Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 marzo 2021, n. 7357
Trattamento pensionistico di vecchiaia, Contributo di
solidarietà, Domanda, Titolari di pensione INPS di importo superiore a cinque
volte il trattamento minimo, Ricalcolo del contributo di solidarietà tenuto
conto dell’anzianità contributiva derivante dall’iscrizione all’INPDAI
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 19
gennaio 2015, ha riformato la pronuncia di primo grado e rigettato la domanda
volta a far dichiarare l’illegittimità del contributo di solidarietà a carico
dei pensionati, titolari di pensione INPS di importo superiore a cinque volte
il trattamento minimo, a carico degli iscritti e pensionati delle gestioni
previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di
previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea,
e in subordine il ricalcolo del contributo di solidarietà tenuto conto
dell’anzianità contributiva derivante dall’iscrizione all’INPDAI.
2. La Corte di merito premetteva che il trattamento
pensionistico di vecchiaia del pensionato derivava dalla sommatoria di
trattamenti pensionistici determinati pro-rata, in considerazione delle
anzianità contributive INPS e INPDAI maturate e che il calcolo del contributo
di solidarietà aveva tenuto conto di tutta la contribuzione accreditata nella
gestione ex INDPAI fino al 31 dicembre 1995, ancorché trasferita alla gestione
INPS, a domanda, nel 1985.
3. La pretesa azionata, di rapportare il contributo
di solidarietà soltanto dal momento dell’assunzione della qualifica
dirigenziale, escludendo la contribuzione relativa al periodo lavorativo dal 14
luglio 1954 al 30 aprile 1976 (trasferita dall’INPS all’INPDAI), il che avrebbe
comportato l’applicazione dell’aliquota contributiva dello 0,60 per cento (in
luogo dell’aliquota dell’i per cento come preteso dall’INPS), era infondata e a
tale esito la Corte territoriale perveniva argomentando dal dato letterale
della disposizione che detto contributo aveva introdotto (art. 24, d.l.n. 201 del 2011
conv. in legge n. 214 del 2011) da cui non era
dato dedurre l’esclusione, dal relativo calcolo, di una parte dell’anzianità e
della contribuzione; dal riferimento, per il periodo antecedente
all’armonizzazione con legge n. 335 del 1995,
alla vita lavorativa del soggetto, utile per l’accesso a prestazione
pensionistica, alla posizione assicurativa ricostituita per effetto dei
trasferimenti alla gestione INPDAI, utili per raggiungere il pensionamento e
anticipare la decorrenza del trattamento pensionistico all’età anagrafica di 61
anni in assenza dei quali il pensionato avrebbe dovuto ricorrere alla totalizzazione
dei periodi contributivi, con conseguente decorrenza della prestazione ben
successiva all’ottobre 1997.
4. Avverso tale sentenza ricorre C.G., con ricorso
affidato a sei motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con
controricorso, l’INPS.
Ragioni della decisione
5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia errata
interpretazione e violazione dell’art.
24, comma 21, d.l. n. 201 del 2011 convertito in legge n. 214 del 2011, criticando il mancato
scorporo della contribuzione INPS e sostenendo l’erroneità dell’affermazione
secondo cui la norma limiterebbe il prelievo solo alle pensioni superiori a
cinque volte il minimo INPS, come tale in palese contrasto con il dettato
normativo.
6. Col secondo motivo si deduce mancata valutazione
ed errata interpretazione della legge n.335 del
1995, la cui disposta armonizzazione viene richiamata dal citato articolo 24, assumendo che
l’omissione dei riflessi di tale normativa ha comportato, nella specie,
l’erroneità della pronuncia.
7. Col terzo motivo si denuncia l’erronea
interpretazione già enunciata con il primo mezzo e si assume di non comprendere
il dato letterale che avrebbe generato l’interpretazione della Corte di merito.
8. Col quarto motivo si deduce l’erronea
interpretazione dell’art. 7
d.l.n. 436 del 1983, convertito in legge n.638
del 1983, assumendo l’estraneità di tale disposto alla materia del
contendere.
9. Col quinto mezzo si deduce l’errata
interpretazione dell’ex art. 5
legge n.44 del 1973 o ex art. 2 legge n.29 del
1979, affatto richiamato dal citato articolo 24, comma 21.
10. Col sesto mezzo, infine, si denuncia l’omesso
esame degli atti allegati al ricorso introduttivo del giudizio di primo grado
e, fra questi, un messaggio della direzione generale INPS sui criteri
applicativi della norma.
11. I primi quattro motivi, esaminati congiuntamente
per la loro connessione logica, sono da rigettare.
12 L’art.
24, comma 21, del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, recita: «A decorrere dal
10 gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2017 è istituito un contributo di
solidarietà a carico degli iscritti e dei pensionati delle gestioni
previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti e del Fondo di
previdenza per il personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea,
allo scopo di determinare in modo equo il concorso dei medesimi al riequilibrio
dei predetti fondi.
L’ammontare della misura del contributo è definita
dalla Tabella A di cui all’Allegato n. 1 del presente decreto-legge ed è
determinata in rapporto al periodo di iscrizione antecedente l’armonizzazione
conseguente alla legge 8 agosto 1995, n. 335, e
alla quota di pensione calcolata in base ai parametri più favorevoli rispetto
al regime dell’assicurazione generale obbligatoria. Sono escluse dall’assoggettamento
al contributo le pensioni di importo pari o inferiore a 5 volte il trattamento
minimo INPS, le pensioni e gli assegni di invalidità e le pensioni di
inabilità. Per le pensioni a carico del Fondo di previdenza per il personale di
volo dipendente da aziende di navigazione aerea l’imponibile di riferimento è
al lordo della quota di pensione capitalizzata al momento del pensionamento. A
seguito dell’applicazione del predetto contributo sui trattamenti
pensionistici, il trattamento pensionistico medesimo, al netto del contributo
di solidarietà complessivo non può essere comunque inferiore a 5 volte il
trattamento minimo».
13. Il legislatore del 2011 ha, dunque,
espressamente indicato lo scopo del contributo al fine di «determinare in modo
equo» il concorso dei destinatari della norma, vale a dire gli iscritti e
pensionati delle gestioni previdenziali confluite nel Fondo pensioni lavoratori
dipendenti e del Fondo di previdenza per il personale di volo dipendente da
aziende di navigazione aerea, «al riequilibrio» delle gestioni previdenziali
confluite nel Fondo lavoratori dipendenti.
14. Tale finalità perequativa, limitata nel tempo –
il quinquennio dal 2012 al 2017 – volta al riequilibrio del Fondo pensioni nel
quale sono confluite le diverse gestioni previdenziali, è diretta a
«determinare in modo equo il concorso» degli ex iscritti presso tali Fondi alla
armonizzazione e riequilibrio dei Fondi medesimi.
15. La disposizione non contiene, pertanto, alcuna
limitazione fondata sul tipo di contribuzione (obbligatoria, figurativa, da
riscatto, per citarne solo alcune) da cui derivi la pensione, atteso il tenore
letterale della norma, che non contempla alcuna eccezione, e tenuto conto della
evidenziata finalità del concorso al riequilibrio finanziario dei fondi
rifluiti nell’INPS da altre gestioni.
16. La natura endoprevidenziale, e non tributaria,
del prelievo, ne determina l’inquadramento nel genus delle prestazioni
patrimoniali imposte, di cui all’art. 23 Cost.,
sicché occorre verificare se esso «risponda a criteri di ragionevolezza e
proporzionalità, tenendo conto dell’esigenza di bilanciare la garanzia del
legittimo affidamento nella sicurezza giuridica con altri valori
costituzionalmente rilevanti», così come indica la Corte costituzionale con la sentenza n. 173 del 2016.
17. L’esatta portata della sentenza n. 173 del Giudice delle leggi è stata,
da ultimo, chiarita dalla stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 234 del 2020, nel senso che «le
condizioni di necessità, sostenibilità, proporzionalità e temporaneità)…cui
la sentenza stessa subordina la legittimità dei contributi straordinari sulle
pensioni di elevato importo, devono essere intese come criteri di giudizio da
applicare alla luce delle circostanze concrete e delle reciproche interazioni,
nell’ambito di una valutazione complessiva dominata dalle ragioni di necessità,
più o meno stringenti, indotte dalle esigenze di riequilibrio e sostenibilità
del sistema previdenziale».
18. In base alla sentenza
n. 173 del 2016, continua il Giudice delle leggi, le condizioni del sistema
previdenziale idonee a giustificare un prelievo di solidarietà possono essere
determinate da vari fattori, «endogeni ed esogeni», il più delle volte tra loro
intrecciati, quali «crisi economica internazionale, impatto sulla economia
nazionale, disoccupazione, mancata alimentazione della previdenza, riforme
strutturali del sistema pensionistico»; elenco cui potrebbe essere aggiunta,
oggi, un’emergenza sanitaria di vaste dimensioni che, incidendo pesantemente
sul quadro macroeconomico, abbatte i flussi contributivi e accentua gli
squilibri sistemici.
19. E’ ancora la sentenza
n. 234 ad indicare che, in termini generali, la verifica di ragionevolezza
e proporzionalità di un contributo imposto ai titolari delle pensioni più elevate non può essere avulsa
dalla considerazione dei gravi problemi strutturali che affliggono il sistema
previdenziale italiano, la cui sostenibilità è tuttora affidata in un’ottica di
solidarietà a una gestione a ripartizione, particolarmente esposta alla
negatività dell’andamento demografico: un numero sempre minore di lavoratori
attivi, per di più spesso con percorsi lavorativi discontinui, è chiamato a
sostenere, tramite i versamenti contributivi, il peso di un numero sempre
maggiore di pensioni in erogazione.
20. Su un piano più generale, soggiunge il Giudice
delle leggi richiamando la sentenza n. 116 del
2013, occorre evidenziare come ogni prelievo di solidarietà debba fondarsi
su ragioni in grado di giustificarlo e come il ripetersi delle misure faccia
emergere l’esistenza di una debolezza sistemica, difficilmente governabile per
il tramite di interventi necessariamente temporanei, per di più operati
soltanto sui redditi pensionistici «ormai consolidati nel loro ammontare,
collegati a prestazioni lavorative già rese da cittadini che hanno esaurito la
loro vita lavorativa, rispetto ai quali non risulta più possibile neppure
ridisegnare sul piano sinallagmatico il rapporto di lavoro» (Corte cost. n. 116 del 2013 cit.).
21. La questione ora all’esame di questa Corte di
legittimità non palesa debolezza sistemica, trattandosi di prelievo finalizzato
al riequilibrio dei Fondi in cui sono confluite le varie gestioni e, dunque,
per tale esclusiva contingenza, per cui neanche si ravvisano profili di non
conformità ai canoni costituzionali in relazione alla durata temporale della
misura.
22. Va anche ricordato che, per giurisprudenza
costante della Corte europea dei diritti dell’uomo, viola il diritto di
proprietà, tutelato dall’art. 1 del Prot.
addiz. alla CEDU, la soppressione integrale di una pensione, non già una
sua riduzione, ragionevole e proporzionata, che rifletta un corretto
bilanciamento tra l’interesse generale della comunità e i diritti fondamentali
dell’individuo (v., ex plurimis, sentenze 10
settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico contro Portogallo, 15 aprile 2014,
Stefanetti e altri contro Italia, 8 ottobre 2013, Da Conceicau Mateus e Santos
Januàrio contro Portogallo, 31 maggio 2011, Maggio e altri contro Italia).
23. Il secondo mezzo, col quale si pretende far
rientrare nel novellato vizio di motivazione la mancata considerazione
dell’armonizzazione di cui alla legge n.335 del
1995, è inammissibile trattandosi di censura avulsa dal paradigma del vizio
di motivazione.
24. Invero, la deduzione di un’erronea ricognizione,
da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una
norma di legge implica, necessariamente, un problema interpretativo della
stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della
legge assegnata alla Corte di cassazione
dall’art. 65 ord. giud.) e deve essere devoluto secondo il paradigma del vizio
di violazione di legge e non già secondo il regime del vizio di motivazione,
ora peraltro limitato al sindacato minimale ex art.
360, n.5 cod.proc.civ. novellato (v., per tutte, Cass., Sez. Un., nn. 8053 del 2014, 9558 e 33679 del 2018).
25. Per il calcolo delle prestazioni pensionistiche
a carico dell’INPS si deve, dunque, tener conto di tutta la contribuzione
versata nella vita lavorativa dell’assicurato, non potendo darsi, come pretende
il ricorrente, che la contribuzione ai fini del trattamento pensionistico non
possa essere tenuta in considerazione quando alla pensione vada applicata una
trattenuta motivata dall’ammontare complessivo della pensione e da esigenze di
riequilibrio del fondo previdenziale che quella pensione è chiamata ad erogare.
26. L’articolo
7, del d.l. n.463 del 1983, convertito con modificazioni dalla legge n. 638 del 1983, dispone: «Il numero dei
contributi settimanali da accreditare ai lavoratori dipendenti nel corso
dell’anno solare, ai fini delle prestazioni pensionistiche a carico
dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, per ogni anno solare
successivo al 1983 è pari a quello delle settimane dell’anno stesso retribuite
o riconosciute in base alle norme che disciplinano l’accreditamento figurativo,
sempre che risulti erogata, dovuta o accreditata, figurativamente per ognuna di
tali settimane una retribuzione …».
27. Per il periodo antecedente all’armonizzazione
conseguente alla legge n.335 del 1995, va
tenuto conto che la norma introdotta con la decretazione d’urgenza del 2011 fa
riferimento all’anzianità contributiva, anzianità che, ai sensi del richiamato articolo 7 del decreto-legge
del 1983, è data da quella accreditata durante l’intera vita lavorativa del
soggetto e utile per l’accesso alle prestazioni pensionistiche.
28. Le uniche prestazioni escluse, ai sensi del
citato articolo 7, comma 5,
sono quelle in favore dei lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari,
agli operai agricoli, agli apprendisti e ai periodi di servizio militare o
equiparato.
29. Costituisce, dunque, principio generale, valido
anche nell’interpretazione della disciplina del contributo di solidarietà, che
per il periodo di iscrizione antecedente all’armonizzazione si debba tenere
conto di tutta la contribuzione versata, la cui utilità non può limitarsi
all’accesso alla prestazione pensionistica.
30. Inammissibile risulta, infine, l’ultimo mezzo
d’impugnazione sia perché la censura non rientra nel paradigma del novellato
vizio di motivazione il cui ambito è delimitato dall’omesso esame di un fatto
storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della
sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione
tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che se esaminato avrebbe
determinato un esito diverso della controversia (v. i precedenti delle Sezioni
unite della Corte richiamati nei paragrafi che precedono), sia perché è
estraneo alle circolari delle direzioni generali dell’INPS il rango di fonti
interpretative di norme primarie.
31. Segue coerente la condanna alle spese, liquidate
come in dispositivo.
32. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte
ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a
quello per il ricorso ex art.13,
co. 1, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al
pagamento delle spese, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 1.700,00 per
compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15
per cento.
Ai sensi dell’art.13, co.1-quater, d.P.R.n.115/2002,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte
ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a
quello per il ricorso ex art.13,co.
1, se dovuto.