Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 marzo 2021, n. 8430
lmpugnativa di licenziamento, Vizio di notificazione omessa o
inesistente, Assoluta insanabilità e decadenza dell’attività processuale cui
l’atto è finalizzato, Non consentito al giudice di assegnare all’appellante un
termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o
giuridicamente inesistente
Rilevato che
la Corte di appello di Milano ha dichiarato
improcedibile il reclamo proposto da I. Vigilanza s.r.l. avverso la sentenza
del Tribunale della stessa sede che aveva respinto l’opposizione proposta dalla
stessa società avverso l’ordinanza ex art. 1 c. 48 I. 92/2012, avente
ad oggetto l’impugnativa di licenziamento intimato al dipendente R.N. il
12/6/2017;
rilevava la Corte territoriale che era pacifica la
sussistenza del vizio di omessa o giuridicamente inesistente notificazione
dell’atto introduttivo, atteso che non era stato notificato, unitamente
all’atto, il decreto di fissazione dell’udienza che avrebbe consentito una
valida vocatio in ius;
avverso la decisione ha proposto ricorso per
cassazione la società sulla base di unico motivo;
controparte ha resistito con controricorso e ha
depositato memorie;
la proposta del relatore è stata comunicata alle
parti — unitamente al decreto di fissazione dell’udienza — ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc.civ. ;
Considerato che
con unico motivo la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 435 c. 3 c.p.c.,
156 e 164 c.p.c.,
degli art. 111 Cost e 6 CEDU, osservando che la Corte
aveva erroneamente interpretato e applicato la norma alla fattispecie concreta,
giacché, a seguito della notifica (incompleta) del ricorso il R. aveva
provveduto a depositare memoria difensiva nei termini di legge, non limitandosi
a eccepire la sola inammissibilità ma argomentando anche puntualmente nel
merito, così dimostrando l’assenza di un concreto pregiudizio difensivo, con
l’effetto di sanare il vizio processuale;
espone che, previa informazione al procuratore di
controparte, successivamente alla notifica del reclamo privo del decreto di
fissazione dell’udienza, I. Vigilanza s.r.l. aveva provveduto a una successiva
notificazione del reclamo, questa volta unitamente al decreto di fissazione
dell’udienza, e il R. aveva effettuato apposita istanza di visibilità alla
consultazione del fascicolo informatico, costituendosi, poi, entro il termine
previsto dall’art. 435 c.p.c.; cita la
giurisprudenza in tema di sanabilità dell’inosservanza del termine dilatorio a
comparire di cui all’art. 435 c.p.c. per
effetto di spontanea costituzione dell’appellato, rilevando la diversità del
caso rispetto a quello esaminato da Cass. SU
20604/2008, che aveva escluso che il giudice potesse concedere nuovo
termine per la notifica del ricorso in appello pur tempestivamente depositato
per il solo caso che la notifica non fosse avvenuta o fosse inesistente; rileva
che la Corte avrebbe dovuto al più differire l’udienza, a fronte del rilievo
della lesione del diritto di difesa del convenuto; richiama Cass. n. 9404 del
17 aprile 2019, secondo cui, nel caso in cui la notifica non sia stata omessa e
non sia inesistente, essendosi proceduto senza il rispetto del termine a
comparire, il giudice deve al più disporne la rinnovazione, assimilando il caso
a quello in argomento; invoca l’applicazione del principio generale di cui all’art. 156 c.p.c., citando la giurisprudenza in tema
di omissioni attinenti alla notifica dell’atto introduttivo di primo grado;
osserva che la concessione di un nuovo termine non contrasta con il principio
di ragionevole durata del processo;
va premesso che, per giurisprudenza costante di
questa Corte, la disciplina speciale prevista dall’art. 1, comma 58, della legge 28
giugno 2012, n. 92, concernente il reclamo avverso la sentenza che decide
sulla domanda di impugnativa del licenziamento nelle ipotesi regolate dall’art. 18 della legge 20 maggio
1970, n. 300, va integrata con quella dell’appello nel rito del lavoro (ex
multis Cass. n. 23021 del 29/10/2014, Cass. n.
6544 del 06/03/2019);
ciò posto, si rileva che nel rito del lavoro il
ricorso in appello contiene l’editio actionis, mentre la vocatio in ius è
contenuta nel decreto: di conseguenza nel caso in esame risulta notificato un
atto privo dei suoi caratteri essenziali, e ciò comporta l’inesistenza della
notificazione medesima;
trova applicazione, pertanto, l’orientamento ormai
costante della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in relazione “il
vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e
determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato (con
conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso
l’improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare
all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai
compiuto o giuridicamente inesistente” (Cass. n. 20613 del 09/09/2013,
conforme Sez. U. n. 20604 del 30/07/2008);
poiché si è in ambito di giudizio di gravame, la
situazione differisce da quella del primo grado, venendo in considerazione la
legittima aspettativa della controparte al consolidamento, entro un termine
predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento giudiziario già
emesso, rispetto alla quale alcuna possibilità di sanatoria connessa alla
concreta possibilità difensiva offerta alla controparte può esservi, a fronte
dell’interesse di quest’ultima al consolidamento della decisione (Nelle
controversie di lavoro in grado d’appello, la mancata notificazione del ricorso
e del decreto di fissazione dell’udienza determina l’improcedibilità
dell’impugnazione, senza possibilità per il giudice di assegnare un termine
perentorio per provvedervi, in quanto
tale omissione lede la legittima aspettativa della controparte al consolidamento,
entro un termine predefinito e ragionevolmente breve, di un provvedimento
giudiziario già emesso, a differenza di quanto avviene nel processo del lavoro
di primo grado, dove la notifica del ricorso assolve unicamente la funzione di
consentire l’instaurazione del contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha
confermato la decisione di merito che aveva dichiarato improcedibile l’appello notificato solo dopo
la prima udienza, per la quale dopo l’anticipazione disposta ad istanza di
parte, era stato notificato all’appellato esclusivamente il decreto di
anticipazione).” (Cass. n. 6159 del 14/03/20189);
nessuna rilevanza assume, poi, la rinotifica del
reclamo, intervenuta il 27/8/2019 a seguito della verifica dell’omissione da
parte del notificante, a fronte di ordinanza comunicata il 18/7/2018, poiché,
come si legge in sentenza, parte reclamante non ha “addotto o
provato” che il vizio della notificazione sia derivato da causa alla
stessa non imputabile e, in ogni caso, perché nella riattivazione del procedimento
notificatorio risulta superato il limite di tempo pari alla metà dei termini
previsti per la notificazione dell’impugnazione (Cass.14594 del 15/07/2016);
in base alle svolte argomentazioni il ricorso va
rigettato e le spese sono liquidate secondo soccombenza;
in considerazione della statuizione, sussistono i
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 4.200,00, di cui € 200,00
per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello, se dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.