Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 marzo 2021, n. 9074

Sicurezza sul lavoro, Infortunio, Piano di sicurezza e
coordinamento non adeguato perché privo della valutazione dei rischi presenti
durante le fasi di lavoro di rimozione del materiale contenente amianto,
Diversi siti produttivi, Nomina di un coordinatore nel secondo cantiere

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 3 luglio 2019, il Tribunale di
Como condannava G.G., con i doppi benefici di legge, alla pena di 5.500 euro di
ammenda, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui agli art. 91 comma 1 lett. A – 158 comma 1 del d. Igs. n. 81 del
2008 (capo A), 92 comma
1 lett. B – 158 comma 1 del
medesimo decreto (capo B) e 92
comma 1 lett. A – 158 comma 2
lett. A sempre del d. Igs. n. 81 del 2008 (capo C); tali reati venivano
contestati all’imputato perché, quale coordinatore per la sicurezza in fase di
progettazione ed esecuzione dei lavori di rimozione del materiale contenente
amianto presso il cantiere sito in Luisago, redigeva un piano di sicurezza e
coordinamento non adeguato, perché privo della valutazione dei rischi presenti
durante le fasi di lavoro di rimozione del materiale contenente amianto e di
realizzazione del nuovo manto di copertura sui capannoni delle imprese
“A.S.” e “A.F.”, non venendo inoltre descritte le opere
interessati dai lavori e le scelte progettuali e organizzative; l’imputato
ometteva altresì di verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza
redatto dall’impresa affidataria dei lavori, C.C. s.r.I., omettendo poi di
verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione
da parte dell’impresa affidataria dei lavori delle disposizioni ad essa
pertinenti contenute nel piano di sicurezza e coordinamento e la corretta
applicazione delle procedure di lavoro; fatti accertati in Luisago il 5
dicembre 2015, data in cui si verificava l’infortunio del lavoratore E.S..

2. Avverso la sentenza del Tribunale lariano, G.,
tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto appello, convertito in ricorso
per cassazione, sollevando due motivi.

Con il primo, la difesa censura il giudizio di
colpevolezza dell’imputato, con particolare riferimento all’attribuzione allo
stesso del ruolo di coordinatore per la sicurezza in relazione al cantiere dove
si è verificato l’infortunio di E.S., evidenziando che il Tribunale aveva
operato una non corretta assimilazione tra la nozione di cantiere, intesa come
area di lavoro temporanea nella quale si svolge la costruzione di un’opera di
ingegneria civile o di un fabbricato, e quella di appalto, quale contratto con
cui una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari, il compimento di
un’opera o di un servizio.

Nel caso di specie, l’opera commissionata alla
“C.C. s.r.l.” consisteva nella rimozione dell’amianto in due diversi
siti produttivi (in uso ad “A.S. s.p.a.” e ad “A.F.
s.r.l.”), per cui i cantieri erano chiaramente distinti e avevano ad
oggetto lavorazioni differenti, eseguite su immobili diversi in uso a società
autonome, per cui, se l’appalto era unico, le aree di lavoro erano però
distinte.

Doveva quindi essere escluso il coinvolgirnento
penale dell’ing. G. nelle fattispecie contestate, posto che la funzione di alta
vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza è limitata all’ipotesi in
cui i lavori contemplino l’opera di più imprese o lavoratori autonomi, le cui
attività siano suscettibili di interferenza; ciò valeva solo per il cantiere
“A.S.” in uno specifico momento, ma non per il cantiere “A.F.”,
le cui lavorazioni erano autonome, tanto è vero che l’infortunio nel cantiere
“A.F.” è avvenuto a distanza di 40 giorni dal termine delle
lavorazioni nel cantiere “A.S.”, fermo restando che, ove pure vi
fosse stata contiguità temporale tra le lavorazioni, le stesse hanno comunque
interessato due distinti siti produttivi, peraltro distanti tra loro.

Né assumeva rilievo la veste di responsabile tecnico
di entrambi i cantieri attribuita all’imputato dalla “C.C. s.r.l.”,
non potendo scaturire da questo ruolo obblighi in materia antiinfortunistica,
non essendo questi previsti dal d. Igs. n. 81 del
2008, dovendosi occupare il responsabile tecnico, come avvenuto nel caso di
specie, di altri aspetti, come la tecnica della bonifica dei siti, avendo
inoltre il ricorrente, proprio in relazione alle opere di bonifica, compilato
tre piani di lavoro, in cui furono riportate le quantità del materiale da
bonificare.

Nel rimarcare talune lacune investigative, la difesa
in ogni caso sottolinea che l’ing. G. non era affatto coordinatore per la
sicurezza dei cantieri, non richiedendo peraltro il cantiere “A.F.”
il coordinamento per la sicurezza ex art. 90 del d.lgs. n. 81 del 2008,
in quanto nel cantiere operava una singola impresa.

Del resto, il piano di sicurezza e coordinamento
predisposto il 9 giugno 2015 dall’ing. G. riguardava espressamente il cantiere
che si riferiva alle opere da eseguire in copertura all’immobile condotto dalla
sola “A.S. s.r.l.”, senza alcun riferimento al cantiere riguardante
il fabbricato condotto da “A.F. s.r.l.”, cantiere quest’ultimo per
cui non vi era alcun obbligo di notifica preliminare e di coordinamento per la
sicurezza, anche alla luce della tipologia (manutenzione ordinaria) e
dell’importo dei lavori, inferiore alla somma di 100.000 euro.

Con il secondo motivo, infine, la difesa censura la
mancanza, insufficienza e contraddittorietà della prova, osservando che
l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato si era fondata solo su
meri indizi, come l’unicità dell’appalto, che tuttavia si sono rivelati
inidonei a superare la totale assenza di evidenza documentale circa il formale
conferimento a G. del ruolo di coordinatore per la sicurezza per le lavorazioni
da eseguire sul sito produttivo di proprietà della società “N. immobiliare
s.r.l.”.

2.1. Con memoria del 28 giugno 2020, il difensore
del ricorrente, ripercorrendo e sviluppando ulteriormente le considerazioni
formulate in entrambi i motivi, ha insistito nell’accoglimento del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è fondato.

1. Prima di soffermarsi sul merito delle doglianze
difensive, peraltro tra loro sovrapponibili, si ritiene utile una breve
ricostruzione della vicenda per cui si procede, che, almeno nella sua scansione
fenomenica, non risulta controversa.

Dunque, come si evince dalla sentenza impugnata, il
5 dicembre 2015, in Luisago, presso il cantiere aperto nel sito produttivo
nella disponibilità della società “A.S. s.p.a”., si verificava un
infortunio riguardante il lavoratore E.S., il cui datore di lavoro veniva
individuato nella “C.C. s.r.l.” società che aveva ricevuto l’incarico
di provvedere alla rimozione dei materiali contenenti amianto nei siti
produttivi di proprietà della società “N. Immobiliare s.r.l.” e in
uso alle società “A.S. s.p.a.” e “A.F. s.r.l.”.

I due siti insistevano in un’area recintata cui si
accedeva da un unico cancello.

Il contratto di appalto faceva riferimento a
entrambi i capannoni, ovvero a quello più grande, di “A.S.”, posto
all’ingresso del sito produttivo e a quello più piccolo, di “A.F.”,
posizionato sul retro del primo a circa 10-15 mt. di distanza.

L’infortunio del lavoratore S., nei cui confronti
veniva formulata una prognosi di 60 giorni, si era verificato nel sito in uso
alla società “A.F.”.

2. Ora, premesso che sono state riscontrate gravi
lacune nella redazione e nella verifica del piano di sicurezza e coordinamento
(P.S.G.) e del piano operativo di sicurezza (P.O.S.), il punto controverso del
processo è se l’odierno imputato, ovvero l’ing. G.G., abbia ricoperto o meno il
ruolo ascrittogli nelle imputazioni, cioè quello di coordinatore per la
sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione anche per il sito
dell’ “A.F.”, essendo pacifico che tale ruolo sia stato rivestito dal
ricorrente rispetto al sito produttivo della “A.S.”.

La tesi difensiva, sostenuta dall’imputato in
dibattimento, è che egli non ricoprì alcun incarico per l’ “A.F.”,
atteso che ai due edifici corrispondevano due cantieri del tutto distinti l’uno
dall’altro, sia in termini formali, che fisici, essendo distinti circa 50 metri
l’uno dall’altro, oltre che temporali, posto che l’attività di cantiere
relativa al primo e più grande edificio era cessata il 20 ottobre 2015, mentre
l’avvio dell’attività di rimozione del secondo sito risaliva al 10 dicembre
2015.

Dunque, pur essendo stata svolta la stessa attività,
ovvero la rimozione dell’amianto da parte di un’unica impresa appaltatrice e
nel contesto del medesimo sito produttivo, si era in presenza di due differente
cantieri, avendo l’imputato curato solo le attività svolte nel sito della
“A.S.”, che peraltro presentavano esse sole rischi da interferenze,
dovuti alle dimensioni dell’intervento, alla presenza di una seconda impresa
preposta all’installazione e rimozione della gru ivi posizionata, oltre che dei
lavoratori che operavano dentro lo stabilimento, mentre tali rischi non sarebbe
stati ravvisabili rispetto al sito della “A.F.”. Il Tribunale è
invece pervenuto alla conclusione secondo cui si era in realtà in presenza di
un cantiere unico avente ad oggetto i due edifici, atteso che era stato
stipulato un unico contratto di appalto, avente ad oggetto l’attività di
rimozione dell’amianto, contratto con cui solo l’A.S. s.p.a.”, in qualità
di committente, conferiva l’incarico all’appaltatrice “C.C. s.r.l.”.

All’imputato è stata dunque addebitata la penale
responsabilità per l’omessa considerazione delle lavorazioni relative al
secondo edificio in uso alla “A.F.”, tenuto conto di una pluralità di
elementi, ovvero: l’unicità dell’incarico, l’identifica natura delle
lavorazioni, l’attribuzione della qualifica di affidataria e esecutrice alla
stessa società appaltatrice, la contiguità fisica dei due stabilimenti nel
medesimo sito industriale, la loro titolarità in capo allo stesso proprietario
e la circostanza che l’ing. G. abbia svolto il ruolo di responsabile tecnico
della “C.C. s.r.l.” con riferimento sia agli interventi tanto sul
primo quanto sul secondo edificio, provvedendo altresì alla stesura dei
relativi piani di lavoro.

3. Tanto premesso, ritiene il Collegio che la
valutazione compiuta dal Tribunale in merito al ruolo dell’imputato non si
sottrae alle censure difensive.

Ed invero, non risultano adeguatamente considerati
nel percorso argomentativo della sentenza impugnata taluni dati fattuali non
trascurabili, a partire da quello che l’unico atto di nomina dell’imputato a
coordinatore per la sicurezza era contenuto nella notifica preliminare n.
29499/2015, che riguardava solo le lavorazioni da svolgere sulla copertura
dell’immobile condotto da “A.S.”.

Tale notifica preliminare faceva parte della pratica
presentata presso il Comune di Luisago n. 2122/2015, nella quale non era
contemplato l’immobile condotto dalla “A.F.”, immobile che peraltro
presenta una sua autonomia anche catastale.

Ora, l’art.
89 lett. d) ed e) del d. Igs. n. 81 del 2008 definisce il coordinatore in
materia di sicurezza e di salute durante la progettazione e la realizzazione
dell’opera “il soggetto incaricato dal committente o dal responsabile dei
lavori dell’esecuzione dei compiti” rispettivamente previsti dagli art. 91 (“obblighi del
coordinatore per la progettazione”) e 92 (“obblighi del
coordinatore per l’esecuzione dei lavori”) del medesimo decreto n. 81 del 2008.

Dunque, la norma fa riferimento all’esistenza di un
“incarico”, pur senza chiarire in che forma lo stesso debba
concretizzarsi, il che tuttavia non elide la necessità di verificare di volta
in volta che vi sia stato in concreto il conferimento a un determinato soggetto
dei compiti previsti dalla normativa antinfortunistica.

Nella vicenda in esame, il Tribunale ha ritenuto di
ovviare alla mancanza di un incarico formale attraverso la considerazione
dell’unicità dell’appalto, riferito a entrambi i siti produttivi, ma questo
argomento di per sé non risulta dirimente, atteso che, pur in presenza di un
unico appalto, di cui peraltro era committente non la società proprietaria dei
terreni, ovvero la “N. Immobiliare”, ma una sola delle imprese
conduttrici, cioè “A.S.”, ben può avvenire che le attività di progettazione
ed esecuzione dei lavori, per quanto omogenee dal punto di vista
contenutistico, siano curate nell’ottica della sicurezza da soggetti diversi,
tanto più nel caso in cui le stesse riguardino opifici industriali distinti,
seppur non distanti.

Il Tribunale ha correttamente ricordato che, in base
all’art. 89 comma 1 lett. b) del
d. Igs. n. 81 del 2008, “committente” è il soggetto per conto del
quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali
frazionamenti della sua realizzazione, ma tale definizione va tuttavia
rapportata a quella di coordinatore in materia di sicurezza e salute che, sia
per la fase progettuale che per quella esecutiva, postula la necessità di un
previo incarico; quest’ultimo, al di là delle forme di estrinsecazione,
richiede comunque una chiarezza di contenuti, sia con riferimento al soggetto
designato, sia rispetto alla tipologia dei lavori da seguire.

Quanto alla circostanza, indubbiamente non
irrilevante, secondo cui l’ing. G. ha svolto il ruolo di responsabile tecnico
per conto dell’impresa affidataria dei lavori, ovvero la “C.C.
s.r.l.”, deve tuttavia considerarsi, da un lato, che tale veste operativa
non è tuttavia automaticamente assimilabile a quella di coordinatore per la
sicurezza e, dall’altro, che l’incarico in questione riguardava le sole opere
di bonifica dell’amianto in matrice compatta, avendo l’imputato a tal fine
redatto tre piani di lavoro, aventi natura e funzioni diverse dai piani di
sicurezza, la cui redazione spetta invece alla differente figura del
coordinatore, fermo restando che la veste di “responsabile tecnico”
di per sé non compare in alcune delle definizioni di cui al citato art. 89 (la cui lettera C è
riferita al “responsabile dei lavori”), ponendosi dunque anche in tal
caso l’esigenza di  verificare in
concreto, al di là delle dizioni formali, come e in cosa si sia manifestato
l’incarico conferito e quali siano state in particolare le mansioni assegnate.

4. In definitiva, nella sentenza impugnata è mancata
una verifica adeguata circa la configurabilità del presupposto delle
imputazioni, ovvero la qualità dell’ing. G. di coordinatore per la sicurezza in
fase di progettazione ed esecuzione anche per il sito produttivo dove si è
verificato l’infortunio del lavoro, occorrendo a tal fine una più approfondita
indagine al fine di accertare se, in base all’intera documentazione disponibile
e all’evoluzione delle attività lavorative, fosse o meno configurabile il
previo conferimento dell’incarico all’imputato, operando invece su un piano
diverso la questione se fosse necessaria la nomina di un coordinatore nel
secondo sito, involgendo tale aspetto profili differenti di responsabilità.

Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, la
sentenza impugnata deve essere pertanto annullata, con rinvio per nuovo
giudizio al Tribunale di Como.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo
giudizio al Tribunale di Como.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 marzo 2021, n. 9074
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