Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 15 marzo 2021, n. 7182
Tributi, IRAP, Studio professionale associato, Compensi
percepiti dai singoli professionisti per incarichi di amministratore o
componente di collegi sindacali di società, Prova, Scorporo dalle somme
imponibili
Rilevato che
1. Con distinti avvisi di accertamento, relativi
all’anno d’imposta 2003, l’Agenzia delle Entrate rettificava le dichiarazioni
presentate dallo Studio Associato Tributario e Legale L.C. G.M. e dagli
associati S.G., F.C. G.T.B., E.C. G.T.B., G.P.C., A.M. e P.M. sia ai fini
IRPEF, disconoscendo diversi costi, sia ai fini IRAP, non avendo l’associazione
ed i singoli associati indicato alcun imponibile, pur disponendo di autonoma
organizzazione.
2. Impugnati gli atti impositivi, i contribuenti
deducevano di avere diritto alla deduzione dei costi oggetto di contestazione e
di non disporre di autonoma organizzazione; evidenziavano, altresì, che una
parte dei ricavi accertati si riferiva a compensi percepiti dagli associati in
qualità di amministratori o di sindaci di società, come tali non assoggettabili
ad Irap.
La Commissione tributaria provinciale, previa
riunione dei ricorsi, riteneva che la documentazione esibita in giudizio
dimostrasse la deducibilità dei costi inerenti all’attività professionale, ma
rigettava i ricorsi con riguardo all’Irap, motivando che lo studio associato si
era avvalso di una pluralità di professionisti, della collaborazione di due
dipendenti, di immobili e di apparecchi elettronici.
3. A seguito di appello principale dell’Agenzia
delle entrate e di appello incidentale dei contribuenti, la Commissione
tributaria regionale accoglieva il primo in relazione ai rilievi ai fini Irpef,
confermando in parte qua gli avvisi di accertamento, ma, pur riconoscendo
l’esistenza di una autonoma organizzazione, escludeva che i compensi per
l’assolvimento di incarichi quali amministratori di società o componenti di
collegi sindacali, di cui all’art.
49, secondo comma, del t.u.i.r., fossero assoggettabili all’imposta Irap.
4. Ricorre per la cassazione della suddetta
decisione l’Agenzia delle entrate, con due motivi, cui resistono i contribuenti
mediante controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, i contribuenti
hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1. cod.
proc. civ.
Considerato che
1. Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate
censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del d.lgs. n. 446 del 1997
e dell’art. 50 del d.P.R. n. 917 del
1986, nella parte in cui i giudici regionali hanno ritenuto che i compensi
conseguiti da soggetto esercente la professione di commercialista o di avvocato
nella qualità di amministratore o sindaco di società non siano assoggettati ad
Irap.
Evidenziando che la decisione fa leva sul disposto
dell’art. 49, secondo comma
(ora 50, comma 1, lettera c- bis),
del t.u.i.r. che assimila detti redditi a quelli di lavoro dipendente e non
a quelli di lavoro autonomo, sostiene che l’assimilazione al lavoro dipendente
è espressamente esclusa se l’attività di sindaco o amministratore «rientra
nell’oggetto dell’arte o professione esercitata dal contribuente», circostanza
questa che ricorre nel caso di specie in cui ad esercitare l’attività di
sindaco o amministratore sono professionisti iscritti nell’albo dei
commercialisti ovvero degli avvocati.
2. Con il secondo motivo la difesa erariale deduce
violazione e falsa applicazione degli artt.
2 e 3 del d.lgs. n. 446 del 1997 e dell’art. 50 d.P.R. n. 917 del 1986.
Evidenzia che, anche volendo fare applicazione della giurisprudenza di
legittimità richiamata in sentenza, deve considerarsi che la non imponibilità
ai fini Irap dei compensi percepiti in qualità di amministratore o di sindaco
di società deve essere subordinata alla condizione che detti compensi non siano
conseguiti (e quindi l’attività esercitata) mediante l’utilizzo della propria
autonoma organizzazione; di conseguenza la C.T.R., per sancire la non
imponibilità dei compensi in questione, avrebbe dovuto verificare l’assenza di
tale rapporto di strumentalità, indagine che non era stata invece svolta in
appello, avendo i giudici di secondo grado ritenuto irrilevante tale
accertamento.
3. I motivi, strettamente connessi, possono essere
scrutinati congiuntamente e sono infondati.
3.1. L’art.
3, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 446 del 1997 prevede che «sono soggetti
passivi dell’imposta … le persone fisiche, le società semplici e quelle ad
esse equiparate a norma dell’art. 5,
comma 3, del predetto testo unico esercenti arti o professioni di cui all’art. 49, comma 1, del medesimo
testo unico».
L’art. 8
dello stesso decreto legislativo dispone, inoltre, che «per i soggetti di cui
all’articolo 3, comma 1, lett.
c), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei
compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività
esercitata».
3.2. Secondo il consolidato orientamento di questa
Corte (Cass., sez. 6-5, 3/03/2016, n. 4246; Cass., sez. 6-5, 2/11/2016, n. 22138), gli artt. 3, comma 1, lett. c) e 8 del d.lgs. n. 446 del 1997,
facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla
differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti
inerenti alle attività di cui all’art.
49, comma 1, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, senza fare menzione di
quelle di cui al comma 2, lett. a), della medesima disposizione, escludono
l’assoggettabilità ad imposizione di quella parte di reddito che il lavoratore
autonomo, che esercita abitualmente l’attività professionale intellettuale,
abbia conseguito in qualità di amministratore, revisore e sindaco di società
perché è soggetto ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi
rispetto alla produttività auto-organizzata. Si è, in particolare, affermato
che per la soggezione ad Irap non è sufficiente che il commercialista operi
presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per
sé il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante
quale organo di una compagine terza (Cass., sez.
6-5, 3/07/2017, n. 16372).
3.3. Questa Corte ha pure chiarito, riguardo a
fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero
professionista nell’esercizio di attività di sindaco, amministratore di
società, consulente tecnico, che non è soggetto ad imposizione quel segmento di
ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purché risulti
possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi
conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei
settori interessati (Cass., sez. 6-5, 23/1/2017, n. 1712; Cass., sez. 5, 19/07/2011, n. 15803; Cass., sez. 6-5, 5/03/2012, n. 3434).
3.4. Tali principi restano validi anche dopo le
modifiche apportate al d.P.R. 917 del 1986
dall’art. 34 della legge 21
novembre 2000, n. 342, che ha introdotto l’art. 50, comma 1, lett. c-bis,
includendo tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente i redditi
derivanti da collaborazioni coordinate e continuative che, in precedenza, erano
qualificati come altri redditi di lavoro autonomo dall’art. 49, comma 2, lett. a); e ciò
al fine di ampliare le garanzie riconosciute ai redditi di lavoro dipendente.
3.5. Deve, pertanto, ribadirsi che, in tema di Irap,
qualora il professionista, oltre a svolgere attività ordinaria di
commercialista, sia titolare di carica di sindaco di società, l’imposta non è
dovuta anche per i compensi correlati a quest’ultima attività, che vanno
pertanto scorporati da quelli derivanti dalle altre attività, ai sensi degli artt. 3, comma 1, lett. c) e 8 del d.lgs. n. 446 del 1997 (Cass., sez. 6-5, 29/09/2016, n. 19327; Cass., sez. 5, 4/07/2019, n. 17987; Cass., 6-5,
30/09/2020, n. 20706; Cass., sez. 6-5, 5/05/2020,
n. 8451).
4. Nella fattispecie in esame i giudici di appello,
tenendo conto che i contribuenti avevano dimostrato, mediante l’esibizione
delle relative fatture, di avere percepito compensi per gli incarichi derivanti
dall’attività di sindaco svolti presso varie società, da distinguere da quelli
derivanti dall’attività di commercialisti o di avvocati, hanno correttamente
ritenuto di dover escludere dalla base imponibile Irap tali compensi perché
derivanti da incarichi svolti separatamente dall’attività prestata per
l’associazione professionale.
Anche se la C.T.R., esclusi i predetti compensi dal
campo impositivo, ha ritenuto del tutto inconferenti le argomentazioni
difensive della Agenzia delle entrate volte ad evidenziare la necessità di
verificare se i professionisti, per l’assolvimento degli incarichi di sindaco,
si fossero avvalsi di proprio personale, non risulta dalla sentenza impugnata,
né dal ricorso per cassazione che l’Amministrazione finanziaria abbia provato o
chiesto di provare, come era suo onere, trattandosi di avviso di accertamento e
non di richiesta di rimborso di imposta, alcuna ipotetica o anomala «torsione»
delle funzioni tipiche di sindaco verso forme di etero-integrazione tra le
compagini sociali «sindacate» e l’auto-organizzazione collettiva esterna dello
studio associato.
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la
soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Quanto all’obbligo legale del versamento di un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato a carico della parte
ricorrente soccombente, deve osservarsi che esso non può aver luogo nei
confronti di quelle parti, come le amministrazioni dello Stato, che sono
istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità
soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il
meccanismo della prenotazione a debito (Cass.,
sez. 5, 15/05/2015, n. 9974).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro
200,00, ed agli accessori di legge.