Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2021, n. 7352

Restituzione dell’indebita trattenuta per buoni pasto mai
consegnati, Crediti per TFR, Stato di insolvenza dichiarato dal tribunale
fallimentare, lmprocedibilità del giudizio fra il creditore ed uno dei
condebitori in solido, Prosecuzione del giudizio nei confronti degli altri
condebitori in bonis nella sede ordinaria

 

Ritenuto che

 

1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza
dell’8 novembre 2014, ha deciso il gravame svolto da T. avverso la decisione di
primo grado che aveva accolto la domanda proposta da un gruppo di lavoratori
della s.p.a P.M. Ambiente (di seguito PMA), assegnati con mansioni di operaio
in forza di appalto presso T., per crediti per TFR e per restituzione dell’indebita
trattenuta per buoni pasto mai consegnati, e rigettato le domande proposte da
T. nei confronti dell’INPS, terzo chiamato in causa;

2. la Corte di merito ha ritenuto: corretta la
declaratoria di competenza funzionale sulle domande svolte nei confronti di T.
e improcedibile la domanda proposta nei confronti di PMA, in conseguenza dello
stato di insolvenza dichiarato dal Tribunale di Roma; sussistente
l’obbligazione solidale di T. committente rispetto alle domande proposte nei
confronti del datore di lavoro appaltatore, in particolare per il credito
maturato dai lavoratori a partire dal primo gennaio 2007; infondata la domanda
di T. di condanna dell’INPS, gestore del Fondo, a restituire gli importi
relativi alla quota di TFR maturata dal primo gennaio 2007 e pagati ai
lavoratori in adempimento dell’obbligo ex art. 29 d.lgs. n. 276 del 2003;
insussistente il diritto di T. di surrogarsi nei diritti dei lavoratori nei
confronti del Fondo di garanzia; infine, obbligata solidalmente T. anche quanto
alla pretesa restitutoria dei lavoratori per la trattenuta giornaliera sulle
retribuzioni a titolo di contributi per buoni pasto non erogati;

3. avverso tale sentenza ricorre T. s.p.a. con
ricorso affidato a cinque motivi, cui resistono, con separati controricorsi,
l’INPS e C. I. ed altri litisconsorti in epigrafe indicati, e propongono,
rispettivamente, ricorso indentale condizionato l’INPS, affidato ad un motivo,
e ricorso incidentale i dipendenti, affidato a tre motivi, cui resiste, con
controricorsi, T. s.p.a.;

4. le parti hanno depositato memorie;

 

Considerato che

 

5. è preliminare l’esame del ricorso incidentale dei
lavoratori che deducono, con il primo motivo, violazione del chiesto e
pronunciato e nullità della sentenza per non avere pronunciato sulla
responsabilità solidale del committente e appaltatore per l’intero periodo di
causa, come affermato dal primo giudice che aveva riconosciuto la solidarietà
di T. per plurimi contratti di appalto;

6. il motivo, adeguatamente devoluto, va accolto per
essere stato il thema decidendum, siccome introdotto fin dal primo grado e
oggetto di pronuncia del primo giudice, riferito alla responsabilità solidale
per i plurimi appalti, della stessa committente, e non limitata all’ultimo
appalto sul quale, soltanto, si è pronunciata la Corte territoriale,
conseguendone la nullità della sentenza (v., per tutte, i principi enunciati da
Cass., Sez. Un., n. 5083 del 2014);

7. rimane assorbita l’ulteriore censura svolta dai
lavoratori;

8. tanto premesso, il ricorso principale di T. è da
rigettare;

9. il primo motivo, con il quale si censura la
declaratoria di competenza funzionale, è da rigettare per avere correttamente
la Corte territoriale confermato la decisione del primo giudice, di
improcedibilità della domanda nei confronti di PMA, in conseguenza dello stato
di insolvenza dichiarato dal tribunale fallimentare, aprendo l’adito al
giudizio di cognizione sulle domande proposte dai lavoratori nei confronti del
condebitore solidale T., in applicazione dei principi già enunciati da questa Corte
per cui l’improcedibilità del giudizio fra il creditore ed uno dei condebitori
in solido, determinata dal fallimento del secondo, non impedisce che il
giudizio prosegua nei confronti degli altri condebitori in bonis nella sede
ordinaria, ivi compresa quella derivante dalla competenza per materia del
giudice del lavoro, che pure non deroga alla vis attractiva del tribunale
fallimentare, ferma la permanenza della giurisdizione del lavoro anche rispetto
al fallito sulle domande riguardanti il rapporto e la tutela della propria
posizione  all’interno dell’impresa (per
la distinzione dell’ambito cognitorio del giudice del lavoro e del giudice
fallimentare si rinvia a Cass. n. 12833 del 2020);

10. passando all’esame dei successivi motivi vale
premettere che, in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte (v.,
fra i più recenti, Cass.n.1885 del 2020), è stato ormai definitivamente
superato il precedente orientamento che consentiva all’obbligato solidale del
datore di lavoro di surrogarsi, relativamente agli importi corrisposti, nella
posizione vantata dal lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia: la
corresponsione del TFR da parte di un terzo esclude, in radice, il presupposto
voluto dalla legge per l’intervento del Fondo di garanzia, costituito dall’inadempimento
del datore di lavoro determinato da uno stato di insolvenza (così già Cass. n.
9068 del 2013), e ciò a maggior ragione allorché il terzo sia il committente
che, in forza dell’art. 29 del d.lgs. n. 276 del 2003, corrisponda i
trattamenti retributivi ed il TFR ai dipendenti del proprio appaltatore, dal
momento che costui adempie ad un’obbligazione propria, nascente dalla legge e,
se è senz’altro legittimato a surrogarsi nei diritti del lavoratore verso il
datore di lavoro appaltatore, ex art. 1203, n. 3, cod.civ., nessun titolo ha
per ottenere l’intervento del Fondo di garanzia, non potendo mai considerarsi
avente diritto del lavoratore nei cui confronti ha adempiuto (Cass. n. 10543
del 2016);

11. una volta acclarata la natura previdenziale della
prestazione dovuta dal Fondo di garanzia, e la sua autonomia rispetto alle
obbligazioni nascenti dal rapporto di lavoro (v. Cass. nn. 10875 del 2013,
12971 del 2014, 20547 del 2015), deve logicamente escludersi la possibilità che
un terzo, che abbia a qualunque titolo pagato i debiti del datore di lavoro
insolvente, possa  surrogarsi nella
posizione che il lavoratore assicurato avrebbe potuto vantare nei confronti del
Fondo di garanzia, posto che le disponibilità del Fondo di garanzia non possono
in alcun modo essere utilizzate al di fuori della finalità istituzionale del
Fondo stesso (L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 8), espressione dell’intervento
solidaristico della collettività a favore dei lavoratori (o dei loro aventi
diritto) che non abbiano ricevuto il pagamento del TFR a causa dello stato di
insolvenza del loro datore di lavoro (L. n. 297 del 1982, art. 2, comma 1),
posto che qualsiasi intervento volto a ristorare il patrimonio di terzi, che
non siano i lavoratori assicurati o i loro aventi causa, si porrebbe in
contrasto con il principio di personalità e indisponibilità delle prestazioni
previdenziali, siccome oggetto di un diritto soggettivo pubblico;

12. escluso che il committente abbia titolo per
l’intervento del Fondo di garanzia, non divenendo, per quanto detto, avente
diritto dal lavoratore rimane evidentemente assorbita la questione, posta con
il ricorso incidentale dell’INPS, della necessità che l’esercizio di tale
azione importi l’attivazione del procedimento amministrativo con la presentazione
della domanda amministrativa di cui all’art. 443 cod.proc.civ. (v., fra le
altre, Cass. n. 33 del 2020);

13. quanto alle quote di TFR maturate dal primo
gennaio 2007, sono infondati il secondo e terzo motivo del ricorso principale
con i quali si deducono plurime violazioni di legge, per non avere la Corte di
merito dichiarato la totale estraneità di T. s.p.a al pagamento delle quote del
TFR maturate dalla predetta data, per essere la relativa obbligazione a carico
del Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS, e non del datore di
lavoro-appaltatore, con la conseguenza che il pagamento effettuato al Fondo
tesoreria Inps estingue l’obbligazione del datore di lavoro e, non essendovi
inadempimento datoriale, si estinguerebbe anche la solidarietà del committente;

14. questa Corte ha già precisato, con orientamento
che qui si condivide, che l’onere probatorio del lavoratore che agisca nei
confronti del committente del datore di lavoro per il pagamento del TFR
riguarda il fatto costitutivo del suo diritto, rappresentato dal rapporto di
lavoro subordinato e dal contratto di appalto (nel senso dell’impiego nei
lavori appaltati) e non anche l’effettivo versamento, da parte del datore di
lavoro, dei contributi dovuti al Fondo di Tesoreria (a norma della L. n. 296 del
2006, art. 1, comma 756, seconda parte);

15. il versamento dei contributi al Fondo di
Tesoreria costituisce, invero, fatto estintivo della pretesa dei lavoratori nei
confronti del datore di lavoro appaltatore e, di conseguenza, nei confronti
della committente, obbligata solidale ex lege, ma quest’ultima ha l’onere di
allegazione e prova dell’avvenuto versamento (l’art. 1 della legge n. 296 del
2006 prevede, al comma 756, che la liquidazione del trattamento di fine
rapporto al lavoratore viene effettuata dal Fondo di cui al precedente comma
755  «limitatamente alla quota
corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo medesimo, mentre per la parte
rimanente resta a carico del datore di lavoro»);

16. deve, pertanto, escludersi il relativo obbligo
da parte del Fondo Tesoreria dello Stato, gestito dall’INPS, ove il datore di
lavoro-appaltatore o il committente, obbligato solidale ex lege, non provino
l’avvenuto versamento al Fondo, da parte di uno di essi, delle quote di t.f.r.,
costituendo tale circostanza un fatto estintivo della pretesa dei lavoratori
nei confronti del datore di lavoro, da provarsi a cura di chi lo eccepisca
(cfr. in tale senso Cass. n. 3630 del 2020 e i precedenti ivi richiamati);

17. permane, quindi, l’obbligo a carico del datore
di lavoro-appaltatore e del  committente,
solidalmente responsabile ex art. 29, comma 2, d.lgs. n. 276 del 2003, che non
hanno provato, né chiesto di provare, di avere effettuato i relativi
versamenti;

18. discende, dai principi generali esposti nei
paragrafi che precedono, il rigetto del quarto motivo del ricorso principale,
volto a censurare l’esclusione del diritto di T. a surrogarsi, quale successore
ex lege, nei diritti dei lavoratori nei confronti del fondo, e la pretesa al
rimborso di quanto versato ai lavoratori;

19. col quinto motivo, infine, si avversa
l’affermata responsabilità solidale per la pretesa restitutoria dei lavoratori
e la relativa qualificazione retributiva, a pieno titolo, del diritto a
ripetere l’indebita trattenuta effettuata da PMA a titolo di contributo buono
pasto;

20. la società evoca, per escludere la
responsabilità solidale, la connotazione di agevolazione assistenziale sia
della mancata consegna dei buoni pasto sia delle trattenute effettuate da PMA a
titolo di buono pasto;

21. il motivo non coglie nel segno perché nella
vicenda all’esame non viene in rilievo il tema della peculiare natura del buono
pasto e della relativa erogazione a tale titolo, per cui non ha interesse la
parte a vedere affermata la natura assistenziale o retributiva del buono pasto
per inferirne l’insussistenza dell’obbligazione solidale, tra committente e
appaltatore, per la squisita natura assistenziale dell’erogazione;

22. come chiaramente argomentato dalla Corte
territoriale alla stregua della domanda svolta, e non oggetto di censure in
questa sede, il fatto costitutivo del diritto di credito azionato è costituito
dalla mancata consegna, ai lavoratori, dei buoni pasto corrispondenti alla
trattenuta giornaliera sulla retribuzione che, per converso, PMA ha puntualmente
effettuato, per cui il diritto dei lavoratori alla ripetizione dell’indebita
trattenuta sulla retribuzione altro non è che la pretesa all’integrale
erogazione della retribuzione giornaliera e dunque, all’evidenza, un credito
retributivo;

23. rimane assorbito il ricorso incidentale
condizionato dell’INPS;

24. in conclusione, va accolto il primo motivo del
ricorso incidentale, assorbiti il secondo motivo e il ricorso incidentale
condizionato dell’INPS, e rigettato il ricorso principale di T. s.p.a.;

25. la sentenza impugnata va cassata in relazione al
motivo accolto del ricorso incidentale dei lavoratori e, per essere necessari
ulteriori accertamenti in fatto, la causa va rinviata alla Corte d’appello di
Milano, perché proceda a nuovo esame del gravame alla luce di quanto sin qui
detto, e alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità;

26. ai sensi dell’art.13,co.1-quater,
d.P.R.n.115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a
carico della parte ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di
contributo unificato, pari a quello per il ricorso principale ex art.13,co. 1,
se dovuto.

 

P.Q.M.

 

accoglie il primo motivo del ricorso incidentale dei
lavoratori, assorbito il secondo; rigetta il ricorso principale di T. s.p.a,
assorbito l’incidentale condizionato dell’INPS; cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto del ricorso incidentale dei lavoratori e rinvia
alla Corte d’appello di Milano, anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art.13,co.1-quater, d.P.R.n.115/2002,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte
ricorrente principale, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato, pari a quello per il ricorso principale ex art.13, co. 1, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 marzo 2021, n. 7352
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