Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 04 marzo 2021, n. 6084
Riduzione delle vendite e del fatturato, Necessità di ridurre
il numero dei dipendenti, Obbligo di repechage, Onere probatorio a carico del
datore di lavoro, anche mediante ricorso a presunzioni, Escluso che sul
lavoratore incomba un onere di allegazione dei posti assegnabili
Svolgimento del processo
Con sentenza n.534715 il Tribunale di Catania
rigettava l’impugnativa di licenziamento proposta da G.S. nei confronti della
s.r.l. C.F.. In particolare, il primo giudice escludeva che fosse stata provata
la cessazione del rapporto di lavoro al 31.5.2010 (secondo l’assunto del
ricorrente, per cui in tale data sarebbe intervenuto un licenziamento orale);
negava che ci fosse diversità tra le ragioni addotte nella comunicazione di
recesso e quelle palesate nella memoria difensiva a giustificazione dello
stesso; accertava, in virtù della documentazione prodotta in giudizio, che la
società negli anni 2008, 2009 e 2010 aveva subito una riduzione delle vendite e
del fatturato da cui era sorta la necessità di ridurre il numero dei
dipendenti; infine, quanto all’obbligo di repechage, evidenziava che il
ricorrente non aveva allegato l’esistenza di posti di lavoro nei quali potere
essere utilmente ricollocato, non avendo indicato, se non tardivamente, neppure
le mansioni cui era preposto, per cui non era sorto alcun onere probatorio a
carico del datore di lavoro.
Avverso la sentenza proponeva appello lo S.;
resisteva la società. Con sentenza depositata il 5.12.18, la Corte d’appello di
Catania rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso
lo S., affidato a cinque motivi; resiste la società con controricorso.
Motivi della decisione
1 – Con il primo motivo il ricorrente denuncia la
violazione eo falsa applicazione dell’art. 2 L. n. 60466, ed in
particolare la violazione delle norme che vietano al datore di lavoro la
possibilità di introdurre in giudizio motivi di licenziamento diversi rispetto
a quelli già espressi nella precedente intimazione di licenziamento.
Il motivo è infondato.
Ed invero nella lettera di licenziamento la società
aveva addotto una riorganizzazione aziendale che comportò la soppressione della
mansione affidata allo S. con redistribuzione della stessa tra gli altri
dipendenti mentre nella memoria di costituzione in giudizio allegò una
consistente riduzione del portafoglio clienti comportante la necessità di
riduzione e riorganizzazione del personale.
Come evidenziato dalla Corte di merito, le due
circostanze non risultano in contrasto o in conflitto tra loro essendo
piuttosto, come notato dalla sentenza impugnata, due facce della medesima
questione.
2. Con secondo motivo il ricorrente denuncia la
nullità della sentenza, ex artt. 132, co. 1 n. 4
e 115-116 c.p.c.,
in quanto nella motivazione non erano stati indicati gli elementi probatori sui
quali il Giudice aveva fondato il proprio convincimento circa l’effettiva
soppressione delle mansioni svolte dal ricorrente.
Il motivo è infondato in quanto la Corte di merito
ha evidenziato che dalla documentazione in atti emergeva una apprezzabile
riduzione del reddito di impresa nonché del valore della produzione netta,
idoneo a giustificare il licenziamento. La censura di tale accertamento
fattuale risulta in contrasto col novellato n.5
dell’art. 360, co. 1 c.p.c.
3. Con terzo motivo il ricorrente denuncia la
violazione eo falsa applicazione degli artt. 3 e 5 L. n. 60466 e 2697 c.c., lamentando che la Corte di merito era
incorsa nella violazione dell’art.
5 L. n. 60466, in quanto la società resistente non aveva fornito, in
entrambi i gradi del giudizio, la prova della effettiva soppressione delle
mansioni e del posto di lavoro ricoperti dal lavoratore, oltre alla dedotta
redistribuzione delle stesse mansioni tra gli altri lavoratori.
Il motivo è infondato per le ragioni esposte al
precedente punto 2, sufficienti al rigetto della censura anche a prescindere
dalla prova della dedotta redistribuzione delle mansioni.
4. Con quarto motivo il ricorrente denuncia ancora
la violazione eo falsa applicazione degli artt. 3 e 5 L. n. 60466 e 2697 c.c. laddove la Corte di merito ha ritenuto
che, quanto all’onere di repêchage, solo nel caso in cui il lavoratore abbia
indicato l’esistenza di posti in cui essere utilmente ricollocato sussiste, a
carico del datore di lavoro, l’onere di provare l’impossibilità di adibire il
dipendente da licenziare ad altre mansioni.
Il motivo è fondato.
Occorre infatti evidenziare che dopo taluni non
univoci orientamenti, questa Corte ha chiarito che in materia di repêchage non
sussiste alcun onere di collaborazione da parte del lavoratore, questo gravando
esclusivamente sul datore di lavoro (cfr. Cass. n.
559216, Cass. n. 1210116, Cass. n. 16017, Cass.
n. 2488217, ex aliis), posto che l’art. 3 della I. n. 604 del 1966
richiede: a) la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto
cui era addetto il dipendente, senza che sia necessaria la soppressione di
tutte le mansioni in precedenza attribuite allo stesso; b) la riferibilità
della soppressione a progetti o scelte datoriali – insindacabili dal giudice
quanto ai profili di congruità e opportunità, purché effettivi e non simulati –
diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero
sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore
efficienza ovvero ad incremento di redditività; c) l’impossibilità di reimpiego
del lavoratore in mansioni diverse, elemento che, inespresso a livello
normativo, trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che
nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta
datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla
persona del lavoratore. L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di questi
presupposti è a carico del datore di lavoro, che può assolverlo anche mediante
ricorso a presunzioni, restando escluso che sul lavoratore incomba un onere di
allegazione dei posti assegnabili.
5. In conclusione deve accogliersi il quarto motivo
di ricorso, rigettati i primi tre ed assorbito il quinto (con cui lo S.
denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., e cioè la
dichiarazione della s.r.l. C. circa l’impossibilità di reimpiego del
lavoratore, che dunque rientrava a pieno titolo tra i fatti da dimostrare da
parte della società).
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio
ad atro giudice in dispositivo indicato, per l’ulteriore esame della
controversia alla luce del motivo accolto e per la regolazione delle spese,
comprese quelle del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i
primi tre e dichiara assorbito il quinto. Cassa la sentenza impugnata in
relazione alla censura accolta e rinvia, anche per la regolazione delle spese,
alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.