Per attribuire la natura di contratto di prossimità ad un accordo aziendale, statuendo la prevalenza tra contratto aziendale e contratto collettivo nazionale, è necessaria la presenza di una serie di requisiti fissati dall’art. 8, D.L. n. 138/2011
Nota a Trib. Civitavecchia 17 dicembre 2020
Flavia Durval e Fabio Iacobone
Al fine di verificare se un contratto aziendale possa essere definito contratto di prossimità ai sensi dell’art. 8, D.L. n. 138/2011, conv. nella L. n. 148/2011, è necessaria la ricorrenza di alcuni essenziali requisiti e cioè: a) la maggiore rappresentatività sul piano nazionale o territoriale delle organizzazioni sindacali stipulanti; b) l’inclusione dell’oggetto del contratto nelle materie indicate tassativamente dal legislatore; c) la volontà delle parti di stipulare un contratto ex art. 8, D.L. n. 138, cit., riconoscibile dal testo dell’accordo ed esplicativa del fine perseguito; d) le norme alle quali s’intende derogare; e) e il nesso eziologico fra fini e deroghe. In particolare, lo scopo dichiarato nel contratto deve risultare “sussumibile in una delle finalità tipizzate dal legislatore e porsi in rapporto di causalità con la misura concreta adottata”.
Solo in presenza di tali requisiti si può evitare che un “qualsivoglia” accordo rientri fra le specifiche intese finalizzate al perseguimento degli scopi indicati dalla normativa in questione.
È quanto afferma il Tribunale di Civitavecchia, sez. lav., 17 dicembre 2020, nell’ accertare il diritto alla corresponsione del preavviso nella misura prevista dal ccnl, e non per la durata inferiore stabilita da un accordo aziendale in deroga. Nella fattispecie, si trattava di una crisi aziendale con riduzione di personale, ma l’accordo, non esplicitando adeguatamente la ragione per cui non era possibile assicurare tempi e termini di preavviso previsti dal ccnl, non risultava specificamente correlato ad una delle finalità richieste dall’art.8, co.1, D.L. cit. quale la gestione della crisi da attuarsi attraverso la riduzione dei termini di preavviso e della relativa indennità,
Per tale motivo, il Tribunale ha negato all’accordo in questione la natura di “contratto di prossimità”, ai sensi dell’art. 8, D.L. n. 138/2011 e riconosciuto la prevalenza della disciplina del contratto nazionale sulla base della ripartizione di competenza tra i due livelli voluta dallo stesso ccnl.
I giudici inoltre negano l’efficacia generalizzata dell’intesa de qua, osservando che gli accordi sindacali che stabiliscono i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità non rientrano nella categoria dei contratti normativi (che, come noto, regolano i futuri contratti individuali di lavoro), ma sostituiscono “la determinazione unilaterale dei criteri di scelta, originariamente spettante all’imprenditore nell’esercizio del suo potere organizzativo, con una determinazione concordata con i sindacati maggiormente rappresentativi, attraverso una “procedimentalizzazione” dell’esercizio di un potere imprenditoriale”. Di qui, l’efficacia erga omnes nei confronti dei singoli lavoratori, la quale non può essere attribuita a pattuizioni che “abbiano un diverso contenuto – immediatamente regolativo dei rapporti di lavoro che è proprio del contratto collettivo normativo – quale, appunto quello in ordine alla riduzione dei termini di preavviso e della relativa indennità”.
Legenda
L’art. 8, D.L. n. 138/2011, conv. nella L. n. 148/2011, recita:
“1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.
2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.
3-bis. All’articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’alinea, le parole: «e la normativa regolamentare, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicate» sono sostituite dalle seguenti: «la normativa regolamentare ed i contratti collettivi nazionali di settore, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicati»;
b) dopo la lettera b), è inserita la seguente:
«b-bis) condizioni di lavoro del personale».”
La Corte costituzionale, con sentenza 19 settembre 2012 – 04 ottobre 2012, n. 221, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 8, commi 1, 2 e 2-bis, promossa in riferimento agli artt. 39, 117, co. 3, e 118 Cost., nonché al principio di leale collaborazione.