Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 marzo 2021, n. 7067

Privazione della posizione organizzativa, Danno non
patrimoniale da demansionamento e da atti vessatori, Evidente notorietà in un
ambiente lavorativo ristretto ed in un paese piccolo, Responsabilità degli
impiegati dello Stato verso i terzi sussiste solo a titolo di dolo o di colpa
grave, Responsabilità extracontrattuale

 

Rilevato che

 

1. Con sentenza in data 21 gennaio 2015 nr. 462 la
Corte d’appello di Cagliari, in riforma della sentenza del Tribunale di
Oristano, accoglieva parzialmente la domanda proposta da G.L.I.O., già
dipendente del COMUNE DI FORDONGIANUS (in prosieguo: il COMUNE), nei confronti
del COMUNE e del Sindaco prò tempore in proprio; per l’effetto, per quanto
ancora in discussione:

– dichiarava valida la originaria costituzione in
giudizio del COMUNE, del 2 novembre 2007;

– dichiarava il difetto di legittimazione passiva
del Sindaco E.D.;

– condannava il COMUNE a risarcire all’O. il danno
patrimoniale derivato dalla revoca illegittima della posizione organizzativa,
nella misura della retribuzione di posizione non percepita dalla revoca (luglio
2001) alla naturale scadenza (gennaio 2002).

– condannava il COMUNE a risarcire il danno non
patrimoniale da demansionamento e da atti vessatori, nella misura del 25% della
retribuzione percepita dall’O. dal dicembre 2001 al termine del rapporto, oltre
interessi legali dalla sentenza al saldo;

2. In via preliminare, la Corte territoriale
dichiarava valida la iniziale costituzione in giudizio del COMUNE (del 2
novembre 2007) e, pertanto, tempestiva la produzione dei documenti.

3. Riteneva che l’unico difensore del COMUNE e del
Sindaco D. non si trovasse in conflitto di interessi, in quanto i due assistiti
avevano svolto difese identiche, sostenendo la legittimità degli atti e delle
condotte dell’ente. Dichiarava pertanto assorbito il motivo d’appello con il
quale T. sosteneva la inefficacia della seconda costituzione del COMUNE (in
data 16 settembre 2008); esaminava, comunque, tale motivo di impugnazione,
dichiarandolo infondato.

4. Nel merito, il giudice dell’appello riteneva
illegittima la revoca, con delibera di Giunta del 27 giugno 2001, della
posizione organizzativa («responsabile dell’ufficio tecnico») conferita all’ O.
nel febbraio 2001, in quanto avvenuta senza attivare il contraddittorio con il
dipendente, in violazione dell’articolo,
9, comma 4, CCNL COMPARTO ENTI LOCALI 31 marzo 1999 (in prosieguo: CCNL
1999)

5. La allegazione del COMUNE secondo cui non erano
stati ancora deliberati gli atti organizzativi richiesti dal comma 6 del
medesimo articolo 9 per la istituzione delle posizioni organizzative era
smentita dalla delibera di giunta del 2 febbraio 2002 (doc 35 della produzione
dell’O.).

6. Dall’illegittimità della revoca derivava il
diritto dell’O. al risarcimento del danno, nella misura della retribuzione di
posizione che sarebbe maturata nel periodo intercorrente dalla revoca alla
naturale scadenza dell’incarico. Non era sindacabile, invece, la decisione
della amministrazione di attribuire nel periodo successivo la responsabilità
dell’ufficio tecnico al Sindaco e ad un Assessore, possibilità prevista dall’art. 53, comma 23, L. 388/2000.

7. Nel danno risarcibile non poteva essere compresa
la retribuzione di risultato, legata alla percentuale di raggiungimento degli
obiettivi e, quindi, non determinabile in sede giudiziale.

8. L’O. aveva chiesto, inoltre, il risarcimento del
danno non patrimoniale per demansionamento e mobbing.

9. L’illecito non si era realizzato nel primo anno
del rapporto, in quanto la privazione della posizione organizzativa, pur
illegittima sotto l’aspetto procedurale, non integrava un demansionamento e le
ulteriori allegazioni erano generiche e poco significative.

10. Un demansionamento, per sottrazione di gran
parte delle mansioni, era provato dal dicembre 2001 ovvero dal primo rinnovo
del contratto a termine con cui nel settembre 2001 il COMUNE aveva assunto il
geometra URRU. Il progressivo svuotamento delle mansioni era stato accompagnato
da atti e comportamenti lesivi della dignità personale e professionale dell’O.,
tra i quali la applicazione della sanzione della censura, illegittima sia sotto
il profilo procedurale che nel merito, e le stesse modalità del licenziamento.

11. La valutazione complessiva di tali circostanze
ed, in particolare, la lunga durata del demansionamento, la sua evidente
notorietà in un ambiente lavorativo ristretto ed in un paese piccolo, gli altri
atti ostili, fornivano la prova del danno non patrimoniale per lesione del
diritto, ex articoli 2, 4, e 35 Cost.,
all’esercizio delle mansioni. La sua liquidazione andava rapportata in via
equitativa al 25% della retribuzione netta, oltre interessi legali dalla
sentenza.

12. Ha proposto ricorso per la cassazione della
sentenza G.L.I.O., articolato in tre motivi (il terzo distinto in quattro autonome
censure), cui hanno resistito con controricorso E.D. ed il COMUNE. Il COMUNE ha
altresì proposto ricorso incidentale, articolato in quattro motivi. L’O. ha
resistito con controricorso al ricorso incidentale.

13. Il ricorrente O. ed il COMUNE hanno depositato
memoria.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo del ricorso principale si
deduce:

– ai sensi dell’art. 360
nr.3 cod.proc.civ., violazione e/o errata applicazione: degli articoli 2043 e 2087
cod.civ. e degli artt. 22 e 23 DPR nr. 3/1957, dell’art. 1294 cod.civ., con riferimento all’articolo 28 Cost.

– ai sensi dell’art. 360
nr. 5 cod.proc.civ.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio
per omessa o insufficiente motivazione.

2. La censura coglie la dichiarazione del difetto di
legittimazione passiva del Sindaco p.t. E.D.M., chiamato a rispondere in
proprio.

3. Il ricorrente ha lamentato, da un canto, la
laconicità della motivazione, dall’altro la violazione delle norme sulla
responsabilità civile extracontrattuale dei funzionari e dei dipendenti dello
Stato e degli enti pubblici.

4. Il motivo è inammissibile.

5. Giova premettere che I’ ordinamento delle
autonomie locali – articolo 58,
primo comma, della Legge n. 142/90, poi trasfuso nell’art. 93, comma uno, D.P.R. N.
267/2000 – assoggetta gli amministratori ed il personale degli enti locali
alle disposizioni in materia di responsabilità degli impiegati dello Stato.
Viene dunque in rilievo l’articolo 22 DPR nr.3/1957, a tenore del quale «l’impiegato
che nell’esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai
regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto ai sensi dell’articolo 23 è
personalmente obbligato a risarcirlo». Secondo le previsioni del suddetto
articolo 23 TU nr. 3/1957 la responsabilità dei dipendenti verso i terzi
sussiste solo a titolo di dolo o di colpa grave.

6. Trattasi di responsabilità extracontrattuale,
anche nelle ipotesi in cui il comportamento determini una responsabilità
dell’ente di natura contrattuale: la responsabilità degli amministratori e dei
dipendenti dell’ente locale non trova titolo nell’inadempimento di un rapporto
contrattuale, di cui essi non sono parte, ma nell’inosservanza del dovere del
neminem laedere.

7. La sentenza impugnata si è arrestata al rilievo
della immedesimazione organica tra Sindaco ed ente comunale, erroneamente
ritenuta preclusiva della legittimazione passiva del primo.

8. Tuttavia poiché la azione nei confronti
dell’amministratore dell’ente locale ha un titolo distinto ed autonomo rispetto
alla azione contrattuale proposta dall’O. nei confronti del datore di lavoro,
era onere del ricorrente, al fine di dimostrare il proprio interesse alla
censura, allegare specificamente l’avvenuta proposizione di tale azione,
attraverso la trascrizione delle allegazioni svolte nel giudizio di merito.

9. La parte ricorrente non ha adempiuto a tale onere
sicché resta indimostrato che per effetto della cassazione della sentenza
potrebbe conseguire un effetto utile.

10. La impugnazione proposta sotto il profilo del
vizio di motivazione è inammissibile, in quanto il ricorrente si limita a
censurare la laconicità della motivazione, che, in ogni caso, resta chiaramente
comprensibile.

11. Con il secondo motivo il ricorrente ha
denunciato – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ. – violazione e/o errata applicazione: degli artt. 22, 23, 18
e 19 DPR nr. 3/1957 con riferimento all’articolo 28
Cost; dell’art. 78
D.Lgs 267/2000 e degli artt. 83 e 416 cod.proc.civ.

12. Si contesta la statuizione di ritualità della
iniziale costituzione del Comune nel giudizio di primo grado, fondata
sull’assenza di un conflitto di interessi del difensore costituito. Il
ricorrente ha altresì censurato le motivazioni spese nella sentenza impugnata,
malgrado la statuizione principale di assorbimento, in merito alla ritualità
della successiva e rinnovata costituzione in giudizio del Comune.

13. Il motivo è infondato in punto di conflitto di
interessi, inammissibile nel resto.

14. Vero è che, come deduce il ricorrente
principale, il conflitto di interessi tra le parti, che rende inammissibile la
loro costituzione in giudizio a mezzo di uno stesso procuratore, può essere,
anche solo virtuale (Cassazione civile sez. I, 23/03/2018, n. 7363; Cassazione
civile sez. IlI, 10/05/2004, n. 8842); tuttavia detto conflitto potenziale non
può consistere in una mera «eventualità» ma deve riguardare il concreto
rapporto esistente fra le parti (Cassazione civile sez. II, 22/01/2018, n.
1530; Cassazione civile sez. VI, 24/01/2011, n. 1550; Cass. Sez. II, 14/06/2005
n. 12741; Cass. 28/01/1997 n. 835). Occorre, cioè, avere riguardo alle
posizioni processuali assunte, che, come accertato dal giudice del merito,
erano nella fattispecie di causa assolutamente convergenti.

15. Le ulteriori ragioni del ricorso si riferiscono
alla statuizione di validità anche della seconda costituzione in causa del
COMUNE (depositata il 16 settembre 2008); esse sono inammissibili per difetto
di interesse alla censura giacché resta definitivamente accertata, per quanto
appena esposto, la validità della prima costituzione del COMUNE.

16. Il terzo motivo compendia quattro censure,
relative alle statuizioni risarcitorie rese verso il Comune. Trattasi di motivi
di impugnazione autonomi, che per chiarezza espositiva è opportuno esaminare
distintamente.

17. Sotto il primo profilo si denuncia violazione
e/o errata applicazione, ai sensi dell’articolo 360
nr. 3 cod.proc.civ.: degli artt.
53, comma 23, L. 23.12.2000 nr. 388 e ss. mod. e int.; degli artt. 8, 9 e 11 CCNL 31.3.1999; dell’art. 42, comma 2, lett. a)
D.Lgs. 267/2000, con riferimento all’art. 97,
commi 2 e 3 Cost.

18. Si contesta la liquidazione del danno
patrimoniale per la revoca della posizione organizzativa, in quanto limitato
alle retribuzioni maturate fino alla naturale scadenza dell’incarico, nel
gennaio 2002; sotto questo profilo si denuncia la illegittimità della
successiva scelta di assegnare la responsabilità dell’ufficio tecnico al
Sindaco ed ad un assessore per violazione dei criteri generali sull’ordinamento
degli uffici e dei servizi del COMUNE (delibera del Consiglio Comunale del
31.3.2000 nr. 17) e si lamenta la lesione della propria legittima aspettativa,
ex articolo 11 CCNL 1999, di
vedersi affidato l’incarico, in quanto unico dipendente del servizio tecnico di
categoria D.

19. La censura è inammissibile. La parte formalmente
deduce un vizio di violazione di legge ma, nella sostanza, si duole, piuttosto,
dell’omesso esame di due fatti storici: la delibera del Consiglio comunale
sull’ordinamento degli uffici e dei servizi; la circostanza che egli fosse
l’unico dipendente del settore tecnico inquadrato nella categoria D. Il motivo,
d’altra parte, non presenta i requisiti di specificità necessari per potere
riqualificare la censura in termini di vizio di motivazione; si sollecita,
piuttosto, un non-consentito riesame del merito.

20. La seconda critica concerne – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – violazione e/o
errata applicazione: dell’ art. 53,
comma 23, L. 23.12.2000 nr. 388 e ss. mod. e int.; degli artt. 8, 9, 10 e 11 CCNL 31.3.1999, dell’art. 42, comma 2, lett. a)
D.Lgs. 267/2000, con riferimento all’art. 97,
commi 2 e 3 Cost.

21. Si contesta il mancato computo nel danno per la
revoca anticipata della posizione organizzativa di quanto sarebbe maturato per
retribuzione di risultato. Il ricorrente ha dedotto che tanto la mancata
assegnazione degli obiettivi che la mancata valutazione dei risultati erano
imputabili ad una condotta omissiva dell’ente, di cui egli non poteva subire
gli effetti negativi.

22. La critica è inammissibile. Questa Corte (Cass.
7 agosto 2019 nr. 21166) ha già chiarito che la mancata assegnazione degli
obiettivi e la mancata predisposizione di criteri di valutazione non sono fatti
ex se sufficienti a fondare una pretesa risarcitoria del dipendente titolare
della posizione organizzativa, non essendo scontato che ove il datore di lavoro
avesse dato corso ai suoi adempimenti il dipendente avrebbe conseguito una
valutazione positiva. Tale principio è applicabile anche all’ ipotesi di revoca
illegittima della posizione organizzativa. Ne deriva l’onere del dipendente di
allegare e dimostrare la chanche di conseguire il risultato, anche in via
presuntiva (cfr. Cass 12 aprile 2017 nr. 9392).
La parte ricorrente non ha trascritto le allegazioni compiute nei gradi di
merito circa la attività posta in essere e le chanches di conseguire una
valutazione favorevole sicché anche in questo caso resta indimostrato il suo
interesse alla censura.

23. Sotto il terzo profilo viene dedotta – ai sensi
dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ. violazione
e/o errata applicazione degli artt. 112 e 115 cod.proc.civ. nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ. – omesso esame e
omessa pronuncia circa un punto decisivo per il giudizio.

24. La impugnazione coglie la statuizione sul
risarcimento del danno da demansionamento. Il ricorrente ha lamentato l’omesso
esame del dedotto danno alla professionalità e la inadeguata liquidazione del
danno non patrimoniale, riconosciuto solo dal dicembre 2001.

25. La censura è inammissibile per difetto di
specificità. La parte ricorrente anche nel caso di denuncia di un error in
procedendo è tenuta a rispettare l’onere di specificità del ricorso; il
ricorrente non trascrive le allegazioni svolte nel primo grado ed in appello
circa il risarcimento del danno alla professionalità, come autonoma voce di
danno patrimoniale, asserendo, genericamente, di averlo allegato. Nel resto si
contesta la quantificazione del danno – patrimoniale e non patrimoniale –
operata nella sentenza impugnata, sollecitando un riesame del merito.

26. Da ultimo si denuncia – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ. – violazione e/o
errata applicazione dell’art. 429, co. 3,
cod.proc.civ., in relazione all’art. 150 disp.
att. cod.proc.civ., quanto alla statuizione sugli accessori del danno non
patrimoniale, per avere la Corte territoriale riconosciuto i soli interessi
legali e non anche la rivalutazione monetaria.

27. Il motivo è infondato.

28. Va preliminarmente evidenziato che la
liquidazione del danno è stata operata dal giudice dell’appello in via
equitativa con riferimento al momento della pronuncia e non già in riferimento
ad un momento anteriore sicché sotto questo profilo non vi era necessità di
attualizzare il danno.

29. Quanto alla disciplina degli accessori sul
quantum liquidato, questa Corte (Cass. 2 luglio
2020 nr. 13624) ha già chiarito che la regola limitativa del cumulo degli
accessori di cui alla legge L.
n. 724 del 1994, art. 22, comma 36 – a tenore della quale dall’ 1 gennaio
1995 il cumulo di rivalutazione e interessi legali non è più ammesso per i
crediti di lavoro pubblico – si riferisce anche ai crediti di natura risarcitoria,
benché l’elencazione contenuta nella norma («emolumenti di natura retributiva,
pensionistica ed assistenziale») non li menzioni testualmente; la formulazione
testuale deve interpretarsi nel senso di «crediti di lavoro», locuzione che
include anche Ai crediti di natura risarcitoria nascenti dal rapporto di
lavoro, cui è riferibile l’art. 429 c.p.c.,
rispetto al quale il legislatore ha introdotto una regola limitativa. A tale
principio si intende assicurare in questa sede continuità.

30. Il ricorso principale deve conclusivamente
dichiararsi nel complesso infondato.

31. Con il primo motivo del ricorso incidentale il
COMUNE ha censurato la sentenza – ai sensi dell’art.
360 nr. 3 cod.proc.civ. – per violazione dell’art. 9 CCNL 1999, in relazione
alla dichiarata illegittimità della revoca della posizione organizzativa.

32. Si deduce l’omesso esame della delibera di
Giunta del 5 giugno 2002 nr. 41 (approvazione dell’accordo sindacale sul
sistema di valutazione del personale degli enti locali: documento 22 della
produzione del COMUNE) dalla quale sarebbe emerso che sino a quella data non
sussistevano i presupposti di cui all’articolo 9 CCNL 1999 per la
istituzione delle posizioni organizzative. Si assume, altresì, che la revoca
era legittimamente avvenuta ai sensi dell’articolo 109, co. 1, D.Lgs.
267/200, per i risultati negativi di gestione.

33. Il motivo è inammissibile.

34. Le censure non attengono alla interpretazione ed
applicazione delle norme di legge e di contratto collettivo ma, piuttosto,
all’omesso esame di due fatti storici ed, in particolare: la mancata attuazione
degli adempimenti necessari alla istituzione delle posizioni organizzative; i
risultati negativi della gestione. Sotto il primo profilo, il fatto è stato
esaminato nella sentenza impugnata (pagina 7, 3^ capoverso), che ha dato conto
del compimento di tutte le attività amministrative preliminari; in ogni caso,
la censura non ha i requisiti di specificità necessari alla sua
riqualificazione come vizio di motivazione. Sotto il secondo profilo, al
rilievo di genericità delle deduzioni si aggiunge il dato della estraneità
della critica alla ratio decidendi: la illegittimità della revoca della
posizione organizzativa è stata ritenuta, infatti, sotto un profilo meramente
procedurale, per la mancata attivazione del contraddittorio.

35. Con il secondo motivo del ricorso incidentale il
COMUNE ha denunciato – ai sensi dell’articolo 360
nr.3 cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione degli artt. 2087, 2103, 2697 cod.civ. e dei principi in tema di mobbing
nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cod.proc.civ.
– omesso esame di punti decisivi per il giudizio.

36. Si censura l’accertamento del demansionamento,
per non avere il giudice dell’appello considerato i compiti rimasti in carico
all’O. nè il suo atteggiamento oppositivo e le sue assenze, che avevano
determinato la necessità di prorogare l’assunzione a tempo determinato del
geometra URRU.

37. Il COMUNE ha altresì lamentato la mancanza di
prova del nesso causale tra le condotte ed il danno nonché, quanto alle
modalità di risoluzione del rapporto di lavoro, l’omesso esame dell’ordinanza
del Tribunale di Oristano che conteneva l’ordine di riassunzione dell’O. da
parte della PROVINCIA.

38. Da ultimo, il COMUNE ha dedotto: che non era
stata offerta la prova dell’elemento intenzionale del mobbing; che, anche a
voler integrato il demansionamento, sarebbe stato comunque necessario accertare
il verificarsi di un effettivo pregiudizio e di una lesione dei diritti della
persona incidente oltre la soglia della tollerabilità; che la situazione di
lavoro descritta dal ricorrente non corrispondeva alla realtà degli
accadimenti.

39. Il motivo è inammissibile. Le censure relative
al difetto di prova dell’illecito sono generiche e la censura è diretta, nel
complesso, ad una rivalutazione del merito, senza evidenziare né le statuizioni
della sentenza in cui si ravviserebbe la violazione di principi di diritto né –
sotto il profilo del vizio di motivazione – uno specifico fatto storico non
esaminato dal giudice dell’appello.

40. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si
deduce – ai sensi dell’articolo 360 nr. 3
cod.proc.civ. – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 165/2001, articoli 55 e
55 bis e della L. nr. 300/1970 nonché – ai
sensi dell’art. 360 nr.4 cod.proc.civ. –
violazione e falsa applicazione dell’art. 112
cod.proc.civ.

41. Si contesta la sentenza impugnata per avere
affermato che all’O. era stata irrogata illegittimamente la sanzione della
censura.

42. Il motivo è inammissibile.

43. Nel primo grado di giudizio il Tribunale, in
parziale accoglimento della domanda originaria, aveva dichiarato la
illegittimità della sanzione della censura irrogata all’O.. Nella sentenza
impugnata si espone che il COMUNE aveva proposto appello incidentale
(unicamente) avverso la statuizione di nullità della sua (prima) costituzione
in giudizio; il giudice dell’appello afferma, poi, la illegittimità della
censura ma unicamente nell’elencarla tra le condotte vessatorie del datore di
lavoro, senza dare conto di uno specifico motivo di impugnazione.

44. Non si comprende, in sostanza, se la statuizione
di illegittimità della censura resa nel primo grado fosse stata o meno oggetto
di appello.

45. Per sfuggire alla preclusione del giudicato
interno, dunque, la parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere in questa sede
il motivo di appello proposto avverso la statuizione del primo grado.

46. Con il quarto mezzo il COMUNE ha dedotto – ai
sensi dell’art. 360 nr.4 cod. proc.civ. –
omessa pronuncia e violazione degli artt. 112 e
115 cod.proc.civ., per non avere il giudice
dell’appello assunto le prove testimoniali articolate nel primo grado dopo aver
dichiarato la ritualità della sua costituzione.

47. Il motivo è inammissibile.

48. La omessa pronunzia sulle istanze istruttorie
integra un vizio della motivazione denunziabile in sede di legittimità, ai
sensi dell’articolo 360 nr. 5 cod. proc.civ.,
in relazione all’omesso esame dei fatti storici che i mezzi di prova erano
diretti ad introdurre nel giudizio (Cassazione civile sez. lav. nr. 6715/2013;
sez. III nr. 709/2010; SU nr. 15982/2001).

49. E’ onere della parte che denunci la mancata
ammissione di mezzi istruttori sia di indicare specificamente il contenuto dei
mezzi istruttori richiesti sia di dimostrare l’esistenza di un nesso eziologico
tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, nel
senso che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da
consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove
(Cass., sez. lav., 12/12/2014, n. 26234; Cass., 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass.,
17 maggio 2006, n. 11501; Cass., 11 giugno 2001, n. 7852). A tali oneri il
COMUNE non ha adempiuto.

50. Il ricorso incidentale deve essere pertanto
dichiarato complessivamente inammissibile.

51. Le spese di causa si compensano nei rapporti tra
il ricorrente principale ed il COMUNE ricorrente in via incidentale per la
reciproca soccombenza; nei rapporti tra il ricorrente O. ed il controricorrente
D. non vi è luogo a refusione delle spese, per la mancata produzione
dell’avviso di ricevimento della notifica del controricorso.

52. Trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art. 1 co 17 L.
228/2012 (che ha aggiunto il comma
1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dei presupposti
processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente principale e del
ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto
(Cass. SU 20 febbraio 2020 n. 4315).

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale. Dichiara
inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente(dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

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