Prassi – INPS – Circolare 19 marzo 2021, n. 45

Permessi ai sensi dell’articolo 33, commi 3 e 6, della
legge n. 104/1992. Lavoro a tempo parziale di tipo verticale o di tipo
misto. Riproporzionamento della durata dei permessi fruiti dai lavoratori
dipendenti del settore privato.

Nuove istruzioni

 

SOMMARIO: Con il messaggio
n. 3114 del 7 agosto 2018, sono stati forniti chiarimenti in materia di
modalità di fruizione dei permessi di cui all’articolo 33 della legge n.
104/1992. Con la presente circolare, a seguito dell’orientamento
giurisprudenziale consolidatosi da parte della Corte di Cassazione e dei
relativi chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, si
forniscono nuove istruzioni per il riconoscimento dei benefici in oggetto in
caso di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o di tipo misto.

 

INDICE

1. Premessa

2. Il nuovo orientamento giurisprudenziale

3. I chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle
politiche sociali

4. Istruzioni operative e ambito di applicazione

4.1 Riproporzionamento dei giorni di permesso di cui
all’articolo 33, commi 3 e 6,
della legge n. 104/1992 in caso di rapporto di lavoro part-time

4.2 Frazionabilità in ore dei giorni di permesso di
cui all’articolo 33, commi 3 e
6, della legge n. 104/1992 in caso di rapporto di lavoro part-time

5. Istruzioni procedurali

 

1. Premessa

 

Con il messaggio n.
3114 del 7 agosto 2018, al paragrafo 2, sono state fornite le nuove formule
di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei tre giorni di permesso
mensile di cui all’articolo 33
della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nei casi di rapporto di lavoro
part-time di tipo verticale e di tipo misto con attività lavorativa limitata ad
alcuni giorni del mese.

Tali indicazioni devono essere riviste alla luce
degli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, che con
due decisioni (sentenze 29 settembre 2017, n.
22925 e 20 febbraio 2018, n. 4069) ha
statuito che la durata dei permessi, qualora la percentuale del tempo parziale
di tipo verticale superi il 50% del tempo pieno previsto dal contratto
collettivo, non debba subire decurtazioni in ragione del ridotto orario di lavoro.

 

2. Il nuovo orientamento giurisprudenziale

 

La Corte di Cassazione fonda le sue conclusioni
sull’analisi dell’articolo 4 del
decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, recante “Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo quadro sul
lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES”.

La norma opera una differenziazione tra gli istituti
che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta
corrispettività con la durata della prestazione lavorativa – per i quali è
ammesso il riproporzionamento del trattamento – e gli istituti riconducibili a
un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è
inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della
durata della prestazione lavorativa.

Tra questi ultimi, sottolinea la Suprema Corte, vi
sono i permessi di cui all’articolo
33 della legge n. 104/1992, i quali, oltretutto, costituiscono misure di
tutela della salute psico-fisica della persona disabile, che è un diritto
fondamentale dell’individuo tutelato dall’articolo
32 della Costituzione.

Ne consegue che, in linea di principio, il diritto
ad usufruire dei permessi non è comprimibile.

La Cassazione sottolinea la necessità, comunque, di
una valutazione comparativa delle esigenze dei datori di lavoro e dei
lavoratori, in particolare di una distribuzione in misura paritaria degli oneri
e dei sacrifici connessi all’adozione del rapporto di lavoro part-time e, nello
specifico, del rapporto di lavoro parziale di tipo verticale.

In coerenza con tale criterio, valutate le opposte
esigenze, appare ragionevole – specifica la Suprema Corte – distinguere
l’ipotesi in cui la prestazione di lavoro part-time sia articolata con un
numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario, da quello in cui
comporti una prestazione per un numero di giornate di lavoro inferiori. Solo
nel primo caso, stante la pregnanza degli interessi coinvolti e l’esigenza di
effettività di tutela del disabile, occorre riconoscere il diritto alla
integrale fruizione dei permessi.

 

3. I chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle
politiche sociali

 

Nelle more dei giudizi da cui sono scaturite le
citate pronunce della Cassazione, il D.lgs n.
61/2000 è stato abrogato dall’articolo
55, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.
Quest’ultimo decreto, all’articolo
7, comma 2, dispone che: “Il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi
diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento
economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della
prestazione lavorativa”.

La formulazione della nuova norma, ben più sintetica
rispetto a quella di cui all’articolo
4 del D.lgs n. 61/2000, è stata oggetto di analisi da parte dell’Ufficio
legislativo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. In particolare,
il Ministero ha chiarito che i principi enunciati dalla giurisprudenza con
riferimento al D.lgs n. 61/2000 sono
applicabili anche dopo l’entrata in vigore del D.lgs
n. 81/2015. L’articolo 7,
comma 2, citato – chiarisce il Ministero – conserva infatti la distinzione tra
“diritti” e “trattamento economico e normativo”.

Resta dunque fermo il nucleo dei “diritti” a
connotazione non strettamente patrimoniale – tra cui il diritto ai permessi –
che vanno salvaguardati dalla riduzione connessa alla minore durata della
prestazione lavorativa.

Sul punto, il Ministero del Lavoro e delle politiche
sociali ha infatti precisato che i permessi riconosciuti dalla legge n. 104/1992 possono essere annoverati tra i
suddetti diritti. Ciò in considerazione del fatto che i medesimi sono volti ad
assicurare la continuità nelle cure e nell’assistenza del familiare disabile e
la rilevanza degli interessi di rilievo costituzionale tutelati.

Infine, il medesimo Dicastero precisa che la ratio
del D.lgs n. 81/2015 non è quella di
modificare in modo sostanziale la disciplina del part-time, quanto piuttosto di
ricomprendere in un unico testo normativo la disciplina organica dei diversi
contratti di lavoro.

Conseguentemente, il Ministero del Lavoro e delle
politiche sociali ha invitato l’Istituto ad adeguare le indicazioni fornite con
il messaggio n. 3114/2018 a quanto stabilito
dalla recente giurisprudenza della Corte di Cassazione.

 

4. Istruzioni operative e ambito di applicazione

 

Tenuto conto di quanto sopra evidenziato, con
riferimento ai lavoratori dipendenti del settore privato, si forniscono le
nuove indicazioni relative al riproporzionamento della durata dei giorni di permesso
di cui all’articolo 33, commi
3 e 6, della legge n. 104/1992, da attuare nelle ipotesi di lavoro a tempo
parziale di tipo verticale o misto, con attività lavorativa part-time superiore
al 50%.

 

4.1 Riproporzionamento dei giorni di permesso di cui
all’articolo 33, commi 3 e 6,
della legge n. 104/1992 in caso di rapporto di lavoro part-time

In caso di part-time di tipo orizzontale rimangono
valide le disposizioni fornite al paragrafo 2 del messaggio
n. 3114/2018. Pertanto, i tre giorni di permesso non andranno
riproporzionati.

Relativamente a tali fattispecie, infatti, la
commisurazione dei giorni di permesso alla ridotta durata dell’attività
lavorativa è insita nella dinamica del rapporto medesimo.

Con riferimento ai rapporti di lavoro part-time di
tipo verticale e di tipo misto fino al 50%, rimangono valide le disposizioni
fornite al citato paragrafo 2 del messaggio n.
3114/2018.

Si conferma che la formula di calcolo da applicare,
ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile del part-time
di tipo verticale e di tipo misto con attività lavorativa limitata ad alcuni
giorni del mese, è la seguente:

 

orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal
lavoratore part-time

——————————————————–
x 3 (giorni di permesso teorici)

orario medio settimanale teoricamente eseguibile a
tempo pieno

 

Il risultato numerico andrà quindi arrotondato
all’unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino
allo 0,50 o superiore.

Si ribadisce che il riproporzionamento andrà
effettuato solo in caso di part-time di tipo verticale e di tipo misto con
attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese.

Il riproporzionamento dei tre giorni, infatti, non
andrà effettuato per i mesi in cui, nell’ambito del rapporto di lavoro
part-time, sia previsto lo svolgimento di attività lavorativa a tempo pieno.

Per quanto riguarda il rapporto di lavoro svolto in
regime di part-time con percentuale a partire dal 51%, verranno riconosciuti
interamente i tre giorni di permesso mensile.

 

4.2 Frazionabilità in ore dei giorni di permesso di
cui all’articolo 33, commi 3 e
6, della legge n. 104/1992 in caso di rapporto di lavoro part-time

Si ribadisce che il riproporzionamento orario dei
giorni di permesso di cui all’articolo
33, commi 3 e 6, della legge n. 104/1992 dovrà essere effettuato solo nel
caso in cui il beneficio venga utilizzato, anche solo parzialmente, in ore.

Al riguardo si specifica quanto segue.

In caso di rapporto di lavoro svolto in regime di
part-time (orizzontale, verticale o misto) con percentuale a partire dal 51%,
rimane confermata la formula già indicata nel messaggio
n. 16866//2007:

 

orario normale di lavoro medio settimanale

—————————————————-
x 3 = ore mensili fruibili

numero medio dei giorni lavorativi settimanali

 

Con riferimento ai rapporti di lavoro part-time di
tipo orizzontale, verticale e misto fino al 50%, la formula di calcolo da
utilizzare ai fini della quantificazione del massimale orario mensile dei
permessi è quella fornita al paragrafo 3 del messaggio
n. 3114/2018, ossia:

 

orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal
lavoratore part-time

——————————————————-
x 3 (giorni di permesso teorici)

numero medio dei giorni (o turni) lavorativi
settimanali previsti per il tempo pieno

 

5. Istruzioni procedurali

 

Con successivo messaggio verranno fornite le
istruzioni per la gestione, da parte degli operatori di Sede, delle domande per
i permessi di cui alla legge n. 104/1992,
interessate dalle nuove istruzioni della presente circolare.

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