L’impiegato adibito illegittimamente a mansioni superiori ha comunque diritto alla retribuzione corrispondente, a meno che non si configuri una frode alla legge.
Nota a Cass. 2 febbraio 20121, n. 2275
Fabio Iacobone
L’assegnazione illegittima a mansioni superiori di un impiegato presso un ente pubblico non economico, disciplinata dall’art. 52, co.5, D.LGS. n. 165/2001, non determina il diritto al reinquadramento, ma integra i presupposti per il riconoscimento della differenza di trattamento economico.
Questo, il principio sancito dalla Corte di Cassazione (2 febbraio 2021, n. 2275, difforme da App. Catania n. 1262/2015), la quale precisa che il diritto al compenso per i compiti superiori affidati al lavoratore non richiede un accertamento circa la legittimità del conferimento delle mansioni superiori. Una diversa interpretazione sarebbe infatti contraria alla finalità, perseguita dal legislatore, di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost. (v. Corte Cost. n. 908/1988 e n.296/1990; Cass. SU n. 25837/2007; nonché, Cass. n. 19812/2016; e Cass. n. 18808/2013).
Secondo i giudici, il diritto in questione va invece escluso qualora l’espletamento delle mansioni “sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione di illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento” (v. anche Cass. n. 30811/2018 e Cass. n. 24266/2016).
La Corte ribadisce altresì che in materia di pubblico impiego contrattualizzato il datore di lavoro pubblico non ha il potere di attribuire inquadramenti in violazione del contratto collettivo. Egli ha “solo la possibilità di adattare i profili professionali, indicati a titolo esemplificativo nel contratto collettivo, alle sue esigenze organizzative, senza modificare la posizione giuridica ed economica stabilita dalle norme pattizie, in quanto il rapporto è regolato esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato”. Pertanto, l’atto in deroga, anche in melius, alle disposizioni del contratto collettivo, è nullo (dovendosi escludere che la PA possa intervenire con atti autoritativi nelle materie demandate al ccnl) (v. Cass. SU n. 21744/2009; e, fra tante, Cass. 31387/2019).
Legenda: art. 52, D.LGS. n. 165/2001
“ 1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto delle procedure selettive di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a). L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.
1-bis. I dipendenti pubblici, con esclusione dei dirigenti e del personale docente della scuola, delle accademie, conservatori e istituti assimilati, sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. Le progressioni all’interno della stessa area avvengono secondo principi di selettività, in funzione delle qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito. Le progressioni fra le aree avvengono tramite concorso pubblico, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di destinare al personale interno, in possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno, una riserva di posti comunque non superiore al 50 per cento di quelli messi a concorso. La valutazione positiva conseguita dal dipendente per almeno tre anni costituisce titolo rilevante ai fini della progressione economica e dell’attribuzione dei posti riservati nei concorsi per l’accesso all’area superiore. La contrattazione collettiva assicura che nella determinazione dei criteri per l’attribuzione delle progressioni economiche sia adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca nonché degli altri titoli di studio e di abilitazione professionale di cui all’articolo 35, comma 3-quater.
[Omissis]
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l’assegnazione risponde personalmente del maggior onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore”.