Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 marzo 2021, n. 8445

Contributi previdenziali a valere sulla Gestione commercianti
– Mancato svolgimento di prestazioni lavorative all’interno delle società,
Compiti esecutivi ed operativi, esulanti da quelli propri dell’amministratore

 

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Appello di L’Aquila, a
conferma della sentenza del Tribunale di Pescara, ha dichiarato non dovuti
all’Inps, da L.D., i contributi previdenziali a valere sulla gestione
commercianti, relativi ai redditi derivanti dalla partecipazione ad alcune
società a responsabilità limitata, essendo risultato pacifico il mancato
svolgimento, da parte dell’appellata, di prestazioni lavorative all’interno
delle predette società;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps
sulla base di un unico motivo;

L.D. ha depositato tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi
dell’art. 360, co.1, n. 3 cod. proc. civ.,
l’Inps contesta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis della legge 14 novembre 1992, n. 438, di conversione,
con modificazioni del decreto legge 19 settembre
1992, n.384 e in connessione con questo della legge
2 agosto 1990, n.233”;

l’istituto ricorrente lamenta l’erronea
interpretazione, da parte del giudice dell’appello, delle norme che regolano la
fattispecie, e rivendica la legittima rideterminazione del reddito imponibile
in ragione della percezione, da parte della D., di un reddito d’impresa a
titolo di partecipazione agli utili delle società a responsabilità limitata di
cui la stessa era socia;

il motivo è infondato;

secondo il costante orientamento espresso da questa
Corte, in tema d’iscrizione alla gestione commercianti, l’obbligo contributivo
è subordinato alla verifica in fatto dello svolgimento da parte del socio di
una s.r.l. di compiti esecutivi ed operativi, esulanti da quelli propri dell’amministratore;

conseguentemente si è affermato che “…i
requisiti congiunti di abitualità e prevalenza dell’attività, di cui all’art. 1, comma 203, della I. n. 662
del 1996, sono da riferire all’attività lavorativa espletata dal soggetto
in seno all’impresa, al netto dell’attività eventualmente esercitata in quanto
amministratore, indipendentemente dal fatto che il suo apporto sia prevalente
rispetto agli altri fattori produttivi (naturali, materiali e personali),
valorizzandosi, in tal modo, l’elemento del lavoro personale, in coerenza con
la “ratio” della disposizione normativa.” (Cass. n.19273 del
2018; Cass. n. 10426 del 2018; Sez. Un. n. 17076 del 2011 e n. 3240 del 2010);

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese,
come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello, ove dovuto, per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della
controricorrente, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per
compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per
cento e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della I. n.228 del
2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 25 marzo 2021, n. 8445
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