Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 febbraio 2021, n. 5114

Differenze retributive, Qualificazione dell’apprendistato
professionalizzante, Inadempienze procedurali del CTU, Vizio deducibile in
Cassazione, intrinseco alla sentenza oggetto d’impugnazione, Non è sufficiente
che il vizio venga riferito a parametri valutativi esterni

 

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Bari, in riforma della
sentenza del Tribunale di Trani, ha condannato R.V., titolare dell’omonima
impresa edile a corrispondere le differenze retributive rivendicate da R.S.,
apprendista piastrellista inquadrato nel II livello del CCNL imprese artigiane
edili, per il rapporto di lavoro intercorso con la predetta impresa
da111/2/2006 al 30/7/2007;

la Corte territoriale, disposta la CTU contabile, ha
condannato la ditta datrice a corrispondere al S. la minor somma di Euro
3.470,00 rispetto a quella riconosciuta in primo grado;

la cassazione della sentenza è domandata da R.V.
sulla base di tre motivi;

R.S. ha opposto difese;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

col primo motivo di ricorso, formulato ai sensi
dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., il
ricorrente deduce” Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 195 e 196 cpc
in relazione all’art. 441 ult. comma cpc, per
un duplice ordine di ragioni”;

la censura contesta inadempienze procedurali del
CTU, quali la mancata comunicazione della bozza di relazione contabile e la
mancata trasmissione alla Corte d’appello delle osservazioni alla bozza di
consulenza, vizi procedurali che avrebbero giustificato la revoca dell’incarico
da parte della Corte d’appello;

 col secondo
motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3
e n. 4 cod. proc. civ., contesta “Nullità del procedimento e nullità
derivativa della sentenza gravata in relazione agli artt.
44 e 46 delle disposizioni di attuazione
del cpc, nonché ex artt. 126- 127- 130 cpc”
per incompletezza del verbale d’udienza del 26/2/2019, risultante privo delle
richieste formulate dalla difesa dell’odierno ricorrente (in tema di
qualificazione della tipologia del contratto, come apprendistato
professionalizzante ai sensi del d.lgs. n.276 del
2003);

col terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 e n. 5 cod. proc. civ.,
lamenta “Violazione e falsa applicazione dei contratti e accordi
collettivi nazionali di lavoro in relazione altresì agli artt. 1362 e segg. c.c. circa l’interpretazione
dei contratti – erroneità e falsa applicazione del CCNL di categoria
Artigiani-Edili nel punto inerente la qualificazione dell’apprendistato
professionalizzante costituente punto essenziale della controversia – assenza
di motivazione sul punto e nullità della sentenza;

contesta l’applicazione da parte del CTU delle
tabelle retributive proprie dell’apprendistato professionalizzante, frutto di
una arbitraria qualificazione del profilo professionale del lavoratore, il
quale, secondo il CCNL, rientrerebbe nell’apprendistato semplice;

deve ritenersi assorbita l’eccezione preliminare con
cui parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 16 bis – comma 9/bis e 16
undecies – comma n. 1 del d.l. 179/2012 convertito in legge 221/2012, perché la sentenza di appello,
notificata per via telematica a mezzo pec, sarebbe stata inidonea a far
decorrere il termine breve per l’impugnazione in quanto priva dell’attestazione
di conformità;

l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo
di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità, qualora la
consegna dell’atto abbia comunque prodotto il risultato della conoscenza di
esso e determinato così il raggiungimento dello scopo legale a cui lo stesso
era finalizzato (in tal senso, cfr. Cass. n.20625 del 2017);

si procede all’esame dei motivi di ricorso;

il primo motivo è inammissibile;

le critiche del ricorrente si appuntano sul rilievo
di vizi procedurali asseritamente riscontrati nella relazione peritale;

tuttavia, il vizio deducibile in cassazione deve
risultare intrinseco alla medesima sentenza oggetto d’impugnazione, di tal che
non è sufficiente che esso venga riferito a parametri valutativi esterni, quale
è il contenuto della consulenza tecnica d’ufficio (Cass. n. 1605 del 2000);

il secondo motivo è inammissibile;

parte ricorrente non trascrive e non produce il
verbale d’udienza del 26 febbraio 2019 da cui vorrebbe che si evincesse la
mancata trascrizione della richiesta di parte al giudice in ordine alla qualificazione
della tipologia di contratto quale “apprendistato
professionalizzante”;

il ricorso per cassazione, in ragione del principio
di specificità, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire
le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed,
altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la
necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e,
quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (cfr. ex
multis, Cass. n. 27209 del 2017; Cass. n. 12362 del 2005);

l’obbligo di specificità del motivo sussiste anche
quando la Corte di cassazione viene investita quale giudice del fatto e
richiesta di esaminare direttamente gli atti di causa; infatti, non essendo
l’error in procedendo rilevabile ex officio, né potendo la Corte ricercare e
verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, è
necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e
caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, ma
altresì che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata
dai giudici di merito, in modo da consentire alla Corte investita della
questione, secondo la prospettazione alternativa del ricorrente, la verifica
della sua esistenza e l’emenda dell’errore denunciato (Cass. n. 20181 del
2019);

il terzo motivo è inammissibile;

la censura denuncia solo apparentemente una
violazione di legge, là dove, invece, domanda una rivalutazione del merito, inibita
in sede di legittimità; la questione dell’appartenenza ad una delle forme di
apprendistato previste dalla legge è stata valutata in concreto dal giudice
dell’appello, il quale, disattendendo la richiesta dell’appellato di ritenere
che il rapporto di lavoro intercorso con R.S. rientrasse nella forma
dell’apprendistato semplice, ha pienamente motivato come il lavoratore fosse
stato adibito alle mansioni di apprendista piastrellista, rientranti
“…nel 2° gruppo previsto dall’allegato sull’apprendistato
professionalizzante nel quale rientrano espressamente “le lavorazioni di
carattere tradizionale e a medio contenuto professionale, quali ad esempio
muratore, verniciatore, imbianchino, pavimentatore, piastrellista…” (p.
6 sent.);

inoltre, la stessa Corte territoriale, ha aggiunto
che l’appellato “…non aveva sintomaticamente mai evidenziato quale altro
tipo di apprendistato sarebbe stato in concreto applicato al caso in
esame…”(p. 6 sent.)

va, pertanto, nel caso in esame, data attuazione al
costante orientamento di questa Corte, che reputa “…inammissibile il
ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di
norme di legge mirando, in realtà, alla 
rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da
realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un
nuovo, non consentito, terzo grado di merito.” (Cass. n.18721 del 2018; Cass. n.8758 del 2017)

ad ogni modo, vale la pena altresì rilevare come, in
base al consolidato orientamento di questa Corte, nel caso in cui sia
prospettata la violazione di un contratto collettivo nazionale di lavoro di
diritto privato, quest’ultimo è conoscibile dal giudice solo attraverso la
collaborazione delle parti, cui è demandato l’adempimento di uno specifico
onere di allegazione e produzione della fonte collettiva che si assume
disattesa (per tutte cfr. Cass. n. 19507 del 2014;
Cass. n. 6394 del 2019);

in definitiva, il ricorso è inammissibile;

le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la
soccombenza e se ne dispone la distrazione in favore del difensore dichiaratosi
antistatario;

in considerazione dell’inammissibilità del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il
ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti
del controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 1.600,00 per
compensi processuali da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi
antistatario, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed
accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della I. n.228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

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