Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 febbraio 2021, n. 4416
Contratto di apprendistato professionalizzante, Maggior
contribuzione Inps, riveniente dalla violazione di taluni obblighi, Assenza
della nomina del tutor, della redazione di un piano formativo individuale,
della tenuta del c.d. libretto formativo, Decadenza dalle agevolazioni
contributive, lnadempimento datoriale di obiettiva gravità, Totale mancanza
di formazione, teorica e pratica, oppure attività formativa carente o
inadeguata rispetto agli obiettivi propri del contratto
Rilevato in fatto
che, con sentenza depositata il 25.8.2014, la Corte
d’appello di Bologna ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
dichiarato non dovuto da S.F., n.q. di titolare dell’impresa individuale
“L.&S.A.S.U. by S. di F.S.”, quanto preteso dall’INPS a titolo di
maggior contribuzione riveniente dalla violazione di taluni obblighi previsti a
latere della stipula di un contratto di apprendistato professionalizzante
concluso con una lavoratrice;
che avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto
ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura; che S.F. ha resistito
con controricorso, successivamente illustrato con memoria;
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di censura, il ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 49 e 53, d.lgs. n. 276/2003, per avere
la Corte di merito ritenuto che l’agevolazione contributiva di cui alla seconda
delle disposizioni dianzi cit. potesse applicarsi anche ad un contratto di
apprendistato in relazione al quale non risultava né la nomina del tutor, né la
redazione di un piano formativo individuale, né la tenuta del c.d. libretto
formativo;
che l’art.
53, d.lgs. n. 276/2003, stabilisce al riguardo che «in caso di
inadempimento nella erogazione di cui sia esclusivamente responsabile il datore
di lavoro e che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità di cui
agli articoli 48, comma 2, 49,
comma 1, e 50, comma 1» (ossia «il conseguimento di una qualifica
professionale» mediante la «formazione sul lavoro e la acquisizione di
competenze di base, trasversali e tecnico-professionali», ovvero «il
conseguimento di un titolo di studio di livello secondario» o di «titoli di
studio universitari e della alta formazione» o di «specializzazione tecnica
superiore»), «il datore di lavoro è tenuto a versare la differenza tra la
contribuzione versata e quella dovuta con riferimento al livello contrattuale
superiore che sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di
apprendistato, maggiorata del 100 per cento»;
che il tenore testuale della disposizione normativa,
attribuendo da un lato rilevanza a qualsiasi condotta datoriale, anche
innominata, che impedisca la realizzazione della finalità formativa e
professionalizzante propria del contratto, priva d’altro lato di rilievo tutte
quelle violazioni di carattere formale che non abbiano impedito il
conseguimento di tale finalità;
che, nella specie, i giudici di merito hanno
accertato che era stato proprio l’odierno controricorrente a svolgere le
funzioni di tutor e a provvedere alla formazione della lavoratrice senza
soluzione di continuità, consentendole di acquisire le competenze e le
professionalità dedotte nell’oggetto del contratto, e hanno concluso che,
«malgrado le mancanze formali evidenziate», non si era in specie verificato
alcun «inadempimento sostanziale del contratto» (così la sentenza impugnata,
pag. 9);
che, attesa l’intangibilità in questa sede di tale
accertamento di fatto, correttamente la Corte territoriale ha escluso
l’applicazione dell’art. 53,
d.lgs. n. 276/2003, dovendo ribadirsi anche per tale disposizione quanto da
questa Corte già chiarito a proposito dell’art. 16, I. n. 196/1997, ossia
che la decadenza dalle agevolazioni contributive può ritenersi realizzata solo
nel caso in cui, sulla base della concreta vicenda in giudizio, l’inadempimento
datoriale abbia avuto un’obiettiva gravità, concretizzandosi nella totale
mancanza di formazione, teorica e pratica, oppure in una attività formativa
carente o inadeguata rispetto agli obiettivi propri del contratto (v. in tal
senso Cass. n. 8564 del 2018); che il ricorso,
pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio
di legittimità, giusta il criterio della soccombenza;
che, in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, previsto per il ricorso;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in €
4.700,00, di cui € 4.500,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari
al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n.
115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1 -bis dello stesso art. 13.