Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2021, n. 4677

Diritto di precedenza al trasferimento interprovinciale,
Familiare portatore di handicap grave, Norma della contrattazione integrativa
– Portata meramente attuativa della disposizione legislativa primaria,
Agevolazione da esercitare “ove possibile”, Bilanciamento tra interessi tutti
costituzionalmente protetti, Esercizio compatibile con le esigenze
organizzative della pubblica amministrazione datore di lavoro

 

Ritenuto

 

1. Che la Corte d’Appello di Genova, con la sentenza
n. 329 del 2017, in riforma della sentenza n. 91 del 2017 emessa dal Tribunale
di Savona tra le parti, condannava il MIUR a riconoscere a M.T.M.
l’applicazione del diritto di precedenza ex art. 33, comma 5, della legge n.
104 del 1992, in riferimento al trasferimento interprovinciale della
stessa.

2. La lavoratrice aveva adito il Tribunale chiedendo
il riconoscimento dell’applicazione in proprio favore del diritto di
precedenza, ai sensi dell’art.
33 della legge n. 104 del 1992, per essere familiare di riferimento del
padre, soggetto portatore di handicap grave, e conseguenzialmente del diritto
al trasferimento presso la Provincia di Trapani.

Il Tribunale, nel rigettare la domanda, ha affermato
che l’art. 13 del CCNI di
settore, nello stabilire che nei trasferimenti interprovinciali è riconosciuta
la preferenza in via definitiva solo ai genitori adottivi, o a chi esercitava
la tutela legale, mentre al figlio che assiste il genitore la precedenza è
riconosciuta solo nelle operazioni di assegnazione provvisoria, non era in
contrasto con l’art. 33, comma
5, della legge n. 104 del 1992, in ragione del quale il lavoratore ha
diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio
della persona da assistere.

La norma della contrattazione integrativa costituiva
svolgimento della prevista “possibilità”, delineando i presupposti regolativi
del diritto di precedenza in ragione del bilanciamento tra gli interessi
organizzativi dell’Amministrazione e quelli personali del docente.

3. La Corte d’Appello ha escluso che la norma del
CCNI avesse portata meramente attuati va della disposizione legislativa
primaria, in quanto mentre l’art.
33, comma 5, cit., che ha carattere imperativo, limita il diritto alla
scelta della sede ai casi in cui, in concreto, la preferenza dell’interessato
non può essere attuata (ad es. per mancanza di posti disponibili o per altre
concrete esigenze della Pubblica Amministrazione), la norma del CCNI, contiene
una regola diversa, che gradua la tipologia di trasferimento
(definitiva/provvisoria) a seconda del legame tra disabile e docente.

Inoltre il CCNI non esplicitava le situazioni
organizzative che potevano giustificare i dinieghi di precedenza, in quanto
esprimeva, piuttosto, una regola generale ed astratta, diversa da quella della
legge primaria, ed anzi con questa incompatibile.

Tanto premesso, la Corte d’Appello riconosceva il
diritto alla preferenza definitiva anche su posti vacanti per la mobilità
interprovinciale (e quindi non per la sola assegnazione provvisoria), ma da ciò
non faceva discendere il diritto al trasferimento, poiché quest’ultimo
dipendeva pur sempre dall’esistenza di posti vacanti disponibili, e comunque da
una valutazione comparativa con altre situazioni di precedenza, la cui
valutazione spettava agli organi amministrativi.

4. Per la cassazione della sentenza di appello
ricorre il MIUR, prospettando un motivo di impugnazione.

5. Resiste la lavoratrice con controricorso,
eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis, cod. proc. civ.

6. La Procura generale ha depositato le conclusioni
con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Considerato

 

1. Che con l’unico motivo di ricorso il MIUR deduce
la violazione o falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n.
104 del 1992, dell’art. 12 delle preleggi,
e degli artt. 1362, 1366
e 1367, cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.

Il ricorrente censura la statuizione che ha
qualificato l’art. 33, comma
5, della legge n. 104 del 1992, come norma imperativa, atteso che la stessa
indica una mera possibilità, e non attribuisce ai lavoratori un diritto
assoluto e perfetto all’assegnazione della sede di servizio più prossima alla
residenza dell’assistito, ma una posizione giuridica condizionata. In tal
senso, viene richiamata giurisprudenza di legittimità e amministrativa.

Pertanto, non attribuendo un diritto assoluto, tale
norma non poteva essere ritenuta inderogabile o imperativa, e dunque tale da
determinare la nullità, anche solo parziale, ai sensi degli artt. 1418 e 1419,
cod. civ., dell’art. 13 del CCNI.

Comunque, assume il MIUR, anche qualora fosse
riconosciuto all’art. 33,
comma 5, della legge n. 104 del 1992, carattere imperativo, l’art. 13 del CCNI, norma
rispettosa della clausola generale di buona fede, non si porrebbe in contrasto
con lo stesso, in quanto la considerazione delle esigenze relative al buon
operato dell’Amministrazione rientrano legittimamente nella previsione della
disposizione legislativa, che ha inteso contemperare i diversi interessi
giuridicamente rilevanti, e ha lasciato alla contrattazione nazionale
l’attuazione concreta di tali interessi.

Il Ministero richiama il principio di conservazione
degli effetti giuridici, quale criterio ermeneutico che nella specie sarebbe
stato violato.

Deduce, infine, che le proprie tesi trovavano
riscontro in alcune decisioni della giurisprudenza di merito.

2. Il motivo, che supera il vaglio di ammissibilità
per le argomentazioni poste in relazione al vizio dedotto, è fondato.

2.1. L’art. 33, comma 3, della legge n.
104 del 1992, prevede che «A condizione che la persona handicappata non sia
ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che
assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o
affine entro il secondo grado (…) ha diritto a fruire di tre giorni di
permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in
maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di
un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in
situazione di gravità. (…). Il dipendente ha diritto di prestare assistenza
nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che
si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il
secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in
situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi
affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti».

Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità i
permessi sono riconosciuti al lavoratore in ragione dell’assistenza al
disabile, rispetto alla quale l’assenza dal lavoro deve porsi in relazione
causale diretta, senza che il dato testuale e la “razio” della norma ne
consentano l’utilizzo in funzione meramente compensativa delle energie
impiegate dal dipendente per la detta assistenza (Cass.,
n. 17968 del 2016).

L’art.
33, comma 5, della legge n. 104 del 1992, nello stabilire l’agevolazione
della precedenza, richiama il comma 3 dell’art. 33: «Il lavoratore di
cui al comma 3 ha diritto a scegliere ove possibile, la sede di lavoro più
vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito
senza il suo consenso ad altra sede».

Dunque, ai fini del riconoscimento del diritto al
trasferimento devono sussistere in capo al lavoratore le condizioni legali
stabilite dall’art. 33,
comma 3, cit., da intendersi come l’essere il lavoratore coniuge, parente o
affine entro il secondo grado, che assiste persona con handicap in situazione
di gravità, non ricoverata a tempo pieno.

2.2. Nel tempo la giurisprudenza di legittimità
(cfr., Cass., S.U., n. 7945 del 2008, Cass. n. 585 del 2016, n. 7120 del 2018, n.
6150 del 2019, n. 20243 del 2020) ha avuto
modo di esaminare la natura dell’agevolazione in questione nell’ambito di una
più ampia lettura dell’art. 33
cit., atteso che la stessa può essere esercitata “ove possibile”.

Si è così posto in evidenza, come tale diritto, a
differenza della precedenza nella sede riconosciuta alla persona handicappata
dall’art. 21 della legge n.
104 del 1992, deve tener conto di un bilanciamento tra interessi tutti
costituzionalmente protetti, di modo che il suo esercizio risulti compatibile
con le esigenze organizzative della pubblica amministrazione datore di lavoro,
su cui grava l’onere della prova di circostanze ostative all’esercizio dello
stesso.

Ed infatti, se da un lato vanno considerate le
esigenze funzionali al buon andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), dall’altro occorre tenere presente
che le misure previste dall’art.
33, comma 5, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio
complesso normativo riconducibile al principio sancito dall’art. 3, secondo comma, Cost., che deve trovare
attuazione mediante meccanismi di solidarietà che non si identificano
esclusivamente con l’assistenza familiare e che, come si è detto, devono
coesistere con altri valori costituzionali.

D’altro canto l’art. 33, comma 5, della legge n.
104 del 1992, come posto in evidenza dalla giurisprudenza di questa Corte,
non obbliga il lavoratore a scegliere la sede che appaia più conveniente per
l’assolvimento dei compiti di assistenza, ma gli attribuisce solo il diritto a
scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della
persona da assistere e di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra
sede (Cass., n. 7981 del 2018).

2.3. L’art.
13 del CCNI mobilità personale docente, educativo e ATA scuola a.s.
2016/2017 del 8 aprile 2016, che regola, per quanto qui rileva, il sistema
delle precedenze, al punto V, che reca “Assistenza al coniuge, ed al figlio con
disabilità; assistenza da parte del figlio referente unico al genitore con
disabilità; assistenza da parte di chi esercita la tutela legale”, stabilisce,
tra l’altro, nell’ambito provinciale (Fase A, punto 1), in relazione alla
posizione del figlio che assiste un genitore in qualità di referente unico,
quanto segue.

Prevede la precedenza in presenza di tutte le
sottoelencate condizioni: 1. documentata impossibilità del coniuge di
provvedere all’assistenza per motivi oggettivi;

2. documentata impossibilità, da parte di ciascun
altro figlio di effettuare l’assistenza al genitore disabile in situazione di
gravità per ragioni esclusivamente oggettive, tali da non consentire
l’effettiva assistenza nel corso dell’anno scolastico. (…) 3. essere anche
l’unico figlio che ha chiesto di fruire periodicamente nell’anno scolastico in
cui si presenta la domanda di mobilità, dei 3 giorni di permesso retribuito
mensile per l’assistenza (…).

Stabilisce, in una prospettiva di favore per il
lavoratore, che in assenza anche di una sola delle suddette condizioni, per il
figlio referente unico che assiste un genitore in presenza di coniuge o di
altri figli, la precedenza nella mobilità provinciale prevista dalla legge n. 104 del 1992 potrà essere fruita
esclusivamente nelle operazioni di assegnazione provvisoria.

Prevede – disposizioni su cui verte in particolare
la controversia in esame – che nei trasferimenti interprovinciali è
riconosciuta la precedenza ai soli genitori, anche adottivi, o a chi,
individuato dall’autorità giudiziaria competente, esercita legale tutela e
successivamente al coniuge del disabile in situazione di gravità, obbligati
all’assistenza. Il figlio che assiste il genitore in situazione di gravità ha
diritto ad usufruire della precedenza tra province diverse esclusivamente nelle
operazioni di assegnazione provvisoria, fermo restando il diritto a presentare
la domanda di mobilità.

2.4. Va premesso che la norma contrattuale da ultimo
richiamata va interpretata nell’ambito della complessiva disciplina dell’art. 13 del CCNI, atteso
l’intreccio delle diverse misure previste, in ambito provinciale (fase comunale
e fase provinciale) e in ambito interprovinciale, dovendosi in primo luogo
vagliare la legittimità della graduazione tra precedenza definitiva e
provvisoria in ambito provinciale (Fase A, punto 1). Tale modello rientra nel
legittimo bilanciamento degli interessi che vengono in rilievo, conformandone,
tuttavia, come segue le condizioni di fruizione.

La regolamentazione della precedenza dettata dall’art. 13 del CCNI, infatti,
risulta coerente con l’art. 33
della legge n. 104 del 1992, una volta conformatone il contenuto alla luce
della corretta interpretazione di quest’ultimo.

La previsione della contrattazione integrativa della
necessaria fruizione in capo al lavoratore dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, per
accedere all’agevolazione della precedenza in questione, non è richiesta dall’art. 33, comma 5, cit.,
mentre costituiscono logico sviluppo della condizione di assistenza al genitore
in situazione di gravità, che fondi la precedenza in ambito provinciale, sia
l’impossibilità del coniuge di provvedere all’assistenza per motivi oggettivi,
sia la documentata impossibilità, da parte di ciascun altro figlio di
effettuare l’assistenza al genitore disabile in situazione di gravità per
ragioni esclusivamente oggettive, tali da non consentire l’effettiva assistenza
nel corso dell’anno scolastico.

Così conformato il contenuto dell’art. 13 CCNI, la disciplina della
precedenza nei trasferimenti interprovinciali, in esso prevista, non contrasta
con la previsione della legge n. 104 del 1992,
ponendo in evidenza che assegnando a ciascuna situazione, in relazione alla sua
gravità ed alle connesse esigenze di assistenza, una considerazione ai fini del
trasferimento, la stessa soddisfa l’esigenza basilare dell’amministrazione alla
corretta gestione della mobilità del personale, e si colloca nell’ambito del
principio del bilanciamento degli interessi che proprio la legge n. 104 del 1992 privilegia. La contrattazione
collettiva integrativa ha bilanciato, come nella precedenza provinciale (FASE
A, punto I ), così nella precedenza interprovinciale, l’agevolazione della
preferenza per il figlio che assiste il genitore in situazione di gravità con
le esigenze dell’Amministrazione, riconoscendola sia pure in via provvisoria
pur in mancanza di quelle ulteriori condizioni, come sopra precisate, fissate
nel rispetto del legittimo bilanciamento dei diversi interessi che vengono in
rilievo.

2.5. Il ricorso, pertanto, va accolto. La sentenza
va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Genova in diversa composizione
che nel decidere la controversia farà applicazione dei principi sopra
richiamati e provvederà anche alle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e
rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Genova
in diversa composizione.

Ai sensi del dPR n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 febbraio 2021, n. 4677
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