L’arco temporale di intimazione dei licenziamenti, necessario per qualificarli come collettivi, comprende sia il periodo antecedente che quello successivo al licenziamento individuale impugnato.

Nota a CGUE 11 novembre 2020, C-300/19

Francesco Belmonte

L’art. 1, par. 1, co. 1, lett. a), della Dir. 98/59/CE del 20 luglio 1998 deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un licenziamento individuale contestato sia qualificabile come collettivo, l’ambito temporale di riferimento “deve essere calcolato prendendo in considerazione tutti i periodi di 30 o di 90 giorni consecutivi nel corso dei quali tale licenziamento individuale è intervenuto, e durante i quali si è verificato il maggior numero di licenziamenti effettuati dal datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore”.

In tale linea si è pronunciata la Corte di Giustizia UE 11 novembre 2020, C-300/19, in relazione ad una domanda pregiudiziale sollevata dal Tribunale del lavoro di Barcellona (decisione 25 marzo 2019) circa la conformità della legislazione spagnola in materia di licenziamenti collettivi con l’art. 1, par. 1, co. 1, lett. a), Dir. 98/59/CE.

In particolare, la disciplina nazionale è rinvenibile nell’art. 51 dello Statuto dei lavoratori spagnolo (Estatuto de los Trabajadores, novellato dal Real D.LGS. n. 2/2015), secondo cui: «Ai fini di quanto stabilito nella presente legge, per “licenziamento collettivo” s’intende la risoluzione di contratti di lavoro per cause economiche, tecniche, organizzative o legate alla produzione, qualora, nell’arco di un periodo di 90 giorni, tale risoluzione riguardi almeno:

a) 10 lavoratori, in imprese che ne occupano meno di 100;

b) il 10% del numero di lavoratori in imprese che ne occupano fra 100 e 300;

c) 30 lavoratori in imprese che occupano oltre 300 lavoratori.

(…)

Ai fini del calcolo del numero di cessazioni di contratti di cui al primo comma del presente paragrafo, si deve tenere parimenti conto di ogni altra cessazione che abbia avuto luogo nel periodo di riferimento, su iniziativa del datore di lavoro, sulla base di altri motivi, non inerenti alla persona del lavoratore e distinti da quelli previsti all’articolo 49, paragrafo 1, lettera c), della presente legge, purché il loro numero non sia inferiore a cinque.

Quando, nell’arco di periodi successivi di 90 giorni e con l’intento di eludere le previsioni di cui al presente articolo, l’impresa realizzi cessazioni di contratti ai sensi di quanto disposto all’articolo 52, lettera c), della presente legge in numero inferiore alle soglie indicate e senza che vi siano nuove cause che giustifichino tale condotta, le nuove cessazioni di cui trattasi si considereranno come avvenute in frode alla legge e saranno dichiarate nulle e prive di effetti».

La domanda pregiudiziale è stata proposta nell’ambito di una controversia riguardante la qualificazione di un licenziamento individuale – di un lavoratore con mansioni di “controllore di qualità” degli elementi fabbricati dalla società datrice – come collettivo.

Nella specie, al provvedimento espulsivo in questione erano seguite ulteriori 29 risoluzioni contrattuali, qualificate dall’azienda come dimissioni volontarie, come tali escluse dal computo numerico necessario per qualificare gli atti risolutivi come collettivi.

In merito, il lavoratore contestava che la vicinanza delle dimissioni, unitamente alla circostanza che i lavoratori interessati sarebbero stati esclusi dalle prestazioni di disoccupazione, palesava in realtà un licenziamento collettivo simulato, con la conseguenza che il suo recesso doveva considerarsi nullo, ex art. 122, par. 2, L. n. 36/2011, in base al quale: “La decisione di risoluzione è nulla: … qualora sia stata adottata in frode alla legge, eludendo le disposizioni previste in materia di licenziamenti collettivi, nei casi contemplati all’articolo 51, paragrafo 1, ultimo comma” dello Statuto dei lavoratori spagnolo.

Il giudice spagnolo, investito della questione, aveva constatato che il numero dei licenziamenti denotava la qualificazione degli stessi come collettivi, ai sensi della Direttiva comunitaria, secondo cui: “a) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:

i) per un periodo di 30 giorni:

– almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;

– almeno pari al 10% del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;

– almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;

ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;

b) (…)

Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque”. ((L’art. 1, par. 1, co. 1, lett. a), Dir. cit.),

Il Tribunale, rilevando che in seguito alla trasposizione di tale direttiva nell’ordinamento interno la legge nazionale contempla un periodo di 90 giorni, si domandava se la normativa spagnola fosse conforme o meno al diritto europeo ed, in particolare, se tale arco temporale dovesse essere calcolato (solo) anteriormente alla data del licenziamento individuale contestato, salvo il caso di frode alla legge.

In tale contesto, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e sottoposto alla Corte UE le seguenti questioni pregiudiziali: “se l’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 98/59 debba essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un licenziamento individuale contestato faccia parte di un licenziamento collettivo, il periodo di riferimento di 30 o di 90 giorni previsto da tale disposizione debba essere calcolato tenendo conto vuoi esclusivamente di un periodo anteriore a tale licenziamento individuale, vuoi anche di un periodo successivo a detto licenziamento, non solo in caso di frode, ma anche in assenza di frode, vuoi di qualsiasi periodo di 30 o di 90 giorni nel corso del quale detto licenziamento individuale si è verificato.”

I Giudici di Lussemburgo, investiti della questione, affermano la difformità della regolamentazione iberica alla citata Direttiva, in ragione delle seguenti argomentazioni.

“Dalla decisione di rinvio risulta che il legislatore spagnolo ha accolto un periodo di riferimento di 90 giorni. In conformità all’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, lettera a), sub ii), della direttiva 98/59, il numero di licenziamenti effettuati, per poter ritenere che sussista un licenziamento collettivo, ai sensi di tale direttiva, deve essere pari almeno a 20 per tale periodo di riferimento, qualunque sia il numero dei lavoratori abitualmente impiegati negli stabilimenti di cui trattasi.”

In merito, deve valutarsi in qual modo il periodo di riferimento previsto dalla normativa nazionale debba essere preso in considerazione dal punto di vista temporale.

A tal riguardo, ai fini del calcolo delle soglie fissate dal diritto eurounitario, la Corte di Giustizia rammenta che “tale direttiva non può essere interpretata nel senso che le modalità di calcolo di tali soglie, e pertanto le soglie stesse, siano rimesse alla discrezione degli Stati membri, giacché un’interpretazione del genere consentirebbe a questi ultimi di alterare l’ambito di applicazione della direttiva privandola così della sua piena efficacia” (v, in tal senso, CGUE 18 gennaio 2007, C-385/05, punto 47, nonché CGUE 11 novembre 2015, C-422/14, , punto 31).

Sul punto, il giudice del rinvio assume, nelle sue questioni, tre possibili  metodi per determinare se il numero di licenziamenti richiesti all’art. 1, par. 1, co. 1, lett. a), Dir. cit. sia stato raggiunto.

In particolare, egli si riferisce, “in primo luogo, a due metodi consistenti, qualora un licenziamento individuale sia contestato, nel calcolare il periodo di riferimento tenendo conto, vuoi esclusivamente del periodo anteriore a tale licenziamento, vuoi anche del periodo successivo a tale licenziamento, in caso di frode. In secondo luogo, secondo il terzo metodo che tale giudice suggerisce, il periodo di riferimento è costituito da tutto il periodo di 30 o di 90 giorni nel corso del quale il licenziamento individuale contestato è stato effettuato, senza che sia fissata alcuna distinzione a seconda che tale periodo sia anteriore, successivo o sia in parte situato anteriormente o successivamente a tale licenziamento individuale.”

Per la Corte UE le prime due opzioni pregiudicano le finalità della Direttiva, la quale, in base al suo considerando 2, è volta a rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi “tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato (n.d.r. nell’Unione Europea)”.

Al contrario, la terza via indicata dal giudice nazionale – “secondo cui il periodo di riferimento è costituito da qualsiasi periodo di 30 o di 90 giorni nell’arco del quale il licenziamento individuale contestato è intervenuto”- risulta l’unica conforme alla finalità della Direttiva “e al rispetto della sua piena efficacia”.

Tale ultimo aspetto risulterebbe limitato se “i giudici nazionali non possono tenere conto dei licenziamenti intervenuti anteriormente o successivamente alla data del licenziamento individuale contestato, al fine di stabilire se sussista o meno un licenziamento collettivo”.

In conclusione, alla luce di quanto esposto, la Corte dichiara che l’art. 1, par. 1, co. 1, lett. a), Dir. cit. “deve essere interpretato nel senso che, al fine di valutare se un licenziamento individuale contestato faccia parte di un licenziamento collettivo, il periodo di riferimento previsto da tale disposizione per determinare l’esistenza di un licenziamento collettivo deve essere calcolato prendendo in considerazione tutti i periodi di 30 o di 90 giorni consecutivi nel corso dei quali tale licenziamento individuale è intervenuto, e durante i quali si è verificato il maggior numero di licenziamenti effettuati dal datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore, ai sensi della stessa disposizione.”

Ambito temporale dei licenziamenti collettivi
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: