Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 01 marzo 2021, n. 5545
Cessazione dell’appalto del servizio di pulizia,
Licenziamento orale, Impugnazione, Operatività dell’art. 2112 cc
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n.
1112 del 2018, in riforma della pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale
di Napoli n. 14 del 2017, ha rigettato la domanda proposta da S. V., nei
confronti di M.M. srl, in relazione alla richiesta di declaratoria di illegittimità
del licenziamento orale intimato in data 18.4.2011.
2. I giudici di seconde cure, in punto di fatto,
hanno rilevato che lo S. aveva lavorato alle dipendenze della O. C. snc fino al
15.4.2011, data della cessazione dell’appalto del servizio di pulizia da parte
della stessa alla quale era subentrata la M. M. srl; che il dipendente era
stato licenziato dalla società uscente con lettera del 31.3.2011, con la quale
gli fu comunicata la cessazione dell’appalto e, conseguentemente, del suo
rapporto di lavoro con decorrenza dal 15.4.2011; che aveva impugnato solo il
successivo licenziamento verbale del 18.11.2011 intimatogli oralmente dal
caposquadra della seconda società. In punto di diritto hanno sottolineato che:
in mancanza di impugnazione, le vicende del primo licenziamento si erano
cristallizzate; l’originario ricorrente aveva fondato le sue istanze sulla
identità sostanziale fra le due società e sull’operatività dell’art. 2112 cc, mentre non era stato chiesto di
ordinare alla società subentrante di procedere alla sua assunzione ex art. 4
del CCNL che presupponeva una diversa ricostruzione dei fatti di causa; si era
formato un giudicato interno in ordine alla inapplicabilità dell’art. 2112 cc e, in ogni caso, era del tutto
insussistente un unico centro di imputazione di lavoro con la M.; alcun recesso
era valutabile se non quello formale, mai impugnato, intimato dalla O.C.; in
ogni caso, dalle risultanze testimoniali, non era emerso che fosse stato
intimato un licenziamento orale dalla M. M. srl.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto
ricorso per cassazione V. S., affidato a due motivi.
4. La M.M. srl non ha svolto attività difensiva.
Ragioni della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo il ricorrente denunzia, ai
sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, l’error in
procedendo; la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 434, 437 cpc e art. 2909 cc nonché la nullità e/o annullamento
della sentenza impugnata e/o del procedimento, per nullità della sentenza e del
procedimento per error in procedendo, secondo il dettato del n. 4 dell’art. 360 cpc. In particolare, deduce l’erroneità
della gravata sentenza per violazione del principio devolutivo dell’appello,
violazione del giudicato sostanziale interno e inammissibilità dell’appello in
difetto di specifica impugnativa della prima autonoma e distinta ratio
decidendi, da sola sufficiente a suffragare la decisione appellata, costituita
dalla ritenuta sussistenza di fatto, tra le parti in causa (S. e M. M. srl), di
un rapporto di lavoro subordinato, dalla ritenuta sussistenza di un
licenziamento orale del ricorrente riferibile alla resistente e dalla ritenuta
illegittimità di tale licenziamento. Sostiene che la Corte di merito non si era
avveduta dell’omissione nell’atto di appello, che è un giudizio a cognizione
determinata nell’ambito della formulata denuncia, della impugnativa specifica
di tale ratio decidendi, lasciandosi andare così ad ultronee valutazioni di
fatto e di diritto sulle restanti rationes decidendi che non intaccavano la
prima la quale era divenuta definitiva.
3. Con il secondo motivo si censura, ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa
applicazione di legge, degli artt. 112, 434, 437 cpc e art. 2909 cc, nonché la nullità e/o annullamento
della sentenza impugnata, deducendo, per le stesse ragioni di diritto e di fatto
esposte nella prima censura, l’erroneità della gravata pronuncia qualificando
le doglianze come violazioni e false applicazioni di norme di legge e non come
errores in procedendo.
4. I due motivi, che per la loro connessione
logico-giuridica, possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
5. E’ opportuno precisare che l’effetto devolutivo
dell’appello, entro i limiti dei motivi di impugnazione, preclude al giudice
esclusivamente di estendere le sue statuizioni su punti che non siano compresi,
neanche implicitamente, nel tema del dibattito esposto nei motivi di
impugnazione, mentre non viola il principio del “tantum devolutum quantum
appellatum” il giudice di appello che fondi la decisione su ragioni che,
pur non fatte valere specificamente dall’appellante, tuttavia appaiono
nell’ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con
quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone necessario
antecedente logicogiuridico, con la conseguenza che, nel giudizio di appello, il
giudice può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, purché
tale indagine non travalichi i margini della richiesta, coinvolgendo punti
decisivi della statuizione impugnata suscettibili di acquisire forza di
giudicato interno in assenza di contestazione a decidere, con pronuncia che ha
natura ed effetto sostitutivo di quella gravata, anche sulla base di ragioni
diverse da quelle svolte nei motivi di impugnazione (cfr. Cass. n. 9202 del
2018).
6. Inoltre, va sottolineato che l’interpretazione
del contenuto dell’atto di appello è riservata al giudice di merito ed è
sottratta al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivata; tale
interpretazione deve essere condotta tenendo conto sia della formulazione
letterale che del contenuto sostanziale dell’atto, che ne esprime la volontà
effettiva attraverso l’enunciazione e la prospettazione delle ragioni addotte a
sostegno, in relazione alla finalità che la parte intende raggiungere: a tal
fine il giudice di appello è libero di verificare l’esatta natura delle
questioni dedotte in giudizio nei motivi di gravame e di precisarne il
contenuto e gli effetti in relazione alle norme applicabili, purché non
introduca nuovi elementi di fatto estranei al “thema devolutum” (Cass
n. 27789 del 2005; Cass. n. 18310 del 2007).
7. Orbene, il ricorrente si duole che non risultava
proposta, nell’atto di appello, alcuna doglianza avverso l’accoglimento della
domanda sulla base della ratio decidendi costituita dalla ritenuta sussistenza
di un rapporto di fatto tra le parti in causa di natura subordinata, dalla
ritenuta sussistenza di un licenziamento orale dello S. riferibile alla M. M. e
dalla ritenuta illegittimità di tale licenziamento.
8. Invero, nella stessa parte dell’atto di gravame
riportata dall’odierno ricorrente, si evince che l’allora appellante aveva
dedotto che tra le due società (O. C. e M. M. srl) non vi era stato alcun
rapporto contrattuale ed erano due realtà economiche diverse e giuridiche ben
distinte, richiamando a supporto precedenti pronunce giurisprudenziali, in
giudizi paralleli, attestanti tale estraneità.
9. E’ chiaro, quindi, come correttamente
interpretato dalla Corte territoriale, che tale estraneità incideva sulla
ipotetica avvenuta costituzione di un rapporto di lavoro con la M., perché solo
in ipotesi di fenomeno successorio ex art. 2112 cc,
ovvero di subentro ex art. 29 co.
3 D.Igs. 276 del 2003 e 4 CCNL imprese di pulizie o, infine, di rapporto di
fatto, avrebbe potute profilarsi la sussistenza di un rapporto intercorrente
tra le parti.
10. Ipotesi queste, però, tutte escluse, per motivi
procedurali o di merito, dalla Corte territoriale.
11. Non vi è stata, pertanto, alcuna violazione né
del principio del giudicato interno né del principio di ultra-petizione, ma
esame di questioni che erano in rapporto di diretta connessione con quelle
espressamente dedotte nei motivi di appello e, come tali, comprese nel thema
decidendum (Cass. n. 8604 del 2017) e
correttamente valutate.
12. Alla stregua, pertanto, di quanto esp osto, il
ricorso deve essere rigettato.
13. Nulla va disposto in ordine alle spese del
presente giudizio di legittimità non avendo l’intimata società svolto attività
difensiva.
14. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR n.
115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso art. 13, se
dovuto.