Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2021, n. 2477

Verbale ispettivo Inpgi, Assenza dell’obbligo di presenza di
disponibilità costante dei giornalisti, Esclusione dell’esistenza di lavoro
subordinato giornalistico, Violazione non censurabile in Cassazione

 

Rilevato che

 

Con sentenza dell’8.4.14, la Corte di Appello di
Roma, in parziale riforma della sentenza del 13.9.00 del Tribunale della stessa
sede, ha accolto l’opposizione a verbale ispettivo INPGI proposta dal datore di
lavoro in epigrafe, in relazione – per quel che qui rileva – alla posizione di
tre giornalisti.

In particolare, la corte territoriale ha considerato
l’assenza dell’obbligo di presenza di disponibilità costante dei giornalisti,
ha valutato le prove testimoniali e ritenute le relative risultanze prevalenti
su quanto accertato dagli ispettori; la corte ha quindi escluso l’esistenza di
lavoro subordinato giornalistico per C.D.F. e C., così differenziandosi dalla
pronuncia di prime cure che aveva escluso il lavoro subordinato solo per C..

Avverso tale sentenza ricorre l’Inpgi per due
motivi, illustrati da memoria, cui resistono con controricorso il Ministero del
lavoro e la E.M..

 

Considerato che

 

Con il primo motivo di ricorso si deduce -ai sensi
dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – violazione
degli articoli 115 e 116
c.p.c. e 2697 c.c., nonché del contratto
collettivo di categoria, per non avere la sentenza impugnata considerato i
verbali ispettivi.

Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ai
sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c. – il
vizio di motivazione in relazione alle risultanze dei verbali ispettivi.

Il primo motivo è infondato, avendo la corte
valutato le prove raccolte e tenuto conto altresì delle risultanze dei verbali
ispettivi prodotti, con argomentazioni espresse in riferimento al giornalista
Campione, ma estensibile a tutti gli altri giornalisti.

Nella specie, non vi è alcuna violazione delle
disposizioni invocate e delle regole sull’onere della prova; il motivo tende
piuttosto ad una nuova valutazione – preclusa in sede di legittimità- del
materiale probatorio raccolto in relazione all’individuazione dei caratteri
della subordinazione.

Inappropriato è, in particolare, il richiamo all’art. 2697 c.c., la cui violazione è censurabile in
cassazione ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.
soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad
una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di
scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi
ed eccezioni, e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il
giudice abbia fatto delle prove offerte dalle parti (Cass. 15107/2013 e
13395/2018, tra le tante), come nella specie, ove la corte ha valutato le prove
raccolte, tenendo conto altresì delle risultanze dei verbali ispettivi
prodotti.

Il secondo motivo è generico e inammissibile in
quanto non specifica il fatto decisivo discusso tra le parti ed asseritamente
non valutato dal giudice. Con detto motivo, in effettiva parte non deduce un
fatto decisivo ignorato dalla sentenza benché discusso dalle parti, ma denuncia
in sostanza un vizio motivazionale della decisione impugnata, trascurando che,
all’esito del d.l. n. 83/12, non rientra più
il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (che rileva
solo ove il vizio si converte in violazione di legge – v. Cass. 19881/14 –
ovvero concreti l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio).

Le spese seguono la soccombenza.

Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti
processuali di cui all’art. 13, co.
1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento in favore di ciascuno dei controricorrenti delle spese del giudizio
di legittimità, che liquida in Euro 3500 per competenze professionali ed Euro
200 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed
agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 febbraio 2021, n. 2477
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