Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 febbraio 2021, n. 3865

Tributi, IRAP, Avvocato, Presupposto d’imposta, Natura non
occasionale dell’attività prestata dai collaboratori

 

Rilevato che

 

Il contribuente M.F., svolgente la professione di avvocato,
ha impugnato il silenzio rifiuto formatosi avverso la domanda di rimborso
dell’IRAP versata nel periodo di imposta dell’anno 2013, eccependo
l’illegittimità del prelievo per assenza del presupposto dell’autonoma
organizzazione.

la CTP di Napoli ha accolto il ricorso e la CTR
della Campania, con sentenza in data 25 gennaio 2019, ha accolto l’appello
dell’Ufficio.

Ha valorizzato il giudice di appello la circostanza
che il contribuente si è avvalso di quattro avvocati quali collaboratori
esterni e che l’entità del reddito realizzato, pari ad € 1.008.462,00 è
elemento indicativo di una attività professionale che necessita dell’apporto di
più collaboratori, non essendo riconducibile ad attività svolta da un solo
professionista. Ha, inoltre, ritenuto il giudice di appello che la descrizione
delle prestazioni svolte da alcuni collaboratori e la cadenza mensile della
fatturazione di un’altra collaboratrice escludesse la natura occasionale delle
relative prestazioni. Il giudice di appello ha, poi, rilevato come i beni
strumentali siano iscritti nel modello Unico con una quota di ammortamento di €
3.763,00.

Propone ricorso per cassazione il contribuente,
affidato a un unico motivo, l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata alle
parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi
dell’articolo 380-bis cod. proc. civ.

 

Considerato che

 

1 – Con l’unico motivo si deduce, sotto il profilo
di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art.
2, comma 1, e dell’art. 3 d. Igs. 15 dicembre 1997, n. 446, per avere il
giudice del rinvio erroneamente affermato la sussistenza del presupposto
dell’autonoma organizzazione quale effetto dell’avvalimento da parte del
contribuente delle prestazioni fornite da quattro collaboratori esterni in
maniera continuativa, unitamente ad altri elementi di carattere presuntivo,
quale l’entità del reddito annuo prodotto. Rileva il contribuente come il requisito
dell’autonoma organizzazione si configura allorché il contribuente faccia uso
di beni e servizi eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento della
propria attività professionale, ovvero si avvalga in modo non occasionale di
lavoro altrui. Deduce il ricorrente, richiamandosi a Cass., Sez. VI, 10 aprile 2018, n. 8728, che
l’elevato ammontare dei ricavi, dei compensi e delle spese, anche per beni
strumentali, non integrano di per sé il presupposto impositivo dell’autonoma
organizzazione. Deduce la natura occasionale delle prestazioni rese dai
collaboratori esterni, sia in funzione della modestia dei compensi erogati, sia
per il fatto che i collaboratori esterni sarebbero titolari di propri studi
legali.

2 – Va rigettata l’eccezione di inammissibilità del
ricorso per mancanza di specificità del ricorso, contenendo il ricorso tutti
gli elementi per valutare le censure ivi articolate.

3 – Il ricorso è inammissibile, in quanto tende a
ripercorrere il giudizio di fatto operato dal giudice di appello sulla
insussistenza della natura occasionale della prestazione resa dai collaboratori
del contribuente in ragione di alcune circostanze in fatto (entità dei
compensi, titolarità da parte dei collaboratori di propri studi legali, ricorso
ai collaboratori esterni solo per mandati congiunti ricevuti da clienti comuni)
non valorizzate dal giudice di appello (l’ultima delle quali non risultante
dalla sentenza impugnata). Va ricordato che in tema di prova per presunzioni
spetta al giudice del merito apprezzare l’idoneità degli elementi presuntivi a
consentire deduzioni che ne discendano secondo l’id quod plerumque accidit,
restando il relativo apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se
sorretto da adeguata e corretta motivazione sotto il profilo logico e giuridico
(Cass., Sez. VI, 14 novembre 2019, n. 29540), così come è incensurabile in
cassazione la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità
e concordanza degli elementi indiziari, rimanendo il sindacato del giudice di
legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione,
nei limiti segnati dall’art. 360, comma 1, n. 5,
cod. proc. civ. (Cass., Sez. VI, 17 gennaio 2019, n. 1234).

Il giudice di appello ha tratto il giudizio della
natura non occasionale dell’attività prestata dai collaboratori del
contribuente, odierno ricorrente, per alcuni di essi dalla descrizione delle
attività prestate dai collaboratori e per altra collaboratrice dallo svolgimento
ripetitivo delle prestazioni («fatturava mese per mese i compensi ricevuti
dall’Avv. M.»), circostanze indiziarie che non sono state oggetto di specifica
censura, neanche in relazione alla pregnanza indiziaria.

4 – Il ricorso è, peraltro, infondato nel merito.

4.1 – Questa Corte afferma comunemente il principio
secondo cui al fine di valutare, in materia di IRAP, la sussistenza del
presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, anche solo ove il
contribuente si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (Cass., Sez. V, 4 novembre 2015, n. 22468; Cass, Sez. V, 28 novembre 2014, n. 25311;
Cass., Sez. V, 5 settembre 2014, n. 18749; Cass., Sez. V, 5 febbraio 2014, n. 2589), tale da
superare la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni
meramente esecutive di segreteria (Cass., Sez. VI,
19 aprile 2018, n. 9786; Cass., Sez. VI, 26
ottobre 2016, n. 21679), come anche nel caso di attività svolta da
praticanti la quale, pur assolvendo in astratto ad una preminente finalità
formativa, non esime il giudice dal verificare se, in concreto, tenendo anche
conto dell’entità dei compensi corrisposti, costituisca un contributo alla
produttività del contribuente, incrementandone il reddito (Cass., Sez. VI, 27 dicembre 2018, n. 33382).

4.2 – Nella specie è stato accertato che almeno uno
dei collaboratori («Avv. I.B.») del ricorrente svolgesse attività continuativa
per conto del ricorrente, attività che, in quanto svolta da un professionista,
non può costituire attività assimilabile ad attività esecutiva di segreteria.

5 – Il ricorso va rigettato, con spese regolate
dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del
contributo unificato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida
in complessivi € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che
sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. 24 dicembre
2012, n. 228, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

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