Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 marzo 2021, n. 7678
Rapporto di lavoro, Dipendenti delle industrie alimentari,
Compenso per lavoro straordinario il lavoro svolto oltre il limite orario
fissato in quaranta ore settimanali, CCNL
Rilevato che
la società S. s.p.a. (già J.S. S.r.l.), domanda la
cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bari che, riformando in
parte la sentenza del Tribunale di Foggia, ha riconosciuto in capo a M.V.,
dipendente del molino gestito dalla stessa società dal 1.1.1972 al 31.8.2003
con inquadramento nel primo livello, quadro-super del CCNL per i dipendenti
delle industrie alimentari, il diritto alla corresponsione della somma di Euro
50.429,06 a titolo di compenso per lavoro straordinario e alla corrispondente
riliquidazione del T.F.R., oltre alla rivalutazione e agli interessi legali
sulla somma rivalutata, dalla maturazione di ciascuna componente del credito al
soddisfo;
la decisione, fondata sulla base delle testimonianze
acquisite al giudizio di merito, ha motivato sull’accertamento della
particolare gravosità dell’impegno del V. in rapporto alla durata dell’orario
di lavoro, soprattutto nei periodi delle campagne agrarie annuali;
la Corte d’appello ha inoltre stabilito che la
disciplina collettiva applicabile ai dipendenti delle industrie alimentari, nel
fissare l’orario settimanale in quaranta ore, non opera nessuna differenza tra
il personale chiamato a svolgere funzioni direttive e il restante personale, ed
ha rilevato che la Società appellata non aveva individuato nessuna disposizione
del CCNL applicabile al settore alimentare che consentisse di escludere la
fruizione dello straordinario in capo al personale direttivo, per il lavoro
svolto oltre il limite orario fissato in quaranta ore settimanali;
la cassazione della sentenza è domandata dalla
società S. s.p.a. (già J.S. S.r.l.) sulla base di un unico motivo di ricorso,
illustrato da successiva memoria;
M.V. ha depositato tempestivo controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.
Considerato che
con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l, n. 3 cod. proc. civ., la
ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2,
del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 695 conv. in legge 17 aprile 1925 n. 473 e dell’art. 17, comma 5, lett a), del d.lgs.
8 aprile 2003, n.66, per avere erroneamente affermato che al personale
direttivo spetta la retribuzione del lavoro straordinario”;
la sentenza impugnata, condannando la società a
corrispondere al lavoratore somme a titolo di compenso per lavoro straordinario
avrebbe violato le norme di legge richiamate in epigrafe – che prevalgono
rispetto alle norme del CCNL applicabile alle imprese del settore alimentare –
le quali ne escludono espressamente il godimento in capo al personale direttivo;
il motivo è infondato;
secondo i principi di diritto formulati dalla
giurisprudenza di questa Corte, i funzionari direttivi, esclusi dalla
disciplina legale delle limitazioni dell’orario di lavoro, hanno diritto al
compenso per lavoro straordinario qualora la prestazione, per la sua durata,
superi – secondo un accertamento riservato al giudice del merito ed
incensurabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivato – il limite
della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa ed usurante (In tal senso
cfr. Cass. n. 18161 del 2018; Cass. n. 3038 del 2011);
nella fattispecie in esame, la Corte territoriale ha
accertato, attraverso dichiarazioni testimoniali rese da fonti coinvolte nelle
medesime attività svolte dall’odierno controricorrente presso l’unità operativa
di Cerignola (un granaio ove veniva acquistato e stoccato il grano), che le
modalità orarie del lavoro e la misura temporale dell’impegno lavorativo del V.
avevano ecceduto il limite della ragionevolezza, tenuto conto soprattutto
dell’intensità dell’attività nei periodi della campagna agraria, caratterizzati
da un forte afflusso di prodotto presso l’unità operativa, giustificando, in
tal modo, il riconoscimento del diritto all’indennità per lavoro straordinario;
il Collegio, considerato l’accertamento compiuto
dalla Corte territoriale rispetto alla verifica delle condizioni dell’impegno
lavorativo del funzionario direttivo M.V., ritiene che la motivazione addotta
ai fini del riconoscimento del compenso per lavoro straordinario allo stesso
spettante debba ritenersi adeguata con specifico riferimento ai criteri del
superamento del limite della ragionevolezza e della particolare gravosità della
prestazione resa, nel senso affermato dalla consolidata giurisprudenza di
questa Corte;
in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese,
come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente,
che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.500 a titolo di compensi
professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed
accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17 della I. n.228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.