Giurisprudenza – CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 25 febbraio 2021, n. C-129/20
«Rinvio pregiudiziale, Politica sociale, Direttiva 2010/18/UE, Accordo quadro riveduto in
materia di congedo parentale, Normativa nazionale che subordina il
riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione di occupazione
di un impiego e all’iscrizione obbligatoria a tale titolo del lavoratore al
regime previdenziale pertinente alla data della nascita del figlio»
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione delle clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché della clausola 2.3,
lettera b), dell’accordo quadro sul congedo parentale, concluso il 14 dicembre
1995, che figura in allegato alla direttiva
96/34/CE del Consiglio, del 3 giugno 1996, concernente l’accordo quadro sul
congedo parentale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU 1996, L 145,
pag. 4), come modificata dalla direttiva 97/75/CE
del Consiglio, del 15 dicembre 1997 (GU 1998, L 10, pag. 24) (in prosieguo: la
«direttiva 96/34»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una
controversia tra XI e la Caisse pour l’avenir des enfants (Cassa per il futuro
dei minori, Lussemburgo) in merito al rifiuto di quest’ultima di riconoscere a
XI il diritto al congedo parentale per prendersi cura dei suoi gemelli a motivo
del fatto che la stessa non occupava un impiego retribuito alla data della loro
nascita.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
La direttiva 96/34
3 La direttiva 96/34
era intesa ad attuare l’accordo quadro sul congedo parentale concluso
dall’Unione delle confederazioni europee dell’industria e dei datori di lavoro
(UNICE), dal Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP) e
dalla Confederazione europea dei sindacati (CES).
4 La clausola 1 di tale accordo quadro, intitolata
«Oggetto e campo d’applicazione», prevedeva quanto segue:
«1. Il presente accordo stabilisce prescrizioni
minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e
familiari dei genitori che lavorano.
2. Il presente accordo si applica a tutti i
lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro
definito dalla legge, da contratti collettivi o dalle prassi vigenti in
ciascuno Stato membro».
5 La clausola 2 di detto accordo quadro, intitolata
«Congedo parentale», era così formulato:
«1. Fatta salva la clausola 2.2, il presente accordo
attribuisce ai lavoratori, di ambo i sessi, il diritto individuale al congedo
parentale per la nascita o l’adozione di un bambino, affinché possano averne
cura per un periodo minimo di tre mesi fino a un’età non superiore a 8 anni
determinato dagli Stati membri e/o dalle parti sociali.
(…)
3. Le condizioni di accesso e le modalità di
applicazione del congedo parentale sono definite dalla legge e/o dai contratti
collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime del
presente accordo. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono in particolare:
(…)
b) subordinare il diritto al congedo parentale ad
una determinata anzianità lavorativa e/o aziendale che non può superare un
anno;
(…)».
Direttiva 2010/18/UE
6 Il considerando 1 della direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo
2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale
concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34 (GU 2010, L 68, pag. 13), prevede
quanto segue:
«L’articolo
153 del trattato [FUE] consente all’Unione [europea] di sostenere e completare
l’azione degli Stati membri, tra l’altro nel settore della parità tra uomini e
donne per quanto riguarda le opportunità sul mercato del lavoro ed il
trattamento sul lavoro».
7 L’articolo
3, paragrafo 1, di tale direttiva prevede quanto segue:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla
presente direttiva entro l’8 marzo 2012 o si accertano che entro tale data le
parti sociali attuino le disposizioni necessarie mediante accordo. (…)».
8 L’articolo
4 di detta direttiva così dispone:
«La direttiva 96/34/CE
è abrogata a decorrere dall’8 marzo 2012. (…)».
9 L’accordo quadro sul congedo parentale (riveduto)
del 18 giugno 2009 che figura in allegato alla direttiva
2010/18 (in prosieguo: l’«accordo quadro riveduto») al punto I.8 prevede
quanto segue:
«considerando che le politiche familiari dovrebbero
contribuire al conseguimento della parità di genere e che andrebbero
considerate alla luce dell’evoluzione demografica, delle conseguenze
dell’invecchiamento della popolazione, del superamento del divario generazionale,
della promozione della partecipazione delle donne al mondo del lavoro e della
ripartizione delle responsabilità familiari tra donne e uomini».
10 La clausola 1 dell’accordo quadro riveduto,
intitolata «Oggetto e ambito d’applicazione», prevede quanto segue:
«1. Il presente accordo stabilisce prescrizioni
minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità familiari e
professionali dei genitori che lavorano, tenendo conto della crescente
diversità delle strutture familiari nel rispetto delle leggi, dei contratti
collettivi e/o delle prassi nazionali.
2. Il presente accordo si applica a tutti i
lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro
definito dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi vigenti in ciascuno
Stato membro».
11 La clausola 2 dell’accordo quadro riveduto,
intitolata «Congedo parentale», così dispone:
«1. Il presente accordo attribuisce ai lavoratori di
ambo i sessi il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o
l’adozione di un figlio, affinché possano averne cura fino a una determinata
età, non superiore a otto anni, che deve essere definita dagli Stati membri e/o
dalle parti sociali.
2. Il congedo è accordato per un periodo minimo di
quattro mesi e, per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra
gli uomini e le donne, andrebbe previsto, in linea di principio, in forma non
trasferibile. Per incoraggiare una più equa ripartizione del congedo parentale
tra i due genitori, almeno uno dei quattro mesi è attribuito in forma non
trasferibile. (…)».
12 La clausola 3 di detto accordo quadro riveduto,
intitolata «Modalità di applicazione», è così formulata:
«1. Le condizioni di accesso e le modalità di
applicazione del congedo parentale sono definite per legge e/o mediante
contratti collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime
del presente accordo. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono in
particolare:
(…)
b) subordinare il diritto al congedo parentale a una
determinata anzianità lavorativa e/o aziendale che non può superare un anno;
quando ricorrono a tale disposizione gli Stati membri e/o le parti sociali
assicurano che in caso di più contratti a tempo determinato, quale definito
nella direttiva 1999/70/CE del Consiglio[, del
28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP] sul tempo
determinato, presso lo stesso datore di lavoro occorre tener conto della durata
complessiva di tali contratti per il calcolo dell’anzianità [GU 1999, L 175, pag.
43];
(…)».
13 La clausola 8.4 del medesimo accordo quadro
riveduto prevede quanto segue:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla
decisione del Consiglio [che rende vincolanti le prescrizioni dell’accordo
quadro riveduto] entro due anni dall’adozione della decisione ovvero si
accertano che le parti sociali adottino le disposizioni necessarie mediante
accordi prima della fine di tale periodo. (…)».
Diritto lussemburghese
14 Il recepimento della direttiva
96/34 nel diritto lussemburghese è avvenuto con la Loi du 12 février 1999
concernant la mise en œuvre du plan d’action national en faveur de l’emploi
(legge del 12 febbraio 1999 sull’attuazione del piano d’azione nazionale per
l’occupazione) (Mémorial A 1999, pag. 190). In particolare, detta legge ha
inserito nella Loi modifiée du 16 avril 1979 fixant le statut général des
fonctionnaires de l’État (legge del 16 aprile 1979 recante lo statuto generale
dei funzionari dello Stato, come modificata) (Mémorial A 1979, pag. 622; in
prosieguo: la «legge del 16 aprile 1979, come modificata»), l’articolo 29 bis
relativo al congedo parentale. Detto articolo, nella versione applicabile alla
controversia oggetto del procedimento principale, prevede quanto segue:
«È istituito un congedo speciale, denominato
“congedo parentale”, concesso per la nascita o l’adozione di uno o più figli
per i quali siano versati assegni familiari e per i quali sussistano, in
relazione al soggetto richiedente il congedo parentale, i requisiti di cui
all’articolo 2, secondo e terzo comma, della Loi modifiée du 19 juin 1985
concernant les allocations familiales et portant création de la caisse
nationale des prestations familiales (legge del 19 giugno 1985 in materia di
assegni familiari e che istituisce la Cassa nazionale delle prestazioni
familiari, come modificata) [(Mémorial A 1985, pag. 680)], fino al compimento
del quinto anno di età da parte di tali figli.
Il congedo parentale spetta a qualsiasi soggetto, di
seguito denominato “il genitore”, a condizione che
(…)
– al momento della nascita o dell’accoglienza del
figlio o dei figli adottandi, occupi legalmente un posto di lavoro nel
territorio del Granducato di Lussemburgo, occupazione esercitata senza
soluzione di continuità per almeno dodici mesi consecutivi direttamente
precedenti l’inizio del congedo parentale, presso la stessa amministrazione
pubblica o lo stesso ente pubblico per una durata mensile dell’orario di lavoro
pari almeno alla metà della durata normale dell’orario di lavoro applicabile
per legge, e che sia titolare di tale titolo durante tutto il periodo del
congedo parentale;
– sia iscritto obbligatoriamente e continuativamente
al sistema previdenziale in virtù di uno dei suddetti titoli, in applicazione
dell’articolo 1, punti 1, 2 e 10, del Code de la sécurité sociale (Codice di
previdenza sociale);
(…)».
15 L’articolo 29 ter della legge del 16 aprile 1979,
come modificata, prevede quanto segue:
«Ogni genitore che soddisfi le condizioni di cui
all’articolo 29 bis ha diritto, su sua richiesta, a un congedo parentale di sei
mesi per ciascun figlio. (…)».
Procedimento principale e questione pregiudiziale
16 Il 15 settembre 2011, XI ha stipulato un contratto
di prestazione di servizi a tempo determinato con il Granducato di Lussemburgo
per l’esecuzione dell’incarico di docente della scuola secondaria con scadenza
il 26 gennaio 2012.
17 Il 26 gennaio 2012, a seguito della scadenza di
detto contratto di lavoro a tempo determinato, è stata cancellata l’iscrizione
di XI presso gli enti previdenziali e la stessa è stata iscritta dal suo
compagno, in qualità di funzionario statale, al regime di coassicurazione.
18 Il 4 marzo 2012, in un periodo in cui era disoccupata,
XI ha dato alla luce due gemelli.
19 Il 14 giugno 2012, XI ha ottenuto l’ammissione al
beneficio dell’indennità di disoccupazione ed è stata quindi nuovamente
iscritta presso gli enti previdenziali.
20 Dopo aver stipulato con il Granducato di Lussemburgo,
in data 15 settembre 2012 e 1° agosto 2013, due contratti di prestazione di
servizi a tempo determinato per l’esecuzione dell’incarico di docente della
scuola secondaria, il 15 settembre 2014 XI ha sottoscritto un contratto a tempo
indeterminato con detto Stato membro avente ad oggetto le medesime attività.
21 L’11 marzo 2015, XI ha presentato domanda di
congedo parentale con indicazione della data di inizio fissata al 15 settembre
2015.
22 Con decisione del 20 marzo 2015, detta domanda è
stata respinta dal presidente della Caisse nationale des prestations familiales
(Cassa nazionale delle prestazioni familiari), ora denominata Caisse pour
l’avenir des enfants (Cassa per il futuro dei minori), in applicazione
dell’articolo 29 bis della legge del 16 aprile 1979, come modificata, il quale
subordina la concessione del congedo parentale alla condizione che il
lavoratore occupi legalmente un posto di lavoro e sia iscritto a tale titolo al
regime previdenziale pertinente al momento della nascita del figlio, condizione
questa che XI non soddisfaceva.
23 XI ha contestato tale decisione dinanzi al
comitato direttivo della Caisse nationale des prestations familiales (Cassa
nazionale delle prestazioni familiari) adducendo che l’articolo 29 bis della
legge del 16 aprile 1979, come modificata, non era conforme all’accordo quadro
sul congedo parentale che figura in allegato alla direttiva
96/34.
24 Con decisione del 19 maggio 2015, il comitato
direttivo della Caisse nationale des prestations familiales (Cassa nazionale
delle prestazioni familiari) ha confermato la decisione del 20 marzo 2015,
considerando, in sostanza, che, poiché XI non occupava legalmente un posto di
lavoro e non era iscritta a tale titolo al regime previdenziale pertinente al
momento della nascita dei suoi figli, la stessa non aveva diritto al congedo
parentale.
25 XI ha proposto ricorso avverso la decisione del
19 maggio 2015 dinanzi al Conseil arbitral de la sécurité sociale (Consiglio
arbitrale per la previdenza sociale, Lussemburgo), il quale, con decisione del
27 ottobre 2017, ha accolto tale ricorso. In particolare, esso ha rilevato che
l’accordo quadro che figura in allegato alla direttiva
96/34 subordinava il diritto al congedo parentale allo status di lavoratore
e alla nascita di un figlio, senza tuttavia prevedere la condizione di
occupazione e di iscrizione obbligatoria a tale titolo al regime previdenziale
pertinente al momento della nascita di tale figlio e, in particolare, che il
requisito supplementare di iscrizione a tale regime previdenziale al momento
della nascita del figlio era incompatibile con il requisito previsto da tale
accordo quadro in base al quale l’anzianità lavorativa e/o aziendale non può
essere superiore a un anno e con lo scopo di agevolare la conciliazione della
vita professionale e familiare. La Caisse pour l’avenir des enfants (Cassa per
il futuro dei minori) ha proposto appello avverso la decisione del 27 ottobre
2017 dinanzi al conseil supérieur de la sécurité sociale (Consiglio superiore
per la previdenza sociale, Lussemburgo).
26 Con sentenza del 17 dicembre 2018, il conseil
supérieur de la sécurité sociale (Consiglio superiore per la previdenza
sociale) ha riformato la decisione del 27 ottobre 2017 rilevando, in
particolare, che, poiché la clausola 2.1 dell’accordo quadro che figura in
allegato alla direttiva 96/34 introduce un
diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un
figlio, la fruizione di tale congedo era riservata ai lavoratori che potevano
dimostrare lo status di lavoratore al momento della nascita o dell’adozione del
figlio per il quale era stata richiesta la fruizione di tale congedo.
27 XI ha impugnato la sentenza del 17 dicembre 2018
dinanzi al giudice del rinvio, il quale ha ritenuto che, alla luce dei motivi
dedotti dalle parti nel procedimento principale, la soluzione della
controversia dinanzi ad esso pendente dipendesse dalla questione se le clausole
dell’accordo quadro che figura in allegato alla direttiva
96/34 ostassero all’applicazione dell’articolo 29 bis della legge del 16
aprile 1979, come modificata.
28 Alla luce di tali circostanze, la Cour de
cassation du Grand-Duché de Luxembourg (Corte di cassazione del Granducato di
Lussemburgo, Lussemburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se le clausole 1.1, 1.2, e 2.1, [nonché la
clausola] 2.3[, lettera] b), dell’accordo quadro sul congedo parentale concluso
il 14 dicembre 1995 dalle organizzazioni interprofessionali a carattere
generale UNICE, CEEP e CES, attuato dalla direttiva
[96/34] debbano essere interpretate nel senso che esse ostano all’applicazione
di una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 29 bis della legge
del 16 aprile 1979 recante lo statuto generale dei funzionari dello Stato, come
modificata, nella versione risultante dalla legge del 22 dicembre 2006 (Mémorial
A 2006, pag. 4838), che subordina la concessione del congedo parentale alla
duplice condizione che il lavoratore occupi legalmente un posto di lavoro e sia
iscritto a tale titolo alla previdenza sociale, da un lato, senza interruzione
per almeno dodici mesi consecutivi immediatamente precedenti l’inizio del
congedo parentale e, dall’altro, al momento della nascita o dell’accoglienza
del figlio o dei figli adottivi, essendo richiesto il rispetto di tale seconda
condizione anche qualora la nascita o l’adozione sia avvenuta più di dodici
mesi prima dell’inizio del congedo parentale».
Sulla questione pregiudiziale
29 Con la sua questione pregiudiziale il giudice del
rinvio chiede, in sostanza, se le clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola
2.3, lettera b), dell’accordo quadro sul congedo parentale che figura in
allegato alla direttiva 96/34 debbano essere
interpretate nel senso che esse ostano a che la concessione di un congedo
parentale sia subordinata alla duplice condizione che il lavoratore occupi
legalmente un posto di lavoro e sia iscritto a tale titolo al regime
previdenziale pertinente, in primo luogo, senza interruzione per un periodo di
almeno dodici mesi immediatamente prima dell’inizio di tale congedo parentale
e, in secondo luogo, al momento della nascita o dell’accoglienza del figlio o
dei figli adottivi.
30 Secondo costante giurisprudenza, nell’ambito
della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita
all’articolo 267 TFUE,
quest’ultima è tenuta a fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli
consenta di dirimere la controversia di cui è investito (sentenza del 21
ottobre 2020, Eco TLC, C-556/19, EU:C:2020:844, punto 20 e giurisprudenza ivi
citata). Nel caso di specie, spetta alla Corte stabilire in via preliminare se
la controversia oggetto del procedimento principale sia disciplinata dalla direttiva 96/34 o dalla direttiva 2010/18, che abroga e sostituisce
quest’ultima, nonché, se del caso, riformulare la questione sollevata.
31 A tale riguardo occorre ricordare che una nuova
norma giuridica si applica a partire dall’entrata in vigore dell’atto recante la
medesima e che, sebbene non si applichi alle situazioni giuridiche sorte e
definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, si applica agli
effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove, a meno
che, fatto salvo il principio di irretroattività degli atti giuridici, la nuova
norma sia accompagnata da disposizioni particolari che determinano
specificamente le sue condizioni di applicazione nel tempo. In particolare, le
norme procedurali si considerano generalmente applicabili al momento in cui
esse entrano in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la
comune interpretazione, concernono rapporti giuridici definiti anteriormente
alla loro entrata in vigore solo se dal loro testo, dalla loro ratio o dal loro
impianto sistematico risulti chiaramente che va loro attribuita tale efficacia
(sentenza del 26 marzo 2015, Commissione/Moravia Gas Storage, C-596/13 P,
EU:C:2015:203, punti 32 e 33 e giurisprudenza ivi citata).
32 Nel caso di specie, è pacifico che le condizioni
per la concessione del diritto al congedo parentale costituiscono norme
sostanziali che si applicano a partire dall’entrata in vigore dell’atto che le
introduce. In forza dell’articolo 4 della
direttiva 2010/18, la direttiva 96/34 è
stata abrogata a decorrere dall’8 marzo 2012. Peraltro, tale data costituiva,
ai sensi dell’articolo 3,
paragrafo 1, della direttiva 2010/18 e della clausola 8.4 dell’accordo
quadro riveduto, la data entro la quale gli Stati membri avrebbero dovuto
conformarsi alle disposizioni della direttiva
2010/18 e di detto accordo quadro o, se del caso, avrebbero dovuto
accertarsi che le parti sociali avessero attuato le disposizioni necessarie a
tal fine. Di conseguenza, e poiché la domanda di congedo parentale di XI è
stata presentata l’11 marzo 2015, con indicazione della data di inizio fissata
al 15 settembre 2015, tale domanda è disciplinata dalle disposizioni della direttiva 2010/18. A tale riguardo è irrilevante
la circostanza che i gemelli di XI fossero nati il 4 marzo 2012. Infatti, a
tale data, XI non aveva presentato una domanda di congedo parentale
conformemente alla clausola 2.3, lettera b), dell’accordo quadro che figura in
allegato alla direttiva 96/34, quale recepita
nel diritto lussemburghese con la legge del 16 aprile 1979, come modificata.
33 Poiché la direttiva
2010/18 è applicabile alla controversia oggetto del procedimento principale
e poiché le clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola 2.3, lettera b),
dell’accordo quadro che figura in allegato alla direttiva
96/34 corrispondono in sostanza alle clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché alla
clausola 3.1, lettera b), dell’accordo quadro riveduto, occorre riformulare la
questione sollevata come diretta, segnatamente, a ottenere l’interpretazione di
tali clausole dell’accordo quadro riveduto.
34 A tale proposito, si deve ricordare che, secondo
costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una
disposizione del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del suo tenore
letterale, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa
in cui essa si colloca (sentenze del 16 luglio
2015, Maïstrellis, C-222/14, EU:C:2015:473, punto 30, e del 3 ottobre 2019,
Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824,
punto 48 e giurisprudenza ivi citata).
35 Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione
se dette clausole dell’accordo quadro riveduto ostino a una normativa nazionale
che subordina il riconoscimento del diritto a un congedo parentale
all’occupazione ininterrotta da parte del genitore di un impiego per un periodo
di almeno dodici mesi immediatamente precedente l’inizio di tale congedo
parentale, si deve osservare che dai termini della clausola 3.1, lettera b),
dell’accordo quadro riveduto risulta che gli Stati membri possono subordinare
la concessione del congedo parentale a una previa anzianità lavorativa che non
può superare un anno. Tenuto conto dell’utilizzo dell’espressione «anzianità
lavorativa» nella prima frase di tale disposizione e del fatto che la seconda
frase di quest’ultima prevede che il calcolo di tale anzianità avvenga tenendo
conto della durata complessiva di più contratti a tempo determinato presso lo
stesso datore di lavoro, gli Stati membri possono esigere che tale anzianità
sia continuativa. Inoltre, dal momento che con una domanda di congedo parentale
il richiedente intende ottenere una sospensione del suo rapporto di lavoro (v.,
in tal senso, sentenza del 19 settembre 2013,
Hliddal e Bornand, C-216/12 e C-217/12, EU:C:2013:568, punto 53), gli Stati
membri possono esigere che la previa anzianità lavorativa sia riferibile a un
periodo immediatamente precedente l’inizio del congedo parentale. Pertanto, le
clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola 3.1, lettera b), dell’accordo
quadro riveduto non ostano a una normativa nazionale che subordina il
riconoscimento del diritto al congedo parentale alla condizione che il genitore
interessato abbia occupato un impiego senza interruzione per un periodo di
almeno dodici mesi immediatamente precedente l’inizio di tale congedo
parentale.
36 Per quanto riguarda, in secondo luogo, la
questione se dette clausole dell’accordo quadro riveduto ostino a una normativa
nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla
condizione che il genitore occupi un impiego al momento della nascita del
figlio o dei figli oppure dell’accoglienza del figlio o dei figli adottandi,
occorre osservare che, ai sensi della clausola 2.1 di detto accordo quadro, il
diritto al congedo parentale è un diritto individuale riconosciuto ai
lavoratori di ambo i sessi per la nascita o l’adozione di un figlio, affinché
il genitore possa averne cura fino a una determinata età, che deve essere
definita dagli Stati membri, ma che non può essere superiore a otto anni.
37 Inoltre, ai sensi delle clausole 1.1 e 1.2
dell’accordo quadro riveduto, quest’ultimo stabilisce prescrizioni minime volte
ad agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e familiari
dei genitori che lavorano e si applica a tutti i lavoratori, di ambo i sessi,
aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalle leggi, dai contratti
collettivi e/o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro.
38 Inoltre, come illustrato al punto 35 della
presente sentenza, la clausola 3.1, lettera b), dell’accordo quadro riveduto
consente agli Stati membri di subordinare il diritto al congedo parentale a una
determinata anzianità lavorativa e/o aziendale che non può superare un anno.
39 Ne consegue che la nascita o l’adozione di un
bambino e lo status di lavoratore dei suoi genitori sono condizioni costitutive
del diritto al congedo parentale in forza dell’accordo quadro riveduto.
40 Tuttavia, contrariamente a quanto osserva la
Caisse pour l’avenir des enfants (Cassa per il futuro dei minori), da dette
condizioni costitutive del riconoscimento del diritto al congedo parentale non
si può dedurre che i genitori del bambino per il quale tale congedo è richiesto
debbano essere lavoratori al momento della nascita o dell’adozione di
quest’ultimo.
41 Il contesto e gli obiettivi dell’accordo quadro
riveduto ostano infatti a una siffatta interpretazione.
42 Come enunciato al considerando 1 della direttiva 2010/18, quest’ultima si inserisce nel
contesto dell’articolo 153 TFUE,
che consente all’Unione di sostenere e completare l’azione degli Stati membri,
tra l’altro, nel settore del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro
e in quello dell’istituzione di un’adeguata protezione sociale dei lavoratori.
43 Peraltro, come risulta dal considerando 8 della direttiva 2010/18, dal primo comma del preambolo
dell’accordo quadro riveduto e dal punto 3 delle osservazioni generali di tale
accordo quadro, che rinvia agli articoli
23 e 33 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, detto accordo quadro persegue l’obiettivo
sia di promuovere la parità tra uomini e donne per quanto riguarda le
opportunità sul mercato del lavoro e il trattamento sul lavoro in tutta
l’Unione, sia di migliorare la conciliazione tra vita professionale, vita
privata e vita familiare dei genitori che lavorano. Detti obiettivi sono
ribaditi nelle clausole 1.1 e 2.2 dell’accordo quadro riveduto.
44 In considerazione di tale contesto e di detti
obiettivi, il diritto individuale di ciascun genitore lavoratore al congedo
parentale per la nascita o l’adozione di un figlio, sancito dalla clausola 2.1
dell’accordo quadro riveduto, deve essere inteso nel senso che esso riflette un
diritto sociale dell’Unione particolarmente importante, il quale è stato
peraltro sancito dall’articolo 33,
paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali. Ne consegue che tale
diritto non può essere interpretato in modo restrittivo (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Lyreco Belgium,
C-588/12, EU:C:2014:99, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).
45 In tal senso, è stato dichiarato che, nonostante
il fatto che la nascita sia una condizione costitutiva del diritto al congedo
parentale, tale diritto non si ricollega alla data della nascita del bambino,
cosicché non è richiesto che tale nascita sia avvenuta dopo la data di entrata
in vigore della direttiva 96/34 in uno Stato
membro affinché i genitori di tale bambino possano beneficiare del diritto al
congedo parentale in applicazione di tale direttiva (v., in tal senso, sentenze
del 14 aprile 2005, Commissione/Lussemburgo, C-519/03, EU:C:2005:234, punto 47,
e del 16 settembre 2010, Chatzi, C-149/10, EU:C:2010:534, punto 50).
46 Escludere i genitori che non lavoravano al
momento della nascita o dell’adozione del proprio figlio equivarrebbe a
limitare il diritto di detti genitori alla possibilità di fruire di un congedo
parentale in un momento successivo della loro vita in cui svolgono nuovamente
un’attività lavorativa e del quale avrebbero bisogno per conciliare le loro
responsabilità familiari e professionali. Una siffatta esclusione sarebbe
pertanto contraria al diritto individuale di ciascun lavoratore di disporre di
un congedo parentale.
47 Peraltro, occorre constatare che la duplice
condizione imposta dalla normativa lussemburghese, la quale impone che il
lavoratore occupi un impiego e, a tale titolo, sia iscritto al regime previdenziale
non soltanto per almeno dodici mesi consecutivi immediatamente precedenti
l’inizio del congedo parentale, ma anche al momento della nascita o
dell’adozione del figlio o dei figli, porta, in realtà, allorquando la nascita
o l’adozione risalga a più di dodici mesi prima dell’inizio del congedo
parentale, a prolungare la condizione relativa all’anzianità lavorativa e/o
aziendale che non può, tuttavia, superare un anno, in forza della clausola
3.1., lettera b), dell’accordo quadro sul congedo parentale.
48 Pertanto, alla luce del contesto e degli
obiettivi dell’accordo quadro riveduto, richiamati al punto 43 della presente
sentenza, le clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola 3.1, lettera b), di
tale accordo quadro non possono essere interpretate nel senso che uno Stato
membro può subordinare il diritto di un genitore al congedo parentale alla
condizione che il genitore lavori al momento della nascita o dell’adozione del
figlio.
49 Una siffatta interpretazione, contrariamente a
quanto osserva la Caisse pour l’avenir des enfants (Cassa per il futuro dei
minori), non costituisce una discriminazione tra genitori disoccupati e
genitori che lavorano al momento della nascita del proprio figlio, in quanto i
primi potrebbero organizzarsi per prendersi cura del proprio figlio, mentre i
secondi non potrebbero prendersene cura al momento della nascita senza
beneficiare del congedo parentale.
50 Infatti, oltre al fatto che una siffatta
argomentazione non prende in considerazione la circostanza che le madri beneficiano
di un congedo di maternità al momento della nascita del proprio figlio, lo
scopo della concessione del congedo parentale non è quello di consentire a un
genitore di prendersi cura del proprio figlio solo al momento della nascita di
quest’ultimo e poco tempo dopo la nascita, ma anche, più tardi, durante la sua
infanzia, che, in forza della clausola 2.1 dell’accordo quadro riveduto, non
può eccedere l’età di otto anni. Ne consegue che la possibilità, di cui dispone
un genitore al momento della nascita del bambino, di organizzarsi per prendersi
cura del proprio figlio non è rilevante ai fini della valutazione
dell’esistenza di un diritto al congedo parentale e che su tale base non può
essere legittimamente invocata alcuna discriminazione.
51 Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin
qui svolte, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che le
clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola 3.1, lettera b), dell’accordo
quadro riveduto devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una
normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo
parentale alla condizione che il genitore interessato abbia occupato un impiego
senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi immediatamente
precedente l’inizio del congedo parentale. Per contro, dette clausole ostano a
una normativa nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo
parentale allo status di lavoratore del genitore al momento della nascita o
dell’adozione del figlio.
Sulle spese
52 Nei confronti delle parti nel procedimento
principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al
giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute
da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo
a rifusione.
P.Q.M.
Dichiara:
Le clausole 1.1, 1.2 e 2.1, nonché la clausola 3.1,
lettera b), dell’accordo quadro sul congedo parentale (riveduto), del 18 giugno
2009, che figura in allegato alla direttiva
2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro
riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME,
CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE,
devono essere interpretate nel senso che esse non ostano a una normativa
nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale alla
condizione che il genitore interessato abbia occupato un impiego senza
interruzione per un periodo di almeno dodici mesi immediatamente precedente
l’inizio del congedo parentale.
Per contro, dette clausole ostano a una normativa
nazionale che subordina il riconoscimento del diritto al congedo parentale allo
status di lavoratore del genitore al momento della nascita o dell’adozione del
figlio.