Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 marzo 2021, n. 7686

Licenziamento, Illegittimità, Determinazione giudiziale
della misura del risarcimento del danno da liquidarsi al lavoratore

 

Rilevato che

 

C.D., alle dipendenze della società J. s.r.l. con
mansioni di pasticciere, veniva reintegrato nel posto di lavoro dalla Corte
d’appello di Napoli, la quale, riformando la sentenza del Tribunale di Nola,
dichiarava nullo il licenziamento intimato verbalmente, e condannava la società
a risarcire i danni e a regolarizzare la posizione previdenziale del
lavoratore;

la cassazione della sentenza è domandata da J.
s.r.l. sulla base di tre motivi, illustrati da successiva memoria;

C.D. ha depositato tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ.,
la ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 codice civile e 112, 115, 116 e 132 c.p.c. – Omesso esame delle
dichiarazioni rese dalla parte originaria ricorrente nell’interrogatorio nonché
della documentazione prodotta quale fatto decisivo ai fini della decisione del
giudizio oggetto di discussione tra le parti – Motivazione apparente”; la
Corte d’appello avrebbe omesso di valutare la dichiarazione resa dallo stesso
D. nel giudizio di primo grado presso il Tribunale di Nola, in cui aveva
ammesso di avere un altro lavoro retribuito, e ciò ai fini della detrazione
dell’aliunde perceptum;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3, n. 4 cod. proc. civ., deduce
“Violazione e falsa applicazione degli artt.
2697 codice civile e 112, 115, 116 c.p.c. –
Omessa valutazione rilevanza attività istruttoria ai fini della
decisione”; la sentenza d’appello avrebbe omesso di valutare le
dichiarazioni raccolte dal primo giudice quale prova dell’allontanamento
volontario del D. dall’azienda;

il terzo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, n. 4 e n. 5 cod. proc. civ.,
contesta “Violazione e falsa applicazione degli artt.
2697 codice civile e 112, 115, 116 e 132 c.p.c. – Omesso esame delle dichiarazioni rese
dalla parte originaria ricorrente nell’interrogatorio nonché della
documentazione prodotta quale fatto decisivo ai fini della decisione del
giudizio oggetto di discussione tra le parti in relazione all’aliunde
perceptum”; la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare le dichiarazioni
rese dal D. all’udienza del 31.10.2017 davanti al Tribunale, decisive per la
definizione del giudizio in merito alla detrazione dell’aliunde perceptum;

si esaminano congiuntamente, per evidente
connessione, i motivi primo e terzo, i quali vanno accolti;

secondo la consolidata giurisprudenza di questa
Corte, in tema di licenziamento illegittimo, il datore di lavoro che invochi
l’aliunde perceptum da detrarre dal risarcimento dovuto al lavoratore deve
allegare circostanze di fatto specifiche e, ai fini dell’assolvimento del
relativo onere della prova su di lui incombente, è tenuto a fornire indicazioni
puntuali, rivelandosi inammissibili richieste probatorie generiche o con
finalità meramente esplorative (Cass. n. 2499 del
2017; Cass. n. 9616 del 2015);

nel caso in esame, le specifiche circostanze
contestate – tra le quali un rilievo fondante assume la dichiarazione resa dal
lavoratore in prime cure – sono state ammissibilmente prospettate dall’odierna
ricorrente, in ossequio ai principi di specificazione e di allegazione di cui
agli artt. 366 n. 4 e 369 n. 6 cod. proc. civ.;

l’accertamento del verificarsi di tali puntuali
circostanze evidenziano come la Corte territoriale abbia effettivamente omesso
di valutarne l’impatto ai fini della determinazione giudiziale della misura del
risarcimento del danno da liquidarsi al lavoratore, detraendo dall’indennità
risarcitoria quanto percepito dallo stesso per lo svolgimento di altra attività
lavorativa retribuita; il secondo motivo va dichiarato inammissibile;

la critica del ricorrente si appunta sulla
valutazione dell’attività istruttoria del primo giudice da parte della Corte
territoriale;

l’apprezzamento della fonte di prova come
dimostrativa o meno del fatto che si intende provare non è sindacabile in sede
di legittimità e la parte che intende dedurre la violazione degli artt. 112 e ss. cod. proc. civ., deve denunciare
che il giudice, contraddicendo espressamente o implicitamente le regole
processuali, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte
dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dai poteri ufficiosi
riconosciutigli, non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte
dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune
piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. n. 26769 del 2018;
Cass. 27033 del 2018) in definitiva, accolti il primo e il terzo motivo e
dichiarato inammissibile il secondo, la sentenza impugnata va cassata in
relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di
Napoli in diversa composizione, la quale deciderà anche in merito alle spese
del presente giudizio;

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà
atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in
relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli in
diversa composizione, che deciderà anche in merito alle spese del giudizio di
legittimità.

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