Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2021, n. 5952

Tributi, Credito d’imposta per incrementi occupazionali,
Comunicazione trasmessa prima del termine iniziale stabilito per legge,
Decadenza, Esclusione, Errore formale

 

Rilevato che

 

1. La Commissione tributaria regionale rigettava
l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza della
Commissione tributaria provinciale che aveva rigettato il ricorso della G. Srl
contro l’avviso di accertamento emesso dall’agenzia delle entrate nei suoi
confronti, per l’anno 2009, in ordine al credito d’imposta utilizzato in
compensazione, ai sensi dell’articolo
17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il giudice di appello, in
particolare, evidenziava che la società era incorsa soltanto in un errore
formale, per aver comunicato l’istanza finalizzata alla fruizione del credito
d’imposta per incrementi occupazionali, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, decreto
ministeriale 12 marzo 2008, in data antecedente a quella prevista dalla
normativa suddetta. Infatti, la società, che aveva provveduto all’assunzione di
due dipendenti in data 2 ottobre 2008 (R.A. e D.S.M.), aveva inviato la comunicazione
al COP (Centro Operativo) di Pescara in data 14 ottobre 2008 per l’attribuzione
del credito d’imposta per incremento occupazionale, mentre la normativa
prevedeva che tale comunicazione fosse effettuata il primo giorno del mese
successivo all’assunzione, quindi a decorrere dal 1 novembre 2008. La
Commissione  Regionale riteneva che la
presentazione dell’istanza in data antecedente a quella stabilita dalla norma
non era prescritta a pena di decadenza, sicché non poteva comportare la perdita
del beneficio di legge, né l’applicazione delle sanzioni.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per
cassazione l’Agenzia delle entrate.

3. Resiste con controricorso la società
contribuente.

 

Considerato che

 

1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia
delle entrate deduce la “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2, comma 539, della legge
24 dicembre 2007, numero 244, in relazione all’articolo
360, primo comma, numero 3, c.p.c.”, in quanto, ai sensi dell’articolo 6 del decreto ministeriale
12 marzo 2008, per fruire del credito d’imposta i soggetti beneficiari
dovevano inoltrare un’istanza al Centro Operativo di Pescara (COP) dell’Agenzia
delle entrate, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui
si verificavano gli incrementi occupazionali, e non oltre il 31 gennaio 2009.
La società, quindi, che aveva dichiarato l’assunzione dei due dipendenti a tempo
indeterminato in data 2 ottobre 2008, avrebbe dovuto presentare l’istanza a
partire dal 1 novembre del 2008. Al contrario l’istanza era stata inoltrata
dalla società il 14 ottobre 2008, ossia lo stesso mese in cui si era verificato
l’incremento occupazionale, presupposto oggettivo dell’accesso al credito
d’imposta. Tale irregolarità avrebbe impedito all’amministrazione finanziaria
di valutare tempestivamente la spettanza del beneficio previsto dalla legge.
Pertanto, anche in mancanza dell’espressa previsione di decadenza, il rispetto
di tale termine doveva ritenersi comunque uno dei presupposti fondamentali per
l’accesso al credito d’imposta e non una mera irregolarità.

1.1. Tale motivo è infondato.

1.2. Invero, l’articolo 2, comma 539, della legge
244 del 2007 prevede che “ai datori di lavoro che, nel periodo
compreso tra il 1 gennaio 2008 e il 31 dicembre 2008, incrementano il numero
dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato, nelle
aree delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna,
Abruzzo e Molise ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, paragrafo 3,
lettera a) e c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, è concesso,
per gli anni 2008, 2009 e 2010, un credito d’imposta di importo pari a euro 333
per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese. In caso di lavoratrici donne
rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all’articolo due, F), del regolamento (CE)
n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, il credito d’imposta è
concesso nella misura di euro 416 per ciascuna lavoratrice e per ciascun mese.
Sono esclusi i soggetti di cui all’articolo
74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al d.p.r. 22 dicembre
1986, numero 917”.

1.3. L’articolo
1 del decreto ministeriale 12 marzo 2008 prevede che “il presente
decreto contiene le modalità di attuazione dei commi da 539 a 547 dell’articolo 2
della legge 24 dicembre 2007, n. 244”.

1.4. In particolare, l’articolo 5 di tale decreto (che
riporta quanto previsto dal comma
543 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007) stabilisce quali sono le
condizioni di ammissibilità, prevedendo che il credito d’imposta spetta a
condizione che: a) i lavoratori assunti per coprire nuovi posti di lavoro
creati non abbiano mai lavorato prima o abbiano perso o siano in procinto di
perdere l’impiego precedente; b) siano rispettate le prescrizioni dei contratti
collettivi nazionali; c) siano rispettate le norme in materia di salute e
sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni; d) il datore di
lavoro non abbia ridotto la base occupazionale nel periodo dal 1 novembre 2007
al 31 dicembre 2007, per motivi diversi dai raggiunti limiti di età
pensionabile, dal collocamento a riposo e dalle dimissioni volontarie o dal
licenziamento per giusta causa.

1.5. Le modalità di accesso e di fruizione del
credito d’imposta sono indicate nell’articolo 6 del decreto ministeriale.
In particolare, si prevede al comma 1 che “per fruire del credito
d’imposta, i soggetti beneficiari inoltrano al centro operativo di Pescara
dell’Agenzia delle entrate, a partire dal primo giorno del mese successivo a
quello in cui si verificano gli incrementi occupazionali e non oltre il 31
gennaio 2009, un’istanza telematica contenente i dati stabiliti con
provvedimento del direttore della medesima agenzia da emanare entro 30 giorni
dalla data di pubblicazione del presente decreto”.

Al comma 4 si dispone altresì che “i soggetti
che hanno ricevuto la comunicazione telematica attestante l’accoglimento
dell’istanza sono tenuti ad inviare all’Agenzia delle entrate, dal 1 febbraio
al 31 marzo di ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011, una comunicazione
attestante il rispetto della condizione di cui all’articolo 7, comma uno, lettera
a), del presente decreto. Con la stessa comunicazione, inoltre, deve essere
data indicazione del minor credito eventualmente spettante in relazione
all’anno precedente ovvero all’anno in corso. La comunicazione costituisce
presupposto per fruire della quota di credito, già prenotata, relativa all’anno
nel quale la stessa deve essere presentata. Il mancato invio della
comunicazione comporta l’applicazione dell’articolo 7, comma 2, del presente
decreto”.

1.6. Le ipotesi del decadenza sono indicate nell’articolo 7 del decreto
ministeriale (che ricalca il comma
545 dell’art. 2 della legge n. 244 del 2007) laddove si prevede che
“il diritto al credito d’imposta decade:a) se, su base annuale, il numero
complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo
determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto
formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori
dipendenti mediamente occupati nel periodo di riferimento; b) se i posti di
lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di due anni nel caso
delle piccole medie imprese, ovvero di tre anni, per le altre imprese; c) in
caso di accertamento definitivo di violazioni non formali, per le quali sono
state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5000, alla normativa
fiscale e contributiva in materia di lavoro dipendente, ovvero violazioni alla
normativa sulla salute sulla sicurezza dei lavoratori.

Al comma 2, del medesimo articolo, si prevede che
“nei casi di cui alla lettera a), la decadenza opera a partire dall’anno
successivo a quello di rilevazione della differenza prevista nella medesima
lettera a)”.

1.7. L’articolo
9 del decreto dispone che “qualora sia accertata l’indebita fruizione,
anche parziale, del credito d’imposta, per il mancato rispetto delle condizioni
previste o per il verificarsi di cause decadenza, l’Agenzia delle entrate
provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni
secondo legge”.

1.8.Dal tenore delle norme richiamate emerge che le
ipotesi di decadenza dal beneficio sono quelle previste dall’art. 7 del d.m. 12 marzo 2008 e
che le condizioni di ammissibilità sono quelle indicate nell’art. 6 dello stesso decreto.

Un’altra ipotesi patologica è quella indicata nell’art. 6, comma 6, del d.m. 12  marzo 2008, ma con specifico riferimento
ai soggetti che hanno già ricevuto la comunicazione telematica attestante
“l’accoglimento della istanza”, che non rispettano l’obbligo di
inviare alla Agenzia delle entrate una comunicazione attestante il rispetto del
requisito sostanziale del numero dei dipendenti su base annua superiore al
numero complessivo dei dipendenti mediamente occupati nel periodo tra il 1
gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2007.

Solo in queste specifiche ipotesi, tutte di
carattere sostanziale o, comunque, con risvolti sostanziali, la norma prevede
l’indebita fruizione del benefici, per il mancato rispetto delle condizioni
previste o per il verificarsi di cause di decadenza, con il conseguente
recupero degli importi.

Al contrario, in ordine alla comunicazione
“anticipata” della intervenuta assunzione di lavoratrici nel mese in
cui questa è avvenuta, invece che dal primo giorno del mese successivo, non è
stata prevista alcuna ipotesi di decadenza o condizione di ammissibilità.

Del resto, l’avere dichiarato l’assunzione delle due
dipendenti, avvenuta il 2 ottobre 2008, il 14 ottobre 2008, invece che il 1
novembre 2008, non comporta alcuna conseguenza dal punto di vista sostanziale
della spettanza del beneficio.

Né con tale condotta la contribuente avrebbe
impedito alla Agenzia delle entrate di effettuare i dovuti controlli in ordine
al rispetto dei requisiti occupazionali, da confrontare con il periodo di
riferimento (lavoratori in forza dal 1 gennaio 2007 al 31 dicembre 2007). Anzi,
avendo la G. s.p.a. effettuato la comunicazione dell’intervenuta assunzione di
lavoratrici il 14 ottobre 2008, prima ancora del periodo in cui era prevista
(dal 1 novembre 2008), in realtà l’Agenzia delle entrate ha beneficiato di un
lasso temporale maggiore per effettuare i controlli in ordine alla sussistenza
del requisito occupazionale, potendo comparare il numero dei lavoratori in
forza alla società nell’anno 2008, con quelli che già lavoravano con la società
nel periodo di riferimento (1 gennaio 2007-31 dicembre 2007).

L’assenza di qualsiasi previsione di decadenza o di
inammissibilità per tale mera “irregolarità”, puramente formale, ha
comportato l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso. Tanto più che la
società, che non era stata inizialmente ammessa al beneficio, non rientrando
nella graduatoria, aveva presentato una seconda comunicazione il 18 aprile
2009, ai sensi dell’art.6 comma 5
del d.m. 12 marzo 2007 (“I soggetti non ammessi al beneficio per
esaurimento dei fondi stanziati possono presentare dal 1 aprile al 20 aprile di
ciascuno degli anni 2009 e 2010 una nuova istanza telematica), accolta dal COP
di Pescara. Solo successivamente il COP di Pescara ha ravvisato la sussistenza
della irregolarità in relazione alla prima comunicazione del 14 ottobre 2008.

Inoltre, va evidenziato che la società aveva
iniziato la sua attività proprio nel 2008, sicchè l’Agenzia non poteva avere
alcuna difficoltà ad esaminare la sussistenza del requisito occupazionale.

2. Le spese del giudizio di legittimità, per il
principio della soccombenza, vanno poste a carico della Agenzia delle entrate
si liquidano come da dispositivo.

3. Non opera a carico dell’Agenzia ricorrente il
raddoppio del contributo unificato (Cass.,
890/2017; Cass., 5955/2014).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna l’Agenzia delle entrate a rimborsare in
favore della società le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in
complessivi euro 2.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, Iva e cpa, oltre
rimborso delle spese generali nella misura forfettaria del 15%.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 marzo 2021, n. 5952
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