L’interruzione improvvisa del preavviso da parte del lavoratore configura una violazione del dovere di diligenza.
Nota a Cass. (ord.) 11 febbraio 2021, n. 3543
Alfonso Tagliamonte
Si configura una violazione degli obblighi di diligenza e fedeltà da parte del lavoratore, durante il rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui questi, dopo aver inizialmente manifestato, all’atto del recesso, la propria disponibilità a prestare (nel settore brokeraggio assicurativo) il periodo di preavviso (fissato contrattualmente in 4 mesi ed effettivamente lavorato per alcuni giorni), poi la ritiri improvvisamente, a breve distanza dalla comunicazione del preavviso, “senza plausibili motivazioni …, senza ottemperare alla redazione della scheda clienti, senza fissare gli appuntamenti con gli stessi, cancellando anzi ogni riferimento “commerciale” relativo alle aziende avute in gestione ed iniziando subito, praticamente senza soluzione di continuità, a lavorare per la concorrenza”.
Questa, l’affermazione della Corte di Cassazione (ord. 11 febbraio 2021, n. 3543, difforme da App. Bologna 20 giugno 2017), la quale:
a) ribadisce la natura obbligatoria (e dunque non reale) del preavviso. Tale natura, come noto, comporta, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine. Mentre, qualora un contraente eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve immediatamente, con l’unico obbligo del recedente di corrispondere l’indennità sostitutiva (v., fra tante, Cass. n. 27294/2018 e Cass. n. 13988/2017);
b) rileva la scorrettezza della condotta posta in essere dal lavoratore (che abbia espresso la volontà di lavorare durante il preavviso, e poi, improvvisamente, abbia ritirato il suo consenso, andando a prestare la propria opera presso terzi concorrenti) in quanto concretizzante una violazione del dovere di diligenza, “quale specifica declinazione del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, da intendere in senso oggettivo in quanto enunciante un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 Cost., che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge” (v. Cass. n. 22819/2010 e Cass. n. 1618/2009).