A. aveva
spento il camion e Q.T.J.A. insieme ad un altro uomo si era avvicinato a
M.Q.F.E. con un cric per sollevare il mezzo; tuttavia M.A. aveva cercato
nuovamente di mettere in moto il mezzo e, poiché gli abiti dei M.Q.F.E. erano
rimasti incastrati nelle parti meccaniche del camion, egli era stato trascinato
per alcuni metri.

3. Ricorrono per cassazione, con un unico atto,
Q.T.J.A. e L.T.Q.S.I. deducendo vizio di motivazione in quanto con l’atto di
appello avevano rilevato che il comportamento di M.A., che pacificamente aveva
messo in moto l’automezzo azionando il dispositivo di avviamento senza salire a
bordo, rivestiva quei caratteri di eccezionalità ed abnormità che sono tali da
interrompere il nesso di causalità tra la condotta del responsabile della
normativa antinfortunistica e l’evento lesivo. La Corte di appello ha escluso
che il comportamento dell’A. fosse interruttivo del nesso causale, ritenendolo
non esorbitante rispetto a quei rischi che il datore di lavoro è chiamato a
governare ma, secondo i ricorrenti, detta ricostruzione non è logicamente
sostenibile né è adeguatamente motivata. La Corte di appello non ha indicato le
ragioni sulla base delle quali il comportamento del lavoratore che ha azionato
il mezzo non fosse esorbitante, né ha effettuato il giudizio di elevata
probabilità logica che consente al giudice di ritenere che il nesso di causa
non sia stato interrotto dal comportamento del lavoratore. Nel caso concreto,
se anche gli odierni imputati avessero osservato le doverose precauzioni
antinfortunistiche ed avessero illustrato correttamente i rischi connessi
all’esercizio dell’attività, l’evento si sarebbe verificato ugualmente poiché
non era prevedibile che un soggetto mettesse in moto un automezzo pesante senza
salirvi a bordo. L’adeguata formazione che i datori di lavoro avrebbero dovuto
fornire non avrebbe prevedibilmente riguardato la proibizione di accendere un
mezzo pesante senza salirvi a bordo. In ogni caso, i ricorrenti ritengono che
nella motivazione della sentenza non sia stato indicato alcun elemento sulla
base del quale la Corte di appello abbia effettuato il doveroso giudizio di
elevata probabilità logica e non è indicato alcun elemento sulla base del quale
si può ritenere che, ove i datori di lavoro avessero fornito le dovute
indicazioni di rischio, la messa in moto del veicolo nel modo descritto non
avrebbe cagionato l’evento lesivo in questione.

4. La condotta ascritta ai ricorrenti consiste nella
violazione degli artt. 41 e 590 cod. pen., 2087
cod. civ. nonché 29,
comma 1, 36, comma 2, 37,
comma 1 e 18, comma 1 lett. d) d.
Igs. 9 aprile 2008, n.81 per aver omesso di valutare i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori ed elaborare il relativo documento, per
aver omesso di assicurare che i lavoratori ricevessero un’informazione
specifica in relazione ai rischi ai quali erano esposti, per aver omesso di
assicurare che i lavoratori ricevessero formazione adeguata e sufficiente in
materia di salute e sicurezza con riguardo alle mansioni ad essi affidati, per
aver omesso di eliminare o comunque ridurre i rischi nell’organizzazione del
lavoro, consentendo che i lavoratori con mansioni di manutenzione e di
riparazione dei veicoli svolgessero la propria attività senza alcuna
precauzione, in specie senza l’approntamento di dispositivi di blocco dei
veicoli di volta in volta sottoposti a manutenzione. La questione sottoposta al
giudice di appello circa l’efficacia interruttiva del nesso causale ascrivibile
alla condotta dell’autista del camion M.A., è stata risolta richiamando la
giurisprudenza della Corte di legittimità a proposito della separazione di
sfere di responsabilità delle quali ciascun soggetto è gestore in rapporto ai
rischi. La Corte territoriale ha, pertanto, escluso che nel caso concreto il
comportamento incongruo dell’A. avesse introdotto un rischio nuovo o comunque
radicalmente esorbitante da quelli che i garanti erano chiamati a governare. La
questione era stata già affrontata nella sentenza del giudice di primo grado,
il quale aveva osservato che sia la condotta dei datori di lavoro che quella
dell’autista del mezzo dovessero ritenersi concausa dell’evento, posto che la
condotta negligente dell’A. non era stata neutralizzata da alcun sistema di
bloccaggio del mezzo sul quale lavorava M.Q.F.E., soggetto peraltro privo di
formazione specifica. Il datore di lavoro, si legge nella sentenza di primo
grado, ha omesso di valutare il rischio derivante dallo svolgimento di
interventi meccanici che si effettuano posizionandosi al di sotto del mezzo, ha
omesso di apprestare strumenti per evitare il danno derivante dal mancato
bloccaggio del mezzo, non si è occupato della formazione del lavoratore
infortunato.

5. Tanto premesso, se ne desume l’inammissibilità
dei ricorsi, che tendono ad ottenere una ulteriore valutazione dei fatti.

Esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di
una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il
cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che
possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa,
e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez.
U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 20794501). E la Corte regolatrice ha
rilevato che anche dopo la modifica dell’art.606
lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge
20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte
di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta
preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di
nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n.
17905 del 23/03/2006, Baratta, Rv. 23410901). Pertanto, in sede di legittimità,
non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex
multis Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv.24418101). Delineato nei
superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva
che i ricorrenti invocano, in realtà, una inammissibile considerazione
alternativa del compendio probatorio ed una rivisitazione del potere
discrezionale riservato al giudice di merito in punto di valutazione della
prova, senza confrontarsi con la dovuta specificità con l’iter logico-giuridico
seguito dai giudici di merito per affermare la loro responsabilità penale.

6. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla
luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186,
della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», i ricorrenti vanno
condannati al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro
2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila
ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 febbraio 2021, n. 4743
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