Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 febbraio 2021, n. 5145
Avvocato iscritto all’Albo professionale ma non alla Cassa di
Previdenza, Obbligo di versare alla Gestione separata i contributi derivanti
dallo svolgimento di attività libero professionale, Atto interruttivo della
prescrizione, Termine quinquennale, Dies a quo della prescrizione, nella data
dalla quale il credito può essere fatto valere, Natura dell’indicazione
contenuta nella dichiarazione dei redditi quale riconoscimento del debito,
Nessuna valenza di atto interruttivo della prescrizione
Rilevato che
la Corte d’appello di L’Aquila, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Lanciano, ha dichiarato sussistente in capo a
L.M., avvocato iscritto all’albo professionale ma non alla Cassa di Previdenza,
l’obbligo di versare alla gestione separata i contributi derivanti dallo
svolgimento di attività libero professionale, ritenendo, tuttavia, non dovuti
quelli relativi all’anno 2011 per intervenuta prescrizione;
la Corte territoriale ha accertato che l’atto
interruttivo della prescrizione del 4 agosto 2017 era stato notificato a L.M.
quando ormai il termine quinquennale, calcolato dal 9 luglio 2012, data in cui
il credito contributivo era venuto a scadenza, era già spirato;
ha, infine, rigettato l’eccezione di sospensione
della prescrizione sollevata dall’Inps in base all’art.
2941, n.8, cod. civ., non ritenendo sussistenti i presupposti per la sua
applicazione;
la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps
sulla base di un unico motivo; L.M. ha depositato controricorso, ed ha altresì
proposto ricorso incidentale in base a due motivi, al quale l’Inps ha resistito
con tempestivo controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.
Considerato che
Ricorso principale:
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n.3 cod. proc. civ., l’istituto
ricorrente deduce “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2935 e 2941 c.c.,
dell’art. 2, commi 26-31, I.
335/1995”; contesta la decisione quanto alla ritenuta scadenza del
credito per prescrizione, deducendo che, così come risultato dagli atti di
causa, la dichiarazione dei redditi, presentata il 26 settembre 2016, conteneva
l’indicazione di quanto percepito dall’odierna controricorrente a titolo di
reddito da lavoro autonomo; pertanto, il puntuale riconoscimento del debito da
parte della professionista nei confronti dell’istituto creditore sarebbe tale
da costituire causa di interruzione della prescrizione;
il motivo è infondato;
come affermato da questa Corte, nel caso in esame il
dies a quo della prescrizione va individuato nella data dalla quale il credito
può essere fatto valere e non già nella data di presentazione della
dichiarazione dei redditi (Cass. n. 19403 del 2019;
Cass. n. 27950 del 2018);
quanto alla natura dell’indicazione contenuta nella
dichiarazione dei redditi quale riconoscimento del debito, ancora questa Corte
ha stabilito come alla stessa non possa essere attribuita valenza di atto
interruttivo della prescrizione, ai sensi dell’art.
2941 cod. civ., posto che con tale dichiarazione il debitore afferma di
aver percepito un determinato reddito, ma non riconosce il diritto dell’Inps ad
ottenere il pagamento dei contributi, diritto che consegue all’iscrizione
obbligatoria alla gestione separata;
secondo il consolidato orientamento di questa Corte,
per aversi riconoscimento dell’altrui diritto, al quale l’art. 2941 cod. civ. ricollega l’effetto
interruttivo della prescrizione, pur non occorrendo formule sacrali e neppure
una specifica volontà di produrre l’effetto interruttivo (data la natura non
negoziale dell’atto), è pur sempre necessario che sussista, anche
implicitamente, una manifestazione della consapevolezza della esistenza del
debito che riveli il carattere della volontarietà (Così Cass. n. 22223 del
2020; cfr. anche Cass. n. 25943 del 2015).
Ricorso incidentale:
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 cod. proc. civ., la
ricorrente incidentale deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 26 L. N. 335/1995
in relazione all’art. 18 comma 12
del DL n.98/2011; insussistenza dei presupposti per l’iscrizione alla
gestione separata dei professionisti iscritti a un albo”; afferma che il
professionista che non versa il contributo soggettivo, ma soltanto quello
integrativo alla Cassa professionale, non sarebbe tenuto a iscriversi alla
gestione separata;
col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n.3, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ.,
contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 comma 8 lett. B della L.
388/2000. Illegittimità delle sanzioni applicate dall’INPS. Vizio di
motivazione. Omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di
discussione tra le parti in punto d’illegittimità delle sanzioni
irrogate”; parte ricorrente incidentale ripropone l’aspetto sanzionatorio
della controversia, rimasto assorbito nel giudizio di merito, chiedendo, in
subordine, che, in caso di accoglimento del ricorso dell’Inps, il titolo delle
sanzioni passi da evasione contributiva ad omissione, in assenza di intento
doloso rivolto ad occultare le attività professionali esercitate, testimoniata
dalla presentazione della dichiarazione dei redditi;
in ragione dell’infondatezza del ricorso principale,
l’incidentale rimane assorbito; in definitiva, il ricorso principale va
rigettato, assorbito l’incidentale; le spese, come liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso
principale, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte
dell’istituto ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale. Assorbito
l’incidentale. Condanna il ricorrente principale al rimborso delle spese del
giudizio di legittimità nei confronti della controricorrente, che liquida in
Euro 200 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre spese
generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a
norma del comma 1 -bis dello stesso art.
13.