L’orario di lavoro settimanale dei docenti delle istituzioni scolastiche primarie e secondarie, gestite dagli enti locali è, rispettivamente, di 24 e 18 ore, mentre quello del personale docente delle scuole di formazione è di 36 ore.
Nota a Cass. 19 febbraio 2021, n. 4562
Kevin Puntillo
“La disposizione di cui all’art. 32 del ccnl per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali del 2000 è diretta a regolamentare l’orario di lavoro dei docenti delle istituzioni scolastiche gestite dagli enti locali mentre l’art. 34 del medesimo ccnl disciplina l’orario dei docenti dei centri di formazione professionale prevedendo l’applicazione dell’orario ordinario di cui all’art. 17 del ccnl per il personale del medesimo comparto del 1995”.
Questo, il principio espresso dalla Corte di Cassazione (19 febbraio 2021, n. 4562), la quale precisa che:
– il c.c.n.l. per il personale delle regioni e delle autonomie locali sottoscritto il 14.9.2000 dedica tutto il Titolo V al personale delle scuole e, nell’ambito di tale titolo, l’art. 32, relativo al Personale docente delle scuole gestite dagli enti locali, prevede: “1. Per il personale insegnante addetto alle istituzioni scolastiche gestite dagli enti locali l’attività oraria settimanale di ciascun docente con gli alunni non deve superare le 24 ore nelle scuole elementari e le 18 ore in quelle medie. Le settimane di attività nell’anno, sempre in rapporto diretto degli insegnanti con gli alunni e gli studenti, devono coprire l’intero calendario scolastico. Per il personale docente che opera all’interno degli istituti di riabilitazione e pena l’orario è fissato in 15 ore settimanali e 3 ore di supplenza. 2. Alle attività integrative è destinato, con esclusione delle settimane destinate alla fruizione delle ferie e del periodo di attività di cui al comma 5 un monte orario che comunque non sia superiore a 20 ore mensili. 3. Ai fini del comma 2, sono considerate integrative le attività di programmazione, di documentazione, di valutazione, di formazione ed aggiornamento, di collaborazione con gli organi collegiali e con le famiglie. (…)”.
– l’art. 34 del medesimo ccnl, che regola, invece, l’attività del personale docente dei centri di formazione professionale, stabilisce che: “1. Fermo restando l’orario contrattuale di lavoro in vigore, il personale docente dei centri di formazione professionale svolge attività didattica, in aula o in laboratorio, entro un monte ore annuo definito dagli enti in stretta relazione con i contenuti della programmazione regionale delle attività formative e della tipologia delle relative iniziative. Le restanti ore sono destinate ad altre attività connesse alla formazione. 2. Al fine di favorire processi di innovazione organizzativa dei centri di formazione professionale e di riqualificazione e riconversione delle attività formativa realizzati nei suddetti centri, anche alla luce delle previsioni del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione del 22.12.1998, al personale di cui al comma 1 è corrisposta una indennità professionale il cui importo è stabilito dalla contrattazione decentrata integrativa in proporzione all’entità dell’attività didattica, entro il tetto massimo di Lire 900.000 annue lorde”;
– come si vede, le due disposizioni sopra citate hanno una diversa operatività, posto che solo l’art. 32 non si riferisce a tutto il personale educativo, ma regolamenta l’attività didattica delle istituzioni scolastiche, ossia delle scuole tradizionalmente intese (che ricomprendono sia le scuole private, sia quelle c.d. paritarie che presentino le caratteristiche della corrispondenza alla Costituzione ed all’ordinamento generale dell’istruzione, in presenza dei requisiti, di cui alla L. n. 62/2000, art. 1, co. 4 e previo impegno espresso a dare attuazione a quanto previsto dai co. 2 e 3);
– nello specifico, “le disposizioni contrattuali sul personale docente delle scuole non sono automaticamente applicabili anche al personale educativo, perché si tratta di personale che svolge funzioni diverse da quelle dei docenti” (così, Cass. n. 15301/2018).
– tale diversità di funzioni giustifica l’applicazione al solo personale delle scuole di una disciplina dell’orario di lavoro sostanzialmente assimilabile a quella prevista per gli insegnanti statali e diversa da quella degli altri dipendenti dell’ente locale.
– “d’altra parte l’insegnante, oltre alla didattica frontale ed a quelle attività integrative che si svolgono nel medesimo istituto scolastico (riunioni varie, collegio dei docenti, consigli di classe, consiglio d’istituto, incontri genitori ecc.) svolge necessariamente ulteriori attività come la preparazione delle lezioni, l’aggiornamento culturale, la correzione degli elaborati degli studenti che completano il quadro complessivo degli adempimenti richiesti rendendo evidente la portata omnicomprensiva della prevista regolamentazione dell’orario di lavoro” (come si evince dall’art. 32, co.5, ccnl 2000).
– invece, nei centri di formazione non ci sono corsi che durano tutto l’anno né, classi, verifiche periodiche, esami di fine anno, ma soltanto un monte ore definito dagli enti in stretta correlazione con i contenuti della programmazione regionale. Ciò giustifica la previsione che per il personale docente di tali corsi “resta fermo l’orario contrattuale di lavoro in vigore” che si riferisce all’orario di cui all’art. 17, co. 1, del ccnl del 1995, secondo cui “L’orario ordinario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è articolato, previo esame con le Organizzazioni Sindacali, ai sensi delle fonti normative vigenti”) essendo tale interpretazione del tutto in linea con quanto già previsto dal citato D.P.R. n. 268 del 1987 che, all’art. 48, comma 3, aveva espressamente stabilito che: “L’orario di lavoro del personale docente dei centri di formazione professionale è fissato in 36 ore settimanali. Almeno 800 ore del complessivo monte ore annuo debbono essere riservate all’insegnamento; le restanti ore saranno utilizzate in altre attività connesse con la formazione. L’articolazione sarà oggetto di contrattazione decentrata”.